F1 | Gran Premio della Cina: l’analisi della gara

Dalla vittoria di Hamilton alla prestazione della Ferrari: I temi che hanno contraddistinto il Gran Premi della Cina

F1 | Gran Premio della Cina: l’analisi della gara

Tre su tre. La gara numero 1000 della storia della Formula 1, ovvero il Gran Premio della Cina 2019, si è conclusa con la terza doppietta consecutiva targata Mercedes, in un dominio assoluto in termini di risultati che ha già portato la squadra tedesca a fare il vuoto in classifica sugli inseguitori. A portarsi a casa il successo di tappa è stato Lewis Hamilton, bravo a sfruttare un ottimo scatto alla partenza che gli ha permesso di prendere la testa della corsa e per poi gestirla in quasi solitaria fino alla bandiera a scacchi: grazie alla prestazione mostrata in Cina, il pilota inglese non solo è riuscito ad ottenere la sua 75ma vittoria in carriera, ma anche a riprendere la testa della classifica iridata, sorpassando proprio il compagno di squadra, Valtteri Bottas. Il finlandese della Mercedes, infatti, non è riuscito a tramutare in un successo la pole position conquistata al sabato, rimanendo nell’ombra del campione inglese. Se per il team di Stoccarda si può parlare di un fine settimana stellare, lo stesso non si può dire della Ferrari, lontana da quella ammirata in Bahrain e non al livello dei rivali tedeschi. Ad aggiungersi allo scarso livello di competitività della SF90 mostrato nella cupa Shanghai in confronto alla W10, non sono mancate neanche le polemiche legate all’ordine di scuderia che ha permesso a Sebastian Vettel di sopravanzare Charles Leclerc nelle prime fasi di gara, alla disperata ricerca di rimanere nella scia delle due Mercedes in fuga solitaria. Tra le due rosse di Maranello si è inserito Max Verstappen, capace ancora una volta di fare la differenza per la Red Bull. Continua invece a faticare Pierre Gasly, anche se il suo processo di apprendimento e adattamento a questa nuova RB15 continua, iniziando forse a prendere la direzione giusta.

A centro gruppo, Renault finalmente riesce a portare a casa dei punti pesanti nella lotta nel mondiale costruttori grazie al sesto posto di Daniel Ricciardo. Per la scuderia francese, però, non è tutto rosa e fiori, non solo per il pesante gap accusato dalle tre squadre di testa, ma anche per l’ennesimo problema che ha costretto al ritiro Nico Hulkenberg: la RS19 sembra veloce, in grado di poter vincere la sfida per il quarto posto, ma i continui inconvenienti tecnici di certo non aiutano. Fino ad ora, infatti, non vi è stato un singolo appuntamento in cui la Power Unit transalpina, indipendentemente dal fatto che fosse stata montata sulla Renault o sulla McLaren, non abbia accusato dei problemi di natura tecnica, in particolar modo all’MGU-K, vero “tallone d’Achille” dell’unità di Viry. Alle sue spalle una sicurezza come Sergio Perez, ottavo al traguardo, il quale ha preceduto un Kimi Raikkonen capace di portare a punti per la terza volta consecutiva l’Alfa Romeo, tra l’altro con un gap anche abbastanza risicato proprio da quel settimo posto di Daniel Ricciardo. A concludere la top ten uno strepitoso Alexander Albon che, dopo essere partito dalla pit lane dopo l’incidente occorso nella terza sessione di libere, ha rimontato fino alla decima posizione con una gara fatta di costanza ed intelligenza. Non hanno impressionato, invece, Haas e McLaren, seppur con aspettative e delusioni differenti tra loro.

Quello di Shanghai è un tracciato particolare, composto essenzialmente da curve lente e a media velocità, anche ad ampio raggio o molto tortuose, oltre ai lunghi rettilinei su cui è possibile utilizzare il DRS: non è quindi semplice trovare il giusto bilanciamento e il corretto set-up per potersi esprimere al meglio, dovendo trovare l’esatto compromesso tra le zone che richiedono un maggior carico aerodinamico e quelle che esigono bassi livelli di drag. Su questa pista le gomme anteriori sono messe particolarmente sotto stress, soprattutto quella sinistra, la quale deve sopportare alti carichi nelle curve ad ampio raggio come il complesso di curva 1/2 e quello di curva 12/13. Sempre in tema di pneumatici, la tappa cinese si è rivelata essere una gara che ha offerto diverse opzioni in tema di strategia, dalla singola sosta al doppio pit-stop. Inizialmente i team avevano previsto una corsa con un singolo stop, motivo per il quale anche partire con la gomma media avrebbe potuto garantire un buon vantaggio in termini di longevità degli pneumatici, consentendo di allungare il primo stint. Durante la gara stessa, però, i piani sono cambiati, con la tattica a due soste che si è rivelata essere un’ottima alternativa.

