Verstappen fa 51 come Prost, senza una goccia di sudore. Così è troppo facile
L'olandese raggiunge mostri sacri come Senna e Prost, ma un dominio così perfetto non scalda i cuori
Da buon narratore bisognerebbe soltanto prendere atto della grandezza di Max Verstappen, che a 26 anni è già tre volte campione del mondo e continua a mietere record su record, raggiungendo un certo Alain Prost a quota 51 successi nel GP del Messico.
Ma c’è qualcosa che stride, che non torna, una sensazione di noia e ovvietà che fa irrimediabilmente a cazzotti con la narrazione epica che tali risultati imporrebbero. C’è in queste trenta vittorie in due anni di Max un senso di facilità, quasi di inflazione, numeri che si sommano ad altri facendo tanta quantità, non che non ci sia qualità, sia mai a dirlo con un pilota eccezionale come Verstappen ed una vettura favolosa come la Red Bull, ma la totale assenza di competizione rende il tutto più arido, triste, fine a se stesso.
Le ricordiamo tutti le lacrime a Monza, nel 2000, di Michael Schumacher per aver raggiunto Ayrton Senna a quota 41, quella botta di emozione, di sentimenti contrastanti, di gioia e rispetto, nel pieno poi di un duello iridato tiratissimo con l’allora spauracchio Mika Hakkinen, e il tutto dopo aver subito a Spa il Sorpasso. C’era lotta, c’era umanità, calore.
Qui invece abbiamo un campionissimo che vince senza versare una goccia di sudore, ed ogni gara somiglia terribilmente alle altre. Trionfi in serie, come una fredda catena di montaggio, senza rivali. Verstappen sta sì scrivendo la Storia della F1, ma è come se fosse una storia già scritta. E’ un libro didascalico che illustra una determinata situazione, ferma, algida, immobile, non è un romanzo pieno di colpi di scena in cui ci si può gettare a capofitto.
Il dominio Red Bull è come l’essere di Parmenide: immobile, indivisibile, finito, perfetto. Ma le emozioni ad alta velocità dovrebbero scaturire dal contrasto, dal movimento, dalla lotta. Lo stesso Verstappen avrebbe bisogno di qualche avversario che gli si avvicinasse di più, che lo ostacolasse di più, che gli strappasse qua e là qualche vittoria, giusto per fargli sporcare un po’ le mani. Ne beneficerebbe l’olandese così come tutta la Formula 1.
Perché quest’anno Max si è laureato per la terza volta campione del mondo, raggiungendo Ayrton Senna come titoli vinti, e ha raggiunto Alain Prost come numero di successi. Ha insomma evocato, nella noia più totale, e con disarmante facilità, senza resistenza alcuna, due mostri sacri che con il loro duello, con le loro battaglie più che ravvicinate, hanno fatto innamorare intere generazioni. Un ossimoro in questa F1 orfana proprio del suo elemento principe: la competizione.
Antonino Rendina
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