F1 | GP d’Ungheria: l’analisi delle qualifiche

Analizziamo i temi più importanti delle qualifiche del terzo appuntamento del mondiale

F1 | GP d’Ungheria: l’analisi delle qualifiche

Cambia la pista, ma non il risultato. Sul circuito dell’Hungaroring, la Mercedes si è dimostrata ancora una volta la monoposto da battere sul giro secco, conquistando per la sessantacinquesima volta l’intera prima fila.

A centrare la pole position è stato Lewis Hamilton, autore nell’ultimo tentativo di un tempo inarrivabile per tutti gli avversari, incluso il compagno di squadra, Valtteri Bottas, distante tuttavia solamente un decimo. Alle loro spalle si è piazzata una sorprendete Racing Point che, su una pista da alto carico, ha mostrato le qualità della propria monoposto, conquistando l’intera seconda fila grazie al terzo tempo di Lance Stroll e al quarto di Sergio Perez, nonostante quest’ultimo non fosse nelle migliori condizioni fisiche. Le vetture schierate nelle prime due file, inoltre, prenderanno il via della gara di domani su pneumatici a mescola media, il che potrebbe rivelarsi una mossa molto importante in chiave strategica, meteo permettendo.

Quinta posizione per Sebastian Vettel, il quale precede per pochi cetensimi il suo compagno di squadra Charles Leclerc. Su un circuito ad alto carico e che presenta pochi rettilinei, la SF1000 sembra essersi trovata maggiormente a proprio agio rispetto al Red Bull Ring, riuscendo così finalmente a portare entrambe le vetture in Q3. Qualifiche deludenti per la Red Bull, non capace di andare oltre il settimo posto con Max Verstappen e il tredicesimo con Alex Albon, eliminato nella seconda fase: alla base di questo risultato piuttosto negativo ci sarebbero problemi di bilanciamento e degli strani comportamenti della vettura, che non avrebbe reagito come si aspettavano gli ingegneri. Ciò si aggiunge alle difficoltà incontrate dal team di Chris Horner, che ha dovuto accantonare momentaneamente gli ultimi aggiornamenti a causa dei riscontri non in linea con le proprie simulazioni. Al fianco dell’olandese partirà Lando Norris, mentre a concludere la top ten saranno Carlos Sainz Jr. e Pierre Gasly, il quale non ha avuto l’opportunità di girare in Q3 a causa di un problema sulla sua Power Unit, la quale verrà sostituita prima della corsa.

Fuori dai primi dieci entrambe le Renault, che nella seconda fase della sessione avevano provato una doppia strategia, provando prima a qualificarsi sulla media, per poi passare alla soft nel secondo tentativo: niente di tutto ciò è servito, perché Daniel Ricciardo ha mancato il Q3 per oltre un decimo, mentre Esteban Ocon sarà costretto a partire dalla quattordicesima casella, anche se ciò gli darà la possibilità di avere più libertà sulle strategie. Giornata indubbiamente positiva per la Williams, per la prima volta con entrambe le vetture nel Q2 dal 2018, grazie al dodicesimo tempo di George Russell, ancora una volta protagonista in qualifica dopo le buone prestazioni in Austria, e alla quindecima posizione di Nicholas Latifi.

Più deludente la qualifica delle altre due squadre motorizzate Ferrari, Haas e Alfa Romeo, che occupano le ultime file della griglia, divise da Daniil Kvyat che non è riuscito a trovare la giusta confidenza con la monoposto e a far funzionare nel migliore dei modi le gomme.

Q1: I motorizzati Ferrari in difficoltà

La minaccia della pioggia, con un rischio del 90% per le qualifiche, aveva spinto tutte le squadre a scendere rapidamente in pista, in modo da ottenere subito un tempo valido fino a quando la pista sarebbe rimasta sicuramente asciutta. Solo un team aveva scelto un approccio diverso, la Renault, che al contrario aveva aspettato quasi tre minuti per unirsi al gruppo e tentare un giro veloce.

