F1 | La “condanna” dei vincenti

E’ solo il binomio Hamilton-Mercedes ad aver stancato o la Formula 1?

F1 | La “condanna” dei vincenti

“Che noia questa Formula 1!”, quante volte lo abbiamo ripetuto negli ultimi anni. Ogni weekend di gara i pronostici non cambiano, sappiamo già chi saranno i vincitori e chi i perdenti. E’ davvero colpa dei piloti o del sistema che va cambiato?

La storia della Formula 1 ci ha narrato le gesta dei piloti più forti di sempre. In questo caso, parliamo di campioni del mondo ma non vanno affatto dimenticati anche i piloti eccezionali che pur non avendo vinto titoli, hanno saputo regalare emozioni, uno fra tutti il compianto Gilles Villeneuve. Dal cinque volte campione del mondo Juan Manuel Fangio, rimasto imbattuto per oltre 40 anni, passando per Alain Prost, Ayrton Senna, Michael Schumacher, Sebastian Vettel e infine Lewis Hamilton… quante volte ogni domenica vinceva sempre lo stesso?

Eppure chissà perché la Formula 1 è diventata noiosa solo con i trionfi dell’inglese e della Mercedes. “The winner takes it all” (il vincitore si prende tutto, ndr) cantavano gli Abba in una famosissima canzone e quindi di fronte ad un pluri campione del mondo che continua a macinare record e vittorie non si può che togliersi il cappello. Sette titoli mondiali, probabilmente otto se deciderà di rinnovare per questa stagione (cosa ormai certa), 95 vittorie, 98 pole position. Ha eguagliato e superato i record dei più grandi, Michael Schumacher e Ayrton Senna. Pluri premiato come personalità e sportivo dell’anno: davvero la Formula 1 ne gioverebbe con un suo ritiro?

Sarebbe come togliere Messi dal Barcellona o la Juventus dalla Serie A per fare un paragone con il calcio oppure Valentino Rossi dalla MotoGP. Che si ami o si odi, è indiscutibile il contributo che ha dato Lewis Hamilton alla Formula 1 e allo sport in generale, non solo per i numeri. Nessuno prima di lui aveva iniziato una vera e propria lotta contro il razzismo, coinvolgendo e trovando appoggio dalla Formula 1, da quel mondo nel quale Lewis si è sempre sentito “estraneo” per via del colore della pelle. Si criticano i suoi look, le sue scelte sull’alimentazione, le sue serate mondane ma intanto quando si tratta di fare sul serio, Sir Lewis indossa il casco e mette tutti a tacere. E perché dunque farne una colpa al britannico se vince sempre, quando lui è il primo a dire che vorrebbe più lotta in pista? E’ veramente colpa sua o di una Formula 1 che ormai è diventata scontata, restia al cambiamento e che si è adagiata sugli allori da troppo tempo?

Il pilota alla fine è l’ultima persona da incolpare: si mette al volante, dà il massimo e se lo fa con una macchina che è un’astronave, buon per lui. I successi si danno spesso e purtroppo per scontati: “Ma si, con quella macchina vincerebbe chiunque”, già ma Rosberg a parte, nessuno è riuscito a fare meglio di Hamilton a parità di macchina. Davvero è bastata una gara per fare di George Russell un fenomeno? E’ vero, il giovane pilota della Williams ha fatto qualcosa di straordinario ma senza il confronto diretto con Hamilton a parità di macchina. Dietro ad una vittoria ci sono anni di sacrifici, di bocconi amari, di porte chiuse e spesso dimentichiamo che non si tratta di una partita a golf. Siamo stati tutti testimoni del drammatico incidente di Romain Grosjean, i piloti si giocano la vita ogni volta, anche solo per un turno di prove libere. Eppure prima di quella domenica in Bahrain quante cattiverie si sono lette verso il francese? Doveva rischiare la vita per guadagnarsi un po’ di rispetto? E’ troppo facile sedersi sul divano e criticare da uno schermo. Se da anni c’è un dominio incontrastato, il merito è esclusivamente dei piloti e della squadra. La colpa piuttosto diamola ai team che invece di investire su tecnici e ingegneri, puntano solo al profitto.

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