Dominio grigio tra le nubi di Shanghai

Come in Australia e in Bahrain, anche in Cina è la Mercedes a portarsi a casa il successo di tappa conquistando la terza doppietta consecutiva, risultato che gli cha permesso di iniziare a scavare un modesto solco sui rivali sia nella classifica costruttori che in quella piloti. Guardando indietro al finale dei test invernali, probabilmente nessuno si sarebbe aspettato una W10 in grado di ottenere tre doppiette di fila, ma la capacità della squadra di Stoccarda di risolvere i problemi ed adattarsi alle situazioni con una certa rapidità, oltre all’avere una vettura di per sé comunque molto competitiva, hanno fatto la differenza su una Ferrari che deve ancora trovare il modo di esprimersi non solo al livello dei rivali, ma anche con una costanza che fino ad ora è mancata. A Shanghai la W10 è stata semplicemente la più forte, senza appelli e senza discussione, sia in qualifica che in gara: seppur pagasse qualcosa in termini cronometrici sui lunghi rettilinei, la stabilità globale di questa vettura, la precisione dell’anteriore anche nelle curve a basse e media velocità oltre alla capacità di far lavorare bene le gomme in queste condizioni, hanno garantito alla squadra tedesca una vittoria schiacciante. Non è stato, però, un weekend completamente “liscio”, non solo per i problemi in termini di set-up riscontrati nelle prime prove libere, abilmente risolti con un gran lavoro di messa a punto tra il venerdì e il sabato, ma anche per un’ala anteriore che ha fatto discutere nel paddock in quanto violasse il regolamento; anche in questo caso, però, il team di Toto Wolff ha reagito molto velocemente, trovando in tempi stretti una soluzione che potesse permettere a quella stessa specifica di ala di poter essere conforme alle normative previste dalla FIA.

Nella perfetta giornata Mercedes, a vincere il Gran Premio numero 1000 della storia della Formula 1 è stato Lewis Hamilton, al secondo successo personale in stagione. Il campione inglese, partito secondo in griglia, è riuscito a guadagnare rapidamente la testa della corsa grazie ad uno scatto bruciante alla partenza, fattore decisivo che gli ha poi permesso di gestire la gara con maggior tranquillità anche nei confronti del compagno di team. Come avevamo riportato nell’analisi post-qualifiche, dopo due partenze non eccezionali in Australia e in Bahrain Hamilton si è presentato in Cina con una nuova leva della frizione, molto simile a quella usata dalla Ferrari, mentre Valtteri Bottas è rimasto sull’altra soluzione che prevede due paddle separati: potrebbe naturalmente trattarsi solo di una coincidenza, ma è dettaglio interessante che vale la pena riportare nel momento in cui si vuole analizzare come il campione inglese abbia lavorato per risolvere quel problema che lo aveva afflitto nei primi due appuntamenti del campionato. Non è stato comunque un weekend semplicissimo per Lewis, il quale non è riuscito ad esprimersi ai massimi livelli fino al giorno della gara, quando, cambiando leggermente il proprio stile di guida (che solitamente è molto aggressivo è può risentire quando gli pneumatici sono di difficile interpretazione), il campione inglese ha capito come sfruttare al meglio le complicate gomme Pirelli ed imporre un passo inarrivabile per chiunque. Hamilton ha poi così commentato la sua 75° vittoria a fine gara: “Non è stato il più semplice dei weekend, ma è un risultato fantastico per la squadra, tutti hanno lavorato duramente per ottenerlo. Non sapevamo esattamente dove eravamo rispetto a Ferrari qua in Cina, dato che erano stati molti veloci in Bahrain. Valtteri è stato bravo per tutto il weekend e oggi ha fatto un ottimo lavoro: fare una doppietta al millesimo Gran Premio è speciale. In partenza ho fatto la differenza, dobbiamo continuare così! Non ho idea di come andranno le prossime gare, sono curioso.”

Alle sue spalle il compagno di squadra, che naturalmente non ha nascosto la propria delusione per il non essere riuscito a tramutare in vittoria la pole position conquistata al sabato. Gran parte del risultato finale si è giocato alla partenza, quando, al contrario di Hamilton, il finlandese non è stato autore di uno scatto particolarmente positivo, facendo pattinare le gomme posteriori e perdendo quello slancio utile ad arrivare alla prima curva davanti al compagno di squadra. Bottas ha poi provato a spiegare le difficoltà incontrate nei primissimi metri puntando il dito contro la linea del traguardo, la cui mancanza di grip si sarebbe tramutata nel wheelspin: guardando l’onboard si può notare come Valtteri abbia fatto pattinare le coperture posteriori poco prima del passaggio in seconda, fattore che non gli ha permesso di avere un’accelerazione lineare e di difendersi adeguatamente. Indubbiamente ciò ha compromesso pesantemente la sua gara, ponendo nella condizione di doversi immedesimare nel cacciatore e non più nella lepre. In ogni caso, il numero 77 delle Frecce d’Argento ha portato a casa un buon secondo posto utile in chiave campionato, anche se le prospettive fossero ben altre dopo il sabato: “È deludente, quando parti in pole l’unico obiettivo è vincere la gara però potrebbe andare anche peggio. Ho perso la gara alla prima curva, ma fa parte dei dettagli di questo sport” – ha raccontato Bottas nel post-gara -. “Sono arrivato secondo, ho portato a casa un bel po’ di punti, la stagione è lunga. In questo sport sono sempre i dettagli a fare la differenza ed in questo caso ho perso la posizione in partenza a causa di un pattinamento. Per noi come team è stato un inizio di stagione perfetto. Non avremmo mai immaginato di ottenere tre doppiette di fila, quindi un grande ringraziamento va a tutti per il duro lavoro”, ha poi aggiunto il finlandese.

