F1 | GP Imola: come Verstappen è riuscito a conquistare la vittoria

Gli elementi che hanno permesso all'olandese di ottenere il primo successo stagionale

F1 | GP Imola: come Verstappen è riuscito a conquistare la vittoria

Dopo il successo sfuggito in Bahrain, la Red Bull era arrivata ad Imola con voglia di riscatto, consapevole di avere dalla sua una vettura che gli consentisse di giocarsi ancora una volta il successo di tappa. Su una pista dalla caratteristiche differenti rispetto a quelle di Sakhir, l’appuntamento italiano rappresentava anche una buona opportunità per avere una visione più chiara dei punti di forza e di debolezza della monoposto di Milton Keynes che, in questo avvio di campionato, si è dimostrata estremamente competitiva come non accadeva da anni. Le qualifiche avevano tuttavia lasciato l’amaro in bocca, in quanto il secondo e il terzo posto non rendevano merito al potenziale che la RB16B aveva mostrato sin dal venerdì. In particolare, il rammarico era soprattutto legato a Max Verstappen, il quale senza l’errore nel corso dell’ultimo tentativo avrebbe potuto puntare alla pole position.

Alla partenza, Verstappen era riuscito ad essere subito incisivo, completando uno scatto che gli aveva permesso di approcciarsi alla seconda curva in lotta per ottenere la testa della corsa. Un rilascio frizione eccellente, che riserva anche delle curiosità. Negli ultimi anni era stato più volte suggerito che la Power Unit Honda non permettesse ai propri team di effettuare una partenza in seconda a causa di alcune motivazioni tecniche: una tesi che era stata in parte avvalorata dal fatto che, proprio in quei Gran Premi dove era presente asfalto bagnato, i piloti della Red Bull e quelli dell’AlphaTauri avevano optato per l’utilizzo della prima marcia, spesso con risultati contrastanti tra loro. Così non è stato ad Imola, dove Verstappen è riuscito ad effettuare la partenza in seconda marcia, in modo da tentare di diminuire il pattinamento degli pneumatici posteriori come fatto da tanti altri piloti. Per quanto non rappresenti il motivo principale dell’ottimo scatto dell’olandese, sicuramente si trattava di uno di quei fattori che poteva aver contribuito. Già nei primi metri, infatti, si poteva apprezzare come dosando alla perfezione l’acceleratore, il pilota della Red Bull fosse riuscito a contenere lo scivolamento del retrotreno, portandosi rapidamente sulla ruota del rivale inglese della Mercedes. Nonostante il poco spazio a disposizione, tanto che Max era stato costretto ad andare con parte degli pneumatici sull’erba, il portacolori del team di Milton Keynes era riuscito ad affiancarsi, ponendosi così in una posizione privilegiata all’interno per affrontare curva due e la successiva chicane. Qualcosa che probabilmente Hamilton non si aspettava perché, andando a visualizzare la sua onboard camera, è possibile notare come nella fase iniziale l’inglese avesse il casco rivolto verso destra, probabilmente per difendersi da Perez alle sue spalle, fattore che non aveva permesso di arginare in tempo Verstappen.

Conscio di poter contare su una traiettoria a lui favorevole, l’olandese aveva agito con grande furbizia ed esperienza, mantenendo una linea pressoché costante a centro curva che portasse il suo rivale della Mercedes verso l’esterno, in modo da costringerlo o ad alzare il piede oppure a finire sui dissuasori. In entrambi i casi, comunque, il pilota di Hasselt avrebbe avuto la meglio e sarebbe riuscito a mantenere la prima posizione. Completato il sorpasso, nello spazio di poche curve Verstappen era riuscito a prendere velocemente un buon margine, ma l’entrata della Safety Car dovuta all’incidente causato nelle retrovie da Latifi non aveva fatto altro che neutralizzare la corsa, azzerando quanto aveva guadagnato fino a quel momento.

