Pagelle del Gran Premio d’Ungheria

Pagelle del Gran Premio d’Ungheria

Perentorio successo di Mark Webber all’Hungaroring. L’australiano approfitta di un’ingenuità del compagno di squadra Vettel e si riporta in testa alla classifica del mondiale. Buon secondo Alonso, ritirato Hamilton che deve rinunciare allo scettro di leader del mondiale. Buona lettura!

Jenson Button: 6 – Si guadagna la sufficienza, stiracchiatissima, solo perché qualche punticino lo raccoglie lo stesso. E, visto come si era messa dopo le prove -11mo- e soprattutto dopo la prima curva -15mo- non era affatto scontato. La solita saggezza tattica -fatichiamo a ricordarci un incidente causato da lui- al servizio di una vettura tutt’altro che esaltante. Certo, se non si da una svegliata in qualifica gli avversari voleranno via. Ma se la gara diventa un poco un poco caotica, lui c’è. Saggio.

Lewis Hamilton: 8 – L’esatta antitesi del compagno di squadra. Tanto saggio e calcolatore Jenson, tanto feroce ed aggressivo lui. Con gomme fredde è il migliore, poche storie. Si infila nel cunicolo sbagliato al via e viene superato da Petrov, ma nel giro di pochi km gli è subito di nuovo davanti. Passando all’esterno. Si rende subito conto che c’è ben poco da fare contro Ferrari e Red Bull -anche a Montecarlo, pista per certi versi simile, è stato così- e cerca solo di portare la vettura al traguardo. Non ci riesce: il cambio lo molla al 24esimo giro, non per colpa sua. Perde la testa del mondiale ma dimostra di esserci più che mai. Killer. Ancora una volta.


Michael Schumacher: 4
– C’è chi dice che abbia avuto problemi ai freni (ma è inequivocabile la risposta di Nico Rosberg a precisa domanda: «Michael dice di avere problemi ai freni» «Ah sì? Boh…»). C’è chi sostiene che le gomme anteriori lo mettano in difficoltà. Chi dice che sia sotto l’effetto di un incantesimo generato da una fattucchiera brasiliana (pare amica di una zia di Rubens Barrichello). Non si sa. Ma niente giustifica quanto combinato nelle ultime fasi di gara. La manovra con cui cerca di spedire al padreterno proprio il brasiliano -per inciso molto religioso, ma non c’entra niente- è da arresto. Punto. Solo questo vale il voto. Se poi valutiamo pure la gara… beh, meglio non farlo, potremmo scendere ancora. Criminale.

Nico Rosberg: sv – C’è chi perde la bussola, come il suo compagno di squadra, chi una ruota, come lui. Capita, in certe domeniche d’agosto un po’ sfigate. E’ vero che non stava compiendo una gara memorabile -ma nemmeno malaccio, tutto sommato-, è vero che chi è causa del suo mal -in questo caso la crew ai box- pianga se stesso, è vero che magari c’è un po’ di rilassatezza di troppo figlia di un’annata deludente…. fatto sta che da qualche gara a questa parte alla Mercedes non ne va bene una. Sul ritiro dice: «C’è stato un po’ di casino ai box, mi son ritirato. ma comunque non andavo bene». Come dargli torto? Come assegnargli un voto? Disarmante.

Sebastian Vettel: 7 – Un pollo. Un pollo se mai ne è esistito uno. Getta alle ortiche una vittoria praticamente certa con uno scellerato rallentamento dietro alla safety car. Tanto scellerato quanto, ahinoi, immotivato. Se l’ha fatto apposta meriterebbe uno sganassone. Se, come sostiene, è stato solo frutto di distrazione, tanto peggio. Ci rimette sia la prima che la seconda posizione, e la sequela di giri veloci nell’ultima fase della gara non fa che peggiorare la sua posizione. No, non si diventa campioni del mondo così. Nemmeno se si ha un indiscutibile talento velocistico e se -soprattutto- si dispone della vettura migliore del lotto. Quest’anno ha gettato via una marea di punti, speriamo per lui non debba rimpiangerli. Spocchioso.

