Le difficoltà nel raccontare la F1 a chi non la segue

Le difficoltà nel raccontare la F1 a chi non la segue

Ci sono sport che, nel corso di anni o addirittura decenni, rimangono fedeli al loro spirito iniziale e vedono il loro regolamento stabile o modificato solo in minimi dettagli.

Altri, come la Formula 1, vedono spesso cambiare regole anche di anno in anno, e a volte in modo talmente invasivo che risulta difficile stare al passo con le varie modifiche. A volte, anche per gli appassionati.

Per essere sempre sul pezzo, nella Formula 1 odierna, bisogna essere in parte dei veri e propri tecnici. Non tanto in ambito meccanico/aerodinamico, quanto per la preparazione ‘generale’ che si deve avere riguardo regolamenti tecnici e sportivi per ‘leggere’ al meglio gli avvenimenti.

In quest’occasione mi ritroverò a parlare in prima persona perchè, come scritto nel titolo, la difficoltà nel raccontare la Formula 1 a chi non la segue assiduamente è una sensazione che provo direttamente, ogni volta in cui mi trovo a confrontarmi con amici o persone che, di norma, le gare non le vedono.

Col passare degli anni mi rendo conto che spiegare le dinamiche di una gara diventa sempre più difficile, perchè le variabili in gioco aumentano e cambiano repentinamente.

Ovviamente non tutti possono essere esperti di tutti gli sport. E comprendo che, universalmente, uno sport in cui ci sono auto e piloti venga recepito come una categoria in cui si parte e il più veloce vince, nel senso più semplice possibile. Come succede, per esempio, con la MotoGP. Ma andiamo con ordine.

Fingiamo di avere un amico immaginario che vuole saperne di più, di questa Formula 1. Proviamo a spiegargliela.

Partiamo dalle qualifiche. Un tempo raccontarne la logica era facile, facilissimo. Un’ora di tempo, chi andava più veloce partiva primo la domenica. Eventualmente, si poteva omettere il fatto che ogni pilota avesse a disposizione 12 giri, inclusi quelli di lancio e rientro. Ma era tutto molto easy, fast, per chi doveva comprendere in poche parole. Alla domanda ‘come funzionano le qualifiche?’ si rispondeva semplicemente ‘chi fa il giro più veloce in un’ora di tempo parte primo la domenica, gli altri a seguire’. Finita lì.

Se dovessi raccontare adesso a un non appassionato come si svolgono, farei prima a dire ‘Seguile con me, che man mano te le spiego’, che insegnare la ‘teoria’. Q1 di 20 minuti, Q2 di 15, Q3 di 10, nella prima vengono eliminati i 7 piloti più lenti, nella seconda altri 7, gli ultimi 10 devono girare con le stesse gomme (morbide o dure) che useranno nella prima parte di gara. Manco al Grande Fratello. Quando c’erano i rifornimenti, poi, non parliamone. Auto che correvano la Q3 con quantitativi di benzina diversi e prestazioni ovviamente ‘taroccate’ in nome della visibilità televisiva (leggasi monoposto che si qualificavano con 5 euro di benzina, partivano davanti e dopo 5 giri si fermavano a rifornire). Un giorno un amico mi chiese ‘ma che senso ha?’. Beh, non sono riuscito a rispondergli.

Passiamo alla gara. E qui arrivano le note ancora più dolenti. Perchè un tempo (ok, io sono un incorreggibile tradizionalista e vecchio nostalgico) c’erano xx auto in pista, si partiva, e il più forte vinceva. C’erano tre pedali, un volante dalla forma rotonda con due o tre bottoni scarni, una leva del cambio sostituita poi dal sequenziale al volante (ben accetto, visto che poi ne abbiamo giovato noi automobilisti sulle vetture di serie).
Ora? Ogni tanto qualcuno mi chiede ‘ma a cosa servono tutti quei tasti sul volante?’ Ironicamente, mi viene da rispondere ‘guarda, forse non lo sanno nemmeno loro’. E, sinceramente, non ho idea di quanto tempo impieghino i ragazzi per imparare a memoria tutte le funzioni del vero e proprio computer che si ritrovano tra le mani.

