Pagelle del Gran Premio d’Italia

Pagelle del Gran Premio d’Italia

Gara d’altri tempi a Monza, dove dopo il dominatore Vettel la muta degli inseguitori, capitanata da Button, mette in scena uno spettacolo esaltante fatto di sorpassi, controsorpassi, staccate, scie, e così via. Ottimo terzo posto di Alonso, gran gara di Michael Schumacher che dà spettacolo lottando a lungo con Hamilton. Buona Lettura!

Sebastian Vettel: 10 – Sapete perché si merita dieci anche stavolta, a dispetto del missile che si ritrova sotto al sedere? Riguardatevi il sorpasso ai danni di Alonso, all’esterno della Curva Grande (a noi chiamarla Biassono non piace, abbiate pazienza con chi ha una certa età). Roba da palle cubitali -e scusate il francesismo-, quasi fosse un’ideale risposta -fatte le dovute proporzioni- alla manovra di Webber a Spa sempre ai danni di Alonso. Detto questo, poco altro da aggiungere. Si fa fregare al via ma si riprende la posizione da campione, e da lì è una cavalcata solitaria fino alla bandiera a scacchi. Sulla pista dove aveva ottenuto la prima vittoria in F1 si laurea idealmente campione del mondo per la seconda volta. E scusate se è poco. Chissà se da qui in poi lascerà qualche briciola anche agli altri. Cannibale.

Mark Webber: 4,5 – L’unica cosa saggia la dice a fine gara, quando ammette che oramai la lotta per il Campionato è limitata al secondo posto. Non gli fa onore il fatto che guidi la stessa vettura di chi è al primo, di posto, ma tant’è. Opaco in qualifica, a sette decimi da Vettel, cerca di recuperare terreno nelle prime battute e passa Button. Ci prova anche con Massa ma la manovra è maldestra, spedisce il brasiliano in testacoda e ci rimette l’ala. Ala che finisce sotto la macchina mandandolo a muro in Pparabolica. E lui dice di non essersene neanche accorto. Brutto epilogo di un weekend letteralmente da dimenticare. Suonato.

Lewis Hamilton: 7 – A Spa si era lamentato della McLaren che in rettilineo non andava nemmeno a spingerla. Chissà perché allora ha scelto per un’altra volta un assetto bello carico -in senso aerodinamico, non caratteriale…- che lo favorisce sì nelle -poche- curve ma lo penalizza sul dritto. Fatto sta che grazie a questa decisione è stato -assieme a Michael Schumacher- il pilota più inquadrato della gara. Dando il LA ad una delle resistenze più belle che il sottoscritto ricordi. Lewis in realtà riesce a passarlo, il tedesco, già al 13mo giro, ma poi Michelone incredibilmente gli risalta avanti. Memorabile. Poi all’ennesimo tentativo mette due ruote sull’erba, e viene superato da Button. Tutto da rifare. Ironia della sorte, dopo essere stato seguito dalle telecamere per tutta la gara, la regia perde il momento del sorpasso vero. Una crudeltà gratuita. A fine gara cerca di riagguantare Alonso ma riesce solo ad arrivargli negli scarichi. Il quarto posto gli sta stretto. E -ma magari sbagliamo- risente degli incidenti delle ultime gare, che un po’ potrebbero averlo condizionato ed ammorbidito. Ci può stare, anche per un duro con la D maiuscola. O magari -e questa è l’altra chiave di lettura- a Monza ha semplicemente incontrato qualcuno più Duro di lui. Scegliete voi. Tappato.

Jenson Button: 9 – Passi tutta una stagione a parlare della coppia di piloti McLaren spiegando che uno è un attaccante e l’altro un ragioniere, uno è aggressivo l’altro riflessivo, e poi a Monza ti accorgi che non ci hai capito niente. Hamilton ci mette una vita a passare Schumacher, Button appena un paio di giri, con un sorpasso da urlo all’esterno della variante Ascari. E dire che era anche partito male, e si era fatto scavalcare da Webber alla ripartenza. Ma la sua forza è la micidiale visione di gara, che gli fa capire sempre quando è il momento di attendere e quando invece bisogna affondare i colpi. Come quando capisce che può far fuori Alonso, dopo il pit stop, per la seconda piazza. Alla fine chiude alle spalle del solo Vettel. Che è probabilmente quanto di più potesse raccogliere a Monza. A meno di non partire meglio, ma tant’è. E’ in uno stato di grazia, e si vede. Soprattutto perché gli va tutto bene. Illuminato.