Ferrari cupa, tra team order e un gap che pesa

Il fine settimana cinese non è stato di certo tra i più esaltati per la Ferrari, ben lontana da quella ammirata in Bahrain e dall’impensierire concretamente la Mercedes. Il tracciato di Shanghai ha messo “a nudo” tutte quelle piccole problematiche di cui al momento sembra soffrire la SF90 e che diventano più o meno importanti a seconda delle caratteristiche della pista. Ciò che è parso ben chiaro sin dal venerdì, ed ancor più evidente in qualifica e in gara, è stata la sofferenza mostrata dalla SF90 nelle curve a basse velocità, non solo in termini di percorrenza, ma anche di “reazione”: un esempio abbastanza eloquente potrebbe essere la percorrenza di curva 11 e 12 nel giro secco di cui avevamo parlato nell’analisi del sabato, dove la Mercedes poteva permettersi linee più aggressive portando maggior velocità all’apice, complice anche l’abilità della W10 di destreggiarsi bene nei rapidi cambi di direzione grazie ad un anteriore estremamente preciso. Al contrario, invece, la SF90 si è mostrata in sofferenza in questi frangenti, dovendo ricorrere a linee più conservative e penalizzanti dal punto di vista cronometrico, proprio a causa di questa mancanza di velocità nelle curve più lenti e nei rapidi cambi di direzione e su una pista dove conta molto l’anteriore ciò può fare la differenza, in particolare nel momento in cui si verificano fenomeni di sottosterzo o non si riesce a gestire gli pneumatici nel giusto range di temperatura. Tra le note positive, la monoposto di Maranello si è confermata ancora molto competitiva sui lunghi tratti rettilinei, difendendosi sulle curve ad alta e media velocità. Chiaramente tra le due vetture che si stanno giocando il mondiale ci sono delle differenze a livello progettuale anche piuttosto rilevanti e, tra gli inidiziati, non può non finire nell’occhio del ciclone la tanta chiacchierata ala anteriore, estremamente diversa da a quella dei rivali. Ma naturalmente non è un solo elemento a cambiare radicalmente il comportamento della monoposto di settimana in settimana, bensì un insieme di fattori messi insieme. È però chiaro che in questo momento alla Rossa manchi non solo carico all’avantreno, ma soprattutto una precisione dell’anteriore sulla quale Mercedes può fare la differenza. Causa, effetto o entrambi? È una buona domanda su cui si potrebbe rispondere con molteplici riflessioni, legate non solo di per sé all’ala anteriore, ma anche al sistema sospensivo e al concetto progettuale di questa SF90. Siamo comunque alla terza gara della stagione e solo ora si stanno iniziando a delineare con una certa chiarezza quali siano i punti di forza e i punti deboli delle varie monoposto; sarà quindi interessante vedere come risponderanno i team e quali saranno le zone su cui interverranno con i prossimi pacchetti di aggiornamenti che dovremmo vedere in Spagna, subito dopo l’appuntamento atipico di Baku, in modo da verificare se le impressioni che abbiamo riscontrato fino ad ora possano essere corrette o errate. A Shanghai lo staff diretto da Mattia Binotto si era presentato anche con una nuova ala posteriore a cucchiaio, provata durante le prove libere e poi scartata in vista della qualifica e della gara.

Sebastian Vettel crede di avere tra le sue mani una vettura competitiva e che, al momento, il problema principale sia riuscire a far funzionare la SF90 nel giusto range: “Penso che abbiamo una macchina molto forte, non c’è nulla di sbagliato, ma credo che non siamo riusciti ancora a farla funzionare nella giusta finestra. Soprattutto da parte mia, qui e là, non sono completamente soddisfatto rispetto a dove abbiamo iniziato. Ovviamente ci sono tracciati che sono piuttosto differenti. Le condizioni che abbiamo incontrato fino ad ora sono differenti, ma credo che stiamo iniziando a vedere una sorta di percorso e capire cosa, in particolarmente durante la distanza dell’intero gran premio, ci serva e cosa mi serva per sbloccare il potenziale di questa vettura. Penso che le prossime settimane saranno molto importanti per noi per capire in che direzione andare nei prossimi mesi”, ha dichiarato il tedesco ai giornalisti nella conferenza post-gara, sottolineando come le prossime settimane saranno fondamentali dal punto di vista delle sviluppo della monoposto.

