F1 | GP d’Ungheria: l’analisi delle qualifiche

Lewis Hamilton conquista la terza pole position in un'intera prima fila Mercedes, terzo Verstappen

F1 | GP d’Ungheria: l’analisi delle qualifiche

Sul circuito che lo ha visto conquistare il maggior numero di pole position nel corso della sua carriera, Lewis Hamilton ha imposto nuovamente imposto il suo sigillo, concludendo le qualifiche odierne sulla pista ungherese dell’Hungaroring davanti a tutti. Una giornata in cui a farla da padrone è stata la Mercedes, capace di monopolizzare l’intera prima fila imponendo un distacco piuttosto ragguardevole ai propri avversari più diretti, nonostante non fosse riuscita a migliorarsi nell’ultimo tentativo della Q3, dove diversi piloti avevano incontrato delle difficoltà nell’abbassare il tempo registrato nel primo run. Un’opportunità che, su un tracciato dove notoriamente è difficile portare a termine dei sorpassi, la squadra di Brackley dovrà sfruttare per fare bottino pieno, in modo da chiudere il gap in entrambe le classifiche mondiali.

“Il primo giro della Q3 è stato davvero bellissimo” – ha spiegato il britannico nelle interviste successive alle qualifiche -. “A volte capita che ottieni il tuo miglior giro in Q1 o Q2 o qualcosa del genere. Non va mai sempre secondo i piani, mentre oggi ho fatto il miglior giro in Q3, nel primo tentativo. Quindi ero davvero, davvero felice. C’è stato un lavoro incredibile da parte della squadra in questo fine settimana. Stiamo cercando di far progredire la vettura, con uno sviluppo costante e i ragazzi in fabbrica hanno lavorato a pieno ritmo”, ha poi aggiunto il britannico, capace di conquistare la prima posizione con quasi tre decimi di vantaggio sul compagno di scuderia nonostante non fosse poi riuscito a migliorarsi negli ultimi minuti della manche conclusiva. Al suo fianco scatterà Valtteri Bottas, una pedina che potrebbe rivelarsi fondamentale per i giochi della squadra della Stella, soprattutto se le due W12 dovessero mantenere le posizioni di testa anche dopo la prima curva, riducendo così le chance della Red Bull di poter giocare di strategia in corso d’opera. Se le due Mercedes si schiereranno in griglia con pneumatici a mescola media, lo stesso non si può dire per le vetture di Milton Keynes, le quali prenderanno il via sul compound più soffice a disposizione che, quantomeno in teoria, dovrebbe garantire un piccolo vantaggio alla partenza in termini di grip.

