Pagelle del Gran Premio di Germania

Pagelle del Gran Premio di Germania

Tutti aspettavano la pioggia, e invece al Nürburgring dalle nuvole sbuca la McLaren di Hamilton che a sorpresa si impone davanti ad Alonso e Webber. Il padrone di casa Vettel è solo quarto, davanti ad un Massa penalizzato ancora una volta da un pit stop problematico. Gara interessante, tiratissima, lottata sul filo dei centesimi. Buona lettura!

Sebastian Vettel: 5 – In gergo lo chiamano braccino. Quando le cose iniziano ad andare in maniera leggermente diversa rispetto a quanto accadeva poco prima, quando non ti senti più invincibile, quando vedi che attorno a te gli altri si sono mossi. E allora tutto diventa un po’ più difficile, un po’ meno armonico, un po’ meno naturale, un po’ più macchinoso. E invariabilmente sbagli. Si era già visto in Canada, ne abbiamo avuto la riconferma al ‘Ring. Perde la posizione da Alonso al via, la recupera grazie ad un errore dello spagnolo ma deve cedere nuovamente all’attacco del ferrarista. Poi sbaglia malamente, bello solo, finendo in testacoda, distruggendo le gomme e perdendo una marea di tempo. Dopo il pit stop rientra dietro Massa, lo segue per quasi mezza gara, cerca inutilmente di passarlo e ci riesce solo perché il muretto Ferrari non è in grado, sotto pressione, di mettere assieme un pit stop quantomeno decente. Tutto sommato gli va anche bene in termini di risultato, ma esce male dall’appuntamento tedesco. Facile vincere partendo davanti con la monosposto più veloce, un po’ meno sgomitando e lottando a centrogruppo. Non vorremmo avesse dimenticato come si fa. E se il braccino arriva appena a metà stagione… La bocciatura è uno sprone. Terrorizzato.

Mark Webber: 7,5 – Un giorno dovrà spiegarci come mai, quando al sabato conquista la pole, invariabilmente in gara scatti a rilento. Forse la sua indole cangura lo porta a balzare indietro quando davanti non vede nessuno, chissà. Sprecando malamente la prima posizione compromette sin da subito la propria gara. Segue Hamilton come un’ombra, è autore di un meraviglioso botta e risposta con l’inglese -in crisi di gomme ma non di grinta- e più tarni riesce a guadagnare la prima posizione grazie al muretto che lo richiama ai box prima degli altri due contendenti. Tutto bene? Niente affatto. Al secondo pit stop un’imprecisione dei meccanici lo rispedisce al terzo posto, dietro Ferrari e McLaren. Anzi, nella lotta con Hamilton gli fa forse un po’ difetto la grinta nel resistere all’inglese, che aveva gomme fredde. Ma tant’è. Lì invece di tirar fuori gli attributi si perde, commette un paio di errori e alla fine si accontenta del gradino più basso del podio. Chissà come sarebbe finita con un pit stop normale. Ma se l’acqua arriva alla gola bisogna darsi da fare e nuotare, non semplicemente attendere il salvagente. E questo lo penalizza nel voto. Colpa sua, colpa del team, comunque colpa. A fine gara dà un passaggio ad Alonso, che aveva fermato la sua Ferrari lungo la pista, un po’ come fece Mansell con Senna tanti anni fa. Ma siamo lontani anni luce, appunto. Mezzo voto in più per non aver polemizzato sulla sosta. Timido.

Lewis Hamilton: 10 – Due, anzi tre i flash della sua gara. Il controsorpasso rifilato a Webber, pur in crisi di gomme, poco prima della sosta #1 ai box. La resistenza durissima sempre nei confronti dell’australiano all’uscita dal pit stop #2, quando pur con gomme fredde riesce a tener dietro lo spilungone della Red Bull. E -last but not least- la perentoria richiesta ai box: «Le gomme sono finite, vengo a cambiarle». Altro che piloti teleguidati dal muretto. Queste tre chicche fanno passare in secondo piano il sorpasso al via, il ritmo di gara martellante, la qualifica impressionante, il solco scavato imperiosamente dopo la seconda sosta e la guerra di nervi con Alonso. Restano ancora dubbi sulla sua capacità di gestione tattica della gara, sempre al limite soprattutto sui pneumatici. Ma al Nürburgring la spacconeria -passateci il termine- ha pagato, unitamente al fatto che è stato l’unico dei primi quattro al traguardo a non aver commesso nemmeno una sbavatura. Non riaprirà il campionato, almeno guardando solo la classifica, ma la seconda sconfitta Red Bull di fila creerà sicuramente qualche crepa in seno al team con le aaaali. E chissà. Lui in Germania merita davvero il massimo del voti. Un mix di grinta, cattiveria, incoscienza e -incredibile- saggezza, seppur al limite. Premio Oscar come attore non protagonista al suo ingengere: «Con le dure saremo un secondo e due più lenti». Magistrale.

