F1 | GP Ungheria, Ocon: settanta giri senza respiro

Il racconto della prima vittoria del francese in Formula 1, conquistata gestendo ogni dettaglio

F1 | GP Ungheria, Ocon: settanta giri senza respiro

Dopo il Gran Premio d’Ungheria, all’albo d’oro della storia della Formula 1 è stato aggiunto un nuovo nome, quello di Esteban Ocon, capace di vincere una gara imprevedibile tra le curve dell’Hungaroring regalando a sé stesso e all’Alpine la prima affermazione nella massima categoria. Un appuntamento particolare in cui il francese ha saputo gestire con autorevolezza una gara che all’esterno è parsa più semplice di quanto non lo fosse in vettura, soprattutto a causa della pressione costante da parte di Sebastian Vettel alle sue spalle, il quale non ha lasciato un momento di respiro rimanendo nei suoi scarichi dall’inizio alla fine. Una corsa in cui bisognava essere perfetti e in cui il francese non ha deluso.

“Che momento, che momento! Ci si sente così bene. È la prima vittoria da quando il gruppo Renault è tornato in Formula 1. Abbiamo avuto alcuni momenti difficili in questa stagione, che abbiamo superato. Siamo tornati molto competitivi a Silverstone e ogg una vittoria! Cosa posso dire? È fantastico, quindi congratulazioni anche a Fernando perché penso che la vittoria è arrivata anche grazie a lui, tutte le lotte che ha fatto, il suo lavoro di squadra, tutto questo. È stata una giornata fantastica. Ad Alpine posso solo dire un grande grazie, per la fiducia che tutti hanno riposto in me. Nei momenti difficili, quando sei fuori dalla Q1, quando sei P17, non sai dove sei esattamente e la squadra ha mantenuto una grande fiducia in me e siamo tornati dove meritiamo, quindi è fantastico. Ma Sebastian è stato estremamente veloce per tutta la gara, mi ha messo una grande pressione, ma siamo riusciti a tenerlo lontano, è stato uno sforzo enorme”, ha raccontato Ocon al termine della corsa.

Lo scatto allo spegnimento dei semafori non era stato dei migliori in assoluto, soprattutto nella primissima fase del rilascio frizione, dove il francese sembrava aver perso qualcosa rispetto agli avversari che si trovavano intorno a lui sulla griglia di partenza. Al contrario, tuttavia, Esteban era riuscito a recuperare in progressione, tanto da impensierire Charles Leclerc, il quale si era successivamente spostato sull’interno in parte per evitare di rimanere nella scia dei piloti davanti, in parte proprio per coprire un possibile attacco da parte del transalpino. Una decisione all’apparenza innocua e corretta, ma che avrebbe cambiato completamente la storia del Gran Premio perché, pochi metri più avanti, il monegasco sarebbe stato colpito da Lance Stroll, il quale in fase di frenata aveva perso la propria vettura dopo essere giunto al bloccaggio dell’asse posteriore, finendo così sull’erba prima di impattare contro la Ferrari SF21 numero 16. Un errore grave, figlio di una valutazione errata in una situazione in cui, con il fondo bagnato, era complicato capire quale fosse il punto ideale per la staccata e quanta pressione applicare sul freno. Osservando la telemetria del canadese, infatti, è possibile notare come il portacolori dell’Aston Martin in realtà fosse andato sui freni con qualche metro d’anticipo rispetto agli avversari che si trovavano di fronte a lui ma, evidentemente, la pressione applicata non si era rivelata sufficiente per rallentare la monoposto in modo congruo alla situazione. Cercando di reagire il più rapidamente possibile per evitare un tamponamento, Stroll non aveva potuto fare altro che spostarsi sulla propria destra, nella speranza che quei pochi metri in più lo avrebbero aiutato nel rallentare la monoposto prima dell’ingresso in curva uno: tuttavia, proprio nel momento in cui aveva iniziato ad applicare maggior forza sul pedale, Lance era giunto al bloccaggio dell’asse posteriore, finendo sull’erba dopo aver perso il controllo della vettura. A quel punto non vi era più nulla che si potesse fare per evitare un contatto e a farne le spese era stato Leclerc, costretto al ritiro a causa del danneggiamento del sistema di raffreddamento. Chi ne aveva tratto profitto, invece, era stato proprio Ocon, il quale, con un pizzico di fortuna, era stato in grado di evitare i numerosi incidenti portandosi così comodamente in seconda posizione, con la consapevolezza che quella corsa si fosse indirizzata sui binari giusti.

