F1 | Hamilton e Verstappen regalano spettacolo tra presente e futuro, la Ferrari resta a guardare (a distanza)

Il duello generazionale tra Max e Lewis esalta gli appassionati, ma che amarezza vedere la Rossa così lontana

F1 | Hamilton e Verstappen regalano spettacolo tra presente e futuro, la Ferrari resta a guardare (a distanza)

“There WolvesThere Castle!” così Igor al dottore in Frankenstein Junior. “There Vowles, there castle” lupo ululà, castello (conquistato, espugnato) ululì. Perché di questo parliamo, di una dimostrazione di forza prepotente e devastante, della volontà di dimostrare di avere un pacchetto (pilota, auto, squadra) a tratti imbattibile, di poter fare il bello e il cattivo tempo. Di essere lupi affamati. Mercedes sembra quasi aver voluto “reprimere” il tentativo di insubordinazione iridata di una rediviva e brillante Red Bull: chi sei, come ti permetti di sognare di riaprire un mondiale finito in Australia?

A Budapest, su una pista tortuosa e spesso avara di emozioni, Lewis Hamilton e Max Verstappen hanno regalato una sfida generazionale piena di significati e spettacolare, con l’inglese che l’ha spuntata grazie alla sua immensa classe e alla strategia del muretto. Il vuoto che hanno fatto Max e Lewis è un buco nero di desolazione per la Ferrari, spettatrice non pagante di un duello di altissimo livello.

La Red Bull cresce a vista d’occhio, accompagnata per mano da questo ragazzo con le stimmate del fenomeno. Verstappen anche in Ungheria ha confermato di essere un talento più unico che raro, capace di prendersi la prima pole position e di correre da veterano, gestendo monoposto e gomme, con lucidità e freddezza. Un pilota meraviglioso, l’uomo che più di tutti potrebbe scalzare Hamilton dal trono di dominatore, il vero candidato a mandare anticipatamente in pensione l’anglocaraibico che inanella record.

Proprio per questo Luigi si è gasato ed esaltato negli scarichi della RB15 dell’olandese. Il cinque volte (quasi sei dai) campione del mondo voleva una vittoria epica, da annali, e chissà se pensava – anzi non pensava visti i team radio scettici verso il muretto – di poter quasi emulare le quattro soste di Schumi in Francia nel 2004. L’ottava vittoria su dodici GP dell’inglese ha un sapore particolare, è un segnale fortissimo ai naviganti. Soprattutto ad uno.

Max – con la sua capacità di trascinare la marea orange, la sua guida sublime, la sua sinergia con la Red Bull ad alto carico aerodinamico targata Newey e non ultima la stima reciproca con il motorista Honda – sta costruendo intorno a se un team da titolo, ripercorrendo lentamente le stesse orme di Vettel a Milton Keynes. E’ una storia affascinante, ed è anche una speranza per vedere qualcosa di diverso.

Ecco perché Hamilton all’Hungaroring aveva il sangue agli occhi, ecco perché ha rincorso negli ultimi giri Verstappen come una furia, sfruttando la diabolica chiamata ai box del grande demiurgo di questa impresa: l’esperto stratega James Vowles. Brackley è così, è un ingranaggio perfetto, dove il manico del campione si sposa in modo armonico alla competitività della monoposto e all’intelligenza del muretto. La Mercedes ha ormai portato forse ad un livello ancora più alto quell’efficienza e perfezione che erano proprie della Ferrari di Schumacher.

Ed è proprio la Ferrari la nota dolente di questo bel GP. La Rossa ha beccato un minuto di distacco, confermando che quando le curve si fanno tortuose e serve generare molto carico la SF90 va ancora maledettamente in crisi, con entrambi i piloti che si sono lamentati di non poter spingere perché non sentivano il posteriore, soprattutto nel terzo settore, quello con le curve più morbide. E’ ormai un difetto congenito e forse irrisolvibile e allora la Ferrari dobbiamo tenercela così, imprevedibile, in pole in Austria e quasi doppiata in Ungheria.

Come sulle montagne russe, ed è desolante vedere la solita battaglia tra “poveri”, con Vettel che – magistralmente, essì Seb ha fatto un’altra grande gara – ha ragione di Leclerc spingendo come un ossesso con gomme più morbide e con quest’ultimo avvilito nel suo talento con una monoposto che non va. Strategie diverse tanto per fare un po’ di movimento, come la famosa “ammuina” della marina borbonica. Ma ben poca sostanza. Per fortuna degli spettatori grigi e blu hanno fatto fuoco e fiamme, ma che amarezza vedere un così intenso duello tra presente e futuro della F1 e aver e il timore che non ci sia mai spazio per il Cavallino rampante.

Antonino Rendina


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