Vettel e Raikkonen, due campioni nel caos magiaro

Nel GP di Ungheria è spiccata la classe di una coppia piloti fortissima, a differenza dei molti colleghi apparsi "distratti"

Vettel e Raikkonen, due campioni nel caos magiaro

“Merci Jules, cette victorie est pour toi” così Sebastian Vettel sul traguardo dell’Hungaroring, in un messaggio via radio che ha fatto commuovere tutto l’ambiente F1, per la dolcezza della dedica in un momento di grande gioia, a testimonianza di come il ragazzo abbia testa e cuore e non solo un piede pesantissimo, che sta facendo le fortune della Ferrari.

UNA FERRARI FORMATO FENICE Quella ammirata in Ungheria, soprattutto di domenica, è stata una SF15-T trasformata, pimpante, perfetta nel kartodromo magiaro, bilanciata tra le curve e nella gestione delle gomme Pirelli. Una riprova del fatto che la monoposto di Maranello, quando è assecondata dalle mescole  e riesce a farle lavorare come si deve, è un avversario ostico anche per la Mercedes, riuscendo a tenere un passo gara alla pari se non addirittura superiore. Una buona macchina dunque – e fa bene il team principal a non voler più sentire paragoni con il disastroso 2014 – ma una meccanica troppo dipendente da fattori esterni, quali degrado degli pneumatici e temperature ambientali, che invece dovrebbero incidere meno ed essere “governati”. Il vero salto di qualità della Ferrrari dovrà essere questo: riuscire a diventare veloce con qualsiasi temperatura e anche con le gomme più dure.

DUE GRANDI PILOTI Se la vettura regala gioie e dolori, Budapest ci ha consegnato una coppia Ferrari al massimo splendore, mai così bella da vedere e in forma. La partenza all’unisono dei due alfieri del Cavallino è già da libri di storia, per la rapacità e l’abilità con cui hanno surclassato gli inermi piloti Mercedes passandoli in modo tanto repentino quanto chirurgico. Perfetto Seb a prendersi la prima posizione scattando in modo esemplare dalla terza piazza, ancora più incisiva la partenza di Kimi, capace di issarsi in seconda posizione prendendo il via dalla terza fila e dopo un bel corpo a corpo nelle prime curve con Rosberg.

Entrambi i ferraristi, poi, hanno fatto quello che più è congeniale al loro stile di guida, ovvero scappare via impostando un ritmo infernale. Basti pensare che Rosberg, che sotto il sedere ha pur sempre la W06, prima dell’ingresso della safety car si trovava a più di venti secondi di distacco, che con quella vettura e su una pista così sono paragonabili alle distanze tra i pianeti di Interstellar. Vettel a Budapest ha dimostrato ancora una volta la sua forza, tecnica e mentale. Il tedeschino, sempre più trascinatore della Rossa, non è mai sembrato realmente in difficoltà, nemmeno quando alla ripartenza aveva Rosberg e Ricciardo alle calcagna. Una tempra e una concentrazione di schumacheriana memoria, per un pilota tanto veloce in macchina quanto uomo squadra fuori. Basti pensare che dopo le prove libere è l’ultimo a lasciare il circuito dopo aver salutato uno per uno tutti i meccanici. Un comportamento che è ventata pura di positività ed entusiasmo, senza scadere negli inflazionati e ormai noiosi paragoni col passato. La seconda vittoria stagionale è un capolavoro di bravura e carattere.

Raikkonen dal canto suo per la seconda gara consecutiva si dimostra competitivo e in Ungheria ha fatto ciò che gli vorremmo vedere fare sempre, ovvero essere l’ombra di Vettel, se non più veloce in alcune fasi. Il finlandese ha guidato al top per tutto il fine settimana; in qualifica ha pagato il tempo perso nelle terze prove libere, mentre in gara….be’ ha scontato una cambiale di nome Fortuna (nel senso latino del termine) che ormai lo perseguita, ma – nonostante il ritiro per problemi all’ERS – si è guadagnato gli applausi di tutto il box Ferrari, con Marchionne e Arrivabene in testa. Il rinnovo non è più una flebile speranza, soprattutto con quel Bottas che costa in maniera proporzionale a quanto delude: troppo.

HAMILTON E ROSBERG DELUDONO Quasi indecifrabile e inspiegabile la gara di Lewis Hamilton e Nico Rosberg. L’inglese non riesce proprio ad avere quella continuità da cannibale che ci si aspetterebbe dal suo enorme talento, restando troppo spesso prigioniero della sua fragilità caratteriale. Quando le cose non girano nel verso giusto, Hamilton sembra perdere la bussola, iniziando a sommare errori su errori. In Ungheria è andata in scena una prestazione modesta, con annessi fuori pista e tamponamenti, che fa il paio con le “distrazioni” dell’Austria. Per non parlare poi del “panico” di Montecarlo.

Hamilton molto probabilmente vincerà questo mondiale, ma giornate come questa rischiano di alimentare ancora di più le voci di un pilota troppo distratto dalla vita mondana, magari lo aiuterebbe lavorare più tempo su se stesso e in factory e passarne di meno a spendere soldi in tatuaggi. Rosberg, invece, ha fatto prevalere l’accidia sulla “fame”; il tedesco è parso quasi accontentarsi di guadagnare punti su Lewis, amministrando una gara di rincalzo dietro le Ferrari. Un atteggiamento troppo remissivo, passivo, che alla fine gli è costato tanto. Fosse stato più pimpante dall’inizio forse non si sarebbe messo in condizioni di trovarsi a duellare ruota a ruota con un pilota “pericoloso” come Ricciardo.

RED BULL OK, C’E’ DEL BUONO NELLA MP4-30? Su una pista dove l’aerodinamica contava più del motore si sono riviste – nemmeno a farlo apposta – una Red Bull in palla e una Williams inguardabile. Daniel Ricciardo ha corso con il coltello tra i denti, in modo un po’ troppo irruente, cosa che gli ha impedito di giocarsi la vittoria. Molto bene Daniil Kvyat, vera sorpresa di queste ultime gare. Il giovanissimo russo (classe 1994!) sta crescendo in modo repentino ed il secondo posto di ieri, dopo una gara condizionata da una strategia molto dispendiosa (pit stop anticipato e gomme dure nel tratto centrale di gara), è un risultato che non va sottovalutato.

Si riaffaccia nella zona che gli compete anche la McLaren, con un Fernando Alonso mostruoso nel saper cogliere al volo le opportunità. L’asturiano si conferma un martello in gara, riuscendo ad arpionare un quinto posto quasi straordinario. Ma i punti di Jenson Button confermano che la monoposto di Woking non è un progetto del tutto sbagliato, il telaio disegnato da Prodromou è meglio di quanto sembri, tutt’è far girare a dovere la PU Honda.

Quello che il movimentato GP d’Ungheria lascia in eredità si può racchiudere in due immagini: il cerchio dei piloti raccolti nel minuto di silenzio per onorare la memoria di Jules Bianchi, e la partenza delle furie rosse. La Ferrari stacca la spina con la certezza, non da poco, di avere due grandi piloti. Nella confusione dei duelli ungheresi la coppia Ferrari ha dato prova di testa e piede, spiccando per qualità di guida e freddezza (basti pensare anche allo stoicismo di Kimi alle prese con il calo di potenza). E se è vero che squadra che vince (e convince) non si cambia…

Antonino Rendina

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