McLaren, una Honda di malcontento dal Giappone a Woking…

Al di là delle dichiarazioni di facciata, i rapporti tra McLaren e Honda sembrano già tesissimi

McLaren, una Honda di malcontento dal Giappone a Woking…

Sarà che Eric Boullier è un tipo tranquillo, per nulla polemico di indole, molto conciliante di carattere. Probabilmente l’ultimo baluardo dell’unione tra McLaren e Honda, unico a mantenere i toni bassi nelle dichiarazioni ufficiali, continuando a dire che il progetto e la partnership vanno avanti a vele spiegate.

RAPPORTI TESI In realtà i rapporti tra l’ormai nobile decaduta McLaren e il colosso nipponico sembrano già ai minimi termini dopo soli dodici Gran premi disputati insieme. Sembra un controsenso, ma le proporzioni del fallimento sono state tali da aver minato quel rapporto di fiducia basilare quando un telaista si affida in toto ad un motorista. McLaren e Honda volevano essere un’unica grande realtà integrata, in inverno sono andate avanti a slogan e proclami evocativi, volevano fare la storia e in un certo modo la stanno facendo, portando in pista quella che forse è la peggiore McLaren mai vista nella storia. Emblema di un malumore crescente nei box è il continuo palleggio di responsabilità tra la scuderia e la Honda, con la prima “vittima” di una PU che rasenta quasi l’indecenza (sopratutto per la componente ibrida), e la casa giapponese che invece accusa la monoposto di scarsa efficienza aerodinamica e di poca stabilità al retrotreno.

HONDA, LA TESTARDAGGINE, LA SUPERFORMULA Analizzando fatti, atti e comportamenti delle parti, quello che risalta agli occhi è il singolare approccio al lavoro del management Honda, talmente convinto delle proprie potenzialità da essersi ermeticamente chiuso verso l’esterno. E’ cosa risaputa che per la progettazione del loro “V6 Hybrid” i giapponesi non hanno voluto ingaggiare ingegneri esterni, promuovendo giovani “cervelloni” interni all’azienda e facendo tutto da soli, ovviamente partendo da zero. Una scelta che è figlia di una filosofia tutta orientale, che trova i suoi capisaldi nel senso di appartenenza, nell’orgoglio e nell’importanza del lavoro e della sperimentazione.

Nella convinzione di essere nel giusto, il responsabile del Motorsport Yasuhisa Arai continua a dire che la PU sta facendo grandi progressi, alimentando speranze che poi cozzano con l’impietoso dato cronometrico come flutti sugli scogli. Dissolvendo ambizioni e speranze di una McLaren che osserva attonita la (non) evoluzione di un motore che purtroppo sembra poco più che fermo alle prime gare. Una situazione talmente imbarazzante da aver costretto la Honda a chiedere alla FIA di poter provare il proprio motore su una Superformula (la Formula Nippon), ufficialmente per dimostrare la bontà del progetto a quegli “ingrati” della McLaren, ma a conti fatti per capire le cause di un progetto che pare totalmente sbagliato, tanto da far ipotizzare una progettazione ex novo di tutta l’unità motrice.

ALONSO SCONTENTO E mentre in qualche pista sperduta del Sol Levante probabilmente si può intravedere una Formula 3000 che gira con un motore di F1, gli stessi media nipponici sono imbufaliti con Arai, per le continue promesse non mantenute. E aumentano i malcontenti anche oltreoceano, in Inghilterra, dove aumentano le voci di un avvicendamento ai vertici di Honda Motorsport, su precisa richiesta dell’insoddisfatta McLaren. Woking nicchia, anzi nega di aver chiesto la “testa” di qualcuno, eppure il pilota di punta, l’uomo dei due mondi, quel Fernando Alonso fuoriclasse voluto sia dalla Macca che dalla Honda, non ha esitato a schierarsi dalla parte della scuderia.

Nando, che è fine comunicatore, ha più volte rimarcato – forse esagerando – la bontà del telaio della MP4-30, arrivando a sostenere che la scocca progettata da Prodromou sia tra le migliori del lotto, e parlando apertamente di un deficit importante di potenza del propulsore, scaricando dunque tutta la responsabilità sulla Honda. Una mossa verosimilmente “ragionata”, una presa di posizione che fa più rumore dei tentativi di mediazione di Boullier, una risposta forte ad Arai, che aveva parlato di inefficienza aerodinamica della monoposto.

BUTTON CONFERMATO ENNESIMA SPIA DELLE DIFFICOLTA’ E’ in questo scenario di “guerra fredda”, con una McLaren malinconicamente condannata al fondo della griglia e della classifica iridata – priva di sponsor e lontana parente della squadra che stupiva il Circus per la bellezza, l’originalità e la velocità delle proprie monoposto – che va letta ed interpretata la probabile conferma di Jenson Button, a scapito dei due giovani talenti Kevin Magnussen e Stoffel Vandoorne.

Anche e soprattutto nella politica piloti la McLaren denuncia una forte confusione. Quattro piloti sotto contratto, due campioni navigati e due giovani di prospetto. Nelle idee di Ron Dennis la coppia titolari doveva essere composta da Fernando Alonso, nel ruolo di prima guida, e da un giovane che potesse crescere con tranquillità (più Vandoorne che Magnussen). Fernando doveva essere libero di lottare ad alto livello, con un compagno talentuoso e veloce a coprirgli le spalle. Un’idea sensata ma che è rimasta tale dovendosi scontrare con il dato della realtà, con una monoposto e una PU che hanno bisogno di continuo sviluppo e di essere gestite da mani esperte. Allo stato attuale prevale l’esigenza di affidarsi a spalle larghe che sappiano gestire una situazione difficile, aiutando la squadra nello sviluppo.

Un caso che ricorda molto da vicino la Honda del biennio 2007-2008, accusata di far correre al fianco di Button il veterano Barrichello, invece di lanciare nuove leve. All’epoca Ross Brawn, responsabile della Honda in F1, rispose così: “Abbiamo bisogno di piloti esperti perché questa monoposto è inguidabile, non avrei mai il coraggio di metterla in mano ad un ragazzino, sarebbe pericoloso”. Sembra di rivivere un vero e proprio deja vu, e il caso vuole che protagonista sia ancora la Honda, ma stavolta di mezzo c’è la McLaren, una squadra che ha vinto dodici mondiali Piloti e otto titoli Costruttori e che non può correre staccata ai confini del mondo.

Antonino Rendina

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