F1 | La Waterloo di Toto Wolff

Il potente manager austriaco si è rivelato un pessimo perdente

F1 | La Waterloo di Toto Wolff

“Quanto accaduto ad Abu Dhabi è stato come la mano de Dios”, spiegatelo voi a Toto Wolff che più che far pensare ad una grande ingiustizia queste parole riconducono inevitabilmente al genio, avvicinando e paragonando inconsapevolmente Verstappen a Maradona.

Ma il potente non più onnipotente manager austriaco intendeva tutt’altro, perché da settimane sbraita, piange, si dimena, ma lo fa in solitudine, come il pazzo del villaggio che urla al cielo mentre le persone lo compatiscono senza soffermarsi più di tanto.

Andiamo però con ordine, per spiegare perché la sconfitta Mercedes di Abu Dhabi non è stata tanto una sconfitta per la scuderia – che ha centrato l’ottavo mondiale Costruttori consecutivo – e nemmeno per Lewis Hamilton, uscito a testa altissima e sicuramente danneggiato dall’improvvida e anomala decisione dell’inadeguato Michael Masi. Perché, sia chiaro, chi scrive non cambia idea: Lewis è stato dato in pasto a Verstappen da una direzione gara fuori di testa.

Però poi bisogna pure analizzare i comportamenti, le condotte, i fatti. Questi ultimi ci dicono che il team principal della scuderia anglo-tedesca nelle fasi più concitate di Yas Marina è stato scomposto, plateale, melodrammatico, ma il tutto poteva anche ricondursi ad un eccesso di adrenalina. Il problema è quando accaduto dopo, a freddo.

Mentre Lewis Hamilton dimostrava un contegno da vero campione, stringendo la mano al rivale, Wolff sceglieva di fare immediato reclamo contro il verdetto di gara, indire un anomalo silenzio stampa e boicottare qualsiasi iniziativa FIA, dal set fotografico per celebrare il titolo marche al gran gala di Parigi.

Lo stesso ha poi rotto il silenzio con un messaggio durissimo nel quale ha parlato di mondiale rubato, e spiegato che la squadra aveva rinunciato ad appellarsi al Consiglio Mondiale FIA “perché non sarebbe stato bello vincere così, in tribunale”.

Sembrava questa la fine di una brutta storia, nella quale la FIA non ne è uscita bene, dove si salvano solo i due grandi campioni che si sono battuti per tutto l’anno. E invece, dopo qualche ora di silenzio, ecco le parole sul furto del secolo, la mano de dios, con nuovi strali lanciati dall’implacabile Wolff.

Ed è qui che casca l’asino, è qui che si certifica la grande sconfitta di un grande vincitore ma pessimo perdente. L’ipocrita e formale accettazione del risultato, la rinunzia all’appello, la finta sportività, non contano nulla se prevale l’incoerenza delle accuse, perché ad un certo punto per compostezza, spessore, ruolo, immagine, bisogna pur essere coerenti con il proprio agire.

E I fatti concludenti ci dicono che Mercedes ha accettato il verdetto nel momento in cui ha formalmente rinunciato all’appello al Consiglio Mondiale. Non ha quindi senso compiuto continuare a piagnucolare e alludere al furto del secolo. Se Mercedes fosse stata così convinta di “prendersi” il mondiale, probabilmente per coerenza e rispetto dei propri tifosi e di Hamilton avrebbe dovuto adire le vie legali sino al TAS.

Inutile continuare a parlare di furto del secolo se poi si sceglie di non esperire nemmeno il secondo grado di giudizio. Se Wolff era così sicuro poteva arrivare al TAS di Losanna, la Cassazione dello sport, organo riconosciuto dal CIO, al quale la FIA aderisce.

La verità, probabilmente, è che Wolff è stato bloccato nei suoi intenti dal buonsenso dei vertici Mercedes, forse di Hamilton, o anche di Ineos. Perché con il passare dei giorni la sconfitta di Abu Dhabi è sembrata sempre più diventare un regolamento di conto tra FIA, Red Bull, mondo intero e Toto Wolff, il quale nonostante la sua squadra sia stata danneggiata, è uscito malissimo da questa vicenda.

L’influente manager ha dato l’idea del protervo di turno al quale tutto è dovuto, non una bella immagine. Probabilmente la più sfrenata ambizione non contempla la sconfitta, ma finanche Napoleone dovette fermare la sua avanzata in Europa. Cadere dopotutto è parte essenziale della natura umana, ma bisogna anche saper cadere e Wolff nella sconfitta non ha dimostrato lo stesso spessore e lo stesso contegno di quando vince.

Antonino Rendina


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