Jenson Button: 5 – Diciamocela tutta: in questo weekend non c’ha capito niente. Al venerdì faceva gli stessi tempi di Hamilton, e fin qui tutto ok. Poi Lewis si è mosso. Lui no. Si qualifica male, parte male, perde due posizioni, si imbarca in duelli con Petrov, Sutil e Rosberg, ritardando nel contempo la sosta per cercare di recuperare con la tattica quello che aveva perso con il traffico. Ma non serve: subito dopo il sorpasso a Rosberg viene richiamato ai box per problemi idraulici. Interessante ascoltarlo quando, con un fatalismo tanto crudo quanto impressionante, spiega che se avesse continuato il cambio avrebbe iniziato a perdere le marce, poi sarebbe toccato al servosterzo, poi al motore e così via. Quasi fosse contento di evocare immagini tanto truculente. Peccato, secondo ritiro di fila per colpe non sue. E peccato perché qualche punticino l’avrebbe portato a casa, magari un bel -si fa per dire- sesto posto. Ma alla sufficienza, vista la prestazione di Hamilton, non possiamo arrivarci. Vedremo in Ungheria, con temperature più alte che esalteranno -forse- il suo saper preservare le gomme. Sbigottito.

Fernando Alonso: 9 – Bravo ma non bravissimo. Eccellente ma non eccezionale. Splendido ma non splendente, per dirla alla Rettore. Intendiamoci, la sua gara è più che positiva. Parte bene, poi commette un erroraccio che gli costa la posizione da Vettel e che poteva avere conseguenze ben più gravi. E’ comunque bravo a riprendersi con cattiveria la terza piazza e a restare incollato al duo di testa. Ha la sua occasione nella seconda sosta, quando rientra in pista leggermente davanti ad Hamilton, ma è costretto a cedere all’indemoniato inglese. Certo, aveva gomme fredde, ma nella stessa situazione l’alfiere McLaren era stato in grado di resistere a Webber. E non è questione di portare in temperatura le gomme: in uscita dai box la situazione è la stessa per tutti, vivaddio. Ma va comunque bene così. E -checché ne dicano i Soloni del microfono- se prima dell’ultima sosta non è riuscito a far la differenza è perché le gomme non ne avevano più. Del resto si consumeranno anche le sue, oltre a quelle degli altri, no? Ad ogni modo arrivano punti e la solita prestazione concreta. E spendacciona, se vogliamo, dato finisce la gara decisamente a corto di carburante. Sprecone.

Felipe Massa: 7 – Allora. Allora. Quantificare la sua prestazione con un voto è, stavolta, davvero complicato. Ci proviamo, ma non ne siamo molto convinti. Ordunque. Lo scatto al via è come al solito molto buono, ma stavolta il paulista imbocca il pertugio sbagliato e si ritrova dietro alla Mercedes di Rosberg. Che lo tappa per dodici giri, facendogli perdere un’eternità nel senso biblico del termine. Poi però è bravo a passare Vettel e soprattutto a tenerlo dietro fino a un giro dalla fine, pur con una macchina all’apparenza più lenta. Ma ciò che non poté la pista poté il box, nello specifico quello del Cavallino, zoppo per l’occasione. Oramai ogni volta che qualcuno millanta l’abilità dei meccanici in rosso i piloti si lasciano andare a gesti apotropaici. Inutili, a quanto pare. Evidentemente la supremazia del box Ferrari è un qualcosa che risale a tempo addietro, è oramai il caso di fare i conti con la realtà e ammettere che in un pit stop che dura tre secondi tutti, e sottolineo TUTTI possono sbagliare. E’ accaduto alla Ferrari al ‘Ring, è accaduto alla Red Bull sempre al ‘Ring con Webber, è accaduto alla McLaren a Silverstone… e accadrà di nuovo. Non esiste il box perfetto. Chiedere a Felipe -uno che quest’anno ci ha rimesso bei secondi in diverse occasioni- per conferma. Dicevamo del voto, tornando a noi. Alla fine siamo forse un po’ larghi di manica. Ma soprattutto perché il buon Felipe evita di prendere a sberle chi non manca di esaltare gli infallibili uomini del box. Se non altro per una questione scaramantica. Oltre al danno anche la beffa. Signore.

