F1 | Honda lascia a fine 2021, è la prima vittima illustre dell’era power unit

La Formula 1 sprofonda: dal 2014 in poi un regolamento tecnico fallimentare

Una bella gatta da pelare per Stefano Domenicali e la FIA. La Formula 1 presenterà solo tre motoristi: non è più accettabile, le power unit non incentivano i costruttori di propulsori ad entrare, e una volta dentro, poter ambire alle posizioni di vertice è praticamente impossibile
F1 | Honda lascia a fine 2021, è la prima vittima illustre dell’era power unit

Ne avevamo già parlato abbondantemente nei mesi scorsi, con un articolo datato 28 maggio, successivo al nuovo regolamento tecnico emanato dal Consiglio Mondiale del Motorsport. Oggi, a distanza di più di 90 giorni torniamo a trattare di questo argomento, ribadendo come l’era delle power unit, iniziata nel 2014 sia stata stroncante per la Formula 1. La Honda, rientrata nel Circus nel 2015, provando questa enorme sfida, alla fine ne è uscita sconfitta, iniziando a raccogliere qualche risultato degno di questo nome soltanto lo scorso anno, quando ha iniziato a spingere le vetture di casa Red Bull. Troppo poco per un costruttore di motori notoriamente orgoglioso, ma che a un certo punto ha dovuto dire basta, perché stroncato, lo vogliamo sottolineare, da un regolamento che non permette lo sviluppo.

Vuoi per il Covid, vuoi per questo fantomatico abbattimento dei costi previsto quando venne approvata questa autentica follia regolamentare, che non dà la possibilità a chi sta dietro di poter recuperare. Ci stanchiamo anche ripetere le stesse cose, perché come scritto già a maggio, la Honda era stata presa come esempio: ci ha messo quattro anni, cambiando persino partnership, per potere vincere la prima gara dal suo rientro in Formula 1. Una Formula 1 sempre più Mercedes, che dal 2021 fornirà tre team oltre alla casa madre: il 40% sarà motorizzato dalla casa tedesca, dominatrice indiscussa da sette stagioni consecutive e mai realmente raggiunta dai concorrenti se non con qualche escamotage non proprio chiaro.

TEMPISMO (IM)PERFETTO

Quello che stona, nella questione Honda, è la tempistica: la casa giapponese dopo anni di duro lavoro e tante umiliazioni, specialmente nel periodo di convivenza con Alonso e la McLaren ha trovato la sua dimensione con la Red Bull e la Toro Rosso/AlphaTauri, portando a casa risultati molto positivi, tanto da essere ad oggi il secondo motore più prestazionale della griglia, non senza qualche noia di affidabilità chiaramente, ma ben lontano ancora dall’efficienza mostrata dalla Mercedes. Forse è questo il reale motivo che ha spinto i nipponici a lasciare: l’impossibilità di un recupero nel medio/breve periodo di raggiungere i tedeschi. D’altronde, a chi piace concorrere senza avere la possibilità di vincere? Onestamente, a tutte le menate sul green e l’impatto zero da raggiungere entro nel 2050 (fra 30 anni) non crediamo assolutamente.

Una bella gatta da pelare questa per Stefano Domenicali, che da nuovo boss della Formula 1 dovrà necessariamente sedersi ad un tavolo con la FIA (e il suo mentore Jean Todt) e i personaggi di spicco di Liberty Media come Ross Brawn, perché il Circus ha bisogno di un cambio di nota netto. E’ inammissibile che dal 2022, anno del nuovo regolamento tecnico (sul quale nutriamo già fortissimi dubbi) ci siano solo tre costruttori di propulsori per dieci team. Non è più accettabile, le power unit non incentivano i motoristi ad entrare, e una volta dentro, poter ambire alle posizioni di vertice è praticamente impossibile, inutile girarci troppo attorno. Il futuro della Formula 1 ad oggi è più ombroso che mai, perché un costruttore così importante che lascia in un momento del genere, ossia dall’essere a un passo dai più forti, stona, perché evidentemente più di così non si può fare.

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