L’addio di Allison è una grande perdita per la Ferrari, ecco perché

La Rossa perde quello che doveva essere il suo "Newey", l'ultima speranza di poter colmare in breve il gap con Mercedes

L’addio di Allison è una grande perdita per la Ferrari, ecco perché

E’ andata così, con James Allison che a metà stagione fa le valigie e saluta Maranello, tornandosene in Inghilterra con un bagaglio carico zeppo di emozioni, ricordi, rimpianti. Il talentuoso tecnico anglosassone doveva essere il nostro “Newey”; faccia pulita e sorriso pronto, capace di far volare con pochi spiccioli la Lotus, il suo arrivo era stato salutato con entusiasmo. “Figuratevi cosa può fare con le risorse della Ferrari uno che ha fatto vincere Enstone” dicevamo, pronti ad aggrapparci all’ennesimo direttore tecnico di passaggio di questo (sportivamente) disgraziato momento storico ferrarista.

E invece Allison non ha potuto fare un bel nulla. Se non aggiustare, raccapezzare qualche soluzione nel 2015 per rendere competitiva una vettura figlia della precedente stagione e “firmare”, come sua, soltanto la sfortunata e deludente SF16-H. Non una gran perdita, detta così, la partenza di James. Ma bisogna saper leggere tra le righe, analizzare i fatti, per capire perché l’addio di Allison è una mazzata vera e propria.

In primis la Ferrari targata Marchionne-Arrivabene non solo vede allontanarsi l’obiettivo iridato a medio termine, ma rischia di sprofondare in una crisi tecnica senza precedenti. Inaccettabile per una squadra di tale rango e tradizione farsi trovare così impreparata agli albori di una rivoluzione tecnica che assumerà probabilmente i connotati di un’altra grande occasione persa per ribaltare i valori tecnici in campo.

La Ferrari ha nominato responsabile tecnico (Chief Technical Officer) ad interim il padre del motore Mattia Binotto lasciando formalmente vuota la casella direttore tecnico. Un indizio importante della volontà di Maranello di piazzare sul mercato un colpo importante, ma i nomi sono pochi e i rifiuti sono ancora di più. Bob Bell della Renault e James Key della Toro Rosso sono i due principali candidati ad ereditare il difficile ruolo, ma nessuno dei due sembra pronto a fare carte false per vestire la tuta rossa. Ross Brawn sarebbe un vero e proprio deus ex machina, l’unico forse che potrebbe raccogliere i cocci di una squadra allo sbando. Ma convincerlo a tornare nel giro è impresa ardua. Resta il fatto che il progetto 2017 non ha un supervisore, una figura di spicco che garantisca quel minimo di competitività che ci si attende da una monoposto Ferrari.

In secondo luogo l’addio di Allison è una perdita pesante anche e soprattutto perché va via un grande ingegnere ed una grande persona. Leggeremo in giro che Allison ha fallito, che ha litigato con la dirigenza, che l’aveva preso Domenicali e che quindi si tratta di epurazione e tante altre notizie. La verità è che James ha trovato a sbarrargli il percorso professionale un’ostacolo insormontabile, una tragedia, un dramma imprevedibile e straziante, che ha stravolto tutto. L’ormai ex d.t. è stato un ferrarista vero; indelebili le sue lacrime sotto al podio quando Vettel ha vinto in Malesia nel 2015. Uomo sensibile, dotato di gran cultura, dedito alla causa, a James è crollato il mondo addosso per la perdita improvvisa della moglie. Dinanzi a ciò tutte le chiacchiere e i pettegolezzi stanno a zero. Allison torna a casa, dai figli, e solo per questo merita rispetto e silenzio. Ma non tutti sono tanto sensibili da comprenderlo.

Vero che la Ferrari probabilmente doveva prepararsi meglio al colpo, perché era quasi scontato che il tecnico inglese avrebbe fatto una scelta di vita incompatibile con il lavoro in Ferrari. Ma Allison lascia un vuoto tecnico difficile da colmare, anche e soprattutto perché l’uomo sapeva farsi apprezzare dai colleghi. Il suo resterà sempre un lavoro a metà, e chissà cosa sarebbe potuto essere il suo “ciclo” se la vita non gli avesse tirato questo scherzo ingiusto, doloroso, crudele. Basti pensare che ha lottato strenuamente per (ri)adottare lo schema push-rod alle sospensioni anteriori, restituendo così a Raikkonen un’auto guidabile e restituendo a noi il miglior Kimi. Basterebbe questo per far capire il valore dell’ingegnere inglese. Il resto è un discorso interrotto, strozzato, e probabilmente anche l’annata incolore della Ferrari è in parte una indiretta conseguenza di tutto ciò che ha riguardato il direttore tecnico.

Adesso il Cavallino deve rimboccarsi le maniche, stringere i denti e provare a ripartire. Ma lo deve fare con un direttore tecnico dal carisma e dallo spessore universalmente riconosciuti. Basta fare scommesse o affidarsi a soluzioni temporanee. C’è un futuro, quanto mai incerto, che va programmato partendo da zero e senza più sbagliare. Costi quel che costi.

Antonino Rendina


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