Fernando Alonso: 10 – Sapete perché merita 10 anche lui? Beh, scontato: per la partenza che lo vede balzare dal quarto al primo posto nello spazio di pochi metri. Scontato ma tutt’altro che banale: andate a rivedervi il momento in cui mette due ruote sull’erba oppure la fatica che fa ad inserire la Ferrari nella prima variante staccando più tardi dei suoi diretti inseguitori. Un avvio «schioppettante», per dirla come il buon Ettore Giovannelli. Un capolavoro vero. Un sogno. Che all’alba, leggi ripartenza, svanisce portato via dall’attacco sontuoso di Vettel. Più tardi, con le gomme dure, deve cedere anche al ritorno di Button. Ma questo non cancella la prestazione decisamente al di là delle possibilità della vettura. Letteralmente spinto dal pubblico resiste ad Hamilton negli ultimi metri e regala ai tifosi in rosso un podio che fa morale, ottimismo e -perché no- classifica. Considerando che lo sviluppo della vettura è bloccato per tutto il 2011, diciamo che sarebbe potuta andare decisamente peggio. O no? Starter.

Felipe Massa: 7 -Una vecchissima canzone del fenomenale Andrea Mingardi, se non andiamo errati del 1977, raccontava le tristi vicende di un personaggio definito “non esattamente fortunato”. E nel ritornello recitava -ci perdonino gli amici bolognesi per l’orrida traslitterazione- “me a son sfighé”. Ecco. Sei a Monza, patria del tuo datore di lavoro. Hai -credeteci, è davvero così- un buon passo, vicino a quello del tuo caposquadra, e hai la possibilità -quantomeno teorica- di nobilitare parzialmente una stagione fallimentare. E cosa accade? Accade che uno spilungone australiano a bordo di un’astronave blu con un Toro Rosso disegnato sulle fiancate ti viene addosso e ti spedisce in testacoda dopo pochissimi giri, facendoti perdere tempo e posizioni. Ecchecca…o. Da lì recupera, invero anche bene, regalandosi bei sorpassoni a Senna e Maldonado, fino a raggiungere la sesta posizione finale. Che dire. Non possiamo sapere dove sarebbe arrivato senza l’incidente, ma non possiamo non elogiarne la pazienza e la pertinacia nel recuperare dopo lo speronamento dell’incrociatore australiano. Per una volta una gara senza colpe specifiche. Silurato.

Michael Schumacher: 10 – Abbiate pazienza, sarà l’aria di casa che ci intenerisce il cuore, sarà quel pizzico di nostalgia che permea l’animo di ciascun essere umano, oppure sarà semplicemente che ci siamo divertiti assistendo ad uno spettacolo di livello assoluto. Ma quello che ha fatto vedere il tedesco sulla pista più veloce del mondiale non è roba da tutti i giorni. Anzi. Parte ottavo ma al primo giro transita addirittura quarto. Passa Hamilton alla ripartenza e lo tiene dietro per una vita con un duello fatto di staccate oltre il limite, soprattutto da parte sua, avendo una vettura sì veloce in rettilineo ma proprio per questo instabile in frenata. Non un errore, non una sbavatura. L’inglesino lo passa al tredicesimo giro? Lui gli ribalza davanti alla staccata successiva. Deve cedere a Button per via delle gomme ma dopo il pit stop si ritrova di nuovo davanti alla McLaren del campione del mondo 2008 e ancora una volta lo tiene dietro per tanti, tanti giri. Guidando al limite, cattivo, deciso. Come piace a noi, insomma. Il crucco c’è e si vede. Inutile fare ragionamenti su quello che è stato, quello che è e quello che sarà. Noi valutiamo la gara. E la gara ci dice che meglio di così non poteva essere. Meritava quantomeno il podio. Tappone.

Nico Rosberg: sv – Pronti-via e finisce incolpevolmente coinvolto nel patatrac innescato da Liuzzi. Oggettivamente ingiudicabile. Anzi, rileggetevi quanto scritto per Massa… Speronato.

