La lezione di Imola alla F1 e l’importanza dell’errore di guida
I piloti sono fin troppo bravi per lasciarli correre su piste banali, devono anche poter sbagliare.

L’imperfezione è umanità. E’ sintomo di genuinità, è vita. Il ritorno della Formula 1 a Imola è stata una ventata di ossigeno puro per questo automobilismo a volte fin troppo abbottonato, scontato, sempliciotto.
Vedere i piloti girare con la possibilità di commettere errori – su una di quelle piste scolpite dal tempo, dai ricordi, disegnate con il sudore delle imprese, veri e propri templi che fanno tremare le gambe – evoca sapori lontani, dolci, ancestrali. E’ il motorsport che torna alle sue origini, alla difficoltà che dovrebbe esserci nel domare certe vetture, a tenerle in pista, con la paura di insabbiarsi e ciao.
In questi anni di massima espansione verso posti esotici e nuovi tracciati (o tilkodromi va’) ci siamo assuefatti ed abituati a guardare troppo spesso le monoposto girare su vere e proprie autostrade con traiettorie a tre corsie, che la curva da dove la prendi prendi va bene, tanto poi c’è asfalto su asfalto, il punto di corda non è un punto ma è un buco nero che tutto assorbe, soprattutto l’imprevedibilità.
Con la conseguenza di un livellamento generale tra i piloti, quando poi i valori sono diversi e dovrebbero emergere. Non è un caso che appena metti molti di questi giovanotti a guidare in piste antiche, ostiche, selettive, non strette nè larghe ma semplicemente giuste, le differenze tra i vari “manici” emergono eccome. Tanto che nei saliscendi di Portimao Raikkonen – che non è uno della nuova generazione cresciuta al simulatore – durante il primo giro andava al doppio degli altri. E Imola è stato un tranello costante per tanti ragazzi – più o meno talentuosi – che sono scivolati sulla classica buccia di banana, contribuendo ad una gara che è stata molto più spettacolare di quanto si potesse ipotizzare.
Imola è stata una lectio magistralis alla F1. Un messaggio chiarissimo sulla evidente necessità di portare questi già di per se bravissimi piloti a guidare su piste cattive, traditrici, con curve disegnate dalla natura, da eroi di un tempo, e non dalla matematica. Imola è un polmone che respira con curve leggendarie, ognuna delle quali ha una sua personale storia e questo lo percepiscono gli appassionati ma soprattutto i piloti, per loro natura di carattere idealista, altrimenti difficilmente avrebbero scelto questa vita.
La F1 difficilmente potrà fare a meno di tristi circuiti in posti sperduti, d’altronde pecunia non olet, ma guai a sottovalutare le emozioni di guida e la bellezza dell’Errore in quanto tale. Mettete in condizione i piloti di dover testare al massimo le proprie abilità, di emozionarsi sentendo il limite oltre il quale c’è solo il ritiro e non la via di fuga per neopatentati, regalate all’appassionato la possibilità di sentirlo quel limite, di percepirlo, di vederlo.
E’ impossibile guidare questi bolidi senza sbagliare, viva l’errore e i circuiti dove si può ancora sbagliare. Cosicché si può anche capire chi è bravo e chi è una pippa, senza fare nomi, basta guardare qualcosa del GP appena corso sulle rive del Santerno.
Antonino Rendina
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