Concluso il periodo dietro la vettura di sicurezza, Verstappen aveva un’impresa ardua davanti a sé: scegliere il momento perfetto in cui effettuare la ripartenza, in modo che Hamilton potesse sfruttare il meno possibile la scia per portare un attacco alla prima chicane. Un obiettivo centrato alla perfezione, perché Lewis era sì riuscito ad avvicinarsi, ma non abbastanza per tentare di riprendersi la testa della cosa. Così come era avvenuto ad inizio gara, nello spazio di due giri Verstappen era stato in grado di riguadagnare nuovamente ciò che aveva perso a causa della Safety Car, portando il suo vantaggio a circa cinque secondi. Ma in quale contesto era riuscito a fare la differenza allargando il distacco in maniera così rapida? Diversi sono i fattori che aiutano a rispondere a questa domanda, dalle abilità dell’olandese nel trovare immediatamente un buon passo e una buona confidenza con la vettura anche in situazione di bagnato, fino a quella che sembra una capacità della RB16B di riuscire ad essere più efficace nella fase di riscaldamento degli pneumatici. Andando ad osservare l’onboard e la telemetria, possiamo notare come Max fosse stato più rapido in particolar modo nel secondo settore, dove era riuscito a guadagnare quasi due secondi. Nel primo intertempo, l’essere così vicino nelle curve veloci come quelle della chicane di certo non aveva aiutato Hamilton dal punto di vista aerodinamico, il quale doveva oltretutto fare i conti anche con il problema all’ala anteriore quantificabile dai dati Mercedes intorno ai due/tre decimi. Spostandoci nel secondo settore, tuttavia, è possibile notare come la prima grande differenza fosse riscontrabile in curva 7, dove Verstappen aveva optato per una linea completamente diversa da coloro che si trovavano alle proprie spalle, scegliendo una traiettoria “da bagnato”.

Invece di rimanere sull’interno come Hamilton, il quale doveva anche difendersi da un agguerrito Leclerc, Max aveva deciso di scegliere una linea più larga che permettesse di avere il retrotreno il più dritto possibile in fase di trazione, un fattore che avrebbe aiutato in progressione sul rettilineo successivo. Andando ad osservare la telemetria, è possibile effettivamente notare come il numero 33 fosse stato in grado di mantenere una velocità di percorrenza maggiore, pareggiando così quel gap di in termini di velocità massima più alta di cui Hamilton poteva godere grazie alla scia. Un minimo vantaggio che l’olandese era riuscito ad accrescere in curva nove: come avvenuto in precedenza, il portacolori della Red Bull aveva intrapreso una linea leggermente più larga, senza toccare l’apice, ma soprattutto aveva optato per un utilizzo differenze dell’acceleratore. Se Lewis lo adoperava in maniera più dolce e progressivo, al contrario Verstappen adottava uno stile più aggressivo sia in accelerazione che rilascio, proprio come aveva fatto in quel tratto di pista e anche in curva 12, dove aveva lasciato scorrere la monoposto, mentre Lewis era stato costretto a gestire una perdita di posteriore ed alzare il piede. Differenze che nel terzo settore si assottigliavano, ma in cui era ancora evidente il differente approccio nell’utilizzo dell’acceleratore, in particolar modo alla Rivazza.

Dopo essere riuscito a prendere maggior confidenza con le condizioni del tracciato (utilizzando anche linee più simili a quelle di Verstappen) e a portare in temperatura gli pneumatici, i tempi dell’alfiere della Mercedes si erano allineati a quelli del battistrada, con un distacco tra i due che si era attestato stabilmente tra i cinque e i sei secondi, in attesa di capire quale sarebbe stato il momento ideale per passare agli pneumatici slick. Da questo punto di vista, il muretto Red Bull era intervenuto più volte via radio, chiedendo costanti aggiornamenti sulle condizioni dell’asfalto, ricevendo tuttavia sempre una risposta negativa da parte di Verstappen: la pista si andava asciugando giro dopo giro ma, secondo l’olandese, mai abbastanza per essere sicuri di effettuare il passaggio sugli pneumatici d’asciutto, come confermato anche nel corso del venticinquesimo passaggio. Per questo sarebbe stato fondamentale osservare le mosse degli avversari, in particolare quelle di Sebastian Vettel e Mick Schumacher, i primi a montare le coperture slick e tentare l’azzardo: nonostante qualche difficoltà nella fase di warm-up, i tempi registrati dai due tedeschi evidenziavano come la pista avesse ormai raggiunto il punto di crossover, in particolar modo nel primo e nel terzo settore, dove erano riusciti a segnare anche i propri migliori intertempi. Una scelta molto importante, anche perché lo stesso Verstappen da qualche giro aveva iniziato ad incontrare difficoltà nella gestione degli pneumatici anteriori, ormai al limite della loro vita e, indubbiamente, quelli che avrebbero sofferto maggiormente nel caso l’asfalto fosse andato ulteriormente asciugandosi. Proprio per questo in diverse occasioni si era spinto fuori dalla linea ideale, in modo da raffreddare gli pneumatici e limitarne il degrado, anche se appena messo piede fuori dalla traiettoria di gara si era potuto evidenziare come in quelle zone il tracciato fosse ancora estremamente scivoloso. Ad aggravare la situazione vi era il fatto che in quel momento della corsa, Verstappen avesse già dovuto fare i conti con il traffico, i quali avevano spezzato il ritmo dando l’opportunità ad Hamilton di avvicinarsi pericolosamente, fino a portarsi sotto i due secondi. Per quanto fosse vero che l’olandese fosse in leggera difficoltà con le coperture, era vero che i piloti che aveva incontrato intorno a sé avevano compromesso in maniera chiara il ritmo del pilota di Hasselt.