Bruno Senna: 7 – Anche lui ha da recriminare per l’incidente al via, in quanto pur non essendo coinvolto direttamente è costretto a tagliare per campi perdendo una marea di posizioni. A quel punto, in regime di safety car, si ferma ai box e da lì, zitto zitto, fa la formichina iniziando a risalire posizioni fino ad arrivare ai margini della top ten. A quel punto anche il regista si accorge di lui, giusto in tempo per farci vedere il duello con Kobayashi, il sorpasso a Maldonado e la lotta con Buemi, con tanto di sfiorato tamponamento che fa mettere le mani tra i capelli al sempreverde Jean Alesi. Alla fine lo svizzero riesce a passarlo e questo gli vale il nono posto finale, nonché i primi punti iridati in carriera. La gara brianzola non metterà a tacere quelli che continuano -e continueranno- a considerarlo un raccomandato, ma quantomeno gli farà guadagnare un po’ di stima in più in seno alla squadra. A noi è paciuto. Rimontante.

Vitaly Petrov: sv – «Il povero Petrov che non c’entra niente», come l’ha compassionevolmente ribattezzato il buon Ivan Capelli, viene malamente abbattuto da Liuzzi nell’ideale bowling messo in scena dal pilota della HRT. Incolpevole e fortunato ad uscirne senza un graffio. Peccato, perché visto quanto combinato da Senna poteva portare a casa qualche buon punticino. Vabbè.

Rubens Barrichello: 6 – In una gara monopolizzata dal duello Hamilton-Schumacher, ha modo di finire sotto l’occhio della telecamere per due volte, venendo ritratto in situazioni al limite del grottesco. La prima subito dopo il crash al via, quando resta comicamente intrappolato tra le vetture di Rosberg e Petrov e -pur non riportando danni di sorta- devono intervenire i commissari per disincagliarlo. La seconda quando, approcciandosi al pit stop, inscena un curioso balletto con Hamilton a quasi 300 all’ora prima di infilare la corsia box. I due paiono non capirsi e si sfiora l’assurdo. In mezzo a questi due episodi una gara regolare, condizionata appunto dal tempo e dalle posizioni perse al via. Chiude subito dietro Maldonado, e visto come si era messa la gara tutto sommato non è nemmeno troppo male. E -visto il buonismo di cui vi parlavamo sopra- azzardiamo una sufficienza tanto magnanima quanto discutibile. Chissà se il prossimo anno tornerà sui rettilinei brianzoli ancora al volante di una F1. Misterioso.

Pastor Maldonado: 6 – A differenza di Barrichello, che resta bloccato tra la Mercedes di Rosberg e la Renault di Petrov, lui riesce a giovarsi dell’incidente sgusciando come una biscia in mezzo alle altre vetture e ritrovandosi addirittura -a un certo punto- in sesta posizione. Era dai tempi di Johnny Cecotto -ci informa l’inossidabile Gianfranco Mazzoni- che un venezuelano non si trovava in posizioni simili. Discutibili enciclopedismi a parte, il bello finisce lì, perché la Williams -per quanto abile sia il pilota a guadagnare posizioni al via- è pur sempre una vettura da seconda metà dello schieramento. E infatti pian pianino perde terreno e diversi piloti -Massa e Senna, ad esempio- lo passano relegandolo al di fuori della zona punti. Poco da inventarsi, purtroppo, in condizioni regolari e normali. Chiude undicesimo, appena davanti al compagno di squadra. Anguilla.

Adrian Sutil: sv – Ci sono corse che partono male dal principio. La sua nasce sotto una cattiva stella quando per evitare il caos alla prima variante è costretto a passare sulla ghiaia finendo quasi in fondo al gruppo. Nasce sotto una cattiva stella, dicevamo, e muore malamente quando, dopo appena nove giri, il circuito idraulico della sua Force India rende l’anima al creatore -chissà se e quando gliela ridarà, tra l’altro, ma questa è una curiosità personale- lasciandolo a piedi. La gara non si era comunque messa bene. Ingiudicabile.