Mark Webber: 9,5 – Solido, inossidabile, tenace, cinico. Come solo un australiano sa essere. Più passa il tempo più ci ricorda il buon -forse- vecchio -sicuramente- Alan Jones. Quello che vinse il campionato del mondo nel 1980 con la Williams, che tutto sommato in pochi ricordano. Pochi fronzoli e tanta sostanza. Lui a 34 anni ha raggiunto la piena maturità agonistica. E il weekend ungherese ne è la riprova. Soffre in qualifica, subisce Vettel in gara ma quando ha pista libera si scatena e -con gomme morbide- si inventa uno stint interminabile e soprattutto velocissimo, pulito, costante. Impeccabile. Conquista la vittoria, la testa del campionato e guadagna punti in seno al team. Ed è pure simpatico. Chi scrive l’ha intervistato nel lontano (???) 2006, quando era alla Williams, e se lo ricorda gentile, simpatico e poco incline a tirarsela. Chissà che non conti qualcosa anche questo, alla fine dei giochi. Caterpillar.

Felipe Massa: 7,5 – Chiude al quarto posto. Considerato che qui lo scorso anno stava per lasciarci le penne, è forse anche troppo. Parte bene, perde la posizione da Hamilton al pit stop successivo all’ingresso della safety car -si accoda ad Alonso….- ma la recupera con il ritiro dell’inglese. Poco può contro le Red Bull e contro il compagno di squadra. Per i primi ok, per il secondo un po’ meno, ma tant’è. Dice di non rassegnarsi al ruolo di seconda guida, ma deve dimostrarlo con i fatti. Però è pur vero che quando succede, come in Germania, viene ricondotto nei ranghi dal team. Che, a sua volta, dice di non considerarlo una seconda guida. Ma come? Boh. Un rompicapo. Per intanto si gode un quarto posto pre-vacanze che non è niente male. Sereno.

Fernando Alonso: 9 – Si ritrova sul secondo gradino del podio e, probabilmente, nemmeno lui sa perché. Quantomeno non completamente. Azzecca un ottimo start infilandosi tra le Red Bull. Taglia il traguardo sempre tra le due vetture di Mateschitz, ma a posizioni invertite. Già questo la dice lunga sull’andamento poco lineare della gara. E’ bravo a infilare Webber al via, un po’ meno -ma bisogna sempre tener conto della differenza di velocità tra le vetture- a lasciarsi scappare Webber dopo la safety car -ricordiamo che l’australiano aveva gomme già ben vecchie- ma è poi magistrale a resistere al ritorno di Vettel. Ha ragione quando dice che la costanza sarà la chiave di volta per questo mondiale. Dei pretendenti al titolo è l’unico che ha a tutti gli effetti i galloni di caposquadra. E non è detto che non possa essere il fattore decisivo. Appoggiato.

Rubens Barrichello: 7 – Più che il decimo posto finale, più che il punticino raccolto, più che la prestazione inferiore a quella del compagno di squadra, più che l’ingresso della safety car nel momento a lui meno indicato, ricorderà a lungo questo Gran Premio per la chiusura criminale subita da Michael Schumacher. Un duello nel pieno stile “La guerra dei nonni”, viste le rispettive carte d’identità. Una lotta dove, per inciso, dimostra di avere attributi pari a quelli del suo ex caposquadra in Ferrari, tenendo giù il piede -nonostante lo spazio disponibile si misuri in centimetri- e completando comunque il sorpasso. Meriterebbe 10 solo per non aver messo le mani addosso al tedesco subito dopo fine gara. Raccoglie un punticino, forse sudato un po’ troppo ma proprio per questo prezioso. Gentleman.

Nico Hulkenberg: 8 – E andiamo, finalmente. Su una pista lenta, tortuosa e scorbutica, il tedeschino si regala una prestazione da urlo arrampicandosi fino al sesto posto finale. Certo, la safety car gli da una grossa mano, ma nella vita ci vuole anche fortuna e soprattutto serve la bravura per saperla sfruttare. Lui non commette errori, è regolare, e soprattutto -grazie anche ad un’ottima qualifica- si trova nella posizione migliore per giovare della neutralizzazione. L’incredibile Hulkenberg, dunque. Porta a casa, punti, fiducia, pacche sulle spalle. Scaltro.