Proprio per questo, nella prima fase della Q1 molte squadre avevano deciso di rimanere il più a lungo possibile in pista, sfruttando lo stesso set di pneumatici, alternando giri più spinti a passaggi di cooldown, dove far riposare le gomme prima di lanciarsi nuovamente. Una strategia che trovava la sua espressione ancor più estrema in quanto fatto dall’Alfa Romeo, che ad inizio sessione aveva imbarcato a bordo abbastanza carburante per effettuare tutta la Q1 senza dover tornare nel garage per fare rifornimento, il che naturalmente sarebbe potuto costare tempo prezioso in condizioni in rapido mutamento, soprattutto in caso il tempo per sfruttare la pista nelle migliori condizioni fosse stato limitato. Proprio per questo, i piloti della squadra italo-svizzera continuavano ad accumulare giri su giri, ritornando ai box solo per sostituire gli pneumatici ma senza rifornire, esattamente come si vede in gara: ciò vuol dire che il quantitativo di benzina a bordo delle due vetture era abbastanza alto, il che può costare molto in termini di tempo sul giro.

Alla fine del primo tentativo, la lotta per le posizioni di vertice non aveva riservato particolare sorprese, con le due Mercedes davanti a tutti. Nelle retrovie, invece, era ancora tutto da delineare, perché se è pur vero che le due Alfa Romeo e le due Haas sembravano in grande difficoltà, la lotta per evitare l’esclusione era ancora viva, con diversi piloti a rischio, tra cui le Williams, Alex Albon e Daniil Kvyat. La grande evoluzione della pista che si era riscontrata con il passare dei minuti, aveva spinto anche piloti che sulla carta sembravano sicuri a tornare nuovamente in pista, rendendo particolarmente affollata la pista e difficile riuscire a trovare il giusto spiraglio per riscaldare al meglio gli pneumatici e completare il proprio giro senza trovare troppe vetture da superare. Uno degli ultimi a tornare in pista era stato Max Verstappen, che poco prima di completare il proprio ultimi giro, era proprio solamente una posizione sopra la zona esclusione.

A trovare l’esclusione alla fine della Q1 erano stati Kevin Magnussen, Daniil Kvyat, Romain Grosjean, Antonio Giovinazzi e Kimi Raikkonen. Il danese della Haas aveva molto da recriminare, visto che aveva mancato la qualificazione alla fase successiva per meno di cinquanta millesimi nei confronti di Nicholas Latifi, quindicesimo alla bandiera a scacchi. Una notizia positiva, invece, per la Williams, che così era riuscita a portare per la prima volta da due anni a questa parte entrambe le vetture nel Q2, grazie anche all’ottimo nono tempo fatto registrare da George Russell. Il traffico degli ultimi giri aveva complicato notevolmente anche il lavoro di Romain Grosjean, il quale non era riuscito a mandare le proprie gomme nel giusto range di temperatura a causa della lunga serie di vetture in attesa di incominciare l’ultimo tentativo: avendo pneumatici così freddi all’inizio del giro, risultava difficile non commettere errori, quindi non deve sorprendere il bloccaggio del francese in curva 1, che aveva così visto sfumare le ultime speranze. Con un pizzico di sfortuna in più magari il pilota transalpino avrebbe potuto giocarsi le sue possibilità per un passaggio in Q2, ma su una pista come l’Hungaroring queste cose possono accadere.

Si è trattata di una giornata negativa per Daniil Kvyat, lontano dal proprio compagno da squadra ma, soprattutto, mai davvero nel ritmo per riuscire a puntare ad un risultato in qualifica di livello. Il russo della AlphaTauri ha spiegato questa prestazione deludente trovando le cause nelle difficoltà nel trovare un buon set-up e nel far funzionare al meglio le gomme, in particolare su una pista fredda come quella vista sabato: “È stato un weekend difficile per noi fino ad ora, non riuscivo a sentire bene la macchina. Abbiamo faticato a trovare il giusto set–up e il corretto bilanciamento, quindi non siamo riusciti a far lavorare bene le gomme. Dovremo lavorare molto con i miei ingegneri per trovare in quale direzione andare. Tuttavia, se sul giro singolo è più complicato, generalmente in gara sono in grado di tirare fuori il meglio.”