Una decisione presa durante la bandiera rossa che aveva momentaneamente interrotto la Q2 dopo il primo tentativo, il quale aveva visto Verstappen a soli due decimi dalla vetta, con la possibilità di utilizzare un altro treno di coperture a banda gialla per migliorare ulteriormente il proprio tempo e rimanere così agevolmente nella top ten, replicando la medesima scelta intrapresa dal muretto Mercedes per Bottas. Senza dubbio vi era il margine per seguire tale tattica ma, al contrario, gli strateghi della Red Bull avevano deciso di cambiare le carte in tavola, passando al compound più tenero: con una RB16B che nel corso del weekend aveva mostrato un comportamento altalenante sul giro secco, soprattutto dal punto di vista di vista del bilanciamento complice un fastidioso sottosterzo, probabilmente l’idea non era tanto quella di mettere in cassaforte l’accesso alla Q3, quanto piuttosto garantirsi una gomma più prestazionale nei primissimi giri, che desse modo di attaccare e fare la differenza ad inizio gara, l’opportunità più ghiotta per battere una W12 in gran spolvero. “Per tutto il fine settimana finora siamo stati un po’ indietro e le qualifiche sono andate allo stesso modo. Nel mio giro in Q3 ho fatto leggermente più fatica rispetto al Q2 e non avevo lo stesso grip per qualche motivo. Non so se fosse legato alla pista o alle gomme, ma la vettura era sbilanciata e qui le curve si susseguono tutte molto velocemente, quindi se non ti senti bene in una curva, anche quella successiva non sarà ottima. Ho perso un po’ di tempo nel giro finale, ma anche con un giro più veloce e un bilanciamento leggermente migliore non credo che saremmo stati in pole” – ha spiegato l’olandese, che probabilmente si aspettava di concludere almeno di fronte al rivale finlandese del team della Stella -. “La terza posizione non è dove vogliamo essere e non possiamo esserne felici, ma comunque siamo ancora lì con Checo accanto a me, quindi vedremo cosa possiamo fare in gara. La gomma più morbida non durerà a lungo come la media, ma forse ci aiuterà alla partenza”, ha poi aggiunto il numero 33 della Red Bull, sulla cui vettura è stata sostituita anche la Power Unit dopo aver riscontrato dei dati anomali al termine delle qualifiche. Al suo fianco ci sarà l’altra RB16B, quella di Sergio Perez, al quale è mancata l’opportunità di migliorare il proprio crono nell’ultimo tentativo essendo passato sulla linea del traguardo oltre tempo massimo. Molto probabilmente, comunque, il messicano non sarebbe riuscito a migliorare la propria posizione, anche se ciò avrebbe potuto metterlo al riparo dal gruppo della midfield, staccato solamente di circa mezzo decimo di secondo.

Ad aprire la terza fila ci sarà un ottimo Pierre Gasly, il quale ha ritrovato il feeling con la vettura dopo due appuntamenti altalenanti come lo erano stati quelli dell’Austria e di Gran Bretagna, dove non era riuscito ad ottenere risultati in linea con quanto visto nel resto della stagione. Pierre è così tornato nuovamente ad occupare una posizione nella top six, trovando quel qualcosa in più in termini di sensazioni proprio durante la qualifica, come se si fosse accesa la scintilla in un weekend che, comunque, stava procedendo sui giusti binari. Riuscire a posizionarsi davanti a Ferrari e McLaren, soprattutto su una pista che non è più congeniale rispetto alle caratteristiche della AT02 rappresenta una bella soddisfazione, nella speranza di poter contare sul layout del tracciato per mantenere alle spalle i rivali di centro gruppo e guadagnare punti importanti per la classifica costruttori: “Sono felicissimo della mia qualifica: è una bella sensazione essere la prima vettura alle spalle di Mercedes e Red Bull. Siamo un po’ sorpresi dell’essere davanti alla Ferrari, che era davvero forte, quindi mi considero davvero soddisfatto della nostra prestazione. Per noi non sarà una gara facile, alcuni nostri avversari hanno un passo gara migliore, ma conquistare una buona posizione di partenza oggi era cruciale e ci siamo presi quella migliore per poter lottare domani”, ha dichiarato Pierre al termine delle qualifiche. Un duello in classifica che vede coinvolte in particolar modo McLaren e Ferrari, con Lando Norris sesto e Charles Leclerc settimo. Con i tre racchiusi in pochissimi millesimi, ogni imprecisione avrebbe potuto fare la differenza tra una posizione guadagnata ed una persa. Un weekend che fino ad ora non ha riservato particolari gioie alla squadra di Maranello, complice le difficoltà di bilanciamento incontrate durante le prove libere, soprattutto in termini di sottosterzo. Nonostante le alte temperature, infatti, già durante le prove del venerdì era stato possibile notare come la SF21 andasse a mettere sotto stress le coperture anteriori, generando fenomeni di graning per la differenza di temperatura tra la superfice esterna della gomma e il suo nucleo, fenomeno che si era presentato in altri appuntamenti seppur in condizioni sostanzialmente opposte a quelle riscontrate in Ungheria. Ancor di più, tuttavia, a complicare il sabato del team italiano è stato il vento, estremamente variabile sia come direzione che di intensità, rendendo spesso imprevedibile il comportamento della monoposto: “Sono deluso, perché ci aspettavamo più di un settimo posto. Oggi l’aspetto più insidioso non sono state le temperature elevate, bensì il vento che è aumentato in Q2. Questo ci ha messo in difficoltà nella gestione del posteriore e così non siamo stati in grado di sfruttare il potenziale a disposizione. I punti comunque si assegnano domani e, considerato il nostro passo gara, sono fiducioso. Certo, questa non è una pista sulla quale sia facile sorpassare, per cui partire bene potrà fare la differenza”, ha dichiarato Leclerc, nella speranza che sulla distanza non si ripresentino i medesimi problemi riscontrati al venerdì, permettendo così alla Rossa di lottare per posizionarsi quantomeno in testa al gruppo della midfield.