L’esposizione della bandiera rossa aveva dato modo di prendere fiato e ragionare con calma su quella che avrebbe potuto essere la strategia una volta tornati in pista dopo l’interruzione. Il punto cruciale girava intorno al comprendere quale sarebbe stato il momento giusto per passare alle gomme d’asciutto, soprattutto considerando che quella pausa aveva dato modo al sole di iniziare ad asciugare l’asfalto, rendendo sempre più prossima la fase di crossover tra le due tipologie di penumatici. Un’opportunità che, in realtà, si era presentata immediatamente, perché già durante il giro di “formazione” dietro la Safety Car alcuni piloti avevano compreso che il passaggio sulle slick avrebbe potuto essere la mossa vincente. Qualcosa che, parzialmente, aveva sottolineato anche Ocon, il quale già qualche centinaia di metri dopo aver lasciato la pit lane aveva suggerito via radio che avrebbero potuto trarre vantaggio da un’eventuale pit-stop. Ascoltando le sue parole, i meccanici dell’Alpine avevano reagito immediatamente, iniziando a preparare tutto il materiale necessario per la sosta, in modo da non farsi trovare impreparati nel caso il transalpino fosse effettivamente rientrato. Uno scenario che, tuttavia, non sembrava così certo, in quanto lo stesso Esteban, a precisa domanda dell’ingegnere, aveva nutrito dei dubbi sull’effettuare il cambio di coperture in quello stesso giro: “Sono secondo, quindi direi di no [in merito al rientrare ai box]. Cosa ne pensate?”, erano state le sue parole, pensando che il rischio forse non sarebbe valso la candela data la posizione. Dopo aver analizzato i dati e i team radio degli avversari nel breve lasso di tempo a disposizione, erano stati gli strateghi della squadra a prendere una scelta definitiva a riguardo, decidendo di richiamare il proprio pilota nella speranza che si rivelasse l’opzione migliore. Una mossa decisiva che si è poi confermata essere quella corretta, soprattutto tenendo a mente due punti fondamentali: il primo è che, con la pista che si stava asciugando rapidamente, il delta tra le gomme da bagnato e quelle slick avrebbe potuto essere nettamente a favore di queste ultime, mentre il secondo riguarda prettamente una questione cronometrica. Nel caso specifico, i piloti che avevano deciso di rimanere in pista non avrebbero potuto proseguire tranquillamente, ma si sarebbero dovuti fermare in griglia di partenza, perdendo secondi preziosi; ciò avrebbe permesso a coloro che avevano optato per la sosta di trarne un grosso vantaggio, riducendo di fatto il tempo necessario per completare la procedura di circa una quindicina di secondi rispetto al normale. Nel momento dello spegnimento dei semafori sulla griglia di partenza, infatti, Ocon si era già schierato in fondo alla pit lane, proprio in attesa che coloro rimasti in pista, ovvero il solo Lewis Hamilton, superassero la linea di fine pit lane dando così ufficialmente il via alla corsa anche per chi aveva deciso di fermarsi. Una situazione estremamente particolare di cui si sarebbero visti gli effetti pochi minuti più tardi, con l’inglese della Mercedes che, ritornando ai box nel giro successivo, era scivolato in fondo alla classifica, accusando un divario considerevole non solo dalla testa della corsa, ma anche dal fondo del gruppo.