Domenica scorsa né Sebastian Vettel né Charles Leclerc hanno avuto modo dire la loro contro una Mercedes imprendibile, ma ciò non vuol dire che non ci abbiano provato. Fin dai primissimi giri, entrambi gli alfieri della Rossa hanno cercato di rimanere nella scia dei due piloti Mercedes, senza però il successo sperato. Ed è proprio in questo frangente di gara che sono sorte diverse polemiche riguardo all’utilizzo dei team order da parte della Ferrari, una decisione a molti di difficile comprensione ma che ora proveremo ad analizzare. Come si è evoluta la situazione? Sin dalle prime tornate, le due Frecce d’Argento avevano provato a prendere il largo in modo da portarsi in una posizione confortevole con cui gestire strategie e corsa, con le due Ferrari alla disperata ricerca di mantenersi il più vicino possibile per non lasciarle scappare in una fuga solitaria. Per questo entrambi i piloti della Scuderia diretta da Mattia Binotto hanno potuto contare ed utilizzare anche sui boost di potenza della parte elettrica (nella fattispecie il K1 Plus), come confermato dai team radio e da un’attenta lettura dei volanti: ciò vuol dire che i Ferraristi stavano davvero dando fondo a tutto ciò che avevano per riuscire a rimanere negli scarichi delle due W10, come si può anche comprendere dalla comunicazione data durante il sesto giro da Javier Marcos a Charles Leclerc (“We don’t need to save anything, we need to push”). Nel corso delle tornate successive stava divenendo sempre più chiaro come Hamilton e Bottas stessero riuscendo a creare quel piccolo solco in termini cronometrici che poi sarebbe divenuto complicato recuperare nel prosieguo della gara. Ma cosa accade a questo punto, come ha reagito la Rossa? L’impressione era che Sebastian Vettel, in questo esatto frangente di gara, fosse leggermente più veloce del suo compagno di squadra, tanto da riuscire a rimanere molto vicino alla monoposto numero 16, seppur non abbastanza per tentare concretamente un attacco. È chiaro che in Ferrari, vedendo le due W10 prendere il largo, hanno iniziato a pensare ad una strategia alternativa, cercano di capire quanto invertire le posizioni tramite un ordine di scuderia per lasciare Sebastian Vettel dettare il passo potesse garantirgli un reale vantaggio. La prima richiesta viene effettuata proprio al tedesco nel corso dell’ottavo giro, chiedendoli, dopo aver dato i riferimenti della battistrada Hamilton, quanto possa andare più veloce rispetto al ritmo attuale. Dal canto suo Vettel credeva di avere in mano un buon passo, abbastanza da riuscire a mantenere il ritmo proprio dell’inglese della Mercedes. La stessa domanda viene posta nel giro successivo anche all’altro Ferrarista, Charles Leclerc: la Rossa ha cercato subito di essere molto chiara, prospettando anche un ordine di scuderia nel caso il monegasco non fosse riuscito ad abbassare il proprio ritmo, utilizzando un approccio piuttosto trasparente. Dal canto suo Leclerc non ha posto immediatamente resistenza a questa evenienza, chiedendo però come condizione due giri di tempo prima di un’eventuale ordine in modo da dimostrare di avere ancora dalla sua qualche decimo di passo da tirare fuori. In un certo senso si è rivista quindi (seppur con qualche differenza) la condizione del Bahrain al contrario, in cui il muretto bloccò il monegasco da tentare un attacco sul compagno di squadra per i successivi due giri in modo da constatare se Vettel avesse la possibilità di incrementare il proprio ritmo nonostante le difficoltà. Alla fine del decimo giro, dopo aver controllato e confrontato gli intertempi, arriva il tanto discusso team order, con la quale si impone a Leclerc di cedere la posizione a Vettel, in realtà non senza qualche piccola resistenza da parte del monegasco il quale, in quel momento, era convinto di essere in grado di poter tenere testa al quattro volte campione del mondo.

La domanda sorta immediatamente è stata: ma Vettel era effettivamente più veloce di Leclerc? Per dare una risposta più concreta a questo dilemma abbiamo analizzato lo storico dei giri, tenendo inoltre in considerazione anche altri fattori che possono fornire un quadro più completo della situazione.

È bene partire facendo una rapida considerazione: seguire una vettura di Formula 1 non è mai semplice, possono capitare anche occasioni in cui, essendo comunuqe molto più veloce di chi ti precede, risulti estremamente complicato riuscire a portare a termine il sorpasso e, naturalmente, ciò influisce negativamente sulle gomme che si rovinano più rapidamente. Conclusa questa premessa, concentriamoci sui primi 10 giri di gara, per la precisione dal terzo al decimo, quelli in cui Vettel è rimasto alle spalle del compagno di team escludendo la Virtual Safety Car. In questi otto passaggi il tedesco ha perso in totale 149 millesimi dal monegasco, con una media di circa 19 millesimi al giri, abbastanza per definirli alla pari in termini cronometrici. Ciò però non basta a dare un quadro completo, perché ci sono anche altri fattori da tenere in considerazione, come ciò di cui parlavamo in precedenza, ovvero la difficoltà di guidare rimanendo nella scia della vettura che precede (tanto che Vettel stesso è spesso arrivato al bloccaggio, persino in curva 3, dove capita molto raramente), oppure il fatto che in tutti i giri che il campione della Rossa ha passato dietro a Leclerc, egli sia rimasto nel giusto range per garantirsi l’uso del DRS sul lungo rettilineo prima della staccata di curva 14. Per avere un paragone, confrontiamo cosa è successo anche dopo l’ordine di scuderia: nei sei giri successivi alla decisione del muretto di invertire le posizioni, Leclerc ha accusato un distacco di circa mezzo secondo nel complessivo, con una media di circa 89 millesimi persi a tornata. Se già a questo punto potremmo trarre le prime conclusioni, anche in questo caso però i numeri non ci dicono tutta la verità. Se, infatti, prima del team order Vettel era riuscito a rimanere costantemente nel giusto range per garantirsi l’uso del DRS sul lungo rettilineo, lo stesso non si può dire per Leclerc, che non è mai rimasto sotto il secondo di distacco dal compagno al detection point. Di per sé questo dato potrebbe sembrare poco rilevante, ma in realtà ha una sua importanza: nel momento in cui Vettel ha preso il comando dopo la decisione del muretto Rosso, era chiaro che aver passato tutti quei giri a distanza ravvicinata da Leclerc avesse pesato sugli pneumatici della vettura numero 5 e ciò ha un duplice effetto, ovvero non solo un’usura maggiore, ma rende anche il pilota più propenso all’errore, come è infatti avvenuto con diversi importanti bloccaggi a gomma fredda alla staccata di curva 14 di cui si è reso protagonista il pilota di Heppenheim. Ciò ci racconta, quindi, che il gap tra i due avrebbe potuto essere maggiore e che è stato pesantemente condizionato dai piccoli errori commessi da Vettel, ma che al contempo nonostante gli stessi, Sebastian riuscisse a ricostruire un buon vantaggio tale da non permettere a Leclerc di riuscire a passare al detection point dopo curva 11 sotto il secondo per poter utilizzare successivamente il DRS.

