Vettel sui problemi in Ferrari allude ma non dice: un rispetto che è amore vero
Sebastian sa di aver fallito la sua missione con la Rossa, ma nonostante tutto sa comportarsi come una vera bandiera
“Io ho provato a costruire qualcosa in Ferrari, ma non sempre è stato facile” così Sebastian Vettel si esprimeva dinanzi al microfono di Mara Sangiorgio su Sky meno di un mese fa.
La – bella, brutta, incompiuta, fate voi – storia tra il quattro volte campione del mondo tedesco e Maranello volge ai titoli di cosa, per grazia del signore aggiungeremmo, poiché è diventata uno stillicidio di incomprensioni umane e tecniche. Vettel però, in ogni caso, merita di essere ricordato come un vero e grande ferrarista e non c’è giorno che passi che lo stesso pilota non rimarchi con il suo agire la passione e l’affetto verso la Rossa.
C’è però, in questo strano e prolungato divorzio, un aspetto che merita di essere approfondito. In più di una occasione – non ultima l’intervista rilasciata proprio in queste ore al sito ufficiale della F1 – Vettel fa capire qualcosa, allude a più di un problema interno che ha frenato la crescita della “sua” Ferrari, senza però mai affondare il colpo. Lascia intendere, ma non dice.
“Con la Ferrari ho fallito e non cerco scuse” afferma il tedesco che pure però pone l’accento sui “tanti motivi diversi” che gli hanno impedito di vincere “su cose che avrei dovuto fare meglio e su altre che avrei dovuto capire prima”, aprendo così tutta una finestra di allusioni sull’universo Ferrari, sul dietro le quinte, che va al di là del mero rendimento in pista. Non a caso lo stesso pilota afferma che “Si parla sempre del mio errore a Hockenheim come l’inizio del punto più basso ma…” ma non è tutto, non è così semplice, non è quello.
C’è però una sorta di sacro rispetto da parte di Vettel verso la Scuderia, secondo l’adagio che quanto accade nello spogliatoio è giusto resti lì. Lui che, come Fernando Alonso, ha vissuto in Ferrari un quinquennio fatto di porte girevoli, di teste saltate, di difficoltà tecniche, senza mai però lasciarsi andare a gesti di frustrazione o forte insofferenza. Non ha mai chiesto un’altra macchina come regalo di compleanno, né ha dato degli “scemi” ai suoi uomini in diretta mondiale.
Mentre Alonso non faceva mistero dei suoi dubbi sui vari Tombazis e Fry, per la mancanza di aggiornamenti validi, mettendo in piazza il suo malumore, Vettel – nonostante il mancato rinnovo e il trattamento non propriamente elegante – ha mantenuto i suoi modi gentili, la sua riservatezza, ecco perché non sapremo mai cosa è veramente capitato, cosa ha bruscamente impedito alla Ferrari “di costruire qualcosa di simile alla Mercedes, cosa per cui io ho lottato a lungo, ma senza riuscirci” così sempre a Sky a metà settembre.
Verosimilmente, ma è solo una idea, Sebastian Vettel avrà chiesto e spinto per una certa organizzazione interna, sarà rimasto perplesso dalle continue riorganizzazioni del team, tese ad una sorta di ridimensionamento di fatto, così come dalla scelta di allontanare tecnici bravi per promuovere le seconde linee. Si sarà battuto provando ad imporre il suo metodo di lavoro, magari sulla falsariga di quello vincente al quale era abituato in Red Bull. E ha fallito, non ce l’ha fatta. Ha anche sbagliato in pista, ed è il primo a rendersene conto. Eppure non cerca vendetta, non spara sulla Ferrari, ha l’aria malinconica di chi dice addio con il nodo in gola. Perché questo rispetto tradisce amore vero. Vettel è stato davvero un gran capitano.
Antonino Rendina
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