Con ancora oltre sessantacinque passaggi da completare, tuttavia, tutto poteva ancora accadere, ribaltando nuovamente l’esito di un appuntamento che si stava rivelando imprevedibile. Era importante crederci e, giro dopo giro, quel sogno sembrava avvicinarsi sempre di più, soprattutto tenendo a mente che quello del pit stop non era stato l’unico elemento a favore della rincorsa del francese dell’Alpine: le difficoltà da parte di Nicholas Latifi nel mantenere il ritmo del gruppo di testa nelle primissime tornate, aveva fatto sì che il duo Ocon-Vettel fosse riuscito ad aprire rapidamente un gap utile ad assicurarsi la possibilità di effettuare un ulteriore sosta in caso di entrata in pista della Safety Car e rientrare comunque davanti al pilota della Williams, che in quel frangente si trovava in terza posizione mantenendo alle sue spalle vetture potenzialmente più veloci. Infatti, per quanto dall’esterno potesse sembrare semplice riuscire ad imporre immediatamente dei tempi competitivi, lo stesso non si poteva dire guardano la situazione dalla prospettiva dei piloti in macchina, in quanto le condizioni mutabili dell’asfalto rendevano una vera e propria sfida riuscire a comprendere quale fosse il margine, ad esempio, per osare in frenata. Non a caso, analizzando le conversazioni radio con il muretto, una delle prime richieste da parte di Ocon si basava proprio sulla possibilità di modificare la ripartizione della frenata: tendenzialmente, in condizioni da bagnato i piloti spostano il bilanciamento verso il posteriore, in modo da evitare bloccaggi con le gomme anteriori che potrebbero rivelarsi fatali. Al contrario, con il progredire delle condizioni verso l’asciutto, l’idea era quella di seguire il percorso opposto, ritornando gradualmente su un avantreno più aggressivo a fini prestazionali, anche se individuare quale fosse il bilanciamento migliore in una situazione così mutevole rappresentava un dato difficile da individuare. Nonostante le difficoltà del tracciato e un Sebastian Vettel che non lasciava un momento di respiro, Ocon aveva mantenuto la calma, gestendo la testa della corsa con grande autorità, senza commettere il minimo errore.

Per quanto il tedesco avesse tentato più volte di farsi vedere negli specchietti cercando uno spazio utile in cui tentare una manovra di sorpasso, consapevole in cuor suo di avere un passo gara potenzialmente più rapido, le caratteristiche del tracciato, stretto e tortuoso, rendevano complicato trovare quello spiraglio utile di cui Vettel era alla disperata ricerca. Un fattore di cui sia il pilota di Évreux che l’Alpine avevano cercato di trarre beneficio, in particolar modo per la questione carburante, che nella domenica ungherese ha giocato un ruolo importante in modo alquanto inusuale, perché storicamente l’Hungaroring non è mai stato un circuito particolarmente severo in termini di utilizzo di benzina, senza contare che l’ingresso della Safety Car aveva permesso di completare qualche giro ad andatura ridotta. Le ipotesi a riguardo sono molteplici, dall’idea che più scuderie avessero impostato la propria strategia pensando di essere doppiate, come potrebbe essere nel caso dell’Alpine, fino a quella di essere partiti con qualche chilo in meno di benzina a bordo per sfruttare una vettura più leggera, ben consapevoli che su questa pista difficilmente si sarebbe vista una gara tutta all’attacco, ma piuttosto di attesa. Per questo, già nel corso del primo stint si era prese le dovute accortezze, giocando ad una sorta di effetto elastico: vi erano momenti in cui a Ocon era permesso abbassare il ritmo e respingere i tentativi di attacco da di Vettel, altri in cui, invece, il transalpino era costretto ad alzare il piede in punti specifici della pista al fine di gestire gli pneumatici e sfruttare al massimo la tecnica del lift and coast. Una condotta ormai ben nota, ma il cui aspetto più interessante non girava intorno al suo utilizzo, piuttosto a come veniva impiegata: generalmente, i piloti tendono ad alzare il piede nei tratti più veloci, come alla fine dei rettilinei, in modo da trovare il giusto equilibrio tra il carburante risparmiato e la relativa perdita in termini cronometrici. Su un tracciato come quello dell’Hungaroring, ricco di tratti con rettilinei piuttosto brevi e curve in cui è difficile trovare il sorpasso, questa tecnica poteva essere ulteriormente estesa, sfruttandola a proprio vantaggio. Un chiaro esempio lo si aveva in curva cinque, dove normalmente si tenterebbe ritornare il più rapidamente sull’acceleratore; al contrario, sapendo che nel tratto immediatamente successivo non vi sarebbero state particolari opportunità di sorpasso, Ocon tendeva a parzializzare in maniera più netta o, addirittura, rimuovere completamente il piede per un periodo prolungato in fase di percorrenza. Una mossa estremamente intelligente, in particolar modo tenendo a mente che le curve seguenti sarebbero state quelle del secondo settore, uno dei tratti più complicati del tracciato in cui rimanere in scia, limitando così i possibili guadagni da parte di Vettel.