Michael Schumacher: 6,5 – L’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori. Un proverbio che va sempre di moda, come il nero o come lo smoking. E che ti farebbe venir voglia di riempire di sganassoni il buon vecchio Michael, che al 23mo giro compie un errore da esordiente alla faccia dei 42 anni suonati. Peccato per il testacoda, ma soprattuto perché considerato quanto fatto vedere in gara successivamente aveva le potenzialità per portare a casa un risultato più che discreto. Ed era partito benone, con un bel sorpasso su Button al primo giro. Poi si libera anche di Petrov ben due volte, nella seconda occasione cercando anche di infilare Rosberg. Quindi il testacoda, che gli fa perdere 15 secondi oltre che distruggere le gomme. Ma il crucco non si perde d’animo, si rimbocca le maniche e, di riffa e di raffa, riprende e passa Alguersuari -che ha la metà dei suoi anni, come ingenerosamente sottolineato dal puntuale Gianfranco Mazzoni- e Petrov -per la terza volta, e dire che nelle gare precedenti i due avevano giocato all’autoscontro- fino all’ottavo posto, negli scarichi di Rosberg. Niente male. Ci piace pensarlo -ma è una nostra personalissima immagine, crediamo nemmeno troppo edificante- impegnato in scongiuri di ogni tipo ogni volta che transita alla S veloce che porta il suo nome. Sarà per questo che alla fine è finito in testacoda? Misteri. Esoterico.

Nico Rosberg: 6,5 – Chiude settimo, ma in realtà le cose più belle le fa vedere a inizio gara, con la partenza e la resistenza per 12 giri a Massa. Certo, la maggior velocità di punta della sua Mercedes aiuta -e infatti il paulista riesce a balzargli avanti solo quando le gomme cedono- ma non è da tutti non commettere errori in una condizione simile. Da lì in poi, però, inizia la discesa. Passa Petrov -rischiando nel contempo di farsi beffare dal compagno di casacca-, subisce l’infilata perentoria di Button -il che è tutto dire, viste le prestazioni dell’inglese al ‘Ring- e si imbarca in una lotta titanica con Kobayashi, uno scontro finno-tedesco-giapponese che alla fine gli vale il settimo posto. Che non sarebbe nemmeno male, tutto considerato. Però ci resta l’impressione che qualcosina in più avrebbe potuto tirarlo fuori. Impressione confermata dal suo giro più veloce -più lento di mezzo secondo rispetto a quello del veterano Schumacher- e dal fatto che chiude dietro a una Force India, per carità in giornata di grazia ma pur sempre una Force India. La sufficienza c’è, ci mancherebbe, ma non ci ha entusiasmato. Placido.

Nick Heidfeld: 4,5 – E’ nervoso, e si vede. In squadra lo criticano, nemmeno troppo velatamente, il compagno di squadra è più scomodo di quello che in un primo momento sembrava e l’ombra di Kubica si fa giorno dopo giorno sempre più reale. E Nick, che di esami in carriera ne ha dovuti sempre passar tanti, inizia a pagare il peso di una vita da mediano, per dirla alla Ligabue. Al via si incasina, si tocca con Di Resta col risultato di ritrovarsi a fondo classifica dopo nemmeno tre curve. Poi pian pianino torna su, passa le sei vetture dei nuovi team, ma è autore di un brutto incidente con Buemi. La FIA assegna la responsabilità del contatto allo svizzero. Noi ci permettiamo di dissentire nel modo più assoluto. Perché Seb era davanti e perché -soprattutto- con un po’ di buonsenso il tedesco avrebbe benissimo potuto evitare di sbattere. Così come in Canada con Kobayashi. Ma tant’è. Con quel briciolo di NON potere che ci resta ci arroghiamo il diritto di bocciare il tedesco senza appello. Non è così che ci si riguadagna la conferma. Nevrotico.