A sorprendere in positivo, invece, è stata l’Alpine che, in questa prima parte di stagione, non aveva brillato sulle piste da alto carico. Al contrario, la A521 si è dimostrata a suo agio sin dal venerdì, ma lo step ulteriore fatto nella nottata tra venerdì e sabato a livello di bilanciamento ha permesso di limitare quel fastidioso sottosterzo registrato nella giornata di ieri, consentendo così ai due piloti di guadagnare l’ottava e la nona posizione in griglia di partenza, davanti all’Aston Martin di Sebastian Vettel, con quest’ultimo bravo nel raggiungere ancora una volta la terza manche. Il tedesco, tuttavia, non ha nascosto un pizzico di amarezza per un giro che non lo ha soddisfatto totalmente, in particolare per le difficoltà incontrate nel far funzionare al meglio della vettura, fattore probabilmente legato anche allo sfruttamento degli pneumatici, così come riscontrato da altri piloti: “Abbiamo faticato un po’ nel riuscire a far funzionare gli pneumatici per l’ultimo giro. Penso che avremmo potuto essere noni ma, realisticamente, la decima posizione era quella che meritavamo. Ieri la soft ha funzionato abbastanza bene, ma dobbiamo ancora vedere se possiamo far funzionare una strategia con una singola sosta partendo con il compound più soffice”, ha spiegato il tedesco, che sarà l’ultimo a dover prendere il via della corsa con il set utilizzando per ottenere il miglior giro in Q2.