Mantenere il tedesco a distanza era il compito più arduo perché, se è pur vero che la presenza di Fernando Alonso nella pit window fosse un problema di cui tenere conto per il muretto dell’Aston Martin, il momento della sosta si stava ormai avvicinando e quello dell’undercut era un elemento da non sottovalutare. Sin dalle prove libere del venerdì, infatti, si era reso evidente come un set di pneumatici nuovi potesse fare la differenza, con un gap piuttosto significativo che sarebbe andato ulteriormente ad allargarsi la domenica pomeriggio, in quanto la pioggia caudata in mattinata non aveva fatto altro che ripulire la pista, rimuovendo quella gomma che si era posata nei due giorni precedenti. Consapevoli che le opportunità di passare in pista, soprattutto verso fine stint, si stavano riducendo, il muretto dell’Aston Martin non poteva fare altro che agire di strategia, individuando quale fosse il momento migliore in cui effettuare la sosta: un’occasione giunta alla fine del trentaseiesimo passaggio, non solo perché quello poteva essere la fase migliore cui tentare qualcosa di diverso bilanciando i due stint, ma anche perché nei giri immediatamente antecedenti al pit-stop, Ocon aveva abbassato il proprio ritmo, portando Vettel al limite di quella che avrebbe potuto essere la finestra per rendere efficace l’undercut. Per tentare di chiudere quel gap, Sebastian aveva provato di tutto, spingendo anche nella corsia di rientro ai box, forse fin troppo: “Ho spinto molto forte all’entrata della pit lane, probabilmente un po’ troppo e ho bloccato le gomme posteriori e innescato l’anti-stallo. Poi ho spinto come un pazzo in uscita. Era vicino ma… sì. Ci ho provato, sapete. Alla fine non ho rimpianti. Ho davvero cercato di fare la differenza. Sapevo che avevamo un gap ampio. Come ho detto, non è la nostra gara persa, è la sua gara vinta”, ha poi spiegato l’alfiere dell’Aston Martin nelle interviste. Proprio pochi metri prima di innescare il limitatore di velocità, infatti, il quattro volte campione del mondo era giunto al bloccaggio dell’asse posteriore, perdendo momentaneamente il controllo della vettura e innescando l’anti-stallo: al di là del tempo perso, Vettel era comunque stato bravo a recuperare rapidamente la monoposto tirando la leva della frizione prima di re-inserire la marcia per percorrere la pit-lane. Ad offuscare i sogni di gloria, oltretutto, era stato un pit-stop non eccezionale da parte dei meccanici della scuderia inglese, completato in 3,3s, che sulla carta potrebbe sembra un tempo accettabile, ma quando ti giochi la testa della corsa in pochi decimi di secondo, ogni dettaglio diventa fondamentale.

