Pagelle del Gran Premio d’Australia

Commenti semiseri alla gara dell'Albert Park

Pagelle del Gran Premio d’Australia

Et voilà! Torna il mondiale di F1, e rieccoci qua con le famigerate pagelle di f1grandprix.it. Pagelle che, per la gioia di pochi e la disperazione di molti, vi faranno compagnia anche in questo 2012 tutto Kers, DRS, Scalini e Musi a Papera. All’Albert Park si impone per la terza volta l’ex Paracarro Jenson Button, che regola la Red Bull di Vettel e la vettura gemella di Hamilton. Quinto Alonso, che salva il weekend Ferrari con una gara tutta all’attacco, disastroso Massa. Buona lettura…. e buon Mondiale!

Sebastian Vettel: 9 – Non sappiamo se avrebbe firmato per un secondo posto dopo le qualifiche. Non crediamo lo avrebbe fatto prima di arrivare a Melbourne. Però alla fine va bene così. Scatta dal quinto posto, passa d’autorità -e di classe- Rosberg, si incolla ai tubi di scarico di Michael Schumacher, sgomita, finisce lungo, riprende, approfitta dei problemi del tedesco per issarsi al terzo posto e si giova della Safety Car per scavalcare Hamilton. Sembra facile, ma facile non è. Perché -a differenza di come era abituato- la sua vettura è nervosa, va guidata di forza, basta guardare come deve buttarla dentro all’ingresso della curva veloce verso sinistra, di prpotenza. Dice che avrebbe passato Hamilton anche senza neutralizzazione, e abbiamo i nostri dubbi, ma per il resto ottiene il massimo possibile. L’errore, per assurdo, ci è piaciuto, vederlo cattivo è una mezza novità. E non può che giovare allo spettacolo. Veemente.

Mark Webber: 8 – Il suo numero preferito -potenza dei luoghi comuni- resta il Passo del Canguro al via. Un giorno, quando invece che una Red Bull piloterà pantofole e vestaglia, ci spiegherà come riusciva a cannare invariabilmente tutte le partenze. Parte sesto, chiude il primo giro nono, peraltro rischiando tantissimo alla prima curva. Rinvenire da dietro è dura, sorpassare con una Red Bull lenta sul dritto è un’utopia. Sembra lo stesso ritornello del 2011. Però -e qui ci sbilanciamo- la storia stavolta potrebbe essere diversa. Perché con pista libera riesce a tenere un ritmo indiavolato, superiore -a parità di condizioni- praticamente a tutti. Non gli vale un posto sul podio, non gli vale il sorpasso ad Hamilton, ma a noi sembra significativo. Aspettiamo di vederlo dopo una partenza non dico eccezionale ma decente. Che abbia trovato il bandolo della matassa? Per dirla alla Vasco «Forse, ma forse, ma sì…». Curiosi [noi].

Jenson Button: 10 – Non per vantarsi, ma il sottoscritto, alla domanda/sondaggio «chi vince domenica?» qualche giorno fa aveva risposto semplicemente JB. Perché? Perché la prima gara dell’anno è sempre particolare. C’è da riprendere confidenza col ritmo gara. C’è da capire il comportamento della vettura, delle gomme, cose che una simulazione in un test non potrà mai riprodurre al 100%. C’è da dosare aggressività e saggezza. Esperienza e cattiveria. E poi Melbourne è circuito atipico, strambo, imprevedibile. E la McLaren sembrava già andar forte. Detto fatto: game, set e match. E non perché il sottoscritto sia un genio, un indovino, uno stregone. Semplicemente perché in certe cose Jenson è una spanna sopra tutti. Quando c’è da colpire non sbaglia mai. Vedi al via, dove brucia Hamilton, vedi al restart, quando in due giri prende quasi 4 secondi a Vettel riscavando un solco incolmabile di lì a fine gara. E il giro più veloce alla penultima tornata è da standing ovation. Che dire, fossero tutti così i Paracarri. Cecchino.