Vitaly Petrov: 6,5 – Si dimostra un serio pretendente, anche per il 2011, al Premio “Tappo dell’anno”. E non ci riferiamo alla sua statura, beninteso. Anche in Germania mette in mostra una capacità impressionante di trovarsi davanti a macchine più veloci. Merito quasi sempre di partenze al fulmicotone. In questo caso si issa davanti a Button e lo tiene dietro per un’eternità, qualcosa come 17 giri. Quindi viene sverniciato da Alonso, Vettel, Rosberg e Schumacher -c’entra la strategia diversa- ma riesce comunque a risaltare davanti al veterano tedesco. La lotta, anche in questo caso, è all’arma bianca, e alla fine vede prevalere proprio il 7 volte campione del mondo. E visto come era finita tra i due nelle ultime gare, tutto sommato va ancora bene così. Finisce negli scarichi di Kobayashi, a un passo dal nono posto. Un punto che fa morale e che contribuisce a tenere alte le sue quotazioni in seno al team. In fondo se lo sta meritando, il sedile, dai. Umile.

Rubens Barrichello: sv – Dice che sta trattando per la riconferma, ma di certo fa di tutto per mostrare il contrario. Ascoltate quanto dichiara dopo il ritiro: «Dai box mi gridavano “Fermatiiiii!!!!!” e non volevo ascoltarli, poi però continuavano a strillare, mi dicevano “Feeeeeermatiiiiiiiiiiiiiiiii, stai per sfasciare tutto!!!!!!” e, vabbè, a quel punto mi son fermato. Com’è andato il weekend? Beh, senza Kers, senza motore, come volete che sia andato? Un disastro». Impagabile. Il bello di avere qualche capello bianco è che ci si può permettere di dire quello che si pensa. Giù il cappello di fronte a nonno Rubens. Tutto il resto passa in secondo, anzi in terzo piano, compresa l’ottima partenza. Sanguigno.

Pastor Maldonado: 5,5 – Tanto sopra le righe, almeno a parole, il compagno di squadra, tanto anonimo, ahimé, il venezuelano. E dire che in qualifica non era andato male, anzi. Al via non perde e non guadagna nulla, anche se si fa scavalcare da Barrichello, cerca di tenere il ritmo dei piloti che lo precedono e in realtà riesce anche a farlo, almeno fintanto che mantiene le gomme morbide. Con le dure, per sua stessa ammissione, è un disastro. E considerato che con quelle gomme ci fa 25 giri… punto. E così alla fine il quattordicesimo posto finale non aggiunge e non toglie niente alla sua stagione. Diventa complicato assegnargli demeriti particolari, a dire il vero. Ma -sempre se vogliamo dirla tutta- un deb che si gioca la riconferma ha l’obbligo di sbattersi e farsi vedere, quantomeno per soddisfare gli sponsor. E lui è stato ripreso solo in occasione dei pit stop. Per cui… Pigro.

Adrian Sutil: 8,5 – Il tedesco che non t’aspetti. Tutti cercavano Vettel, tutti speravano in un acuto di Michael Schumacher, molti puntavano su un exploit di Rosberg, e invece al ‘Ring il crucco che più crucco non si può è proprio il rissoso -questa è cattiva, scusateci…- pilota della Force India. Che costruisce un risultato più che eccellente sin dalle qualifiche, con un eccellente ottavo posto. Da lì conduce una gara tutto sommato strana. Guadagna una posizione al via, poi per la maggior parte della corsa gira da solo, anche a causa di una strategia particolare. L’unico duello diretto lo vede cedere a Button, che però si ritirerà. E alla fine è proprio la strategia che lo rimette davanti a Rosberg, regalandogli un sesto posto che è ossigeno puro dopo un inizio di stagione che definire complicato è un eufemismo, tra un compagno di squadra invadente, una vicenda giudiziaria incombente e diversi errori di troppo. La sua stagione inizia da qui. E chissà che non riesca a togliersi qualche soddisfazione, magari sotto la pioggia. Sollevato.