Traendo le conclusioni, seppur la differenza di passo tra i due non fosse così eclatante, i numeri raccontano come la Ferrari abbia fatto la scelta giusta invertendo le posizioni, soprattutto nel momento in cui la squadra diretta da Mattia Binotto sia sempre stata chiara ed aperta riguardo all’utilizzo dei team oder. A dire il vero, si potrebbe pure opinare che il team oder è arrivato persino troppo tardi, quando ormai le gomme del tedesco avevano già risentito di tutti quei giri passati nella scia del compagno di squadra. Ciò che deve essere chiaro, però, è che la decisione presa dal muretto non è stata volta a sacrificare la gara di Leclerc o a favorire Vettel, ma al semplice fatto di provarci, di trovare il compromesso che in quel momento gli potesse dare l’opportunità di rimanere attaccati alla Mercedes evitando una fuga solitaria ed un’amara sconfitta.

Un altro tema che ha tenuto banco nei giorni successivi al GP è stata la scelta adottata in tema di strategie dal team di Maranello per i suoi due piloti, in particolar modo ciò che è stato poi deciso per il monegasco, lasciato in pista su gomme usate al contrario del compagno di squadra. Facendo un po’ d’ordine, la prima controversia è nata in seguito al team order, quando Max Verstappen ha effettuato la sua prima sosta per tentare un undercut proprio su una delle due Rosse: mossa decisa e comprensibile quella del team anglo-austriaco, il quale aveva buone chance non solo di superare Leclerc ai box, ma anche di infastidire Vettel dopo il proprio pit-stop. La Ferrari ha reagito velocemente, richiamando il tedesco nel corso del giro seguente e montando le hard, le coperture a più dure a disposizione per questo GP, in modo da andare fino al traguardo. Per il monegasco, invece, è stata adottata una tattica diversa: consci di aver perso la posizione su Verstappen, la squadra di Maranello ha deciso di lasciare in pista il proprio giovane talento allungando lo stint, una scelta che trova un significato tenendo in considerazione le strategie che si erano previste prima del Gran Premio. Dopo le analisi del venerdì, infatti, tutti i team si aspettavano una gara a singola sosta, con la doppia opzione di partire sulla soft o sulla media per poi montare la hard ed andare fino al traguardo, come si è poi effettivamente visto per alcuni piloti. Nelle gare con un solo pit-stop generalmente è molto più importante la gestione degli pneumatici rispetto al mero aspetto cronometrico, in modo da non arrivare nelle ultime tornate con gomme completamente usurate, risultando inerme sia nell’attaccare che nel difendere. Avendo anche Ferrari ipotizzato una gara su una singola sosta ed essendo sicuri di perdere la posizione su Verstappen, il team di Maranello ha optato per il non anticipare la fermata (come nel caso di Vettel che invece è stato costretto per rispondere all’undercut) e proseguire con il piano iniziale, allungando lo stint in modo da avere gomme più fresche nella seconda parte della corsa, ovvero il “Plan A”. Di per sé fino a questo punto non ci sarebbe nulla di strano, richiamerebbe anzi la buona tattica adottata proprio con Leclerc in Australia: il problema sorge nel momento in cui i top team realizzano, dopo aver montato la hard e verificato il passo, che la strategia che la strategia a due soste sarebbe stata più vantaggiosa rispetto a quella con una singola fermata, costringendo a cambiare i piani in corsa. Se inizialmente, quindi, la scelta di allungare il primo stint con Leclerc poteva sembrare quella corretta pensando ad una gara con un solo pit-stop, la situazione si è completamente capovolta pochi giri dopo, quando era ormai chiaro che puntare su una strategia a due soste sarebbe stato più conveniente. La Ferrari non è rimasta a guardare e naturalmente aveva due piani di back-up, ovvero il “Plan B” e il “Plan C”: il primo, affidato a Vettel, vedeva proprio l’opzione di fermarsi nuovamente per montare un nuovo set di gomme medie, mentre con Leclerc la situazione si è evoluta con il progressivo passare dei giri, passando dal “Plan C” al “Plan B”. Ed è proprio a questo punto che entra nuovamente in gioco Verstappen, il quale ancora una volta anticipa la sosta al fine di difendersi proprio dal monegasco che stava inesorabilmente recuperando terreno: anche in questo caso il muretto della Ferrari ha adottato una strategia simile a quella scelta per la prima parte di gara, allungando lo stint in modo da avere gomme più fresche per gli ultimi giri e tentare un assalto al quarto posto. Dietro a questa scelta, però, vi era anche un secondo fine, ovvero l’utilizzare Leclerc stesso come “tappo” nei confronti di Bottas, in modo da garantire a Vettel maggiori chance di chiudere il gap tra i due e tentare un attacco, una tattica che abbiamo visto spesso negli ultimi anni; non ne hanno fatto mistero neanche i Ferraristi stessi che dietro a quella strategia ci fosse un doppio fine. La decisione di pittare anticipatamente Verstappen anche in questo caso ha portato ad un effetto a cascata data la buona performance della gomma nuova: Vettel ha optato per una sosta immediata nel giro successivo, ma ancor più interessante è stata la scelta adottata dalla Mercedes, che ha invece spinto per un doppio pit-stop. Per essere sicuri di evitare un possibile undercut da parte del tedesco della Ferrari, la squadra tedesca si è immediatamente cautelata richiamando ai box Valtteri Bottas nel corso del giro successivo, anche se c’è da sottolineare come in realtà anche allungando lo stint di un’altra tornata molto probabilmente il finlandese sarebbe comunque riuscito ad uscire davanti, ma naturalmente è comprensibile che in Mercedes si siano voluti cautelare. Ciò che appare meno chiaro, invece, è stata la scelta di richiamare ai box anche Lewis, effettuando un doppio pit-stop in sequenza: prima Hamilton, poi Bottas, il tutto nel giro di pochissimi secondi. Il motivo per cui questa strategia è di difficile comprensione è il fatto che prima della sosta il campione inglese avesse circa sei secondi sul compagno di squadra e, anche posticipando il pit stop di un giro, nel peggiore dei casi sarebbe comunque uscito con due/tre secondi di vantaggio proprio su Valtteri. Non vi era quindi nessuna fretta, anzi, effettuando un doppio pit-stop in contemporanea vi era oltretutto il rischio di rovinare ben due gare in caso di problema o di rallentamento: si è trattato di un bellissimo gesto tecnico, una prova di grande rapidità e coordinazione da parte dei meccanici Mercedes a cui vanni tutti gli applausi del caso, ma è quasi sembrata più una dimostrazione di forza sui rivali che una reale necessità.