Nonostante un giro d’uscita estremamente competitivo, costellato da due intertempi record, quelle piccole sbavature nel corso del pit stop avevano fatto sì la differenza, ma in negativo, permettendo ad Ocon di rimanere davanti. Un elogio in tal senso andava fatto anche al francese, il quale nel giro di rientro era riuscito a cambiare passo, abbassando i parziali proprio in quei tratti della pista in cui in precedenza era stato costretto a gestire sia pneumatici che carburante. “Ciò che è stato davvero bello è stato che quando lo abbiamo lasciato libero, quando gli abbiamo detto ‘ok, ora devi guidare al massimo’ e ha allungato a due secondi e mezzo, non so cosa fosse, su Sebastian, due secondi e otto secondi o qualcosa del genere. Questo ci ha permesso di reagire al pit stop di Sebastian”, ha spiegato Alan Permane, sporting director di Alpine.

Con ancora trenta giri alla bandiera a scacchi, tuttavia, il duello non era ancora giunto al termine e la presenza dei doppiati poteva rappresentare un ulteriore elemento di disturbo per Ocon, in particolar modo nel caso Vettel alle sue spalle fosse stato sufficientemente vicino per tentare di farsi vedere negli specchietti. Una situazione che si era presentata all’inizio del quarantanovesimo passaggio quando, dopo essere rimasto per qualche curva alle spalle di Antonio Giovinazzi, l’alfiere dell’Alpine non solo aveva dovuto concludere il doppiaggio dell’italiano, ma allo stesso tempo difendersi da un attacco da Vettel chiudendo la traiettoria più interna. Con il passare dei giri, la seconda metà di gara stava ricalcando l’andamento di quella che l’aveva preceduta, con un Ocon bravo nel gestire le situazioni più complicate, così come il consumo degli pneumatici e del carburante, a dispetto di qualche piccolo problema di stabilità nella staccate più impegnative. Per quanto Vettel potesse rappresentare la minaccia più importante, ve ne era tuttavia anche un’altra da non sottovalutare, ovvero Lewis Hamilton. Sfruttando una tattica a due soste, il britannico stava recuperando velocemente terreno sul gruppo di testa, girando con un passo anche due o tre secondi più rapido dei piloti in zona podio: mantenendo un ritmo così elevato, secondo i calcoli Mercedes Lewis avrebbe dovuto essere in grado di chiudere completamente il gap prima della fine della corsa, ritrovandosi così con una chance concreta di poter concludere la rimonta e portare a casa un trofeo dal sapore ancor più dolce.

A porsi sulla sua strada, però, era stato l’altro pilota dell’Alpine, Fernando Alonso, il quale con una difesa eroica era stato in grado a mantenere alle proprie spalle l’inglese per quei giri necessari per far sì che le sue possibilità di rimonta sul duo di testa diventassero sempre più risicate, senza contare che, anche fosse riuscito a chiudere il gap, avrebbe avuto bisogno di qualche altra tornata per completare i sorpassi. La prestazione dello spagnolo, quindi, si era rivelata fondamentale per assicurare la prima vittoria del marchio Alpine in Formula 1: “Se Hamilton avesse superato Fernando immediatamente come è poi riuscito a fare con Sainz, allora sono sicuro che Lewis sarebbe riuscito a recuperare alla fine. Penso che a quel punto avremmo alzato un po’ il ritmo per dare il DRS a Vettel in modo da proteggersi da Hamilton, ma non so se avremmo comunque potuto tenere Hamilton a bada”, ha poi aggiunto Permane. Complici le difficoltà negli ultimi giri del tedesco nel salvare carburante, Ocon era riuscito a tirare lo strappo, guadagnando quei preziosi secondi che lo avrebbero messo al riparto di un’eventuale rimonta, portandolo così nell’olimpo della Formula 1, in quella lista unica di piloti che posso vantare di aver centrato almeno un successo nella categoria più prestigiosa dell’automobilismo. Una vittoria di squadra, perché ogni elemento del team ha giocato un ruolo fondamentale nel successo. Settanta giri senza respiro perché si è trattata di una corsa dove non si potevano commettere errori. Un’impresa che, seppur coadiuvata dalle circostante, è speciale, dove il francese è sempre riuscito a mantenere la calma, gestendo la corsa con grande autorevolezza. Un trionfo meritato, che potrà apprezzare appieno nella lunga pausa estiva.

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