Lewis Hamilton: 6,5 – Che brutta vita dovrebbe essere. Pensi di essertene liberato, e quando meno te lo aspetti te lo ritrovi dietro. Sei convinto di averlo seminato, ti distrai un attimo ed è di nuovo davanti a te. E’ il temibile fantasma Paracarro. Altro che spettri diabolici, satanassi, demoni. E’ il Fantasma Paracarro quello che non fa dormire Lewis. Il suo peggior incubo. Passa un anno a subirne le angherie, è convinto di essersene liberato, lo semina al sabato, ma dopo il via… SBAM!!!, è di nuovo lì davanti. Dovrebbe esser davvero brutto. Se poi ci si mette anche la Safety Car, che ti sbatte dietro a un altro biondino, beh capisci che non è la tua giornata. Sbaglia la partenza, non riesce a tenere il contatto con JB, perde tempo nel traffico, fa fatica con le gomme e deve accontentarsi del terzo posto, difendendolo a spada tratta dal ritorno di Webber. La sua faccia sul podio la dice lunga. L’unica speranza è che trasformi l’incazzatura in energia positiva. Cioè il contrario dello scorso anno. Ce la può fare, Massa non dovrebbe essere un problema… Posseduto.

Fernando Alonso: 9 – Il voto è alto. Alto perchè se volessimo fare una media matematica con l’errore del sabato la valutazione calerebbe drasticamente. Ma tutto sommato in questo caso non avrebbe senso. Non avrebbe senso perché difficilmente Fernando avrebbe potuto poi issare la sua Ferrari più in alto del quinto posto finale. Che arriva grazie alla solita gara da mastino irriducibile. Parte bene, lotta con Rosberg, se ne libera al pit stop, si ritrova davanti Webber per via della Safety Car e passa gli ultimi giri resistendo con le unghie e con i denti allo scatenato Maldonado. Alla fine sarà quinto, dopo le McLaren e le Red Bull. Più di quanto fosse lecito aspettarsi dopo il tremendo sabato. La sua gara è splendida, dunque, e va a rappezzare con gli interessi l’errore del sabato. Resta da capire se il valore della macchina sia questo o quello mostrato dal suo compagno di squadra. Solo il tempo -e i km- potranno rispondere a questa domanda. Coriaceo.

Felipe Massa: 4 – Dire che non ci ha capito niente sarebbe fargli un complimento. A un certo punto -speriamo non si offenda nessuno dei due- sembrava il peggior Badoer, quello di Valencia 2009. Che guarda caso sostituiva proprio lui. Becca un secondo da Alonso in qualifica, parte bene ma si perde per strada, soffre il degrado delle gomme, è lento, falloso, impreciso. Lo passano, nell’ordine, Maldonado, Räikkönen, Kobayashi, di Resta, Vergne. Poi scatta pure l’autoscontro con Senna, un corpo a corpo a metà tra il surreale e il patetico. E che lo costringerà al ritiro. Se non ci fosse da piangere verrebbe davvero da ridere. Ai tempi della faida con Hamilton il luogo comune era che fosse l’inglese, a trovarsi sempre in mezzo ai casini. Mah, ripensandoci… Speriamo -per lui e per la Ferrari- che sia solo una giornata mooooolto storta. Sciagurato.

Michael Schumacher: 9 – «Non vediamo l’ora di ammirarlo il prossimo anno. Carico». Così scrivevamo a proposito dell’ultimo Gran Premio del 2011, in Brasile. E anche in questo caso ci avevamo azzeccato. Il Vecchio Leone si e ci regala una gara d’altri tempi. Stacca Rosberg in qualifica, parte bene e resiste al ritorno di Alonso finché il cambio della sua Mercedes non lo pianta in asso. Certo, visto com’è finito Rosberg avrebbe sofferto anche lui la seconda parte di gara, ma per il tempo che è rimasto in gara fare di più era oggettivamente impossibile. Suonala ancora, Michael. Feroce.

Nico Rosberg: 6,5 – L’anno scorso in un ipotetico Campionato in cui i Gran Premi durano la metà la Mercedes avrebbe vinto. O avrebbe comunque raccolto il doppio dei punti che ha effettivamente portato a casa. Lo spettro con cui Ross Brawn convive -anche lui ne ha uno, a quanto pare, non solo Hamilton…- è che questo scenario possa ripetersi anche nel 2012. Prendiamo la gara di Nico. Parte benissimo, si fa passare da Vettel ma resiste -seppur a fatica- ad Alonso, che lo passa solo ai box. Da lì in poi è un continuo retrocedere, a causa del degrado delle gomme. E alla fine il patrac dell’ultimo giro, quando si tocca con Pérez e fora, lo fa finire addirittura in dodicesima posizione. Colpe specifiche tutto sommato è difficile attribuirgliene. E poi lo start varrebbe da solo la sufficienza. Non infieriamo. Ma lo teniamo d’occhio. Perché in fondo, non dimentichiamolo, le ha prese da Schumacher. Sorvegliato.

