F1 | GP d’Olanda: l’analisi delle qualifiche

Max Verstappen conquista la pole position davanti al pubblico di casa. Quarto un ottimo Pierre Gasly, seguito dalle due Ferrari e da Antonio Giovinazzi

F1 | GP d’Olanda: l’analisi delle qualifiche

Nel boato della marea “Orange” presente sugli spalti di Zandvoort, non poteva esserci poleman diverso da Max Verstappen, che davanti al pubblico di casa è riuscito ad imporsi in qualifica conquistando la prima posizione davanti alle due Mercedes. Una prestazione con cui l’olandese ha rispettato i favori del pronostico, ma non senza qualche brivido, perché una piccola sbavatura e un problema tecnico al DRS sul rettilineo principale avrebbero potuto mettere a serio rischio una pole position che, per quanto mostrato in pista, il pilota di Hasselt si era assolutamente meritato. Nel corso dell’ultimo tentativo, infatti, le vibrazioni dovute ad un violento passaggio sul cordolo in uscita di curva tre avevano portato l’alfiere della Red Bull a premere inavvertitamente il paddle del cambio marcia per ben due volte, perdendo così lo spunto necessario sull’allungo successivo che si era tramutato in preziosi centesimi persi rispetto a quanto era riuscito a registrare nel primo run. Ancor più rilevante, tuttavia, si è dimostrato l’inconveniente tecnico all’ala mobile che lo aveva colpito nella parte conclusiva della tornata, il quale lo aveva costretto a passare sulla linea del traguardo con una velocità di circa 13 km/h inferiore rispetto a quanto segnato in precedenza, con una perdita in termini di tempo sul giro superiore al decimo di secondo. Fortunatamente per il portacolori della squadra di Milton Keynes, la lunghezza ridotta della zona del DRS aveva permesso di contenere i danni e conservare una pole position costruita in particolar modo con un’interpretazione perfetta del primo settore, dove Max si era confermato assoluto protagonista come nelle prove libere.

“È fantastico essere in pole position e naturalmente è ancora più soddisfacente quando è in una delle tue gare di casa. Tutti impazzivano ogni volta che tagliavo il traguardo ed è incredibile vedere la gente che si diverte in tribuna. È una pista vecchia scuola, scorrevole e veloce come Suzuka, dove si sente davvero il grip di una macchina di Formula Uno, è impegnativa e mi piacciono tracciati come questo. Oggi abbiamo lavorato davvero bene come squadra e abbiamo fatto un altro buon passo avanti con la vettura rispetto a ieri” – ha commentato Verstappen al termine delle qualifiche, raccontando le sue emozioni per la settima pole stagionale -. ”Le qualifiche sono state piuttosto difficili a causa delle bandiere rosse, si poteva vedere che non c’era spazio per errori, il che è bello e rende tutto più eccitante, ma il mio giro era buono. Ci sono state due occasioni in cui ho perso un po’ di tempo, prima con una doppia salita di marcia in uscita dalla curva 3, dove è molto sconnesso, e poi il mio DRS non si è aperto in uscita dall’ultima curva, elemento che dovremo controllare, ma per fortuna il giro è stato sufficiente per la pole”, ha poi aggiunto l’olandese, che domani avrà un’opportunità importante per centrare il successo di tappa e, eventualmente, tornare anche in testa alla classifica del mondiale.

Una sfida che, tuttavia, non sarà così semplice, perché alle sue spalle il duo della Mercedes potrà giocare con due punte e tentare di mettere sotto scacco i rivali, al contrario della Red Bull, che vedrà il solo Verstappen lottare nelle primissime posizioni a causa della precoce eliminazione del suo compagno di scuderia, Sergio Perez, al termine del Q1. Mercedes a cui in realtà è mancato poco per completare quello che avrebbe potuto essere un colpo da maestro, in quanto Lewis Hamilton era stato in grado di fermarsi a soli 38 millesimi dal tempo che era valso all’olandese la prima posizione, pareggiando tra l’altro il crono che Max aveva registrato nel corso del primo tentativo. Chiaramente, le disavventure che avevano colpito il pilota della Red Bull sul finale hanno fornito un’immagine distorta di quello che avrebbe potuto essere il vero distacco tra i due, ma ciò non toglie che anche il britannico durante l’ultimo run fosse stato protagonista di un bel miglioramento, abbassando i propri parziali di un decimo e mezzo rispettivamente nel secondo e nel terzo settore: “Ho dato assolutamente tutto, ma Max [Verstappen] ha fatto un lavoro fantastico e ha meritato la pole position. Ho cercato di recuperare dopo aver perso la maggior parte della sessione di ieri, quindi questo ha reso la giornata un po’ più difficile. Tuttavia, la macchina era buona e questa è una pista divertente su cui disputare le qualifiche. Sarà difficile, perché è una pista impegnativa per i sorpassi, ma la strategia giocherà un ruolo importante. Abbiamo due auto davanti, quindi entrambi daremo il massimo”, ha spiegato Lewis durante le interviste, che nulla aveva potuto per contrastare il dominio del battistrada nel primo settore, vero “tallone d’Achille” della W12, nonostante nell’ultimo tentativo il sette volte campione del mondo avesse tentato un approccio differente da quelli sfruttati in precedenza.

Alle sue spalle scatterà Valtteri Bottas, terzo sulla griglia di partenza, il quale potrebbe rivelarsi una pedina importante nelle strategie delle squadra di Brackley, soprattutto su una pista dove è difficile riuscire a sopravanzare, motivo per il quale, nel caso si presentasse l’opportunità, il team diretto da Toto Wolff potrebbe anche diversificare la strategia, coprendo tutti gli eventuali scenari. Complice un secondo intertempo non all’altezza del compagno di casacca, dovute in particolare alle difficoltà riscontrate anche al venerdì nell’interpretazione di curva sette, difficilmente il finlandese sarebbe riuscito ad avvicinare i tempi di Hamilton, ma ad averlo completamente messo fuori dalla lotta per la prima fila era stato un errore nella staccata di curva 11, dove Valtteri era giunto leggermente lungo perdendo così il punto di corda per il rapido cambio di direzione che caratterizza l’ultima chicane prima dei due curvoni veloci: “È stata una sessione di qualifiche divertente. È una pista dove è divertente guidare e c’è anche una bella atmosfera qui. La macchina andava bene, ma la Red Bull era un po’ fuori portata oggi. Siamo ancora un po’ carenti nel primo settore, in particolare nelle curve 2 e 3. Il mio ultimo giro in Q3 non è stato il migliore, stavo guadagnando fino a curva 11, ma poi ho frenato troppo tardi”, ha dichiarato Bottas, il quale non ha nascosto i problemi di adattamento della W12 all’alto grado di banking che caratterizzano il primo intertempo della pista di Zandvoort già evidenziati al venerdì.

A concludere la seconda fila sarà Pierre Gasly, il quale ancora una volta ha confermato un feeling speciale con la AT02 sul giro secco, centrando per la decima volta in stagione una posizione in griglia nella top six. Dopo un venerdì in chiaro scuro, il francese ha tratto il massimo dalle modifiche apportate dal suo team durante la nottata, optando per una configurazione aerodinamica più carica che permettesse di aver maggior supporto nelle curve più impegnative del tracciato. Non a caso, durante il Q3 Pierre era stato uno dei pochissimi piloti ad aver percorso curva sette in pieno, senza mai alzare il piede dall’acceleratore, aspetto che gli era valso il tempo record proprio nel relativo mini-settore. Una quarta posizione d’oro, che mette il francese nelle condizioni di riconfermarsi anche in gara, cercando di contenere le due Ferrari alle sue spalle, le quali di certo non gli lasceranno vita facile: “Sono estremamente felice di aver ottenuto la P4 nelle qualifiche di oggi: non è stato facile, perché nelle prove abbiamo faticato un po’ e ci mancava un po’ di ritmo. Siamo riusciti a migliorare e mettere insieme davvero un buon giro nel momento che contava davvero ed è bello poter iniziare la gara in seconda fila. Fare bene in qualifica era importante, perché domani sarà piuttosto difficile sorpassare: oggi abbiamo fatto un ottimo lavoro. Il team mi ha messo a disposizione una grande macchina e partendo così avanti, farò di tutto per conquistare un buon risultato”, ha spiegato il portacolori dell’AlphaTauri, brava nell’apportare le giuste modifiche nella nottata tra il venerdì e il sabato. Subito alle sue spalle ci sarà Charles Leclerc, il quale non ha nascosto un po’ di delusione per alcuni piccoli errori durante il suo ultimo tentativo, che non gli avevano permesso di acciuffare la seconda fila: “È un peccato aver mancato di poco la quarta posizione oggi, ma alla fin fine un quinto e un sesto posto sulla griglia per noi sono un buon risultato. Probabilmente siamo stati un po’ troppo aggressivi nella scelta della regolazione dell’ala anteriore nel corso dell’ultimo tentativo e così ho perso un po’ il posteriore nel settore centrale. Per la gara il degrado gomme è qualcosa che ancora non ci è completamente chiaro, anche perché non siamo riusciti a compiere molte simulazioni nel corso delle prove libere. Vedremo in corsa domani come gestirlo al meglio. Di sicuro sarà fondamentale una buona partenza. dal momento che i sorpassi sono difficilissimi qui”, ha spiegato il monegasco, cercando di sottolineare come la scelta di caricare l’ala anteriore sul finale forse non si è forse rivelata la scelta migliore, sbilanciando la vettura in percorrenza e in uscita, tanto che sia in curva tre che in curva dieci Charles era stato protagonista di due controlli in seguito alla perdita di grip del posteriore e, di conseguenza, di importanti centesimi di secondo.

Sono solo dieci i millesimi che dividono le due Rosse di Maranello, con Carlos Sainz che ha pagato qualche piccola sbavatura durante il suo ultimo tentativo, in particolare in curva nove, dove nel tentativo di ritardare il più possibile il punto di frenata era giunto leggermente lungo, mancando l’apice ed accusando un una minima quantità di sottosterzo. Elementi che erano andati a vanificare quanto di buono lo spagnolo era riuscito a costruire nelle primissime curve del giro, proprio in corrispondenza di quella zona di pista in cui Carlos aveva sbattuto al mattino, costringendo i suoi meccanici a completare i lavori di riparazione in meno di due ore. Un lavoro ben ripagato da una terza fila completamente Rossa, anche se la squadra diretta da Mattia Binotto non può non avere qualche rimpianto considerando che il tempo registrato da Charles Leclerc nella seconda manche gli sarebbe valsa tranquillamente la quarta posizione anche alla fine della Q3. La vera sorpresa di giornata, tuttavia, non può non essere il gradito ritorno di Antonio Giovinazzi nella top ten, grazie ad una settima posizione figlia dell’ottimo lavoro svolto dal pilota italiano e dall’Alfa Romeo per adattare la monoposto alle caratteristiche del tracciato olandese, che già si era ben comportata su altri circuiti dalle peculiarità non troppo distanti da quelle che rendono Zandvoort così speciale. Indubbiamente, le numerose bandiere rosse che hanno interrotto più volte l’andamento delle prime manche avevano rappresentato un colpo di fortuna per l’italiano, privando gli avversari dell’opportunità di concludere i propri giri cronometrati, ma allo stesso tempo il pilota di Martina Franca era stato abile nel costruirsi il proprio destino, centrando rapidamente un tempo che gli sarebbe valso l’accesso alla manche successiva. Un aspetto fondamentale, soprattutto tenendo a mente che nel corso della Q2 sulla vettura del numero 99 si era spanato un dado, costringendo i meccanici ad un lavoro in fretta e in furia per tentare rimuovere la gomma incastrata. In Q3, poi, Giovinazzi era riuscito ad imporsi sulla concorrenza più diretta, registrando diversi mini settori record nel primo settore, più precisamente nell’allungo in uscita di curva tre: un tratto in cui aveva dovuto cedere il passo solamente a Verstappen, a dimostrazione della bontà del lavoro del portabandiera tricolore nel sabato olandese: “Il risultato di oggi è davvero buono, e ringraziare la squadra. Abbiamo avuto un problema tecnico a un dado della ruota tra la Q2 e la Q3, ma la squadra ha fatto un lavoro incredibile: hanno fatto tutto il possibile e sono stati in grado di rimettermi in pista. Poi ho dovuto davvero spingere forte perché volevo ripagarli per il loro lavoro: il giro in Q3 è stato mega. Partiremo da una buona posizione nella gara di domani, dobbiamo continuare a spingere, stare fuori dai guai e sfruttare questa opportunità per portare a casa un buon risultato”, ha spiegato un Giovinazzi visibilmente entusiasta per il risultato odierno.

A concludere la top ten saranno le due Alpine e la McLaren di Daniel Ricciardo, nuovamente in Q3 dopo la bella prestazione nella qualifiche di Spa. La squadra francese ha pagato soprattutto un settore centrale non all’altezza della concorrenza, soprattutto in curva 7-8, dove il confronto con i rivali più diretti li vede anche oltre 10 km/h più lenti. Un po’ di rammarico, invece, per l’australiano del team di Woking, che nella giornata odierna si è dovuto accontentare di un decimo posto, complice alcune carenze di grip evidenziate nel corso dell’ultima manche: “In Q3 sentivo come se mi mancasse l’aderenza dalla prima curva, quindi è stata un po’ più di una lotta da allora in poi. Non sappiamo ancora il perché. La pista potrebbe essere cambiata e forse ci è sfuggito qualcosa, ma esamineremo questo e cercheremo di trovare una risposta” – ha spiegato Ricciardo, il cui tempo in Q2 sarebbe stato sufficiente per piazzarsi davanti alle due A521 -. “È frustrante perché la Q3 detta la griglia e questo è stato il nostro peggior risultato in qualifica. Ci sono alcuni aspetti positivi da prendere da oggi, ma ancora alcune incognite. Continueremo a lavorarci”, ha poi aggiunto l’australiano, il quale sul finale non era stato in grado di essere altrettanto efficace come in precedenza, evidenziando del leggero sottosterzo in diverse curve, elemento con cui il pilota di Perth ha dovuto convivere e soffrire per tutta la stagione.

Ad aprire la sesta fila ci sarà George Russell, suo malgrado ancora una volta interprete nel bene e nel male. Nel bene perché il britannico è riuscito a conquistarsi una posizione di assoluto rilievo, che domani gli garantirà l’opportunità di scegliere con quali pneumatici prendere il via. Allo stesso tempo, tuttavia, il portacolori della Williams si è però reso protagonista di un leggero impatto contro le barriere in uscita dalla penultima curva, quando mancavano circa cinque minuti prima dell’esposizione della bandiera a scacchi: una vera sfortuna, perché al di là dell’errore, George stava abbassando i suoi tempi in maniera importante e ciò, molto probabilmente, gli sarebbe valso l’accesso alla fase finale delle qualifiche. Bandiere rosse il cui impatto si era fatto sentire anche dopo la ripresa della manche, quando nei minuti finali Nicholas Latifi aveva perso il controllo della propria monoposto toccando l’erba alla staccata di curva otto, causando un testacoda che lo aveva accompagnato sino ad un impatto laterale contro le barriere. Queste le motivazioni che aveva portato alla seconda interruzione, molto probabilmente quella più importante, perché di fatto aveva tolto l’opportunità a qualsiasi pilota di migliorarsi, come occorso a Lando Norris, che dopo un primo run ben lontano dai suoi standard di pulizia di guida, non era riuscito a replicare quanto di buono aveva mostrato durante le prove libere. Una cocente delusione che non aveva consentito di classificarsi meglio della quattordicesima posizione: “Non è la giornata che volevo o che ci aspettavamo, semplicemente non ho fatto il miglior lavoro. Non mi sentivo troppo sicuro nelle qualifiche per mettere tutto insieme. È probabilmente la qualifica più vicina che abbiamo avuto in tutto l’anno. È un peccato perché questa è la gara in cui avevamo davvero bisogno di essere forti in qualifica, ma non ci siamo riusciti. Non abbiamo anche avuto l’opportunità  di provare di ultimo tentativo a causa della bandiera rossa”, ha spiegato Lando, che con il proseguire del weekend sembrava aver perso leggermente lo smalto a favore del compagno di squadra, più diretto ed incisivo in queste particolari circostanze. Un destino simile quello capitato anche a Lance Stroll, anch’egli fuori dal Q2, interrotto nel suo giro veloce mentre nel primo intertempo era riuscito a togliere oltre due decimi e mezzo rispetto al suo tentativo precedente: forse non sarebbe stato abbastanza per riuscire a superare tagliola ed accedere alla fase successiva, ma molto probabilmente sarebbe comunque riuscito a recuperare qualche posizione sullo schieramento di partenza.

Se il portacolori della McLaren ha qualcosa da recriminare, lo stesso si poteva dire anche per Sergio Perez e Sebastian Vettel, entrambi fuori al termine della prima manche di qualifica. Il messicano non era riuscito nemmeno ad iniziare quello che avrebbe dovuto essere il suo ultimo tentativo, dopo essere passato sulla linea del traguardo quando era stata già esposta la bandiera a scacchi. Una situazione figlia dei rallentamenti da parte delle altre squadre in pit lane nel giro d’uscita, così come un outlap piuttosto lento, che non gli avevano permesso di completare quel giro necessario per riuscire ad evitare una precoce quanto amara delusione al termine della prima manche. Peggio ancora è andata al tedesco dell’Aston Martin, il quale nel corso degli ultimi minuti non era riuscito a portare a termine un giro davvero pulito, per poi vedersi sfuggire completamente l’opportunità di accedere alla fase successiva a causa di un impeding da parte delle due Haas, ferme in ingresso di curva 13 in attesa di iniziare il proprio passaggio cronometrato. Un episodio che aveva subito colto l’attenzione dei commissari, i quali hanno però poi deciso di non sanzionare nessuno dei due piloti della squadra americana in quanto in quel tratto di pista erano presenti troppe vetture allineate, ben sei, per cui gli spazi di manovra sarebbero stati limitati. Sostanzialmente, quindi, gli steward avevano sostenuto che, per quanto vi fosse stato un ovvio impedimento sia da parte di Mick Schumacher che di Nikita Mazepin, questo non poteva essere considerato “non necessario”, evitando così di far scattare la penalità, nonostante in altri casi simili gli stessi non fossero stati altrettanto clementi.

Sia Perez che Vettel potrebbero sfuttare l’occasione per montare sulla propria vettura due nuove Power Unit, dato che sia il messicano che il quattro volte campione del mondo hanno perso rispettivamente un’unità a testa a causa degli incidenti durante il Gran Premio dell’Ungheria e di un cedimento meccanico proprio durante le prove libere di Zandvoort: “È un risultato deludente e ci sono lezioni da imparare oggi. Penso che un posto in Q2 fosse raggiungibile con un giro pulito e mi sentivo bene in macchina, ma c’era un sacco di traffico che mi ha impedito di avere la possibilità di completare un giro pulito e massimizzare l’evoluzione della pista. In ogni caso, non siamo stati in grado di fare un grande passo avanti rispetto al nostro incoraggiante ritmo durante le prove libere, quindi dobbiamo capire perché è stato così. È difficile sorpassare qui, ma tutto può succedere domani, soprattutto su una pista così impegnativa. Cercheremo di recuperare terreno in gara e approfittare di qualsiasi opportunità”, ha portacolori dell’Aston Martin durante le interviste, sottolineando non solo le difficoltà riscontrare nel completare un giro pulito, ma anche quelle del team nel fare un passo in avanti dopo un venerdì che, seppur non aveva visto le due vetture inglesi spiccare sulla lista dei tempi a causa dell’esposizione della bandiera rossa ed alcuni errori, era sembrato incoraggiante.

La lotta per la pole position

Anche a Zandvoort, il duello per la pole position ha regalato spettacolo nonostante qualche imprevisto, lasciando i due contendenti per il titolo divisi da soli 38 millesimi. Nella parte conclusiva del rettilineo di partenza, Hamilton aveva subito potuto godere di un piccolo vantaggio velocistico, il quale non si era però tramutato in un relativo beneficio cronometrico così rilevante, data la distanza ridotta che intercorreva tra la linea di inizio giro e la frenata di curva 1 di circa 250 metri. Si trattava comunque di un buon inizio, per quello che avrebbe dovuto essere il settore più complicato in assoluto per la W12, che sin dalle prove libere aveva dimostrato di mal digerire i tornanti e i banking del primo intertempo. Difficoltà che si erano confermate anche in qualifica sin da curva uno, dove Verstappen era riuscito ad essere più incisivo non tanto in entrata o in percorrenza, quanto in uscita, spalancando completamente il gas in anticipo e sfruttando appieno il largo cordolo in uscita che avrebbe aiutato a contenere eventuali fenomeni di sottosterzo. Un vantaggio in uscita evidente dalle tracce telemetriche, che aveva permesso al portacolori della Red Bull di arrivare al punto di frenata di curva 2 con ben una velocità assoluta superiore di circa 4 km/h: un dato che all’apparenza potrebbe sembrare quasi irrilevante, ma che assume un significato totalmente diverso pensando al fatto che Verstappen fosse riuscito a creare quella differenza nello spazio di pochissimi metri.

La situazione si era così ribaltata, con l’olandese che era passato virtualmente in testa con circa un decimo di vantaggio, pronto ad incrementare il gap in quella che per la RB16B si era rivelata essere una delle sezioni più favorevoli della pista, curva 3. Una differenza prestazionale tangibile, che aveva visto Max riuscire arrivare al punto di frenata con una velocità più elevata di ben 11 km/h, complice un utilizzo più aggressivo e prolungato dell’acceleratore nel breve spazio che intercorreva tra l’apice di curva due e l’inserimento della tre, a testimonianza anche della bontà e della reattività in quel tratto di pista della RB16B, che in mattinata era riuscita a mostrare risultati altrettanto convincenti anche Sergio Perez, prima che questo venisse malamente eliminato in Q1. Un vantaggio che Verstappen aveva confermato anche nel lungo tornate successivo, grazie ad uno stile che si era rivelato estremamente efficace: rilascio ritardato del pedale dell’acceleratore, punto di corda circa a metà curva e leggero taglio in uscita per sfruttare al massimo l’uscita, vero punto di forza del talento della Red Bull nel corso di tutto il weekend. Ciò su cui andava prestato attenzione, infatti, non era tanto la velocità minima di percorrenza, in alcuni casi paragonabile a quella di altri rivali sulla griglia, bensì la rapidità con cui da centro curva riusciva a spalancare completamente l’acceleratore guadagnando in uscita.

Un vantaggio fondamentale, perché quanto di buono fatto in quelle frazioni di secondo se lo sarebbe portato con sé anche sull’allungo successivo, da percorrere in pieno. Consapevole dei limiti della W12, invece, Hamilton aveva cercato di fare del proprio meglio, cambiando addirittura interpretazione tra il primo e il secondo run della Q3. Se nel tentativo di apertura si era mantenuto più stretto cercando di tagliare completamente la seconda parte del tornate, nel giro finale Lewis aveva optato per un approccio meno forzato, utilizzando in maniera differente il freno e lasciando scorrere la vettura nella parte più alta del banking, il che gli aveva permesso di mantenere una velocità minima più elevata di circa 7 km/h. Ma, come illustrato in precedenza, ciò che contava davvero non era il dato assoluto della velocità minima di percorrenza, tanto che andando a mettere a confronto i due tentativi, è possibile notare come in uscita a livello telemetrico non vi fossero particolari differenze: insomma, quello che Hamilton aveva guadagnato in velocità minima era andato sostanzialmente a compensare la distanza superiore percorsa. Curva tre, tuttavia, ha rappresentato anche uno di quei due punti in cui Verstappen avrebbe potuto mettere a serio rischio la sua pole position. Durante l’ultimo run, infatti, Max aveva cercato quel qualcosa in più dalla sua traiettoria, allargandosi in uscita per sfruttare appieno l’ampio cordolo posto sulla destra: un passaggio forse fin troppo violento, le cui vibrazioni avevano involontariamente portato il numero 33 a premere due volte il paddle per il cambio marcia, salendo così direttamente dalla quarta alla sesta. Un doppio cambio di marcia che non aveva permesso di mantenere lo stesso spunto in uscita di curva del tentativo precedente, tanto che nell’allungo successivo, nonostante fosse uscito da curva tre più lentamente, era stato in grado di riallinearsi alle velocità del rivale. Chiaramente ciò non si era rivelato sufficiente per pareggiare completamente la situazione dal punto di vista cronometrico, ma riuscire a concludere il primo settore con un distacco inferiore ai due decimi poteva comunque rappresentare una buona opportunità per giocarsi le proprie chance per la pole, soprattutto tenendo a mente che nel primo tentativo quel distacco era ben superiore, circa due decimi e mezzo.

Il secondo settore si era aperto immediatamente con curva sette, una delle più difficili della pista, dove è necessario un buon carico aerodinamico così come una buona stabilità della vettura, un punto in cui Mercedes nelle prove libere del venerdì non sembrava essere completamente al livello della Red Bull. Una situazione che si è ribaltata in qualifica, con i due contendenti che si sono sostanzialmente equivalsi nella sua percorrenza, alzando il piede dall’acceleratore solamente per qualche frazione di secondo, ma senza toccare mai il freno. Un discorso simile lo si poteva fare anche per curva otto dove la telemetria non racconta tutta la storia. Hamilton e Verstappen, infatti, avevano privilegiato momenti differenti di quel tratto di pista, con l’inglese che aveva favorito l’entrata, mantenendo il gas aperto a metà curva, mentre l’olandese aveva puntata su una velocità di percorrenza più efficace, cercando di mantenersi il meso possibile sul freno per tornare rapidamente sull’acceleratore in attesa di impostare curva nove, distante solamente pochi metri.

Curva nove che rappresenta probabilmente il punto in cui Lewis ha perso a tutti gli effetti la pole position, a causa di una breve, ma importante, perdita del posteriore in ingresso, il che lo aveva costretto a correggere ed allontanarsi conseguentemente dal cordolo interno, dovendo così poi accentuare ulteriormente l’angolo volante invece di poter lasciar scorrere la vettura come fatto nel tentativo precedente. Al termine del secondo settore mancava solamente curva dieci, un’altra sorta di tornante in cui la RB16B poteva esprimere ancora una volta tutte le sue qualità e imporre il proprio dominio esattamente come era avvenuto in altri episodi durante il giro. Anche in questo caso, i due contendenti alla pole position avevano optato per approcci differenti, con Verstappen che aveva mantenuto il suo stile caratteristico, lasciando completamente l’acceleratore e il freno per far scorrere la monoposto senza forzare eccessivamente l’anteriore e finire in sottosterzo, mentre Hamilton aveva optato per la soluzione opposta, lasciando la farfalla leggermente aperta anche in fase di percorrenza. Due approcci differenti, ma che avevano visto il portacolori della Red Bull trarne vantaggio nell’immediato, portando così il gap complessivo al secondo rilevamento cronometrico poco sotto i due e mezzo.

Tuttavia, mancava ancora un altro settore, quello in cui la Mercedes si era dimostrata tra le squadre più competitive in assoluto durante tutto l’arco del fine settimana. Indubbiamente sarebbe stato difficile pensare di poter chiudere completamente quel distacco, ma era d’obbligo provarci. Hamilton non si era tirato indietro e alla già alla staccata della 11 era riuscito ad essere leggermente più efficace in frenata, al contrario dell’olandese, che nel corso di questa stagione non ha mai fatto di questo elemento il suo punto di forza, preservando piuttosto la precisione dell’anteriore per il successivo rapido cambio di direzione. Nella percorrenza di curva 12 i due si erano ancora una volta sostanzialmente equivalsi, ma a fare la differenza era stata l’uscita, dove il sette volte campione del mondo era stato in grado di mantenere un’ottima pulizia di guida nonostante fosse riuscito a spalancare completamente il gas con un certo anticipo, mentre il pilota di Hasselt aveva dovuto più volte correggere la traiettoria, limitando così il grip degli pneumatici. Un piccolo vantaggio che si era andato ad accumulare a quello registrato nel curvone, dove anche in questo caso Hamilton era riuscito a far valere le doti della W12 e una certa dose di coraggio, parzializzando brevemente solo fino al 25% del pedale: una mossa sufficiente per riuscire a diminuire ulteriormente il distacco dal battistrada, che era così sceso ad un decimo e mezzo.

Ciò chiaramente non sarebbe bastato per conquistare la pole in condizioni normali, ma ciò che nessuno si aspettava avrebbe potuto cambiare le sorti del duello. Sulla vettura di Verstappen, infatti, si era bloccato il sistema di apertura dell’ala mobile, il che non aveva permesso all’olandese di diminuire la propria resistenza all’avanzamento sull’allungo finale che portava alla bandiera a scacchi. Un elemento importante, perché se su altre piste il DRS può non essere così rilevante, su un tracciato come quello di Zandvoort in cui i team avevano optato per ali da alto carico, il boost apportato dall’aperture dell’ala mobile avrebbe potuto essere significativo. Fortunatamente per l’idolo di casa, tuttavia, la distanza ridotta che intercorreva tra la linea di attivazione e quella del traguardo aveva permesso di limitare i danni, nonostante i 13 km/h di differenza rispetto al tentativo precedente.

Le strategie

Il tracciato di Zandvoort rappresenta un’incognita per le squadre, che in vista della corsa si devono affidare solamente ai dati ricavati al venerdì uniti a quelli con cui avevano preparato il weekend. Ciò che pare evidente, tuttavia, è che le opportunità di sorpasso su una pista così stretta e tortuosa non sono molte, il che potrebbe quasi certamente spingere i team a limitare il più possibile le scuderie a puntare sul minor numero di soste possibile, in modo da non rimanere bloccati nel traffico. Non a caso, infatti, anche Pirelli suggerisce una strategia con un singolo pit stop, con la strategia soft-hard che secondo il costruttore italiano potrebbe rivelarsi come quella più efficace. Quasi simile quella media-hard, che tuttavia potrebbe fornire maggiore libertà d’azione per allungare il primo stint, non tanto per creare un offset, ma piuttosto per analizzare la situazione e vedere se eventuali episodi di gara potrebbero ribaltare l’andamento della corsa.

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