A trovare un’amara delusione per pochi centesimi di secondo nella seconda manche della qualifica è stato Daniel Ricciardo, ancora una volta alle prese con un bilanciamento della monoposto distante dal suo stile di guida, elemento che rende difficile per l’australiano sfruttare al meglio le caratteristiche della MCL35M, in particolare nella percorrenza dei lunghi curvoni del secondo settore, dove serve un anteriore preciso che non soffra di sottosterzo, elemento che ha mandato nuovamente in crisi il pilota di Perth, come dimostrano le sue differenze telemetriche rispetto al compagno di casacca. Al suo fianco ci sarà Lance Stroll, il quale ha mancato l’accesso alla Q3 per pochi centesimi di secondo, complice della difficoltà molto simili a quelle dell’altro particolari dell’Aston Martin, anche se ciò darà l’opportunità alla squadra inglese di diversificare la strategia facendo partire il canadese sul compound medio. Chi può ritenersi soddisfatto delle qualifiche odierne è l’Alfa Romeo, capace di passare nuovamente il taglio della prima manche con entrambe le monoposto, esattamente come era avvenuto a Silverstone. Sul giro secco, Kimi Raikkonen sembrava aver perso la bussola nella prima metà di campionato, con risultati non all’altezza del suo nome; negli ultimi appuntamenti, tuttavia, il finlandese sembra sia riuscito ad invertire il trend, posizionandosi anche davanti al compagno di squadra, che nel corso di questo campionato era riuscito ad essere più incisivo in qualifica. Chi dovrà fare i conti con una gara tutta in salita sarà Carlos Sainz, protagonista di un incidente durante lo svolgimento della seconda manche mentre stava tentando di completare il suo primo tentativo: approcciandosi all’ultima curva, infatti, lo spagnolo aveva perso il posteriore della vettura, andando ad impattare in maniera piuttosto violenta contro le barriere esterne. Un incidente con una dinamica vista in diverse occasioni in quella In quella zona del tracciato, dove si tende ad arrivare con gomme posteriori surriscaldate a causa i curvoni e la lunga fase di trazione che caratterizza l’inizio del terzo settore; nel momento in cui era andato a togliere una marcia per affrontare l’inserimento, tuttavia, il retrotreno non aveva denotato una mancanza di grip, rendendo di fatto impossibile evitare il testacoda. Ad inizio Q2, infatti, si erano anche registrate le temperature dell’asfalto più alte dell’intera qualifica, andando abbondantemente sopra i 60°C. Il pilota della Ferrari ha inoltre raccontato di essere stato sorpreso da una folata di vento, un’eventualità estremamente plausibile, soprattutto tenendo a mente il suo comportamento scostante durante la sessione, sia per direzione che intensità: “È dura da mandare giù. Non mi capitano spesso questo tipo di incidenti, e fa male. Dopo essere andato molto forte nella prima sessione, finire contro il muro in Q2 non è stato certo ideale. Stavo chiudendo il giro senza spingere troppo perché era solo il primo run, e purtroppo sono incappato in una forte raffica di vento, come poi ho visto dai dati.  È un tipo di errore che non faccio da molto tempo e ovviamente sono molto sorpreso. Sono andato subito nel  nostro garage per vedere cosa era successo sui dati e cosa avrei potuto fare diversamente. Sono entrato in curva 5 km/h più lento rispetto al run precedente, ma c’è stata una folata di vento da dietro di circa 35/40km/h rispetto ai 10 della Q1. Non voglio dare la colpa al vento, ho sbagliato e mi scuso con tutto il team, che ieri notte ha fatto davvero un ottimo lavoro perché la vettura oggi era molto buona. Purtroppo, questo è uno dei peggiori circuiti dove avere problemi in qualifica perché sorpassare non è semplice.”

Non si è trattato di un weekend semplice nemmeno per Yuki Tsunoda, il giovane talento alla sua stagione di debutto con l’AlphaTauri. L’incidente occorso durante la prima sessione di prove libere indubbiamente ha avuto un impatto importante sul suo fine settimana, togliendogli di fatto l’opportunità di scendere in pista per le simulazioni di qualifica e dei long run il venerdì pomeriggio. Tempo solamente in parte recuperato il sabato mattina, ma che non si è rivelato sufficiente per comprendere a fondo la vettura e risolvere i problemi di grip e di bilanciamento nelle curve più veloci che hanno caratterizzato il suo weekend fino a questo momento: curva cinque e curva undici hanno rappresentato le zone più complicate per il giapponese, dove ha registrato picchi in negativo fino a 15km/h orari più lenti rispetto al tempo più rapido del compagno di squadra in termini di velocità minima di percorrenza. Per la prima volta in stagione, invece, George Russell non è riuscito a portare la Williams quantomeno in Q2, dovendosi accontentare di un’amara eliminazione nel corso della prima manche a causa di un mix letale tra le difficoltà nel far funzionare gli pneumatici e una conseguente mancanza di fiducia nella monoposto. Problemi che non hanno afflitto allo stesso modo il suo compagno di squadra, Nicholas Latifi, più soddisfatto del bilanciamento complessivo, i cui sogni di gloria si sono tuttavia interrotti anche per uno strano comportamento della Power Unit durante i suoi giri veloci, con il motore che era andato a tagliare potenza in maniera simile a quanto era occorso a Charles Leclerc nello scorso appuntamento di Silverstone: “Speravamo di essere più competitivi di quanto lo siamo stati oggi, ma alla fine il margine dalla Q2 è stato piuttosto ridotto. La macchina era ok, non perfettamente bilanciata, ma sono comunque relativamente felice. Il giro sembrava ok da parte mia, ma dobbiamo indagare su un problema alla Power Unit che si è verificato in entrambi i giri. Nel corso del mio ultimo tentativo ho avuto quattro o cinque tagli al motore che dai dati mi sono costati un bel po’ di tempo. Senza questo problema, forse il Q2 era possibile, dato che non sappiamo il tempo esatto perso”, ha poi spiegato il canadese, a cui però mancavano oltre due decimi e mezzo per ottenere un tempo sufficiente a centrare la manche successiva. A concludere la griglia di partenza saranno le due Haas di Nikita Mazepin e Mick Schumacher, con quest’ultimo che non è nemmeno potuto scendere in pista a causa delle lunghe riparazione resosi necessarie a seguito dell’incidente occorso durante l’ultima sessione di prove libere del sabato mattina in cui si era riscontrato il danneggiamento del cambio e del sistema di raffreddamento.