Robert Kubica: sv – La sua gara termina con la prima -e unica- sosta ai box, vittima incolpevole dell’assurda collisione con Adrian Sutil ai box. Roba da anni ’70, romantici, esaltanti, eroici ma per certi versi anche dilettantistici e pericolosi. Commenta lo scontro con un aplomb britannico («mi sa che il timing dell’uscita era un po’ sbagliato») che ci fa dimenticare anche che era stato battuto da Petrov in qualifica. Saprà rifarsi a Spa. Bloccato (ai box).

Vitaly Petrov: 9 – Magistrale come solo un russo in giornata di grazia sa essere. Sopravanza Kubica in qualifica, passa addirittura Hamilton al via -salvo poi subire il prepotente ritorno dell’inglese- ma porta a casa una prestazione grintosissima e concreta che gli vale un eccellente quinto posto finale. Ha fama di mago della pioggia, ma stavolta è micidiale anche sull’asciutto, senza trucco e senza inganno. Davvero bravo. Se trova il bandolo della matassa anche su piste veloci -e Spa in questo senso sarà un banco di prova tostissimo- potrà salvare il posto e togliersi qualche bella soddisfazione. Ùngaro.

Adrian Sutil: sv – Vale esattamente lo stesso discorso fatto per Kubica. Vittima incolpevole di una collisione grottesca, saluta la compagnia prima di poter dimostrare alcunché, nel bene e nel male. Per fortuna nessuno si è fatto niente, poteva finire peggio. Allucinato.

Vitantonio Liuzzi: 5 – Weekend opaco per Tonio, che cicca clamorosamente la qualifica -sedicesimo- e in gara non può far altro che accontentarsi di un poco lusinghiero tredicesimo posto, ben lontano dalla zona punti. Al via perde un pezzo di alettone ed è costretto ad una sosta prematura per sostituirlo. Già all’Hungaroring non si passa, se ci mettiamo pure questo… Resta bloccato dietro alle Toro Rosso e conclude la gara nella medesima posizione. Un po’ poco, tutto sommato. Dice che la macchina aveva un buon passo in gara. E’ un’aggravante, non una giustificazione. Rimandato.

Sebastien Buemi: 5,5 – Al via fa a sportellate con Michael Schumacher e -non si capisce bene come- finisce addirittura dietro Trulli. Poi lo passa e si ritrova di nuovo dietro al tedesco. Non riesce ad attaccarlo -e visto quello che è accaduto a Barrichello tutto sommato va anche bene così- e manca la possibilità di passarlo in uscita dai box perché troppo lontano. Finisce la gara in piena crisi di gomme al dodicesimo posto. Niente di esorbitante, dunque. Con un po’ di grinta in più, però, poteva forse avvicinarsi alla zona punti. Pigro.

Jaime Alguersuari: sv – Pronti-via e subito il motore dice basta. Fumata bianca, olio in pista, ritiro. A Budapest festeggiava il primo anniversario del debutto in F1. Fumo tanto, ma nessuna candelina. Ha sicuramente vissuto compleanni migliori. Fumato.

Jarno Trulli: 6 – Azzecca una gran partenza e balza avanti a ben tre vetture. Due di loro lo risorpassano, ma non la Virgin di Timo Glock, che riesce a tener dietro fino al traguardo. La Lotus si conferma il migliore dei nuovi team ed entrambe le vetture riescono a tagliare il traguardo. Peccato solo che ancora una volta Jarno resti dietro al compagno di squadra. Ma tutto sommato va bene così, anche perché i due fanno praticamente gara parallela. La notizia vera è che non ha avuto nessun tipo di inconveniente tecnico per tutto il weekend. Che sia un segno? Chissà. Scaramantico.

