Ferrari SF16-H: stavolta Maranello ha avuto il coraggio di osare

Impossibile sapere se la SF16-H è da mondiale, ma la Ferrari va applaudita per il coraggio dimostrato

Ferrari SF16-H: stavolta Maranello ha avuto il coraggio di osare

E chissà che storia sarà ci racconterà la Ferrari in una stagione che sembra partire da lontano, da quelle tre vittorie conquistate nel 2015 e da sogni di vittoria coltivati con crescente insistenza e convinzione. Se n’è parlato talmente tanto di questa Ferrari macchiata al latte, da me paragonata ad una barretta Kinder, non per forza un’offesa, basti chiedere un parere ai buongustai, che quando è stata svelata sembrava di rivedere una vecchia amica.

“Ehi ma noi ci conosciamo! Ti trovo dimagrita. Cosa hai fatto al naso?” Così come scambiare due chiacchiere e accogliere la nuova monoposto di Maranello nelle nostre menti, prima che nei nostri cuori. E allora bisogna sgombrare il campo da tutto il fragore, il chiasso, il clamore, che le parole determinate, roboanti, del presidente Marchionne hanno suscitato e susciteranno. L’ad di FCA ha il suo modo di fare impresa, di ragionare nell’ottica del risultato e dei guadagni. Giusto o non giusto, può piacere o non piacere, per noi quello che conta è il modo in cui agirà la squadra e cosa farà a partire dal GP di Australia, accettando qualsivoglia riscontro dei test invernali con il più saggio dei benefici del dubbio.

Ebbene, a bocce ferme, senza volere fare pronostici né illudere tifosi in attesa del mondiale da quasi un decennio, e senza farsi prendere da facili entusiasmi, bisogna ammettere che una cosa va sottolineata: stavolta la Scuderia Ferrari ha avuto coraggio. Proprio così, il coraggio di cambiare, di osare, di mettere in campo idee nuove, pensando all’auto 2016 non come ad una evoluzione di quella 2015, ma come ad una piccola rivoluzione per provare a scalare l’ultimo gradino, il più difficile, quello del sorpasso alla Mercedes.

La Ferrari è stata lungimirante; ha capito che bisognava rischiare per raggiungere l’armata tedesca. Marcare stretto, migliorare leggermente, avrebbe permesso una facile bella figura, ma non avrebbe garantito il mondiale. Osare invece può significare un exploit, una svolta. A Maranello hanno giocato un all-in, hanno rischiato tutto, ma se negli ultimi anni ci siamo lamentati del poco coraggio del, al contempo bisogna applaudire il coraggio mostrato con la SF16-H .

Magari per alcuni è troppo bianca, magari sarà un flop, però ad oggi questa Ferrari piace perché ha un “cuore”, è figlia di una Idea. E sono le idee che vincono, non i freddi numeri. Lo sforzo profuso dalla triade Allison-Resta-Binotto è degno di nota. Personalmente non sono un esperto di tecnica, leggete di molto meglio altrove, ma già al primo impatto si può notare come la nuova monoposto rappresenti uno strappo, una rottura, con il passato. Dal muso corto, al ritorno allo schema push-ord per sospensioni anteriori, alle pance snelle ed affusolate, per finire a quel posteriore rastremato, quasi “size zero“, che poi vuol dire concetto estremo. E sotto alla carrozzeria c’è una power unit rivista, con i tecnici che hanno fatto salti mortali per renderla più potente (si spera al livello della Mercedes) e al contempo meno ingombrante, tutto in funzione di un telaio finalmente “aggressivo”.

Ecco perché la Ferrari almeno sulla carta andrebbe promossa. La Scuderia ci ha provato, ed è la cosa più bella che potesse capitare. Da ora in poi l’unico metro di giudizio valido sarà il cronometro, ed è inutile fare proclami o parlare di monoposto da mondiale. Se la SF16-H sarà tale, lo dirà solo la pista. Voler bene alla Ferrari significa lasciarla lavorare in pace, e questo vale per tutti, dal tifoso “social” al presidente. Lo ha fatto capire anche Maurizio Arrivabene quando ha detto: “La priorità è lavorare a testa bassa, non fissare gli obiettivi”. La tranquillità e la fiducia sono il miglior viatico per trasformare il coraggio mostrato in sede di progettazione in risultati in pista.

Magari la SF16-H sarà lenta e deluderà, o sarà velocissima ed entrerà nel mito. Non importa, non adesso. Per ora possiamo sorridere perché il Cavallino ha mandato il messaggio più bello: l’audacia e la sfrontatezza nel presentarsi ai nastri di partenza con una monoposto finalmente innovativa e “spavalda”.

Antonino Rendina


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