Paul di Resta: 8 – Pur non partendo bene è bravo -e invero anche un po’ fortunato- ad indovinare il pertugio giusto per bypassare la ragnatela di vetture alla prima variante riuscendo nel contempo a guadagnare diverse posizioni. Ma non è un fuoco di paglia: la Force India pare gradire i lunghi rettilinei di Monza, complice anche la buona potenza offerta dal motore Mercedes, e il giovane scozzese dimostra di saperci fare impostando una gara regolare, priva di troppi fronzoli ma senza ombre o sbavature. Nel finale cede ad Alguersuari, che ha gomme più fresche delle sue, ma resiste senza troppi patemi d’animo al ritorno di Senna guadagnando un ottimo ottavo posto finale. Il ragazzo -che, non dimentichiamolo, resta un rookie, cresce bene e acquisisce personalità. Davvero un bel pilota. Fossimo in voi -e qui ci rivolgiamo ai team manager in ascolto e visione- ci faremmo un pensierino. Veterano (in erba).

Kamui Kobayashi: 6,5 – Un’altra delle vittime -parziali- della carambola alla prima variante. In realtà è anche un po’ distratto, perché si avvede all’ultimo del caos e tampona la vettura che lo precede, rimettendoci l’ala anteriore e una gomma. Deve dunque fermarsi ai box e, quando la gara riparte, ha già un bell’handicap sulle spalle. Da lì la sua gara è però gagliarda, come al solito, riemerge e ingaggia una bella lotta a suon di staccate con la Renault di Senna, concedendosi anche un lungo alla prima variante. Poi però la sua Sauber decide che ne ha abbastanza e lo lascia a piedi. La sufficienza, pur con la distrazione in testa, ci sta tutta. Del resto un samurai con la katana spuntata fa un po’ tenerezza. O no? Povero.

Sergio Perez: 7 – I rettilinei di Monza lo esaltano. Esce bene dalla prima curva e tiene un bel ritmo per oltre metà gara, installandosi comodamente in zona punti. Niente, niente male davvero. Purtroppo però, passata la mezzanotte -ops, il 34mo giro- il cambio smette di cambiare, l’acceleratore smette di accelerare e la sua Sabuer si ritramuta in zucca. Non tutte le favole hanno un lieto fine, ahilui. E il ritiro di sicuro non è l’Happy Ending che speravano dalle parti di Hinwil. Pazienza. Resta la prestazione, tosta e concreta, del giovane messicano. Che quando tiene a bada i bollenti spiriti dimostra di saperci fare parecchio. sCambiato.

Sebastien Buemi: 6,5 – Nella carambola innescata da Liuzzi rimedia un forte colpo al posteriore che lo spedisce indietro in classifica con la vettura lievemente danneggiata. Poteva iniziare meglio, decisamente, la gara di casa della sua scuderia. Però, pur non essendo una Red Bull, anche la sua Toro Rosso -fatte le dovute proporzioni- mette le aaaaali, e lo svizzero di riffa e di raffa, ma soprattutto di ritmo- risale in zona punti. Poi arriva Senna, con gomme più fresche e una vettura più veloce, ed è subito battaglia. Dura, vera. Tanto che a un certo punto il brasiliano per poco non lo tampona. Ma due colpi da dietro -e non pensate male, maiali!- sarebbero stati oggettivamente troppi e tutto è bene quel che finisce bene. Per l’incolumità della vettura, non per Seb, che alla fine il sorpasso lo subisce davvero. Ma un decimo posto è comunque meglio di un undicesimo, dice Monsieur Lapalisse, e dunque va bene così. Peccato per quel primo giro, ma non sempre la fortuna arride agli audaci. Ammesso che lo svizzero -i suoi connazionali non brillano in questo senso- lo sia davvero. RetroColpito.

Jaime Alguersuari: 8 – «Penso che mi piacerebbe iniziare ancora più indietro sulla griglia per il prossimo Gran Premio, perché sembra che ogni volta che ho una posizione arretrata in griglia, riesca a finire in zona punti». Fa dell’ironia, il buon Jaime, ma glielo perdoniamo. Perché a Monza lo spagnolo ottiene il miglior risultato in carriera, con una gara gagliarda, tosta, concreta, aggressiva, pressoché impeccabile. E’ tra i fortunati che azzecca il corridoio giusto al via, e alla fine del primo giro transita undicesimo. Partiva 18mo, ricordiamo. Ma non è un fuoco di paglia. A fine gara va come un treno, raggiunge e supera Di Resta e chiude al settimo posto. E’ sorpreso anche lui delle prestazioni della sua Toro Rosso, a testimonianza che la F1 sa ancora essere imprevedibile. Chissà cosa gli riserveranno le prossime gare. Per ora va benissimo così. Esaltato.