La lotta per la pole position

Le qualifiche hanno consegnato una Mercedes in grande spolvero, capace di imporre un passivo pesante ai proprio avversari, in particolar modo con Lewis Hamilton, in assoluto stato di grazia nel sabato ungherese. Su un circuito che nel corso del weekend ha reso complicato riuscire a trovare il corretto bilanciamento della vettura, a farne le spese è stata soprattutto la Red Bull, che sul giro secco ha patito anche le alte temperature dell’asfalto. Sin dal venerdì era stato possibile notare come la RB16B soffrisse di chiari segni di sottosterzo, alternati a varie perdite di grip del posteriore che lasciavano intendere come la vettura di Milton Keynes non si fosse trovata del tutto a proprio agio tra le curve dell’Hungaroring. Un fenomeno che, molto probabilmente, gli ingegneri della Red Bull avevano tentato di risolvere scaricando l’ala posteriore, in modo che ciò potesse andare a ribilanciare l’assetto aerodinamico della vettura. Un espediente che, tuttavia, al di là della prestazione non sembra aver dato totalmente i propri frutti, date le difficoltà incontrate durante le prove ufficiali. Parallelamente, un altro piccolo beneficio che poteva portare con sé un’ala posteriore più scarica era quello di poter trovare velocità di punta più alte sui rettilinei: chiaramente non era quello il motivo principale per cui i tecnici della squadra di Milton Keynes avevano optato per quella soluzione, dato che all’Hungaroring il tempo si fa in curva, ma è un dato interessante che può spiegare un altro episodio. Nel corso di questa prima parte di stagione, nella maggior parte delle occasioni la Red Bull aveva potuto contare su un vantaggio velocistico in termini di velocità di punta nei confronti dei rivali della Stella, il quale non si è però presentato negli ultimi due appuntamenti. Se a Silverstone ciò era parzialmente spiegabile con la scelta della Mercedes di optare per un’ala posteriore da basso carico, qui in Ungheria potrebbe esservi un’altra motivazione, legata alle modalità di erogazione delle due Power Unit. Il vantaggio registrato dalla Red Bull, infatti, andava progressivamente ad aumentare man mano che si registravano velocità più alte, ma sui rettilinei più brevi o dove non si raggiungevano picchi elevati, l’unita della Mercedes aveva sempre dimostrato di potersela giocare. Indubbiamente, ciò è legato anche alla varazione di assetti scelti dai due contendenti nel corso della stagione, dove un’ala più scarica fa sentire maggiormente i propri effetti a velocità più alte, ma è anche vero questa differenza di erogazione si è vista in diverse occasioni, anche su piste con caratteristiche molto diverse tra loro. Per quanto sia possibile riprogrammare la Power Unit, su un tracciato così lento e tortuoso come quello dell’Hungaroring, è difficile riuscire a trarre il massimo da un’unità che ha dimostrato di dare il meglio di sé in altre condizioni.