Tornando al caso Leclerc, tenuta in considerazione la scelta di adottare anche una strategia “tappo”, resta comunque da sottolineare come la seconda sosta sia arrivata con uno/due giri di ritardo, come confermato dal monegasco stesso via radio del resto: ciò lo ha lasciato con un gap da Verstappen di circa 14 secondi, il che avrebbe voluto dire recuperare pressapoco un secondo al giro per riuscire a tentare l’attacco al quarto posto. Il Ferrarista non ci è andato molto distante a dire il vero, concludendo a circa 3 secondi dal rivale olandese, ed è anche a questo punto che diventa più chiaro come quel giro/due giri persi prima della seconda sosta abbia influenzato il risultato finale. Proprio nel corso degli ultimi giri si era anche paventata l’opzione di richiamare il giovane talento Ferrarista ai box per montare il set usato di soft in modo da coprire il tentativo della Red Bull di ottenere il giro veloce e il punto aggiuntivo con Pierre Gasly, fino a quel momento nella mani di Sebastian Vettel: il muretto Rosso ha deciso di non perseguire questa strategia, probabilmente non solo per non togliere il punto al tedesco, ma anche nella speranza che Verstappen commettesse un errore o che il francese non riuscisse a conquistare la tornata più rapida (cosa che è poi avvenuta, anche solo per un decimo). C’è da sottolineare, comunque, che in realtà Ferrari aveva provato ad ottenere il punto aggiuntivo proprio con Leclerc nei giri immediatamente successivi alla seconda sosta su gomma media nuova, fornendogli le mappature più aggressive in termini di ibrido, senza però riuscire a battere il tempo che era proprio del compagno di squadra: naturalmente con la gomma soft potenzialmente la storia si sarebbe potuta concludere diversamente, ma a fine giornata è comunque un punto perso.

Il prossimo appuntamento si svolgerà a Baku, una pista fatta di lunghissimi rettilinei e curve a bassa velocità, nella maggioranza dei casi a 90°. Sarà interessante comprendere come si comporterà la SF90 su un tracciato molto diverso da quelli affrontati fino ad ora, atipico, e se il punti deboli e quelli di forza che si sono visti nelle prime tre gare faranno ancora la differenza. Quello dello Azerbaijan è un circuito complesso ed atipico, dove contano le velocità di punta, una buona trazione (fattori che alla Rossa non sembrano mancare fino ad ora) e la rapidità nelle curve lente: trovare il giusto compromesso tra un set-up volto più ai lunghi rettilinei e lezone in cui invece serve più carico sarà fondamentale.

Red Bull: Verstappen riferimento, Gasly in fase di adattamento

In casa Red Bull si è trattata ancora una volta di una gara “tranquilla”, in cui in realtà non ha mal figurato in assoluto, soprattutto con Max Verstappen. Anche in Cina l’olandese si è confermato essere il pilota di riferimento per la squadra anglo-austriaca, mostrando costanza e voglia di lottare nonostante il mezzo a disposizione, non ancora all’altezza delle rivali. Nel corso del duello con Sebastian Vettel ha mostrato una buona maturità, correndo “pulito” e senza forzare la situazione. Più complicata, invece, la gara di Pierre Gasly, ben lontano dal compagno di team sia in termini di giro secco che di passo gara, ma si iniziano a vedere i segnali di miglioramento rispetto agli appuntamenti iniziali del campionato: “Penso che abbia fatto un passo in avanti questo weekend” – ha dichiarato Chris Horner a fine gara -. “Credo che non sia ancora del tutto a suo agio con la vettura al momento, ma al contempo penso che sia nel processo di raffinare il suo stile di guida per ottimizzare al meglio le caratteristiche della monoposto. Sicuramente si sta rivelando essere una sfida per lui, ma sta facendo progressi e il giro veloce sul finale già darà anche maggior confidenza”. Sicuramente il francese deve iniziare a migliorare le proprie performance e a dare delle risposte sul campo per riuscire a mantenere saldo il proprio sedile anche in vista della prossima stagione, dato che l’entourage di Helmut Marko ci ha spesso abituato anche a scossoni improvvisi, ma la strada è ancora lunga, abbastanza per dare una svolta al proprio campionato.

La sfida a centro gruppo: più vicini di quanto sembri

Ancora una volta la battaglia della midfield ha regalato diversi spunti di interesse, con tante squadra racchiuse nel giro di pochi secondi: così come in Australia e in Bahrain, anche in Cina il gap tra i team sul passo gara è sembrato piuttosto risicato, con ben 3 team in grado di giocarsi il titolo di “best of the rest” sulla linea del traguardo.