Heikki Kovalainen: 6,5 – Batte Trulli in qualifica e in gara. Dura chiedergli di più. Certo chiude a tre giri di distacco dai primi, ma è comunque il primo pilota a tagliare il traguardo di quelli che guidano una vettura dei nuovi team. Non commette errori, è bravo al via, diligente nei doppiaggi e simpatico nelle interviste. Non sarà un fenomeno, ma il suo lo fa eccome. Per cui la sufficienza la merita. Resta un mistero come possa aver sofferto così in McLaren. Bah. Magari si esalta così solo nelle difficoltà. Masochista.

Sakon Yamamoto: 5 – Si difende discretamente in qualifica, in gara rimedia quattro giri di distacco e -soprattutto- uno dal compagno di squadra. Che di cognome fa Senna ma di nome Bruno, mica Ayrton. Pur con tutte le attenuanti del caso, arrivare alla sufficienza è durissima. Il diciannovesimo posto finale -ultimo dei classificati- poco aggiunge a quanto detto finora. Chissà se lo rivedremo al volante di una F1. E, soprattutto, chissà al posto di chi. Recomparecido (il contrario di desaparecido…).

Bruno Senna: 6 – Soffre nelle prove ma è bello tosto in gara, quando riesce a tener dietro la Virgin di Di Grassi fino al diciassettesimo posto finale. E’ sempre dura giudicare le prestazioni di chi guida vetture come la HRT, solo lontane parenti di monoposto competitive. Stavolta decidiamo che la sufficienza la merita e che, probabilmente, meriterebbe anche di conservare il posto fino a fine stagione. Ma si sa, in certi team le logiche decisionali sono poco legate al cronometro e più al portafogli. Per cui… Sospeso.

Pedro De La Rosa: 8 – Si aspettava un weekend difficile e invece si ritrova a gioire per un settimo posto tanto inatteso quanto Benvenuto. Il capolavoro vero lo fa in qualifica, issandosi fino alla nona posizione. Poi azzecca una buona partenza, viene richiamato ai box al momento giusto e non deve far altro che conservare la posizione senza commettere errori. Più facile a dirsi che a farsi, comunque. A lui riesce bene e gli resta addirittura il tempo -parole sue- per prendere nota mentalmente di alcune modifiche da suggerire per migliorare il comportamento della vettura. Difficile sia vero, ma chissà. Ingegnere(?).

Kamui Kobayashi: 8,5 – Ci sbilanciamo? Ci sbilanciamo. L’eroe del GP d’Ungheria è lui. Partire diciottesimo e chiudere nono è impresa titanica, nella F1 moderna. Farlo all’Hungaroring è praticamente impossibile. Lui però lo fa. Come? Con una buona partenza, con un paio di sorpassi azzecati, con un corretto ingresso ai box all’ingresso della safety car e con un bel duello -vinto- con Michael Schumacher, che puntella la sua posizione dagli attacchi di Barrichello. Davvero tosto, il Jap di scuola Toyota. Ma non lo scopriamo oggi. Se saprà smussare qualche eccesso di troppo potrà davvero diventare un grande. Magico.

Timo Glock: 6 – Al via sceglie il pertugio sbagliato e si ritrova imbottigliato dietro il compagno di casacca. Questo fa sì che con l’ingresso della safety car debba accodarsi al brasiliano e perdere tempo ai box. Finisce così dietro le due Lotus e dice che a causa delle bandiere blu non riesce ad attaccarle. In realtà le cose non stanno proprio così e dubitiamo che ce l’avrebbe fatta comunque, ma tant’è. Chiude sedicesimo. Peccato, perché in qualifica le Lotus le aveva battute. Ma i conti si fanno alla fine, ahimé. La sufficienza, comunque, ancorché stiracchiata, ci sta. Bugiardo.

Lucas Di Grassi: 6 – Peccato. Peccato perché la partenza era stata eccellente, perché teneva agevolmente il passo delle Lotus e perché stava controllando bene anche il compagno di team. Poi però ai box combinano un patatrac, gli montano male un pneumatico e deve rientrare per una sosta supplementare. Questo gli distrugge praticamente la gara. Ad ogni modo il suo segno sulla gara, seppur piccolo, lo lascia, facendo segnare il miglior giro dei piloti dei nuovi team. Magra consolazione se non addirittura rimpianto. Cresce bene il brasiliano, guida pulito e raramente sbaglia. Forza!

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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