Una lotta per la pole che, ad ogni modo, ha regalato aspetti interessanti da analizzare ed approfondire, a partire dalle differenze in termini di stile che si sono potute apprezzare sin dalla prima curva, dove la bontà del pacchetto Mercedes aveva permesso al campione inglese di aggredire con più efficacia l’ingresso in curva, sfruttando al meglio quella precisione di anteriore che a lungo ha rappresentato una delle qualità migliori della W12 in questa prima metà di stagione. L’inglese aveva optato per una traiettoria molto interna, posizionando la sua vettura in maniera perfetta per sfruttare in minima parte il cordolo presente durante la fase di percorrenza senza destabilizzare eccessivamente la monoposto, in modo da potersi garantire un’apertura di angolo volante più dolce in uscita. Per quanto curva uno offra diverse interpretazioni senza grosse differenze in termini cronometrici, vi era un elemento importante da tenere in considerazione: il giro d’uscita di quello che avrebbe dovuto essere l’ultimo tentativo, infatti, si era rivelato piuttosto lento, portando ad un abbassamento delle temperature degli pneumatici sotto la soglia limite. È possibile immaginare che quella mancanza di temperatura iniziale abbia potuto creare qualche problema in termini di grip complessivo che, unito al fatto che in quel run finale avesse tentato di frenare leggermente più tardi, potrebbero spiegare il perché l’olandese non fosse riuscito a centrare perfettamente la corda come avvenuto in precedenza. Ciò era andato inevitabilmente ad influire anche su quella che sarebbe stata la linea in uscita, più lunga e spigolosa per l’olandese, che si era andata a sommare alla carenza di grip al posteriore mostrata dalla RB16B in quel tratto di pista, limitando così l’efficacia della fase di trazione per il breve tratto a gas spalancato che avrebbe portato a curva due.

Non a caso, infatti, Hamilton si era presentato all’ingresso della zona successiva con un piccolo, ma prezioso, vantaggio. Prezioso perché nel resto del weekend la Red Bull si era dimostrata estremamente competitiva nel primo settore, per cui riuscire a passare indenni quello che aveva rappresentato uno dei punti deboli sino a quel momento significava aver indirizzato la lotta per la pole position sui giusti binari. Così come curva uno, anche curva due rappresenta un tratto di pista estremamente particolare, considerando che non esiste una traiettoria corretta o una sbagliata, quanto piuttosto libere interpretazioni a seconda delle caratteristiche della vettura. Ciò che è parso evidente, tuttavia, è che in questo caso nessuno dei due protagonisti fosse riuscito a trovare quella più pulita in assoluto, da una parte perché il campione della Mercedes aveva riscontrato una leggera perdita di posteriore in ingresso (tanto che lo stesso Bottas era risultato più rapido in quella zona del tracciato), dall’altra perché Verstappen si era dovuto confrontare con un cronico sottosterzo che lo aveva tediato nel corso dell’intera qualifica. Osservando le immagini, è possibile notare come a metà curva le due vetture assumano comportamenti piuttosto diversi tra loro nonostante velocità di percorrenza piuttosto simili: mentre la Mercedes era riuscita a mantenere la corda rimanendo interna, lo stesso non si poteva dire per la Red Bull, che tendeva ad allargarsi fino a dover andare a sfruttare in toto il cordolo esterno presente in uscita. Un elemento che avrebbe potuto fare la differenza, perché il tratto successivo, composto da una curva a gas spalancato e un uno degli allunghi più importanti del tracciato, erano subito dietro l’angolo. Andando ad osservare la telemetria, infatti, salta subito all’occhio come Hamilton fosse stato in grado di tornare sull’acceleratore con un discreto anticipo rispetto al rivale, andando così a pareggiare qualsiasi eventuale guadagnano che l’ala posteriore più scarica della Red Bull avrebbe potuto garantire sui rettilinei.