Arrivati nel corso del trentasettesimo giro, per gli ingegneri del team anglo-austriaco era giunto il momento di decidere come muoversi. Se fino a qualche tornata prima ad aiutarli vi era stato non solo il fatto che Max potesse godere di un buon vantaggio, ma anche che Lewis non avesse abbastanza secondi per fermarsi e rientrare in pista davanti all’altro alfiere della Red Bull, Sergio Perez, quei due fattori erano ormai venuti meno. Hamilton era infatti riuscito a portare il distacco ad un secondo e mezzo, costruendosi oltretutto una pit window sufficiente per tornare in pista dopo il pit stop senza traffico: anche se non fosse riuscito a completare l’undercut, aver avuto un giro in più a disposizione per portare in temperatura gli pneumatici indubbiamente avrebbe potuto fare la differenza, dando così l’opportunità all’inglese di tentare l’attacco nel giro successivo. Chiaramente anche l’overcut avrebbe potuto essere un’opzione percorrebile, il rischio di venire risorpassati successivamente sarebbe stato molto alto. Tenendo a mente tutti questi elementi, la squadra di Milton Keynes aveva deciso di “scavalcare” il feedback del pilota, che fino a quel momento non riteneva ancora la pista del tutto pronta, anticipando la Mercedes e richiamando Verstappen per effettuare il passaggio sugli pneumatici da asciutto, più presisamente su un set a mescola media. Una mossa sottovalutata nel post-gara, ma che probabilmente ha consegnato all’olandese la vittoria del Gran Premio: basti pensare che nel giro d’uscita successivo al pit stop, Hamilton sulla linea del traguardo aveva accumulato un distacco di quasi sei secondi, rispetto ai due che accusava nel momento del rientro in pista, dovuti anche alle difficoltà incontrate dai meccanici Mercedes nel sostituire gli pneumatici nel momento della sosta.

Per quanto il team tedesco avesse reagito il più rapidamente, richiamando Hamilton nel giro successivo, ormai non vi era più alcuna possibilità di tentare qualcosa di differente in termini di strategia e sarebbe stato necessario cercare di spingere per ricucire quel gap che si era ampliato. Un’opportunità che si era creata solo qualche giro più tardi, quando una lunga fila di doppiati aveva costretto entrambi i due battistrada ad alzare il ritmo, ritrovandosi nel traffico. Una chance ma allo stesso tempo una condanna, perché nel tentativo di superare una Williams, Hamilton aveva perso il controllo della vettura, finendo nella ghiaia. Un errore che sembrava aver messo fuori gioco l’inglese dal discorso vittoria, ma che rappresentava anche un sospiro di sollievo per Verstappen, che con oltre trenta secondi di vantaggio su Leclerc avrebbe potuto amministrare la corsa con maggior tranquillità.