Paul di Resta: 6 – Stavolta è veramente, passateci il termine, sfigato. Pronti-via, passa indenne la prima curva, poi Heidfeld gli rovina malamente addosso spedendolo in fondo al gruppo senza che lui abbia la minima responsabilità. Allucinante. Sbollita la rabbia, si mette di buzzo buono per cercare di tornar su, passa senza particolari problemi i piloti delle nuove squadre e cerca, con ritmo e arguzia tattica, di risalire, conscio che però di tempo ne ha davvero perso tanto. E infatti il miracolo non riesce, chiude mestamente tredicesimo, negli scarichi di Alguersuari. Peccato perché il passo era buono -con pista libera gira sugli stessi tempi di Sutil- e qualche punticino poteva raggranellarlo eccome. Ma le corse sono così. A volte rovini la gara di qualcuno che non ha colpe -e a lui è già successo, quest’anno- a volte ti vengono addosso e ti buttano fuori. In una Dantesca ottica del contrappasso ci sta anche questo. Ma noi, che pure del Sommo Poeta siam strenui sostenitori, dissentiamo. E per questo non lo bocciamo. Consci che la prossima volta farà più attenzione prima di piombare addosso a qualcuno. E’ una questione di contrappasso, appunto. Letterato.

Kamui Kobayashi: 7 – Quando si dice togliersi il pensiero subito. Dopo una notte insonne a causa di una qualifica terrificante -17mo- capisce che se vuole rimediare deve farlo quanto prima. E allora si inventa una partenza da funambolo della prima curva, che lo fa risalire di ben cinque posizioni. Meglio prima che poi, insomma. Poi, per sua stessa ammissione, è la sola strategia ad issarlo in zona punti, anche se a onor del vero sopravanza in pista entrambe le Williams. Ma non è certo colpa sua se il muretto azzecca il numero e la tempistica delle soste. Viene inquadrato solo in occasione di sorpassi subiti, ma appunto si tratta di sverniciature causate dalla diversità delle tattiche. L’unico vero smacco lo subisce da Rosberg, che lo passa a pochi giri dalla fine, ma il nono posto finale -allo sprint con Petrov- è decisamente più di quanto sarebbe stato logico aspettarsi alla vigilia. Bravo, fortunato, onesto. Un buon partito, insomma. Qualcuno ha una figlia da presentargli? Genero.

Sergio Perez: 5 – In Sauber evidentemente se non sei sincero, autocritico e onesto vieni licenziato. L’etica prima di tutto. Se Kamui ringrazia la strategia, Sergio se la prende malamente solo con se stesso per l’errore all’ottavo giro che lo costringe ad un cambio gomme anticipato con conseguente modifica alla strategia. Che, per inciso, con Kobayashi funzionerà alla perfezione. Oltre al danno la beffa, insomma. So’ ragazzi, verrebbe da dire… però, che diamine, buttare via situazioni del genere è criminale. Tantopiù se il talento per sfruttarle, in teoria, il messicano ce l’avrebbe eccome. Per cui lo bocciamo, sì, ma è una bocciatura di stima. Un po’ contorto, come ragionamento, ce ne rendiamo conto, speriamo possiate capirlo. Della serie “Il ragazzo è intelligente ma non si applica”. Meno distrazioni, più concretezza. Svagato.