Renault sembra avere il potenziale per poter essere una posizione di assoluto rilievo da questo punto di vista, anche se, andando a monte, le aspettative per questa stagione non erano di certo queste, quanto l’avvicinarsi al gruppo di testa. Al momento il problema più importante su cui deve lavorare il team transalpino è quello dell’affidabilità, ancor più delle prestazioni: in tre gare su tre, le vetture che disponevano della Power Unit transalpina hanno infatti sofferto di problemi tecnici, soprattutto all’MGU-K, il motogeneratore che recupera energia in fase di frenata. Renault era a conoscenza delle problematiche legate a questo delicato elemento sin dai test invernali, motivo per il quale ha lavorato intensamente per introdurre il prima possibile una nuova specifica più affidabile: “I ritiri del Bahrain sono legati ad un problema con l’MGU-K” – ha detto Cyril Abiteboul, boss della squadra transalpina riguardo al doppio ritiro patito a Sakhir negli ultimi giri -. “Per Daniel era stato subito chiaro, ma anche il ritiro di Nico era legato a ciò, tranne per il fatto che sulla sua vettura abbiamo anche cambiato la Power Unit in via precauzionale. È stato più o meno lo stesso anche per Sainz in Australia, la rottura dell’MGU-K ha avuto conseguenze sul resto del motore”, ha poi aggiunto il francese. Per il Gran Premio della Cina, infatti, Renault ha dovuto sostituire diversi pezzi sulle proprie vetture, portando anche la nuova specifica di MGU-K che, in teoria, avrebbe dovuto dare maggior garanzie sul piano dell’affidabilità, come confermato da Nico Hulkenberg nelle interviste prima del weekend di gara: “Per quanto mi riguarda, c’è stato un problema alla Power Unit, quindi questa settimana dovrò utilizzare il mio secondo motore. Ovviamente sin dall’inizio della stagione ci sono stati diversi problemi legati all’MGU-K sui motori Renault, ma adesso abbiamo montato una MGU-K ridisegnata che dovrebbe ridurre le problematiche che abbiamo visto ad ora”, ha commentato il tedesco. Nonostante le aspettative e il lavoro fatto dietro le quinte, però, ancora una volta un inconveniente tecnico all’MGU-K ha costretto proprio Hulkenberg al ritiro, il secondo consecutivo. Per Daniel Ricciardo, invece, è arrivato un positivo settimo posto, punti importanti nella lotta per il costruttori ma anche un segno che l’adattamento dell’australiano alla nuova RS19 migliora gara dopo gara.

Ottavo posto per la Racing Point di Sergio Perez, che si può ritenere soddisfatta di quanto mostrato sul circuito di Shanghai. Buona gestione gomme e buona competitività anche in confronto a chi, tecnicamente, avrebbe dovuto avere una marcia in più su questa pista. A fare la differenza è stata sicuramente anche la grande partenza del messicano, capace di recuperare diverse posizioni nel corso del primo giro e portarsi nella top ten. Ad aiutarlo sicuramente ha influito anche la strategia scelta dal team, il quale ha deciso sì di effettuare una sola sosta, ma anche di partire sulla gomma media in modo da allungare il primo stint: “Sono molto contento di aver ottenuto quattro punti oggi. La partenza è stata fantastica: ho visto uno spazio, ne ho approfittato e ho guadagnato diverse posizioni. Il nostro passo gara è stato buono: siamo stati in grado di mantenere il passo e di gestire bene le gomme. Questo non è mai stato il nostro tracciato migliore, quindi è importante cogliere opportunità come quelle di oggi e fare punti. Penso che abbiamo il potenziale per fare meglio nella prossima gara a Baku”, sono state le parole di Perez a fine corsa. Non è andata altrettanto bene per l’altro pilota della Racing Point, Lance Stroll, ancora una volta fuori dai punti nonostante una strategia che avrebbe dovuto consentirgli di acciuffare qualche punto nell’ultima parte di gara.

Spostandoci sull’Alfa Romeo, Kimi Raikkonen è riuscito a portare per la terza volta consecutiva la C38 a punti, nonostante fosse scattato fuori dalla top ten alla partenza. Il finlandese ha fatto nuovamente la differenza nella gestione degli pneumatici, aspetto fondamentale in una strategia ad un solo stop: Kimi, infatti, è riuscito a mantenere le gomme medie in vita più a lungo rispetto ai rivali con un passo non troppo distante da chi aveva già effettuato la sosta, e ciò gli ha permesso di accorciare il secondo stint e di arrivare con pneumatici più freschi verso il finale di gara, che in fin dei conti era anche la tattica che inizialmente la Ferrari aveva pensato per Leclerc. Un vantaggio non capitalizzato negli ultimi giri nella lotta per il settimo posto con Perez e Ricciardo, quando un improvviso calo della temperatura delle gomme anteriori, in parte conseguenza della lotta con una McLaren che stava tentando di sdoppiarsi, non gli ha permesso di completare la rimonta e spingere come avrebbe voluto. Purtroppo, invece, non è stata la giornata di Antonio Giovinazzi, ancora in cerca di una prestazione di rilievo dal punto di vista del risultato in una gara complicata già dalla partenza dall’ultima casella della griglia a causa di un problema tecnico in qualifica. In generale c’è da sottolineare come debba se è pur vero che l’italiano debba migliorare e iniziare ad ottenere prestazioni migliori, al contempo in generale le prestazioni non sono state così negative, risultando spesso influenzati dagli eventi: il problema all’ala anteriore in Australia unito ed una strategia che non ha funzionato qui in Cina non hanno aiutato, come del resto l’aver costantemente perso una sessione di prove libere nel corso di ogni weekend di gara non ha di certo favorito un pilota che, comunque, deve prendere le misure di questa nuova C38 ed è alla sua prima stagione completa in Formula 1. Naturalmente ciò comunque non toglie che Antonio debba cambiare passo, anche se il team continua a mostrare fiducia nel ragazzo di Martina Franca: “È un peccato perché penso che sin dall’inizio Antonio abbia dimostrato di avere ritmo” – ha commentato Frederic Vasseur, team principal dell’Alfa Romeo -. “È un peccato, ma penso che si riprenderà. Se guardiamo all’anno scorso, l’inizio della stagione è stato anche difficile per i nostri piloti. Noi li abbiamo spronati, li abbiamo supportati e infatti sono stati in grado di migliorare durante la stagione e dobbiamo fare lo stesso con Antonio. Spero che sia in grado di mettere insieme i vari aspetti insieme, sono fiducioso. Ho piena fiducia in Antonio. Ha dimostrato di essere in grado di completare il lavoro sotto pressione in F2, così come in Q1 a Melbourne. Fornisce dei feedback molto importanti e sta lavorando molto con il team anche in momenti difficili”, ha poi aggiunto Vasseur.