Peggio è andata all’Alfa Romeo, la quale domani occuperà l’ultima fila dello schieramento con entrambe le monoposto. Già in Austria si erano denotate tutte le difficoltà in cui vergeva la squadra italo-svizzera, sia sui rettilinei che in curva, per cui non deve sorprendere che su una pista da alto carico la C39 possa soffrire in modo evidente e non dare il meglio di sé. Indubbiamente la strategia scelta dal team, rimanendo in pista per tutta la prima fase della qualifica con un quantitativo di carburante consistente non ha aiutato, ma al momento la vettura non riesce a dare il giusto supporto ai propri piloti. Da segnalare che Antonio Giovinazzi era stato anche vittima di un impedimento nelle prime fasi da parte di Carlos Sainz Jr., per cui, nonostante fosse stato evidente la responsabilità e il danneggiamento nei confronti dell’italiano, il pilota spagnolo non è stato punito a causa dei pochi riferimenti a sua disposizione per evitare l’episodio.

Q2: Mercedes e Racing Point scelgono la media

La seconda manche delle qualifiche era iniziata subito in linea con quanto ci si aspettava: dato l’ampio vantaggio su cui poteva contare, gli ingegneri della Mercedes aveva deciso di mandare in pista i propri piloti sulla gomma media, in modo da ottenere un vantaggio strategico in vista della gara di domenica in caso di passaggio del turno. Data la manifesta superiorità della W11 sulla concorrenza, non si è trattata di una sfida particolarmente complicata, ma la vera sorpresa era stata la decisione della Racing Point e della Renault di seguire la stessa tattica: una scelta particolarmente azzardata, in particolar modo per la squadra francese che non si era mostrata particolarmente rapida durante il fine settimana, per quanto il delta tra le due mescole sulla carta non fosse eccessivamente ampio. Nonostante ciò, dopo il primo tentativo la situazione per le due squadre dava speranza: Perez, Stroll e Ricciardo avevano ottenuto un tempo che li aveva messi momentaneamente in corsa per la top ten, mentre Ocon non era riuscito ad unirsi al gruppo a causa di un bloccaggio in curva 1 che gli aveva fatto perdere il ritmo nel primo settore. Tuttavia, se la situazione delle due Racing Point sembrava più tranquilla, potendo contare un vantaggio tra i tre e i quattro decimi sulla zona eliminazione, lo stesso non si poteva dire per l’australiano della Renault, dentro per soldi 14 millesimi, tra l’altro su un Leclerc che era stato autore di un visto controllo nel corso del suo giro che gli era costato diversi decimi. Tra i piloti a rischio, oltre al Ferrarista, figuravano anche le due Williams, con Russell che tuttavia non era particolarmente distante da una decima posizione tanto bella quanto inaspettata.

Inizia così il secondo tentativo, in cui, convinta del proprio potenziale e della possibilità dei due alfieri di migliorarsi, la Racing Point aveva deciso di mandare nuovamente in pista i propri piloti sulla gomma media. Una scelta non semplice, di cui gli ingegneri avevano parlato a lungo nel corso della pausa tra il primo e il secondo run con Perez e Stroll, i quali avevano confermato di aver ancora qualcosa nel taschino. Al contrario, la Renault aveva optato per rimandare in pista Ricciardo e Ocon con un nuovo set di gomme soft, sperando di riuscirsi a qualificare per l’ultima fase della qualifica.

