Michael Schumacher Story: “L’uomo dietro al casco”

Ad Interlagos, il 7 volte campione del mondo ha concluso la sua carriera in F1

7 titoli mondiali vinti, il maggior numero di GP vinti, record di Pole Position, di giri veloci, di Hat Trick e di punti in carriera, queste sono solo alcuni dei trofei che Michael Schumacher può vantare nella sua personale bacheca. Ma a volte ci dimentichiamo che queste cifre sono fatte da un uomo, ognuno presenta il proprio carattere e quello del Kaiser è sicuramente uno fra i più combattivi della storia dell’automobilismo sin da quando era bambino.

Michael nasce a Hermüleim il 3 gennaio 1969 da famiglia di modeste condizioni sociali viene subito spinto insieme al fratello Ralf dal padre Rolf nell’impetuoso mondo delle corse, essendo proprietario di un kartodromo, il quale molto curiosamente venne fatto costruire per volere della famiglia Von Trips al fine di onorare il figlio prematuramente scomparso nel 1961 a Monza. Finiti gli studi presso l’istituto tecnico il ragazzino dimostra di avere stoffa vincendo un campionato junior in Germania nel 1985 ed il campionato europeo in Svezia, dopodiché passa alla Formula Ford nel 1988 attirando l’attenzione di Willi Weber che lo ingaggia per ben tre anni in Formula 3. Qui ottiene buoni risultati combattendo aspramente contro un altro giovane pilota: un finlandese di nome Mika Hakkinen. Agli occhi di tutti appare come un grande combattente per la grinta che mette in ogni singolo chilometro percorso con il suo mezzo, che Michael impara sempre più a conoscere, apprezzare ed analizzare, contribuendo così ad aiutare i proprio ingegneri nello sviluppo e nella messa a punto in ogni occasione: un grande trampolino di lancio per la massima categoria, pronto a coglierlo a braccia aperte, ma prima di entrarvi partecipa al mondiale prototipi e alla 24 ore di Le Mans, piazzandosi 5° al termine, è il 1990.
1991, l’anno dell’approdo nella massima seria. Bertrand Gachot è pilota ufficiale alla Jordan ma viene arrestato poco prima del Gran Premio del Belgio a causa di una lite con un tassista. Che fare quindi? Il proprietario della scuderia Eddie Jordan si mette subito alla ricerca di un sostituto e le sue attenzioni cadono su Michael, un ragazzo di appena 22 anni ma con una certa fama a circondarlo: perché non provarci pensa Eddie. Al ragazzo viene fatta provare la monoposto a Silverstone con risultati soddisfacenti ed ottiene il sedile, affiancato dall’italiano Andrea De Cesaris. A Spa – Francorchamps è settimo in qualifica ed in gara parte subito veloce, tuttavia deve ritirarsi a causa di un guasto meccanico. Ciò nonostante il giovane attira l’attenzione di molti ed in particolare di Flavio Briatore, il quale riuscirà a portalo in Benetton l’anno successivo andando a prendere un posto piuttosto importante, ossia quello di Nelson Piquet e proprio in questa stagione centra il primo posto al tracciato che lo ha visto debuttare soltanto un anno prima, il Belgio. La seconda vittoria arriverà l’anno dopo sul circuito dell’Estoril, in Portogallo, con un settimo posto finale nella graduatoria piloti. Ma è il 1994 il vero anno della consacrazione di Michael: dopo il tragico incidente e la morte di Senna ad Imola resta soltanto Damon Hill come diretto rivale del pilota tedesco: la sfida è accesissima e tra errori del pilota della Benetton seguiti da clamorose vittorie il finale si decide sul circuito di Adelaide, un solo punto divide i contendenti al trono. La gara si monopolizza sui due piloti sin dall’inizio e così procede finché Schumacher commette un banale errore lasciando spazio all’avversario che tenta il sorpasso interno ma viene bruscamente chiuso, facendo così scaturire un contatto tra i due che vede uscire di scena il tedesco, tuttavia anche l’inglese dopo pochi giri si ritirerà per una rottura al braccetto della sospensione. Primo titolo piloti e grande felicità; solo recentemente durante un’intervista Michael ha dichiarato che la sua mossa fu volontaria e che a pensarci ci ride ancora sopra. Probabilmente Damon avrebbe qualcosa da dire a riguardo. Il 1995 vede una replica dell’anno precedente con l’aggiunta del titolo costruttori alla Benetton ed uno smarrito Damon Hill alternarsi tra eccellenti vittorie ed errori alquanto inspiegabili. A metà stagione però si sapeva già su quale monoposto il Kaiser si sarebbe seduto ma si cercava di zittire le voci di corridoio sempre più insistenti: poi tali divennero realtà e Michael passò alla Ferrari, allora in crisi di risultati da lungo tempo.