Ad interrompere momentaneamente i sogni di gloria era stata la bandiera rossa dovuta all’incidente che aveva visto coinvolti Valtteri Bottas e George Russell, i quali avevano costretto la direzione gara a sospendere la gara per ripulire la pista dai numerosi detriti presenti. Un’interruzione che avrebbe costretto Max a dover ricostruire l’ampio gap che si era fino a quel momento guadagnato, mantenendo un ritmo inarrivabile per tutti ad eccezione di Hamilton, il quale sarebbe tornato in pista ai margini della top ten. Per quanto la Ferrari non avesse mostrato velocità di punta esaltanti nel corso del fine settimana, soprattutto considerando che tra il venerdì e il sabato aveva optato per un assetto più carico che la penalizzava sui rettilinei, riuscire a ridurre al massimo i rischi alla ripartenza sarebbe stato fondamentale. In fase di riscaldamento degli pneumatici, tuttavia, l’olandese aveva commesso quello che sarebbe stato il suo errore più importante dell’intera gara, finendo quasi in testacoda alla Rivazza mentre stava tentando di scaldare gli pneumatici: fortunatamente per il pilota della Red Bull, quella perdita di grip non aveva causato particolari, risultando ininfluente ai fini del risultato finale. Chiaramente si era trattato di un bello spavento, perché avrebbe potuto mettere a rischio tutto il lavoro portato a termine fino a quel momento, ma, a dire il vero, anche se fosse stato sorpassato scaltramente da Leclerc, Verstappen avrebbe avuto l’opportunità di recuperare la posizione prima della Safety Car Line 1 come previsto dal regolamento o, in alternativa, sul rettilineo principale sfruttandone la scia.

Scampato il pericolo, l’obiettivo era quello di difendere la testa della corsa alla successiva ripartenza e, da questo punto di vista, si era potuta apprezzare tutta l’esperienza accumulata dal numero 33 nel corso delle sue stagioni in Formula 1. Max aveva infatti scelto il momento perfetto in cui tornare sull’acceleratore, ritardando il più possibile la ripartenza con continui cambi di direzione utili anche per portare in temperatura le gomme: ciò aveva colto di sorpresa Leclerc, che nel momento in cui aveva tentato di seguirlo aveva accusato un grosso pattinamento degli pneumatici posteriori, perdendo contatto dall’olandese e venendo così sorpassato da Norris, il quale era così passato in seconda posizione. Sfruttando il vantaggio fornito dall’avere coperture più soffici come le soft, nei primi giri dello stint l’inglese della McLaren era riuscito a mantenere un ritmo piuttosto simile a quello del battistrada, seppur a dire il vero non si fosse mai riportato in zona DRS, probabilmente conscio che l’unico effetto sarebbe stato quello di danneggiare gli pneumatici. Sulla lunga distanza, tuttavia, Verstappen aveva poi imposto il proprio passo, guadagnando decimi su decimi, fino ad arrivare a poter disporre di un gap utile per gestire il resto della corsa in sicurezza.

Da quel momento in poi, la corsa del portacolori della Red Bull sarebbe stata tutta in discesa, con il notevole vantaggio di poter anche ricorrere a mappature più conservative fino al termine della gara. Una scelta che all’apparenza poteva sembrare ovvia, ma che portava con sé due importanti benefici: da una parte, la possibilità di salvaguardare l’affidabilità della Power Unit, dall’altra di utilizzare meno carburante, fattore che a sua volta avrebbe garantito la chance di effettuare meno lift and coast sui rettilinei e di mantenere di conseguenza più temperatura negli pneumatici. Sfruttando anche le battaglie alle sue spalle, Verstappen era riuscito costantemente ad incrementare il gap, portandolo fino ai venti secondi, il che gli aveva permesso di passare sul traguardo in tutta tranquillità e di festeggiare una vittoria meritatissima per quanto mostrato in pista. Domenica era importante riuscire a combinare un ottimo passo alla capacità di non commettere errori su una pista che generalmente non perdona, elementi in cui il pilota della Red Bull è stato maestro nonostante qualche piccolo spavento. L’unica pecca è stata forse quella di non essere riuscito ad ottenere il punto aggiuntivo per il giro veloce, che gli avrebbe permesso di conquistare la vetta del mondiale, ma non vi era nulla che si potesse fare contro il vantaggio che il DRS aveva garantito ad Hamilton durante il suo tentativo. Ad ogni modo, per Max e il team anglo-austriaco era importante riuscire a concretizzare il potenziale di una RBB16B che in Bahrain aveva colto meno di quanto avrebbe meritato e dovuto. Il prossimo appuntamento in Portogallo darà l’opportunità di avere un quadro ancora più chiaro di quali siano i punti di forza e di debolezza di questa monoposto, che fino ad ora si è dimostrata una vettura più semplice da guidare e da mettere a punto rispetto alla controparte tedesca, grazie anche ad un retrotreno più stabile e alla sua capacità di portare in temperatura gli pneumatici rapidamente. Il campionato è ancora lungo e i vertici della Red Bull hanno già annunciato che continueranno lo sviluppo della monoposto fino al termine della stagione: la caccia al titolo è ufficialmente aperta.

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