Tuttavia, alla bandiera a scacchi, non molto era cambiato, se non per il presumibile recupero di Charles Leclerc, il quale era riuscito a completare nel secondo tentativo un giro pulito e a risalire posizioni qualificandosi per il Q3. Tra gli esclusi del Q2 quindi figuravano Ricciardo, Russell, Albon, Ocon e Latifi, tutti molto vicini, se non per quest’ultimo che aveva deciso di abortire anticipatamente il proprio giro a causa delle difficoltà incontrate nel mandare in temperatura gli pneumatici nel giro di preparazione. Discorso molto simile anche per Albon, che si trovava proprio dietro a Latifi prima di incominciare il suo ultimo e decisivo run: la mancanza di temperatura nelle gomme anteriori, dovuta ad un ultimo settore nel giro di lancio particolarmente lento per liberarsi del traffico, aveva influito in modo importante sulle prestazioni del pilota anglo-tailandese, tanto che in curva 1 era arrivato anche al bloccaggio finendo lungo e perdendo preziosi centesimi di secondo. Per quanto le prestazioni del pilota della Red Bull non siano state convincenti per tutto il weekend, è anche vero che le scelte strategiche del muretto non abbiano aiutato il proprio pilota, in particolar modo nel momento in cui lo stesso Albon aveva chiesto più volte di metterlo in una posizione tale da poter preparare e completare un giro senza traffico. Essere l’ultimo del gruppo, soprattutto in un tracciato lento e tortuoso come l’Hungaroring, non è stato un vantaggio, piuttosto la sua condanna, tanto da metterlo anche alle spalle di Russell in griglia per la gara di domenica.

Lato Williams, i tecnici della squadra di Grove iniziano finalmente a vedere la luce e non solo per il dodicesimo posto di George Russell. Dopo le buone prestazioni dell’Austria, essere riusciti a portare entrambe le vetture in Q2 rappresenta un ottimo punto di partenza, soprattutto se si considerano le ragioni per cui è sfuggita una Q3 che poteva sembrare alla portata: a causa del rischio pioggia, infatti, il pilota inglese era stato il primo ad uscire, tornando in pista anche con un certo anticipo sui diretti rivali: ciò lo aveva portato ad incontrare un po’ di traffico da parte di quelli che a loro volta si stavano ancora lanciando, perdendo probabilmente qualcosa in termini cronometrici che, al contrario, avrebbe potuto rivelarsi fondamentale. Chiaramente qualcosa in termini di strategia e nell’utilizzo delle mappature motore poteva essere rivisto e gestito meglio, ma essere lì in lotta per un posto che solo un anno fa sembrava utopia, anche con Latifi che sulla sua monoposto non gode degli ultimi aggiornamenti meccanici, è un grosso passo in avanti che può far guardare con fiducia al futuro.

Q3: Prova di forza

La terza e ultima manche di qualifica ci ha regalato ancora una volta una Mercedes davanti a tutti, capace di imporre il suo dominio in maniera ancora più netta rispetto ai due appuntamenti dell’Austria. Su un circuito che prevede tante curve lente e a medio-velocità, la W11 si è dimostrata estremamente stabile e ben bilanciata, costringendo i propri piloti a pochissime correzioni. Ad aggiudicarsi la pole position è stato Lewis Hamilton, ma quali sono stati i punti in cui l’inglese è riuscito a trovare il vantaggio necessario per concludere davanti al compagno di squadra di oltre un decimo?

La prima differenza tra i due piloti della Stella è osservabile nell’impostazione e nella percorrenza di curva 1. Durante la gara di Formula 3, andata in scena poche ore prima dell’inizio delle qualifiche, una vettura aveva perso dell’olio, inondando curva 1 e curva 2 proprio nelle zone di frenata, tanto che ciò aveva spinto i piloti della categoria propedeutica ad evitare di frenare sulla linea tradizionale, scegliendo invece una traiettoria più interna, nonostante in realtà i commissari di pista avessero buttato del filler in modo da assorbire la perdita. Osservando le immagini (Hamilton a sinistra, Bottas a destra) è possibile notare come Hamilton nell’impostazione di curva 1 avesse in parte sacrificato la pura velocità d’ingresso, cercando di frenare con la monoposto il più dritta possibile, al contrario del finlandese, che nel momento della frenata aveva già scelto una traiettoria più interna e con un angolo di volante più pronunciato: a ciò si aggiunge il fatto che nello scalare le marce, Bottas abbia scelto un approccio aggressivo, ritardando il passaggio alla terza. Tutto ciò, se è pur vero che si è tramutato in una velocità d’ingresso maggiore, ha portato il numero 77 a dover fare i conti con il sottosterzo a centro curva, come visibile dal tanto angolo volante dato per chiudere la curva, al contrario del compagno di squadra, molto più scorrevole. Ciò è apprezzabile anche in uscita curva, dove a parità di angolo volante, si può notare come Bottas sia molto più esterno oltre il cordolo, su una zona d’asfalto che fornisce minor grip, sempre al contrario del compagno di casacca che invece aveva mantenuto una linea più tradizionale e proficua.