Sebastien Buemi: 6 – Lo stile innanzitutto. In Toro Rosso, così come in Red Bull, l’immagine viene prima di qualsiasi altra cosa. E’ una questione di marketing, di appeal commerciale. E allora le auto devono sempre essere in ordine, splendenti, luccicanti, shiny. Però c’è un limite a tutto. Tipo… ma perché diamine pulire il serbatoio? E soprattutto, perché non risciacquarlo bene? Il risultato è che dopo le qualifiche i commissari trovano delle tracce di solvente nella sua benzina, Seb viene penalizzato e parte ultimo. Siamo alle comiche. Non abbattuto da questa mazzata, che avrebbe steso un Toro (Rosso), lo svizzero dalla faccia perennemente triste si inventa una partenza da urlo che gli fa guadagnare sei posizioni e lo rimette quasi in gioco. Fino a quando non arriva Heidfeld, che gli va malamente addosso forandogli la posteriore destra. Da qualsiasi parte lo si guardi, decisamente la sua buona stella era coperta dalla proverbiale nuvoletta di Fantozzi. Abbiamo già detto che la pensiamo in maniera diametralmente opposta rispetto alla FIA, che assegna allo svizzero la responsabilità del contatto. Al di là di questo, resta ben poco da dire. Se non che aveva scelto un assetto da bagnato e la pioggia non è mai arrivata. E che invece si porterà un’ulteriore penalizzazione in qualifica anche in Ungheria. Contro vento si può andare, ma contro la sfiga… Impossibile bocciarlo. Jellato.

Jaime Alguersuari: 6 – Secondo noi si è annoiato, ma vi prego… non andate a dirglielo. Perché ostenta una soddisfazione palesemente eccessiva, soprattutto quando dichiara di esser contento di aver tenuto dietro una Force India, quella di Di Resta. Che, ricorderete, ha avuto i suoi bei problemi. Dicevamo annoiato perché al via fa la formichina, non nel senso di avviarsi al rilento ma in quello di farlo in maniera conservativa. Si affida alla strategia, ma se il ritmo è insufficiente e se la vettura in frenata è nervosa e scorbutica c’è poco da fare. E infatti non resiste al ritorno di Michael Schumacher e chiude dodicesimo, doppiato, con negli scarichi la Force India di Di Resta. Sicuramente un weekend meno movimentato di quello che ha avuto Buemi. Ma da qui ad esserne così soddisfatti, insomma… In Ungheria dovrebbe comunque andar meglio. Felice (e non si sa bene perché).

Karun Chandhok: 5 – Le attenuanti ci sono tutte, e anche qualcuna di più. Fulmine di guerra non lo è mai stato, oggettivamente. E in più aggiungeteci un anno o poco meno di inattività, una vettura che è tutt’altro che irresistibile e delle gomme a dir poco diverse rispetto a quelle a cui era abituato. Gli ingredienti per far male ci son tutti, davvero. Ma -perché nella vita, ricordatevelo, c’è sempre un ma- chiudere a quattro (4) giri dal leader in una gara dall’andamento tutto sommato regolare ci pare francamente un po’ troppo. Anche perché ne rimedia due solo dal compagno di team. Ripetiamo, forse troppo. Ed è tutta una questione di ritmo: andando a memoria ricordiamo un solo errore macroscopico, un testacoda a metà gara. Ha senso pagare un sacco di soldi per tornare in Formula 1 così? E’ una domanda che ci siamo posti più volte. Evidentemente qualcuno che risponderà sì lo troveremo sempre, per cui forse è anche sbagliato insistere su questo punto. Lui comunque dichiara che non è la gara che aveva sognato. Se davvero è così, se davvero sognava qualcos’altro, allora l’indiano è solo un romantico, folle sognatore. E noi che pensavamo fosse un pilota… Illusi (noi).

Heikki Kovalainen: 6 – Le sue gare si assomigliano oramai un po’ tutte. Migliore dei piloti delle nuove squadre sia in prova che in gara, costante, regolare, solitario, bene, bravo, bis. Non è un modo come un altro per mascherare di averlo perso di vista, intendiamoci. Copincolliamo le sue dichiarazioni di fine gara. «Mi sentivo un po’ solo là fuori! Non eravamo con i team che ci stavano davanti, ma eravamo chiaramente più distanti da quelli dietro, quindi volevo essere sicuro di poter spingere il più possibile in tutta la gara, senza errori e portando la macchina intera al traguardo». In questo caso aggiungiamo una stringatissima nota di cronaca: è l’ultimo pilota ad effettuare il primo pit stop. E ne aggiungiamo un’altra: è l’unico pilota dei nuovi team ad essere inquadrato mentre lotta con i rimontanti Heidfeld e Di Resta. Rifila due giri a Chandhok. Potrebbe essere perfetto come set della nuova campagna pubbblicitaria “Ti piace vincere facile?”. Che dire… ce la caviamo con un sei politico. In attesa di riscontri più probanti. Easy.

