F1: La fortuna come giustificazione delle vittorie

F1: La fortuna come giustificazione delle vittorie

Negli ultimi anni dilaga una nuova tendenza tra il tifo della F1. Quella, cioè, del Mondiale vinto per ‘Fortuna’.

Cosa si intende per Fortuna? In primis, avere a disposizione la migliore macchina del lotto. Successivamente, disporre di eventi e condizioni favorevoli per far sì che le vittorie arrivino con maggior agevolazione.

Sebastian Vettel è, per molti, il Lucky-man degli ultimi due anni. E lo sarà probabilmente fino a quando vincerà gare a ripetizione.

La foto di copertina ritrae la bandiera rossa con la quale, di fatto, si sono chiusi i giochi domenica a Montecarlo. Perchè, con un regolamento che permette di cambiare le gomme in ripartenza (scelta molto discutibile), è stato più facile per Sebastian tenere a bada Alonso e Button negli ultimi 5 giri. Sarebbe stato superato in condizioni normali? Molti sono convinti di sì. Noi, visto che nei 15/20 giri precedenti non era successo nulla, rimaniamo quanto meno con un dubbio, visto che non disponiamo di alcuna sfera di cristallo.

Tornando a noi, il concetto della fortuna merita una riflessione.
Ne avevamo parlato già tempo fa. Quella di non rispettare chi vince è una cultura che sta prendendo piede da qualche tempo, e vista la superficialità porta con sè i contorni dell’invidia. Nata, principalmente, con il dominio Ferrari dei primi anni 2000.

Il Mondiale 2010, pertanto, pare essere stato un dono, una passeggiata, anche se molti non ricordano (o non vogliono ricordare) le decine di punti persi per noie tecniche sulla Red Bull di Vettel (Bahrain, Australia, Barcellona, Korea, etc). Tanti da far arrivare Seb ad Abu Dhabi al terzo posto nel Mondiale, prima della vittoria finale. Ma tant’è, il detto è ormai che ‘la Red Bull ha ammazzato il Campionato e Vettel non ha fatto nulla di più che portarla al traguardo’.

Punti di vista? Allora, per puro gusto, proviamo ad estendere il ragionamento della Dea Bendata agli anni precedenti.

Prendiamo, per esempio, i tempi delle super Williams-Renault, con le quali Mansell (1992), Prost (1993), Hill (1996) e Villeneuve (1997) hanno vinto i loro Mondiali apparentemente senza troppi patemi (a parte per Jacques con Schumacher a Jerez). Se si parla di macchine formidabili, dovremmo allora rivalutare questi piloti. O no?

La stessa fortuna toccata poi a Schumacher nel 1994, con una Benetton irregolare (ma quattro gare in meno disputate), e nel 1995, con una vettura potenziata dall’adozione del motore Renault (lo stesso della Williams) al posto del Ford. Una fortuna sfacciata.

Nel 1998 e 1999, il dominio è targato Mclaren con Mika Hakkinen. Due astronavi. Mondiali vinti all’ultimo, però. Come mai?

Gli anni 2000 invece hanno visto il quinquennio Rosso come protagonista della scena. Ed è qui che è nato il vero mito della Fortuna, quella di avere (Schumi) una super Ferrari con la quale poteva correre bevendo il caffè. Anche qui, si fa di tutta l’erba un fascio senza ricordare che i Mondiali 2000 e 2003 non sono stati vinti proprio all’acqua di rose.

Se passiamo al 2005, ecco che il fortunato di turno diventa Fernando Alonso al volante della Renault. Motivazione: vincere grazie ai motori Mercedes che, sulla Mclaren di Raikkonen, andavano a fuoco anche a monoposto spenta. Il 2006? Vinto unicamente per il propulsore di Schumacher in fumo a Suzuka. Quello arrosto a Monza dello spagnolo, invece, non conta.

Il 2007? Della serie ‘tra i due litiganti (Alonso e Hamilton) il terzo gode (Raikkonen). Fortuna sfacciata. Una compensazione per Kimi, lo sfigato per eccellenza della F1, come qualcuno diceva.

Del 2008 ricorderemo a vita l’ultima curva di Interlagos. Massa che passa il traguardo da Campione del Mondo, per ritrovarsi secondo dopo qualche istante. Voci di complotti, Glock insultato giorni interi per aver fatto passare Hamilton. Fortuna, solo fortuna. Che Lewis abbia vinto il titolo al secondo anno in F1 è ovviamente solo frutto della Dea Bendata. Certo.

E qui arriviamo al ‘Paracarro’ Button e il doppio fondo Brawn 2009. Vero, ok (il doppio fondo, anche se la FIA lo fece passare come regolare). Ma secondo in classifica non è arrivato Barrichello. Se questa macchina era così forte (6 gare su 7 portate a casa da Jenson ad inizio Mondiale), Rubens sarebbe dovuto arrivare vicino al compagno, in classifica. Chi è arrivato secondo? Un certo Sebastian Vettel, con la Red Bull che ancora non era definita un aereo (perchè, ancora, non vinceva)

Cosa otteniamo da tutto questo? Che, se vogliamo parlare di queste annate dal punto di vista della fortuna di avere una vettura vincente, praticamente quasi tutti i Mondiali sono illegittimi, falsati, fortunati. E che quindi i vari Prost, Mansell, Schumacher e compagnia bella hanno vinto solo grazie al mezzo meccanico. Ma insomma, parliamoci chiaro. Si può vivere così, cercando in ogni annata il colpo di fortuna e cimentandosi in qualsiasi appiglio pur di screditare chi ha vinto?

Se vogliamo parlare di fortuna e porre la questione sotto questi termini si proceda, e così possiamo quindi sequestrare ai vincitori quasi tutti i Mondiali degli ultimi 20 anni, se non proprio tutti. Ma cosa succederebbe? Si direbbe lo stesso dei secondi arrivati, ipotetici nuovi Campioni. Pertanto, forse è meglio che ci si metta il cuore in pace e si riconosca il merito della vittoria. Che c’è, in tutte le occasioni. Prima di tutto perchè in F1 non si vince senza una vettura competitiva (non siamo in un monomarca), e poi perchè questa, per quanto possa essere forte, deve comunque essere condotta in pista, e chi pensa che ‘anche delle scimmie potrebbero guidare queste F1’, dovrebbe ricordarsi di chi questa perla l’ha proferita. Un certo Niki Lauda, che per dimostrare la veridicità della sua affermazione su una F1 dei nostri tempi è salito, per girarsi in tempo zero e ingoiare il rospo.

Oltretutto, ricercare le classifiche Mondiali degli ultimi anni sarebbe utile per verificare che non sempre il compagno di squadra di chi ha vinto il mondiale XXXX è arrivato secondo in classifica. Segno che l’abito (la macchina) non fa il monaco (il Campione) se questo non è capace di fare il suo lavoro.

La conclusione di tutto questo, purtroppo, è che ultimamente sta venendo a mancare completamente la cultura della sconfitta. Pur di non ammettere la superiorità di chi vince, si preferisce screditare l’avversario, sminuendone i risultati e riconducendoli unicamente ad ‘episodi’, ‘fortuna’, ‘auto palesemente superiore’. Ci stiamo avvicinando, anche se speriamo questa sia solo una brutta impressione, alla parte peggiore del tifo calcistico. Ed è davvero un peccato.

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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