Kimi Räikkönen: 8 – Il fatto che sia convinto che le bandiere blu siano per lui dimostra il suo scarso ottimismo riguardo la gara del rientro in F1. E invece… e invece, nonostante perda tempo al via per evitare l’incidente davanti a sé, il Vecchio Kimi ci fa vedere che si ricorda ancora come si guida una monoposto. La sua gara, condizionata da una qualifica orribile, è un duello infinito con le Sauber, soprattutto con Kobayashi. Bellissimo il sorpasso inflitto al jap complice la vettura di Massa, con una semisportellata d’altri tempi. Poi passa anche la Ferrari #6, si ritrova di nuovo dietro a tutte e due le Sauber e nell’ultimo giro approfitta del caos per guadagnare due posizioni -tra l’altro con una pregevole manovra all’ultima curva- issandosi fino al settimo posto. Con questo gli perdoniamo la qualifica oscena. E gli diamo un bel bentornato. Non lotterà per il Mondiale, ma vederlo guidare è sempre uno spettacolo. Welcome Back #1.

Romain Grosjean: sv – Poteva essere la sorpresa del weekend. Tutti si aspettavano la Lotus di KR, e invece in qualifica è lui a sbucare dal nulla issandosi in seconda fila. Poi però sbaglia la partenza e resta coinvolto in un contatto con Maldonado che lo spedisce fuori gara. Difficile stabilire responsabilità. Certi incidenti accadono e basta, non si fa il CID, non si chiamano i vigili, si incassa e via. Certo che con un pizzico di buon senso la botta si poteva -doveva?- evitare. Se avessimo la luna storta potremmo addirittura penalizzarlo, per questo. Ma sarebbe troppo. Ci riserviamo la valutazione, dunque. Bravissimo comunque in qualifica. Welcome Back #2.

Paul di Resta: 6 – La Force India è forse la sorpresa in negativo del weekend australiano. Il sottoscritto, quantomeno, se l’aspettava un po’ più in palla. E si aspettava di più dal giovane scozzese, che tanto si era fatto ammirare lo scorso anno. Paul fa fatica, soffre in qualifica e in gara. Il degrado delle gomme è eccessivo, lo scozzese deve giocare in difesa, ma è bravo a sfruttare il caos all’ultimo giro per beffare proprio sul traguardo Vergne -grazie al Kers, spiega- e artigliare un punticino che è sempre meglio di niente. Da rivedere la vettura, già in Malesia, su una pista più tradizionale, e da rivedere il pilota, che in prova -ricordiamo ancora- le prende da Hülkenberg. Magari, ma solo magari, è stato solo un episodio. Vedremo. Degradato.

Nico Hülkenberg: sv – Gioca a fare l’Incredibile Hülkenberg in prova, quando rifila sei decimi a di Resta, ma i muscoli imponenti e la pelle verde nulla possono quando vieni colpito da dietro. Ci rimette -oltre che la camicia- la sospensione destra. E la gara, of course. Peccato. Tramortito.

Kamui Kobayashi: 7,5 – Al di là del fatto che venir tamponato -seppur incolpevolmente- dal compagno di squadra alla prima curva non è mai bello o foriero di buoni auspici, la sua gara è gagliarda e regala un paio di spunti da antologia. A partire dallo splendido duello con Räikkönen. I due giocano a darsele di santa ragione per tutta la corsa. Bellissimo il sorpasso di Kimi, che sfrutta la variabile Massa, altrettanto bella la replica, molti giri dopo, di Kamui. E nell’ultimo giro, con scaltrezza e fortuna, approfitta della confusione che si viene a creare tra il botto di Maldonado e il contatto Pérez-Rosberg per issarsi fino al sesto posto. Proprio davanti al finlandese della Lotus. C’è da dire che il jap subisce la prestazione del compagno di squadra, che scattava dal fondo e che per buona parte della gara gli è davanti. Ma alla fine, di riffa e di raffa, lo sopravanza. E va bene così. Scaltro.

Sergio Pérez: 8,5 – Il primato statistico che conquista -e di cui avrebbe fatto volentieri a meno, si capisce- è quello della prima penalizzazione in griglia dell’anno, per la sostituzione del cambio. Per essere alla prima gara, non è male. Detto questo, squadra che vince non si cambia, avranno pensato in Sauber. L’anno scorso, squalifica a parte, si era fatto ammirare per la splendida gara all’Albert Park su una sola sosta. Perché non rifarlo? A volte serve a poco inventarsi tattiche fantasiose. Parte benissimo, tocca il compagno di squadra alla prima curva ma oggettivamente ha poche colpe, cerca di preservare le coperture e tutto sommato ci riesce, anche se questo significa far da tappo a vetture più veloci e con gomme più fresche (Hamilton e Vettel, per citarne due, ma anche Räikkönen e lo stesso Kobayashi). Ma tant’è, all’imbocco dell’ultimo giro è in piena lotta con Rosberg. I due si toccano, uno fora, l’altro perde tempo, passano Räikkönen e Kobayashi -aridaje-, Maldonado sbatte. Morale della storia: chiude ottavo. Ci è piaciuto e siamo generosi, forse perché abbiamo un debole per gli abitudinari. Peperino.