Daniel Ricciardo: 6 – Secondo Gran Premio in F1, secondo diciannovesimo posto. Se non altro la costanza non fa difetto a questo giovane australiano. Che per buona parte della gara, peraltro, si tiene dietro d’Ambrosio. Non saremo noi a dire se sia meglio la HRT o la Virgin, certo. Ma un semiesordiente che tiene dietro un collega che corre da inizio stagione è comunque una notizia. Una bella notizia. Sta progredendo, lentamente ma si vede. E chissà che in Ungheria non si regali un ulteriore, piccolo passo avanti. L’antitesi del Canguro, insomma. E scusateci se anche stavolta infarciamo qualsiasi cosa di luoghi comuni. Non fa danni, è regolare, costante, tutto sommato anche vagamente consistente. Cosa chiedere di più? Per ora, francamente, nulla. Non ce la sentiamo di negargli la sufficienza, davvero. Modesto.

Vitantonio Liuzzi: 6 – Con un acume tattico invidiabile i suoi tecnici decidono che il gioco vale la candela e che una penalizzazione di cinque posizioni è il male minore in confronto ad avere un cambio nuovo di pacca. Oltretutto la manovra riesce anche troppo bene, giacché la penalità inflitta a Buemi lo piazza addirittura al penultimo posto, anziché all’ultimo. Splendido. Troppo bello per essere vero. E infatti la sua gara si stoppa dopo 40 giri, quando l’elettronica lo lascia a piedi. Abbiamo temuto il peggio quando, al microfono di Stella Bruno, dichiara: «L’elettronica ha rotto il ca……..mbio». Sospirone di sollievo da parte del pubblico benpensante. Peccato, perché era in lotta con Glock nonostante i canonici problemi ai freni e un fastidioso graining alle gomme anteriori. Non ha fatto niente di male, non ci va di bocciarlo. Tattico.

Timo Glock: 6 – La domanda è innanzitutto questa. Come mai, ci chiediamo, i commentatori della TV di stato avranno ripetuto almeno 10 volte la notizia del suo rinnovo triennale con la Virgin? Certo, capiamo che dal Gran Premio del Brasile 2008 -quello per capirci del duello mondiale Massa-Hamilton- Timo si sia guadagnato un nome e una fama importanti nello schieramento. E che quindi saperlo o meno in gara cambia drasticamente le cose. Però, vivaddio, con tutto il rispetto per il tedesco e per il suo team, bastava anche parlarne un po’ di meno. Ma tant’è, è andata così, buon per lui e per Mr. Branson. Anche perché la sua gara è tutt’altro che facile. Lotta con Liuzzi per buona parte della corsa, poi accusa problemi di gomme e di freni che lo rallentano parecchio. Chiude comunque davanti a d’Ambrosio, diciassettesimo. Gli diamo la sufficienza solo per coerenza con i commentatori. Un calibro così grosso non si può bocciare, mai. VIP.

Jérôme d’Ambrosio: 5,5 – Si conferma più efficace in gara che in prova. Tanto che alla fine gira più veloce di Glock, pur arrivandogli dietro di 10 secondi. Per buona metà della gara resta dietro a Ricciardo, poi riesce a liberarsene ed è libero di imprimere il suo ritmo (!) alla gara. Definirlo esaltante ci pare francamente eccessivo, ma questo è e poco possiamo farci. La sufficienza forse ci starebbe anche, seppur stiracchiata. Ma non ci piace l’averlo visto dietro Ricciardo, così come non ci piace la soddisfazione che ostenta a fine gara, quando si dice felice di aver trovato la strada giusta. Un pizzico di autocritica in più non guasterebbe. Di questo passo lo ritroveremo sbronzo a fine gara nel retropaddock a cantare a squarciagola “Like a Viiiiirgiiiiiiin”, palesemente soddisfatto di un weekend che tutti gli altri definirebbero mediocre. Calma!

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

Post Scriptum
L’umile pagellista si scusa con tutti i lettori per la pausa forzata che si è dovuto prendere, causa gravissimi problemi personali, e ringrazia i colleghi della redazione che l’hanno sostituito molto più che egregiamente. Grazie a tutti.

Un abbraccio.
Arrivederci a Budapest.

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