I primi test sulla F310 non entusiasmarono per niente il pilota che in breve tempo fece giungere un amico fidato per costruire insieme, ancora una volta, un grande progetto: si trattava di Ross Brawn. Insomma, il 1996 è soltanto il preludio a quasi 10 anni di grandi successi in cui si avvia uno sviluppo dell’intero reparto corse modenese; arrivano i primi due risultati, uno dei quali al tempio della velocità di Monza in cui il popolo ferrarista gioisce dando un’iniezione di fiducia al team e grande fiducia al pilota, il quale però non è affatto contento dati i risultati complessivi: parecchi ritiri e soli 59 punti a fine campionato con lo stradominio delle Williams. L’anno successivo il peso sulle sue spalle è maggiore e lui lo sa, non tradendo le aspettative fino al GP d’Europa tenutosi a Jerez de la Frontera in cui urta Jacques Villenueve ed esce clamorosamente andando così a finire sulla sabbia. Sarà per lui una cicatrice profonda, che egli stesso ricorda come “L’errore più grande della mia vita”, la FIA declasserà tutti i suoi punti facendogli perdere anche il secondo posto nel mondiale piloti. Ferito ma non abbattuto, il leone torna a ruggire e vede intense lotte con una vecchia conoscenza, il finlandese Hakkinen, che rimane ancora oggi il più duro rivale che Schumacher ricordi, citandolo come raro esempio di avversario serio e leale con il quale ha condiviso molti momenti della sua carriera automobilistica. Sarà proprio lui a soffiargli il titolo del 1999 dopo l’incidente del tedesco in Gran Bretagna con la frattura di una gamba e lo stop forzato. Sarà anche accusato di non aver aiutato il proprio compagno Eddie Irvine per far sì che potesse vincere il mondiale quando ancora ne aveva l’occasione. C’è bisogno di una ventata d’aria fresca che riporti il pilota ad essere di nuovo il giovane promettente di inizio anni 90 e più probabilmente ad essere semplicemente sé stesso, un vero vincente.
Nuovo millennio, nuova storia. Come uno scrittore che comincia il proprio best seller, Michael Schumacher scrive 5 incredibili capitoli tutti d’un fiato mostrando le sue vere capacità e quelle della sua monoposto: 2000, 2001, 2002, 2003, 2004. Ed in tutto quel tempo si diverte e fa divertire il Suo pubblico, ingaggia molti altri duelli con avversari del calibro di Coulthard e Raikkonen e trova un valido appoggio nel brasiliano Rubens Barrichello. L’ultimo mondiale lo chiuderà in anticipo il 29 agosto a Spa mentre ad Atene si celebrava l’ultima giornata delle Olimpiadi, come si fosse chiuso un circolo incredibile. È felicemente sposato con Corinna ed ha due figli, Gina Maria e Michael Jr. fuori dalle piste è considerato presuntuoso ed arrogante da alcuni, socievole da altri ma sicuramente sereno è l’aggettivo che più potrebbe descriverlo. Nei due anni successivi vedremo l’ascesa di un nuovo astro: Fernando Alonso, che comunque non troverà la strada spianata e dovrà vedersela a più riprese con Michael nel corso delle due stagioni; dopo Monza il tedesco decide di ufficializzare il suo ritiro dal mondo delle corse a fine stagione, non prima di aver regalato gli ultimi brividi ad Interlagos giungendo quarto. Si pensa andrà finalmente a godersi il meritato riposo che gli spetta, ma si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Quasi a sorpresa torna nel 2010 a bordo della Mercedes, i punti interrogativi sul suo ritorno sono tanti e le incertezze vengono confermate: i risultati non sono incoraggianti e forse Michael, adesso un po’ stanco e più sapiente, ha deciso di dire addio al mondo della Formula Uno come pilota. Ciononostante non ha mai smesso di lottare qualunque fosse la sua posizione, l’avversario e le avversità, come nel lontano 1992 quando ebbe una discussione con Senna, il quale gli disse chiaramente:“Non puoi fare quello che vuoi Qui”. Forse anche l’arroganza del campione è stato ciò che ha aiutato il pilota a dimostrare la sua valenza in ogni occasione e anche se ha sbagliato molte volte gli va riconosciuto l’onore delle sue vittorie, la grinta e la passione messa in ogni particolare: se ci può essere una lezione da imparare è quella di non demordere mai ma di mettercela tutta in ciò che si fa, quindi grazie Michael per aver fatto gioire varie generazioni di appassionati, certi che le tue imprese verranno ricordate anche in futuro, perché dietro a quel casco rosso c’è un cuore che batte forte come un motore, perché i sogni non hanno età.

Andrea Villa

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