Daniel Ricciardo: 7 – Il sette se lo merita per diversi motivi. Primo per la bella qualifica, nella quale riesce a infilarsi nella top ten. Secondo perché la collisione al via -difficile assegnare torti o ragioni in quel groviglio- lo spedisce in fondo al gruppo ma non lo abbatte, anzi lo spinge a lottare con maggior veemenza per cercare di tornar su. Terzo per la freddezza mostrata all’ultimo giro, quando -complice anche il fatto di trovarsi in coda al gruppetto- è lesto ad approfittare della situazione bruciando sul traguardo Vergne e di Resta nella volata per il nono posto. Quarto perché nella gara di casa non si fa prendere dall’emozione ma anzi la trasforma in motivazione supplementare. Vi bastano questi motivi? A noi sì. L’unica cosa che fa un po’ sorridere è che tra tutti quelli con cui poteva toccarsi finisce proprio addosso all’unico connazionale, Webber, carambolando poi su Senna. Il passo del Canguro va di gran moda, evidentemente. Non solo a Queanbeyan, non solo a Melbourne, ma anche a Perth. Insinuante.

Jean-Éric Vergne: 6 – A rigor di logica la sua gara sarebbe appena sotto alla sufficienza. Perché è sì regolare, ma senza acuti, quasi incolore. Gira su tempi discreti, a un certo punto intravede di Resta davanti a sé e si fa prendere un po’ troppo la mano, finendo fuori pista e rimediando con un po’ di sano rally. E alla fine è ingenuo e si fa uccellare dal compagno di squadra finendo appena fuori dalla zona punti per la miseria di un decimo. Ma si tratta pur sempre dell’esordio in Formula 1, su una pista peraltro atipica, apparentemente semplice ma ostica e insidiosa. Per cui decidiamo di essere generosi e gli assegnamo la sufficienza. Perché la stoffa pare esserci. E anche perché, tutto sommato, in una gara così riportare ai box la vettura senza nemmeno un graffio sulla carrozzeria ci impone bonarietà e generosità. Candido.

Pastor Maldonado: 5 – Generosità che invece ci manca se andiamo a valutare il venezuelano. Il suo weekend sarebbe da urlo, letteralmente, fino a quattro km dalla fine della gara. Ottima qualifica, splendida gara, esemplare mix di velocità, aggressività e raziocinio. Duro su Grosjean all’inizio, splendido su Massa, a un certo punto è uno dei più veloci in pista e guadagna persino su Webber. Dopo le soste si ritrova dietro ad Alonso, ottimo sesto. E qui arriva il patatrac. Va bene pressarlo per indurlo all’errore, va bene provarci sempre, va bene tutto quello che volte. Ma la pacca che tira all’ultimo giro è da Denuncia. Non tanto per l’incidente in sé, che ci può stare, ma perché spedisce a donne di facili costumi un risultato incredibile e -gli auguriamo di no ma non possiamo saperlo- potenzialmente irripetibile. Speriamo non debba mangiarsi le mani a fine campionato. E buon per lui che ai box non ha trovato Patrick Head. Per citare nuovamente lo stranoto proverbio inglese, «To finish first, first you have to finish», ovvero -letteralmente- «Per finire al primo posto prima di tutto devi finire». L’insufficienza è una provocazione. Ma ha un senso. Imperdonabile.

Bruno Senna: 4,5 – Se Atene piange Sparta non fa certo le capriole dalla gioia. Il brasileiro, che in qualifica rimedia quasi mezzo secondo da Maldonado, al via si tocca con Ricciardo e finisce in fondo al gruppo, costretto anche al pit stop. Al di là di questo, il suo ritmo non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello di Maldonado. Becca sei decimi di distacco sul giro più veloce in gara e complessivamente non dà mai l’impressione di trovarsi a proprio agio. E poi il capolavoro, l’incidente tutto carioca con Massa, l’immane autoscontro che costringe entrambi al ritiro. Una scena, se teniamo conto della prestazione dei due piloti coinvolti, più deprimente o patetica che curiosa. Riprova, sarai più fortunato si diceva una volta. Lento.