La seconda importante differenza è riscontrabile nella percorrenza di curva 2, quasi simile ad un tornantino, dove è importante riuscire a trovare il giusto compromesso in uscita tra lo sfruttare al massimo il cordolo esterno e restare più interni. Sfruttando troppo il cordolo esterno, il rischio è quello di non riuscire ad avere una vettura pronta e reattiva per il rapido cambio di direzione in curva 3, dove i piloti devono necessariamente prenderla flat out al fine di non perdere tempo sul breve rettilineo successivo. Da questo punto di vista, Bottas aveva scelto una linea molto più aggressiva, lasciando scorrere la sua vettura in percorrenza per sfruttare al massimo il cordolo esterno di curva 2 senza tuttavia sacrificare la velocità in curva 3, segno che la W11 in questo caso gli aveva fornito il massimo supporto. Ciò gli aveva inoltre consentito di recuperare qualche centesimo sul compagno di squadra, che al contrario aveva scelto una linea più interna, portando il distacco sul primo rilievo cronometrico a soli 17 millesimi, un’inezia.

Anche nel secondo settore, i due hanno mantenuto tempi molto vicini in cui, effettivamente, non si sono ravvisate grosse differenze sia nella scelta delle linee che in termini di correzioni, se non per curva e curva 6. Osservando i due onboard, è stato possibile apprezzare come nella percorrenza di curva 5, i piloti della casa tedesca abbiano scelto approcci diversi: anche in questo caso Bottas aveva optato per portare maggior velocità in ingresso, con il risultato di trovarsi con tanto sottosterzo in percorrenza, mentre, al contrario, Hamilton aveva scelto un avvicinamento meno aggressivo, riuscendo così ad aprire leggermente il volante a centro curva per avere un’uscita più scorrevole. Ciò è visibile anche dall’uscita proprio di curva 5, dove Bottas aveva sfruttato al massimo la zona più esterna oltre il cordolo, rischiando di finire anche contro il sistema di contenimento, mentre il sei volte campione del mondo era riuscito a mantenere una linea più interna, fondamentale nell’impostazione della chicane, dove i piloti cercano di far tornare la vettura in traiettoria il più velocemente possibile in modo da frenare a macchina dritta.

Così come era accaduto nei due precedenti settori, anche nel terzo intertempo la differenza in termini cronometrici è stata minima, attestabile a soli 23 millesimi. Bottas era riuscito ad iniziare questa ultima parte della pista nel migliore dei modi, sfruttando al meglio l’ingresso di curva 12 per riportarsi virtualmente molto vicino ai tempi del compagno di squadra. I piloti tendenzialmente scelgono modalità differenti per affrontare la 12, una curva a circa 90° in cui il cordolo interno non è completamente piatto e, se preso aggressivamente, può spingere la vettura verso l’esterno in uscita, per cui è fondamentale riuscire a trovare il giusto compromesso. Anche in questo caso, come nel resto del giro Bottas aveva scelto un approccio più combattivo, sfruttando a pieno il cordolo e guadagnando preziosi centesimi che lo avevano rimesso in lotta per la pole position. Un’opportunità tuttavia molto probabilmente persa nella percorrenza dell’ultima curva, dove lo stesso finlandese aveva scelto una linea molto più larga e meno redditizia in termini di distanza percorsa, al contrario del compagno di squadra che era riuscito a mantenere una traiettoria più interna.

Così Hamilton è riuscito a portare a casa la novantesima pole position in carriera, segnando un nuovo record nella storia di questo sport. Per Bottas qualche rammarico in più, perché i tre settori dell’Hungaroring li avevano visti molto vicino, decretando la sconfitta a causa di piccoli episodi e differenti scelte nelle linee più che particolari svarioni. Sarà interessante vedere come evolverà la situazione in gara su uno dei tracciati in cui Lewis è sempre riuscito ad essere molto incisivo anche sul passo gara.