Tralasciando questo dettaglio, che per un non appassionato potrebbe anche essere trascurabile, ecco che la gara sta per iniziare, e la grafica della Federazione mostra i dettagli del circuito. Lunghezza, giri da percorrere, record sul giro. Tutte informazioni abbastanza immediate. Finchè non si arriva alla maschera del DRS. Cala il silenzio. Detection Point, Activation Point 1, Activation Point 2 (come a Valencia). E qui uno si e ti chiede, prima di tutto, che cos’è il DRS. E preferiresti mettere la testa nella sabbia, piuttosto che spiegare che DRS vuol dire Drag Reduction System, tradurlo in italiano e raccontarne il suo meccanismo e la sua antisportività. Esempi, gesti e riferimenti per far capire all’altra persona quando si può utilizzare l’ala mobile, dove e per quanto tempo. Insomma, 10 minuti di spiegazione per farti dire, poi, che è una cazzata. E se te lo dice uno che le gare non le guarda mai, ti chiedi con quale coraggio ‘quelli là’ l’abbiano introdotta.

Non è finita. Perchè, nel bel mezzo di un tentativo di sorpasso, il tuo amico sta familiarizzando con la terminologia Formuliana (DRS, Activation Point etc) che tu con molta fatica gli hai insegnato, quando compare la sovrimpressione che raffigura, oltre all’utilizzo dell’ala mobile, il KERS. Altra spiegazione di 10 minuti su cos’è, come funziona, quando si può usare e per quanto. Concludendo poi che la Federazione da anni parla di tagli dei costi, e queste quattro pile sono costate e costano ogni anno decine di milioni di euro di investimento.

E se piove? Apriti cielo. Entra in gioco il Parco Chiuso.
Dopo il Canada sono stato interrogato da alcune persone sulla questione Safety Car. ‘Che necessità c’è di fare così tanti giri al rallentatore? Cosa sono, delle fighette?’. In principio era il verbo. Per spiegare le motivazioni devi iniziare, appunto, dal Parco Chiuso. Devi quindi sottolineare che, se al sabato è asciutto e la domenica piove, le auto non possono essere toccate nemmeno nell’assetto. E qui devi, a grandi linee, dare due nozioni sull’altezza da terra e la rigidità delle sospensioni in rapporto all’asfalto. Il tutto per far capire che se queste vetture con un po’ d’acqua restano dietro Maylander per trenta giri, un motivo c’è.

Infine ci sono le gomme. Supersoft, soft, medie, dure, i colori!! (‘Ma perchè ogni gara le gomme hanno colori diversi?’) le mescole contigue e non contigue, le differenze in durata e prestazioni. Altra variabile impazzita da sommare a tutte le altre.

Insomma, arrivamo alla fine del weekend. Il nostro amico cos’avrà capito di tutto questo? Probabilmente la metà o forse meno, di quello che gli ho spiegato. Non perchè è tardone, ma bensì perchè una persona che non ha familiarità con uno sport motoristico si trova a dover imparare tutta una terminologia che, con la corsa in sè, non ha niente a che fare. E, se mi immedesimo in lui, lo giustifico pienamente.

La Formula 1 sta diventando complessa. Per chi la segue e, soprattutto, per chi non la segue. O meglio, per chi non la segue potremmo dire che non è più immediata come lo era qualche anno fa. Ogni volta che discuto con qualcuno di questo o quel pilota, di questa o quella gara o anche di una singola azione, mi trovo non dico in imbarazzo ma quasi: perchè, giustamente, l’interlocutore non è tenuto a conoscere dinamiche e dettagli, e pensa di vedere semplicemente una gara, mentre adesso c’è molto di più ‘dietro le quinte’. Un sorpasso può essere visto come una grande manovra, quando poi viene effettuato con l’ausilio DRS o in condizioni di gomme completamente diverse. Bisogna distinguere il risultato finale da come lo si è ottenuto. Cosa che si dovrebbe sempre fare, per carità. Ma ora gli ‘agenti esterni’ (DRS, KERS, etc) influiscono molto di più sulla classifica finale. E questo rende difficile e più faticoso raccontare un gran premio con obiettività.

Questa complessità diventa quasi un ostacolo per chi vuole avvicinarsi a questo mondo. E potrebbe trasformarsi, col tempo, in un pericolo. Ci vuole, probabilmente, più semplicità e immediatezza, per non rischiare che questo sport diventi riservato unicamente a chi ha la voglia, il tempo e la forza per stare al passo con le sue regole.

E voi, come raccontate la Formula 1?

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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