Heikki Kovalainen: 6 – Il casco di Angry Birds non porta bene al simpatico finlandese di Rovaniemi. Che nel giro di sei giri perde sia il Kers che il DRS. Dura tenere un ritmo decente in queste condizioni. E infatti ci mette parecchio a liberarsi della Marussia di Glock e soprattutto subisce il compagno di squadra per buona parte della gara. Poi la sua Caterham inizia a dare i numeri. Anzi, citando proprio Heikki, «la sospensione anteriore sinistra ha causato dei problemi di squilibrio alla vettura». Manicomio o box? La seconda che hai detto, per dirla alla Guzzanti. Nel calderone ci infiliamo anche una penalizzazione in griglia per il prossimo GP per un sorpasso in regime di safety car. Viste le cervellotiche regole di quest’anno, gliel’abboniamo e gli regaliamo la sufficienza. Perché la Caterham è un po’ come il Tonno Nostromo, si taglia con un grissino tanto è fragile. Il problema non era Jarno, evidentemente. Squilibrato.

Vitalij Petrov: 6,5 – Il sottoscritto nel precampionato gliene ha dette di tutti i colori, al compagno Petrov, reo di aver rubato sbattuto fuori dalla griglia a colpi di valigia il povero Trulli. Però diamo a Cesare quel che è di Cesare: in Australia Vitalij fa davvero una bella gara. Veloce, costante, non fa errori e per gran parte della gara va più forte di Kovalainen. Che avrà avuto i suoi problemi, ma che fermo non è. Poi, come per magia, avviene esattamente quello che ti aspetti: il servosterzo si rompe e la Caterham lo lascia a piedi. Come ai vecchi tempi, dunque. Il suo ritiro causa l’ingresso della Safety Car (e del titanico carro attrezzi che secondo l’implacabile Ivan Capelli «modifica il ritmo imposto dalla safety car (!!!!!)»). Poteva parcheggiare meglio la vettura? Forse, ma probabilmente la gara sarebbe comunque stata neutralizzata. Una gara tutto sommato positiva, per il russo. Che porta a casa la pagnotta pur non tagliando il traguardo. Mica male, no? Servosterzato.

Pedro de la Rosa: sv – Meriterebbe uno scappellotto solo per aver scelto, alla sua età, di imbarcarsi in un’avventura simile. HRT sembra l’acronimo di Hai Rotto Tutto. Mah, vedremo in Malesia. Almeno lì arriveranno con la vettura montata. Ingiudicabile.

Narain Karthikeyan: sv – Anche lui dovrebbe chiedersi se ne vale davvero la pena. Ma forse, prima di porsi domande esistenziali, sarebbe meglio se perdesse più tempo a guardare gli specchietti. Avere una vettura lenta non è una colpa. Fare il paracarro mobile sì. Agli esami di scuola guida di solito ti bocciano, altro che F1. Distratto.

Timo Glock: 6 – Dura dir qualcosa di sensato sulla gara di un pilota che tre anni e mezzo fa decideva il mondiale e adesso si trova a correre con una vettura che praticamente prima di Melbourne non aveva mai girato. Lui la porta al traguardo, non fa danni, evita di combinar casini durante i doppiaggi e -per un terzo di gara o giù di lì- si prende addirittura il lusso di tener dietro le Caterham. Infierire sarebbe di una cattiveria inaudita. Sufficienza di stima, per ora, sperando in tempi migliori. Che molto difficilmente arriveranno, peraltro. Minimalista.

Charles Pic: 6 – Per fortuna che c’è Pic, recitava un famoso spot di un marchio di siringhe una quindicina di anni fa. Per fortuna? Il buon Charles becca sette decimi in prova da Glock, otto in gara ed è costretto al ritiro a poche tornate dalla fine. Questo sarà quello che le statistiche ricorderanno fra vent’anni. A onor del vero, però, bisogna aggiungere che per il francese si trattava dell’esordio in F1 e -quasi- dell’esordio SU una Formula 1. Non so se mi spiego. E in quest’ottica anche solo non aver fatto danni è di per sé un titolo di merito. Specie se guidi una Marussia. La sindrome del giustificazionalismo, soprattutto per un rookie, rende la carne del pagellista debole e ben disposta. Sei di stima, dunque. E avanti, verso la Malesia le sue Tigri (???). Indolore.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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