Concluso il primo settore con circa un decimo e mezzo di vantaggio, la lotta per la pole sembrava essere in discesa per la Mercedes, che nel corso del weekend si era dimostrata estremamente competitiva nel secondo e nel terzo settore, elemento poi confermato anche in qualifica. Lo si era potuto apprezzare subito in curva cinque, un altro dei punti più critici della pista dove sono concesse diverse traiettorie a seconda della fase che si tende a privilegiare. Un lungo curvone a velocità sostenuta dove Hamilton aveva optato per una linea leggermente più larga ma, soprattutto, era riuscito a mantenere una velocità minima più elevata. Proseguendo con il resto del giro, ciò che balza all’occhio è sicuramente quanto successo nel resto del secondo settore, in particolar modo nella sequenza veloce, composta da curve in rapida successione in cui una piccola sbavatura andrà inevitabilmente ad influire negativamente sul resto del tratto. Osservando la telemetria è interessante notare il diverso approccio tra i due contendenti, in particolar modo nella gestione dell’acceleratore, dove l’inglese riusciva a parzializzare intorno al 30% nei momenti in cui, invece, Verstappen doveva alzare completamente l’acceleratore per non accentuare il sottosterzo. Sottosterzo che, però, non rappresentava l’unico problema per il talento olandese, in quanto, dando un’occhiata alle immagini, si può notare una perdita di grip al posteriore in percorrenza di curva nove, dove infatti Hamilton era riuscito a mantenere una velocità minima di percorrenza di circa 8km/h più rapida grazie ad una stabilità complessiva della vettura irraggiungibile per gli avversari.

Con ormai quasi quattro decimi di ritardo, rientrare nella lotta per pole con un solo settore a disposizione era sostanzialmente impossibile, ma ciò non significava che il pilota di Hasselt non potesse giocarsi le sue carte e strappare una seconda posizione che avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale in vista della corsa. I tempi dell’olandese nell’ultimo tratto di pista erano sostanzialmente allineati. Un dettaglio su cui vale però la pena concentrarsi è l’ultima curva, perché ripercorre ciò che si era visto già visto in curva cinque. Grazie ad un’ottima stabilità della sua vettura, Hamilton era stato in grado di ridurre la fase sul freno e mantenere il gas aperto, riuscendo così a portare maggior velocità in uscita. In questo caso, la distanza tra l’uscita dell’ultima curva e la linea del traguardo è piuttosto ridotta, il che ha portato ad una differenza in termini cronometri non così ampia, ma potrebbe rivelarsi un elemento interessante in vista della corsa, soprattutto in caso di eventuali tentativi di attacco sfruttando il DRS.

Le strategie

Con la pioggia caduta la domenica mattina, indubbiamente le chance di riuscire a concludere la gara con una sola sosta sono calate, non tanto per chi deciderà di seguire la strategia media-hard, quanto per chi partirà con la soft. Dal punto di vista cronometrico, la tattica più redditizia secondo Pirelli sarebbe quella che prevede un doppio pit stop, alternando tutti e tre i compound a disposizione. Una strategia che due anni fa aveva permesso a Lewis Hamilton di vincere il Gran Premio con un sorpasso proprio negli ultimi giri nei confronti di Max Verstappen. Un ruolo decisivo lo giocherà il traffico, soprattutto considerando che anche sopravanzare un doppiato su questa pista può comportare una notevole perdita di tempo. Red Bull dovrà quindi per forza andare all’attacco nelle fasi iniziali, tentando di superare quantomeno Bottas per giocarsi le proprie chance nel resto della corsa. Per chi parte fuori dalla top ten, la media potrebbe sembrare la soluzione ideale, da una parte per questioni di durata, dall’altra perché la pioggia caduta nella mattinata farà sì che il gap tra le varie mescole andrà ad aumentare, per cui nella prima parte di gara sarà fondamentale non accumulare un gap eccessivo nei confronti di coloro che monteranno la soft, i quali, comunque, probabilmente cercheranno di allungare per capire se la singola sosta possa essere fattibile. Si tratterà di una gara molto tattica, in cui le differenze tra gli pneumatici e il traffico potrebbero giocare un ruolo chiave.

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