In seconda fila scatteranno le due Racing Point, vera sorpresa di questa terza sessione di qualifiche della stagione. Se è pur vero che già in Austria si erano visti dei segnali che la RP20 fosse effettivamente in grado di giocarsela anche con la Red Bull, quantomeno quella nelle mani di Alex Albon, e che le caratteristiche dell’Hungaroring sarebbero state più adatte alla monoposto del team inglese, era difficile aspettarsi un salto così importante in termini di prestazione, tanto da non solo riuscire a mettersi alle spalle i rivali più diretti visti al Red Bull Ring, ma anche infliggergli un distacco importante. Riuscire a mettersi in linea con i rivali della Mercedes, da cui Racing Point ha preso come ben noto ispirazione per la realizzazione della propria vettura, era essenzialmente impossibile, anche se viene da pensare che potenzialmente questa monoposto abbia ancora qualcosa da dare una volta che gli ingegneri saranno riusciti ad affinare le regolazioni a livello di set-up, come dimostrano le diverse piccole correzioni di cui sono stati protagonisti sia Lance Stroll che il suo compagno di squadra, Sergio Perez. Se sui rettilinei i due piloti al volante della RP20 erano riusciti a mantenere contenuto il distacco, recuperando addirittura qualche centesimo di secondo, in curva la W11 l’aveva fatta da padrone, mostrando tutta la sua forza soprattutto in termini di stabilità durante la percorrenza. Vedremo cosa riusciranno a fare gli alfieri della Racing Point in gara, il loro terreno naturale.

Considerando le difficoltà incontrate fino ad ora, si può considerare il sabato ungherese soddisfacente per la Ferrari. Arrivando in Ungheria, il team era confidente che le caratteristiche del tracciato, con tante curve a medio-bassa velocità e in cui contano le caratteristiche di trazione e carico aerodinamico, avrebbero potuto aiutare la SF1000 a mostrare le sue qualità, riducendo così l’evidente svantaggio sui rettilinei che si era potuto notare al Red Bull Ring. Nel corso del primo tentativo della Q3, i due Ferraristi erano scesi in pista con una soft usata, non riuscendo di conseguenza ad andare oltre il settimo e l’ottavo tempo, ovvero gli ultimi ad avere un crono valido, in quanto quello realizzato da Perez era stato cancellato per track limit mentre Gasly era stato costretto a rimanere ai box a causa di un problema tecnico sulla sua vettura. Nel secondo tentativo a gomma nuova, i due Ferrari sono poi riusciti a migliorarsi, conquistando l’intera terza fila e mettendosi alle spalle la Red Bull di Max Verstappen e le due McLaren, nonostante fossero usciti con qualche minuto di anticipo rispetto al normale, in modo da evitare il rischio pioggia. Tuttavia, nonostante il risultato confortante, anche in questo caso la SF1000 ha mostrato alcuni suoi punti deboli che, oltre alla scarsa rapidità sui rettilinei, sono stati rappresentati anche dalle velocità in percorrenza, soprattutto di quelle curve presenti dopo una frenata piuttosto importante, come in curva 1, dove sia Vettel che Leclerc avevano sofferto di un pesante sottosterzo che poi si trasformava in sovrasterzo, costringendo così i piloti a continue correzioni, tanto che a fine giornata il gap più importante dai rivali della seconda fascia è stato accusato proprio nel primo settore. L’esempio pratico più evidente lo si può notare nel confronto dei migliori giri del quattro volte campione del mondo e Hamilton: è possibile notare come in curva 1, nonostante un inserimento molto simile, Sebastian facesse molta fatica a portare alla corda la vettura nonostante il tanto angolo volante, allontanandosi di conseguenza dal cordolo e finendo largo, mentre l’inglese era riuscito a mantenere una linea più stabile e precisa con maggiore semplicità. Ciò naturalmente ha portato anche ad una penalizzazione in uscita, fondamentale per sfruttare al massimo il breve rettilineo che porta alla frenata di curva 2. Gli altri due intermedi, invece, hanno visto la Rossa a livello delle altre squadre rivali, anche nel secondo settore, quello dove serve una monoposto precisa e veloce nei continui cambi di direzione: per quanto la Mercedes fosse completamente fuori scala, il riferimento con gli altri team non è stato così ingeneroso, dando qualche segnale incoraggiante. Molto meglio il terzo settore, dove nel giro secco la SF1000 si è mostrata la vettura più rapida dopo la W11.