A concludere la top ten un ottimo Alexander Albon, autore di una sontuosa rimonta dopo essere partito dalla pit lane a causa di un incidente nel Q3. Il giovane tailandese sembra star acquisendo maggior confidenza gara dopo gara con la STR14, iniziando a comprendere anche la gestione delle difficili gomme Pirelli, in parte il suo tallone d’Achille in Formula 2. Alla causa Toro Rosso, però, bisogna sottolineare come in realtà anche con Daniil Kvyat la vettura di Faenza si sia comportata molto bene in termini di passo, nonostante le differenti strategie e le diverse situazioni di gara: senza l’incidente nel corso del primo giro e l’assurda penalità rimediata (un drive through), molto probabilmente il russo sarebbe riuscito a concludere in zona punti, concludendo un buon fine settimana. Al netto del risultato, quindi, si può comunque ritenere un weekend soddsifacente quello della Toro Rosso considerando quanto mostrato in pista.

Incidente nel corso della prima tornata che ha visto protagonista, oltre che al già citato Kvyat, anche le due McLaren, in una strana dinamica a sandwich da cui sono usciti tutti con la vettura danneggiata. A ripotare le maggior conseguenze sono stati proprio Carloz Sainz Jr. e Lando Norris, a cui è saltata parte del fondo e dei bargeboard, con tutto ciò che questo possa comportare in tema di bilanciamento della monoposto. È un peccato che i danni abbiano influenzato la gara e le prestazioni delle due MCL34, in quanto sarebbe stato interessante vedere il loro comportamento in gara su una pista tecnicamente non adatta alla vettura di Woking. La squadra inglese era comunque consapevole delle difficoltà che si sarebbero potute incontrare a Shanghai: “Con la vettura che abbiamo in questo momento, su questa pista le performance non sono le stesse degli scorsi weekend” – aveva commentato Lando Norris a fine qualifica -. “Penso che nelle prime due gare abbiamo fatto molto bene, mentre ora stiamo ottenendo risultati più realistici. Fa sembrare il tutto più una delusione, ma non è fuori dall’ordinario, ce lo aspettavamo. Le altre squadre hanno fatto un lavoro migliore o hanno estratto di più dalle loro vetture rispetto a quando siamo stati in grado di fare noi in questo weekend. Ci dà un po’ fastidio ma non è la fine del mondo.”

Non si è trattato del weekend ideale neanche per la Haas, la quale, proprio come in Bahrain, si è dimostrata competitiva sul giro secco, riuscendo a guadagnare la top ten in entrambe le occasioni, per poi perdersi la domenica sul passo gara. Queste difficoltà, secondo il team principal della squadra americana, sarebbe da ricondurre ad una difficile gestione delle temperature degli pneumatici, un problema che in parte sembra affliggere anche la Ferrari: “È sui circuiti ad alta velocità con lunghi rettilinei e curve low-energy dove non riusciamo a portare le gomme nel giusto range di temperatura. Nei test invernali era freddo, ma a Barcellona si caricano molto le gomme e si ha l’energia giusta per metterle nel giusto range di temperatura e se si riesce a mantenere quel calore, tutto va bene. In Australia eravamo a posto, le temperature erano più alte e tutto è andato al meglio per noi, ma in Bahrain e qui in Cina le cose non hanno funzionato. È una combinazione di tanti fattori, non si può ridurre semplicemente alla dinamica del veicolo. Ma sono sicuro che riusciremo a superare questo problema, abbiamo superato molte difficoltà, basta lavorarci duramente”, ha poi aggiunto Steiner. Quando lavora nel giusto range, la VF19 sembra davvero una buona monoposto, in grado di lottare anche con la Renault per punti pesanti: vedremo come la squadra americana cercherà di risolvere questi problemi nei prossimi weekend.

La gara numero 1000

In Cina la Formula 1 ha festeggiato il suo millesimo Gran Premio, un’occasione speciale per fare un salto indietro nel passato di questo meraviglioso sport e per guardare al futuro, a ciò che ci aspetta, in primis la lotta per il mondiale e i nuovi regolamenti in vista del 2021. Auguri Formula 1 e grazie per tutte le emozioni che ci hai regalato in questi anni!

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