Robert Kubica l’eroe: il ritorno in F1 come un film da premio Oscar…

Il pilota polacco s'è messo in testa una idea bellissima, una favola che merita di essere scritta...

Robert Kubica l’eroe: il ritorno in F1 come un film da premio Oscar…

Chissà che un giorno questa storia non diventi un film, una di quelle favole di sport che meritano la trasposizione sul grande schermo. Robert Kubica, polacco dalla parlantina italiana, ragazzo genuino, schietto, simpatico, rimasto in questi anni nel cuore degli appassionati, continua ad avvicinarsi a piccoli passi ad un ritorno che avrebbe un sapore epico.

Chi lo conosce ci ha raccontanto in questi anni di un pilota che ha avuto difficoltà a guardare i GP, tanto era la sofferenza per non poter gareggiare in quella massima categoria dove s’era ritagliato uno spazio da protagonista assoluto. La vittoria nel GP del Canada del 2008 con la BMW, i “numeri” di alta scuola al volante della Renault nel 2010, i podi e le ottime prestazioni, gli avevano fatto guadagnare la fama di corridore veloce e spettacolare, facendolo entrare presto nelle grazie di tifosi e addetti ai lavori, affascinati da uno stile di guida tanto generoso quanto consistente.

Non è un caso che, prima dello sciagurato incidente del 6 febbraio 2011, Robert avesse già preso le misure per una tuta color rosso – leggenda narra che a Maranello ci fosse già una tuta con il suo nome – e che verosimilmente nel 2012 avrebbe affiancato Fernando Alonso al volante della Ferrari.

Il tremendo incidente nel Rally Ronde di Andora aveva spezzato una carriera da predestinato, strappando alla F1 un potenziale campione, con le sofferenze fisiche presto diventate sofferenze interiori, un tratto di malinconia alimentato dall’impossibilità di tornare alla guida di una monoposto di Formula 1 e la passione per le competizioni sfogata tutta nel Rally, arrivando a correre nel WRC.

Ma il richiamo della pista era troppo forte ed è qui che la forza di volontà si sposa con il talento (immenso), che il pilota diventa eroe, trascendendo quelli che sono gli apparenti limiti di un fisico provato da quella sfortunata esperienza di vita. Il tempo è galantuomo, e la pazienza è la virtù dei forti. Kubica, l’italiano di Cracovia, in realtà non aveva mai lasciato la F1, probabilmente non c’è stato giorno, ora, minuto, che non abbia lavorato a quell’Obiettivo, con una determinazione e abnegazione fuori dal comune.

Prima i test al simulatore, poi gli approcci in pista, un discorso ripreso lì dove s’era spezzato, ripartendo da Enstone, ancora la Renault, come se questi sette anni fossero stati una parentesi triste da chiudersi in fretta. Valencia e Paul Ricard, con monoposto di cinque anni fa, giri su giri, con l’impressione netta che quella classe cristallina è rimasta intonsa, pronta ad essere ancora sciorinata e divulgata sulle piste, meritevole di essere ammirata nel suo splendore.

Veloce oggi come allora, tanto da convincere la Renault a passare da una mera suggestione a quello che sembra a tutti gli effetti un programma di rientro. La partecipazione ai test collettivi dei primi di agosto all’Hungaroring, con la vettura 2017, è la controprova che Robert fa sul serio, accigendosi per ora a riassaggiare l’asfalto ancora rovente all’indomani di un GP iridato, a rientrare dalla porta principale in F1, respirando a pieni polmoni tutti i “profumi” della pista, dall’olio bruciato alle gomme che si attaccano come colla ad un asfalto tanto caldo da sembrare magma.

Sacrifici, umanità, volontà; c’è tutto questo nello spazio angusto del tanto agognato abitacolo. Kubica a Budapest proverà la Renault, ma la Renault testerà Robert, per valutare l’ipotesi di un ingaggio che a questo punto potrebbe avvenire da un momento all’altro, anche a sorpresa, come nel migliore dei film, appunto.

Antonino Rendina


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