GP Italia – La Mercedes ferisce la Ferrari nell’orgoglio, la gara è una noia mortale
Si salva solo il grande pubblico, con la Rossa che non può accontentarsi delle briciole di Stoccarda
Monza qua, Monza là, il rinnovo, gli slogan, for ever and ever in stile Aerosmith strappalacrime di Armageddon e chissà cosa ti aspetti domenica, e invece GP nel Tempio della Velocità è un sonnifero naturale senza rivali, una noia mortale, uno stillicidio che non vedi l’ora che finisca. Per fortuna la sfilata monotona ad alta velocità dura meno di altre gare. Purtroppo non s’è visto un sorpasso degno di nota (anzi uno, quello di Ricciardo su Bottas), ma tutti preconfezionati da quella cavolata colossale che è il DRS o ala mobile che dir si voglia. Incomprensibile come la gara più veloce dell’anno sia anche la più noiosa, sintomo che c’è qualcosa (di grosso) che non va nell’odierna F1. Impietoso poi il confronto con la MotoGP, che tra le pieghe di Silverstone ha offerto uno spettacolo senza precedenti con un gruppetto di piloti indiavolati a giocarsi il podio.
A Monza, invece, è andata in scena l’ennesima parata trionfale dei super crucchi Mercedes, talmente forti da potersi permettere di prendere a schiaffi la Ferrari, di umiliarla in casa, quasi canzonarla, con una strategia per altri inattuabile. La Mercedes è partita con le soft, dopo un po’ ha messo le medie e ha navigato di crociera indisturbata fino al traguardo, con Vettel e Raikkonen costretti ad accontentarsi degli avanzi del cospicuo banchetto anglo-teutonico.
Tra uno sbadiglio e l’altro abbiamo visto Hamilton recuperare con facilità impressionante dopo l’orribile partenza, Rosberg camminare sul velluto (e riaprire il mondiale portandosi a meno due punti e a sette vittorie contro le sei del compagno rivale), Vettel e Raikkonen chiudere a braccetto davanti al popolo rosso, che forse s’aspettava ben altro.
Eppure la nuova Ferrari varata da Marchionne sembra sapersi accontentare del terzo posto, salutato con una grande festa sul podio. In tempo di magra un terzo posto in casa è un evento da festeggiare, ma nell’economia generale di una stagione molto deludente pesano gli altri venti secondi beccati sotto la bandiera a scacchi da una Mercedes che non fa prigionieri. “Noi siamo Ferrari” urla Sebastian dal podio alla folla festante. Viene da chiedersi il campione tedesco o i tanti tifosi accorsi in massa l’abbiano mai vista la vera Ferrari. Il presidente, da par suo, rilancia: con Binotto nel 2017 sarà tutta un’altra storia ed Allison andava salutato prima. Povero Binotto vien da pensare, o forse è meglio prenderla alla Alonso, con una fragorosa risata strafottente (team radio dell’anno, finalmente un pilota che ride in faccia ad un ingegnere petulante).
A salvarsi, tra la noia del GP e la modesta Ferrari, è stata la festa del podio, con una marea di spettatori a salutare i propri idoli e un Rosberg mattatore di giornare ad intonare il nostro coro dei mondiali 2006 (Po-Po-Po-Po…). Ha vinto il pubblico, questo è certo. Ma ha perso colui che imperterrito continua a sventolare quella bandiera bianco verde di un ente territoriale che non esiste.
Antonino Rendina
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