Jarno Trulli: 6 – Anche lui deve essere un estimatore di Andrea Mingardi (cfr. Massa, ndp). Perché evita sì il caos alla prima curva, ma più tardi resta coinvolto, in maniera completamente fortuita, nel contatto tra Massa e Webber rimettendoci l’alettone anteriore. Se è vero che la sfiga ci vede benissimo, con lui sfoggia una vista da 15/10. Dopo la sosta forzata recupera pian pianino e, nelle ultime fasi di gara, passa la Virgin di Glock chiudendo appena alle spalle di Kovalainen. Visto quanto accaduto -e in considerazione della reiterazione delle sfighe- non possiamo non negargli la sufficienza. La squadra lo conferma per il 2012. Probabilmente confidando nella legge dei grandi numeri e sperando che la jella si giri un po’ anche dall’altra parte. Lui oramai non se la prende nemmeno più. Serafico.

Heikki Kovalainen: 6 – Supera Trulli -che l’aveva battuto in qualifica- al via, evita la carambola iniziale e si fa notare solo quando viene sopravanzato da vetture più veloci cadute in disgrazia per circostanze legate all’andamento ballerino della gara. Parliamo -a memoria- di Buemi, Senna, Barrichello. Vista l’impossibilità conclamata di resistere, l’unica è andare avanti costanti, evitando casini nei doppiaggi e nelle soste ai box. Chiude tredicesimo e si becca pure le invettive di Liuzzi per l’incidente al via. Invettive che ci paiono quantomeno azzardate. Siamo in F1, non in Formula Ford, e la manovra di Heikki non ci è parsa così azzardata come Tonio l’ha dipinta. Assolto (perché il fatto non sussiste).

Daniel Ricciardo: sv – Quinto Gran Premio in Formula 1. In qualifica si prende lo sfizio di battere Liuzzi a casa sua. E l’italiano, subdolamente, gli pratica una macumba da paura. Al via, in sequenza: gli parte l’antistallo, si blocca il cambio in terza, il motore si spegne. Glielo riaccendono, lo rispediscono in pista, ma le temperature vanno alle stelle. Allora lo richiamano, riparano il problema e lo rigettano di nuovo in pista. Alla fine mette assieme addirittura 30 giri. Un lusso. Ma dargli un voto è francamente impossibile. Stregato.

Vitantonio Liuzzi: 4 – Non esageriamo se lo definiamo il peggior weekend da quando corre in F1. In qualifica le prende dal rookie Ricciardo, al via si fa prendere la mano, sbaglia la frenata e travolge Petrov e Rosberg innescando una carambola pericolosissima, rischiando di fare e farsi male. Se la prende con Kovalainen che a suo dire avrebbe scartato verso di lui in maniera troppo aggressiva, ma ci pare una difesa debole e pretestuosa. La verità è che semplicemente non c’era con la testa. E sarà penalizzato in griglia a Singapore. Gli diamo quattro solo perché sotto non siamo mai scesi e mai scenderemo. Suonato.

Timo Glock: 5,5 – Gara tutto sommato anonima, senza infamia e senza lode. E di questi tempi non è poco, per niente. Indovina una bella partenza e esce dalla prima curva in quattordicesima (!) posizione. Il tutto viene però vanificato dall’inconsistenza della vettura, che non va neanche a spingerla. Chi era dietro lo ripassa, chi è davanti è irraggiungibile. Nel finale lo supera anche Trulli, che aveva avuto i suoi bravi problemi nelle prime fasi di gara, e così chiude ultimo, a due giri. Triste vederlo così, su una monoposto che fa fatica anche sul dritto, che ha poco carico e una trazione quantomeno discutibile. E pensare che ha firmato un rinnovo per altri tre anni… Masochista.

Jérôme d’Ambrosio: sv – Meglio bruciare in un istante o spegnersi lentamente? L’interrogativo è filosofico, esistenziale, poetico. Ad alcuni è dato scegliere. Ad altri no. Come al buon Jérôme, che a Monza perde la seconda marcia durante il giro di formazione e deve ritirarsi dopo appena tre giri con la vettura inguidabile. Meglio bruciare in un istante o spegnersi lentamente? Riguardatevi la gara di Glock e fate voi. Fortunato.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

Motorionline.com è stato selezionato dal nuovo servizio di Google News,
se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre notizie
Seguici qui
Leggi altri articoli in Eventi

Lascia un commento

83 commenti

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati