GP Spagna – Red Bull “lancia” Verstappen, la Ferrari può consolarsi con il “bollito” Raikkonen

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GP Spagna – Red Bull “lancia” Verstappen, la Ferrari può consolarsi con il “bollito” Raikkonen

“Maurizio andiamo a festeggiare questa doppietta sul podio?” – l’assist ingenuo della conduttrice – “Ma quale doppietta, è una occasione sprecata!” la risposta tranchant e piena di delusione del capo GeS Ferrari Maurizio Arrivabene.

Perché sul podio la Ferrari nient’altro è stata che nobile comprimaria nella festa di bimbo Max, coccolato come un fenomeno e recordman in F1 per essersi portato a casa un GP iridato alla tenera età di diciotto anni.

Fuoriclasse vero, per carità, capace di salire sulla Red Bull venerdì e portarla al successo quarantotto ore dopo, un roba leggendaria, decantata da mezzo mondo. Ma nella vittoria di Verstappen c’è lo stesso romanticismo di una spiegazione di matematica al liceo classico. Insomma il terribile tulipano non ha fatto niente di speciale in pista, limitandosi a completare la distanza di gara senza commettere errori. Parlando di emozioni, quelle vere, ben altra cosa era stata la vittoria di Vettel a Monza nel 2008, ma anche la gara di Max a SPA l’anno scorso, con sorpassi da vero cavaliere del rischio.

L’amara verità è che Verstappen è un prodotto che la Red Bull ha deciso di immettere sul “mercato” al momento giusto, un campione costruito, programmato, per il quale Milton Keynes ha deciso di sacrificare qualsiasi altra pedina. Pensate a Daniel Ricciardo, il funambolo sorridente, trascinatore, il volto simpatico e coinvolgente della F1. E’ passato da intoccabile a seconda guida nel giro di un fine settimana. La sensazione è che gli strateghi della Red Bull siano stati giocatori geniali in una scacchiera affollata, con uno scacco matto in una sola mossa a Ricciardo e alla Ferrari (che c’è cascata in pieno come ad Abu Dhabi, il DNA non mente mai). C’è da scommettere che l’aria per Daniel in Red Bull diventerà presto molto pesante. Tanto per chiarire; la Red Bull sinora ha avuto ragione, ma con le Mercedes fuori gioco e con quella strategia a Barcellona poteva vincere anche Daniil Kvyat, solo che questo nessuno lo dirà mai.

Un sentito ringraziamento, per un GP finalmente spettacolare, va fatto ai dioscuri di Brackley, il bianco e nero che sono sempre più lo Yin e lo Yang della F1. Opposti e per questo uguali; dopo anni di dualismo, nervi, tensioni, non c’era epilogo metafisicamente più giusto che un incidente causato dalla superficialità di entrambi: con Rosberg intento a giocare al computer dopo poche curve e prepotente nella traiettoria ed Hamilton che probabilmente non vedeva l’ora di chiudere la pratica Barcellona per volare spedito verso quale altra festicciola vip.

Dopotutto quando li abbiamo visti nella ghiaia con le mani sul casco per la vergogna, tutto noi abbiamo pensato a Sebastian Vettel. Daje Seb, tocca a te, è fatta. Macché, mala tempora currunt per il Cavallino. Dopo l’indecente qualifica causata da un “surriscaldamento” delle mescole non adeguatamente utilizzate (overheating), la Ferrari ha ritrovato passo e ritmo in gara, confermandosi la vettura più veloce in pista senza la Mercedes tra i piedi. Purtroppo la prestazione non s’è tramutata in vittoria a causa della scarna, quasi imbarazzante, trazione in uscita della SF16-H, incapace di affrontare il T3 con la giusta “spinta”, e un po’ troppo “lumaca” in uscita dall’ultima curva.

Il muretto Ferrari c’ha messo del suo, decidendo per quanto riguarda Vettel di “marcare” ad uomo Ricciardo sulle tre soste, cadendo di fatto nella trappola bibitara, che Camilleri nei suoi romanzi su Montalbano avrebbe chiamato abilmente “sfunnapiedi”, un tranello perfetto. Ma Vettel, al netto della strategia, non ha brillato di luce propria. Mai avevamo visto il tedeschino così nervoso; troppi urletti via radio per un quattro volte campione del mondo. Sebastian deve capire che gli altri lo attaccano e lo attaccheranno sempre e non deve sfogare sulle manovre degli avversari – stavolta di Ricciardo che con palle e piglio c’ha provato in tutti i modi – il nervosismo e la frustrazione per un anno che si preannuncia di transizione.

Nonostante la Ferrari prenda paga anche quando teoricamente corre da sola, qualche nota positiva per Maranello c’è: la squadra è unita, coesa, il presidente Marchionne sembra aver cambiato approccio usando la carota e mettendo da parte (era ora!) il bastone dei proclami e la frusta delle richieste di vittoria incessanti. E soprattutto il Cavallino può e deve godersi un grande Kimi Raikkonen.

Il finlandese è tornato ad esprimersi sui migliori livelli, complice una monoposto progettata finalmente per le sue caratteristiche di guida. Lo dicevamo, bastava un anteriore morbido per rivedere il vero Kimi è così è stato: due secondi e un terzo posto in cinque gare, un quinto posto in Cina di rimonta dal fondo. Tre volte sul podio su quattro traguardi visti e seconda posizione davanti a Lewis Hamilton nel mondiale. Eh già, nonostante le difficoltà tecniche la Ferrari si trova in classifica davanti ad una delle due Mercedes. E il primo pilota in classifica con la tuta rossa è Raikkonen. Bistrattato, bollito, spento, dormiente, inetto ubriacone che non è riuscito a superare Verstappen! Proprio lui, con buona pace dei detrattori e di chi al suo posto vedrebbe bene nell’ordine: Grojsean, Gutierrez, Sainz, Rosberg, lo zio, il cugino, l’amico migliore o se stesso.

Tanto per fare i seri, con una monoposto che si piantava all’ultima curva, cosa avrebbe dovuto fare Raikkonen per sopravanzare la Red Bull che scappava via in uscita sul dritto? Quando si parla di ventuno piloti in griglia il dato tecnico viene sempre anteposto ad ogni altra considerazione, con mille disquisizioni analitiche dei tecnici del settore. Quando si parla di Raikkonen è sempre lui una pippa. Uno scarso che però è secondo in classifica, per la gioia della Ferrari. L’unica gioia in un mondiale dove la vittoria sfugge anche quando è servita su un piatto…d’argento!

Antonino Rendina


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