Giornata deludente per Max Verstappen, solo settimo in griglia, ma soprattutto cartina da sole dell’attuale stato della Red Bull. Su una pista come quella dell’Hungaroring, ci si aspettava di vedere una RB16 più competitiva, dato che anche la scorsa settimana le zone in cui aveva sofferto maggiormente erano stati i rettilinei e le curve veloci, che non sono presenti in particolare quantità sul tracciato ungherese. Invece la squadra anglo-austriaca sembra aver perso il filo, perché al di là dell’esclusione di Alex Albon in Q2, gli aggiornamenti portati prima in Austria e poi riprovati nel corso di questo weekend, non hanno dato i risultati sperati, tanto da spingere il team a tornare al pacchetto che si era visto nel corso dei test invernali. L’olandese dovrà giocarsi le proprie carte in gara, in una lotta con Ferrari e McLaren che si preannuncia ravvicinata. Per quanto riguarda il team di Woking, il weekend non era iniziato nel migliore dei modi, a causa delle difficoltà incontrate dal team nel riuscire a mettere in temperatura gli pneumatici su un asfalto particolarmente freddo come quello di venerdì: per questo nel corso della notte, gli ingegneri avevano lavorato sodo per modificare il set-up, che sembra aver dato segnali incoraggianti, come riportato dai due piloti. Ciò nonostante, è anche vero che questo layout della pista a massimo carico al momento non sembra favorire completamente la MCL35, che si era trovata più a suo agio su una pista mista come quella del Red Bull Ring. Le qualifiche della squadra inglese avrebbero potuto ulteriormente complicarsi a causa di una possibile penalità per Carlos Sainz Jr. in seguito ad un impedimento nei confronti di Antonio Giovinazzi nel corso della Q1: tuttavia, i giudici hanno convenuto che a causa della mancanza di riferimenti dei pannelli luminosi, delle comunicazioni radio via box e dell’impossibilità del pilota spagnolo di reagire in tempo alle bandiere blu esposte molto tardi, nonostante fosse stato evidente che lo spagnolo avesse ostacolato l’italiano, vi fossero le attenuanti per non sanzionare il pilota della McLaren.

Decima posizione in griglia per Pierre Gasly, bravo a superare la tagliola del Q2 nonostante un problema al motore e il poco tempo a disposizione nelle prove libere, soprattutto considerando che aveva perso l’intera FP1 sempre a causa di un guasto tecnico sulla sua unità motrice. Gli ingegneri della Honda hanno così deciso di sostituire alcune componenti in vista della gara, anche se ciò non comporterà alcuna penalità per il pilota francese.

Le strategie per la gara

Meteo permettendo, Pirelli valuta come la strategia più redditizia quella di partire sulle medie per poi effettuare un cambio di pneumatici passando alla soft dopo circa 40 giri. Sulla carta, la tattica soft-hard dovrebbe essere meno veloce. Sarà importante verificare le temperature della pista, in modo da capire quanto sarà fredda la pista e come le varie mescole potranno reagire anche per riuscire a lavorare nel giusto range di temperature, il che potrebbe portare anche ad una tattica a due soste come suggerisce il gommista italiano: in condizioni normali sarebbe difficile vedere tale tattica applicata, date le difficoltà che un tracciato così tortuoso e stretto porta nell’effettuare sorpassi, ma in caso di consumo gomme particolarmente elevato, non è possibile escludere che si possa vedere qualcosa di differente. In tutto ciò, come ieri, sarà importante dare sempre uno sguardo al cielo.

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