F1 | Gran Premio del Bahrain: l’analisi della gara

Dall'incidente di Grosjean alla vittoria di Hamilton: il racconto della gara di Sakhir

F1 | Gran Premio del Bahrain: l’analisi della gara

“Sto bene, ho le mani come Topolino! Le ustioni sono superficiali, riesco a muovere tutte le dita. Non ho mai perso conoscenza, ricordo tutto dall’inizio alla fine. Per alzarmi dal sedile, sono riuscito a togliere le cinture di sicurezza, il volante non c’era più, probabilmente è volato via durante l’impatto. Ho visto la mia visiera tutta arancione, le fiamme intorno a me, e mi è venuto in mente l’incidente di Niki Lauda, non volevo finire così. Dovevo uscire da lì, per i miei figli. Alla fine, ho le mani ustionate e una grossa distorsione, pensavo di essermi rotto il piede. Ho avuto più paura per i miei parenti, i miei figli in primis, ma anche mio padre e mia madre, che per me. Ho visto la morte arrivare, non avevo altra scelta se non quella di uscire.” Non poteva iniziare diversamente l’analisi del Gran Premio del Bahrain, suo teatro malgrado di un bruttissimo incidente nel corso del primo giro, che aveva visto Romain Grosjean lottare tra la vita e la morte. Nelle fasi iniziali, infatti, un contatto tra il francese e Daniil Kvyat, aveva fatto sì che il pilota della Haas si schiantasse contro le barriere ad una velocità di oltre 200 km/h con un impatto di circa 53G. Oltre alla violenza del botto in sé, tuttavia, a preoccupare era stato il fatto che la monoposto si fosse spezzata in due parti distinte subito dopo l’incidente, sprigionando un grosso incendio in cui lo stesso francese poteva rimanere bloccato. Fortunatamente, grazie alla sua prontezza di riflessi, Grosjean era riuscito a uscire fuori da quell’inferno di trenta secondi, rimediando solamente qualche ustione alle mani e ai piedi: un vero sollievo pensando a quello che, in realtà, sarebbe potuto accadere. Altri elementi, tuttavia, avevano giocato un ruolo fondamentale, a partire dall’halo, il quale aveva evitato che la testa del francese andasse ad impattare contro il guard rail che era stato appena sfondato, o la cellula di sopravvivenza, la quale nonostante le numerose ammaccature riportate, era riuscito a svolgere egregiamente il suo compito, proteggendo il pilota da un impatto violentissimo.

Importantissimo era stato anche l’intervento immediato del personale della pista e di quello della Medical Car, il quale in pochissimo tempo era giunto sul luogo dell’incidente per aiutare Romain ad uscire da quell’inferno. Guardando bene le immagini, infatti, possiamo notare come l’utilizzo dell’estintore abbia in un certo senso protetto il francese in un momento in cui lo stesso Grosjean stesse cercando di slacciarsi dalle cinture ed uscire dall’abitacolo. Egualmente importante erano stati anche i progressi in termini di sicurezza effettuati dalla Federazione nel corso degli ultimi anni, come l’introduzione dell’Hans, che aveva permesso di ridurre al minimo la possibilità che il francese perdesse i sensi in seguito alla forte decelerazione, mantenendolo cosciente per tutto il tempo, oppure le nuove tute pensate per avere una protezione più durature contro le fiamme, testante nel corso della passata stagione già da Kimi Raikkonen nei test di Abu Dhabi, o ancora il sistema di sgancio delle cinture, pensato appositamente per facilitare i piloti in occasioni come queste. Sono tanti i fattori che hanno giocato un ruolo decisivo, proteggendo Grosjean da un destino che avrebbe potuto essere molto diverso da quello a cui abbiamo assistito. Data la gravità dell’incidente, la Federazione ha poi deciso di aprire un’indagine più approfondita, in modo da comprendere le cause che hanno portato in particolar modo allo sprigionamento dell’incendio, come non lo si vedeva ormai da anni. Varie sono le ipotesi, come da una perdita di carburante dai tubi che portavano il liquido dal serbatoio fino al motore, oppure qualcosa legato alla batteria.

A giocare un ruolo chiave era stato sicuramente il fatto che la vettura si fosse spezzata nei punti di ancoraggio proprio tra la cellula di sopravvivenza e il resto della monoposto, cosa al quanto rara, ma su cui sicuramente la FIA indagherà a fondo per comprendere come migliorarne la sicurezza. Osservando sempre le immagini, possiamo anche notare come il serbatoio in effetti sia rimasto sigillato e questo è stato molto importante, perché con circa 105kg di carburante, le possibilità che l’incendio potesse diventare ancor più catastrofico erano davvero ad un passo, ma i progressi portati a termine sotto questo aspetto hanno chiaramente garantito un buon livello di sicurezza. Discorso diverso è quello in merito alle barriere, che hanno poi scatenato diverse polemiche: chiaramente nessuno si aspettava un incidente in quella zona della pista, soprattutto con quell’angolo e a quelle velocità, per cui probabilmente si era cercato di contenere i costi posizionando dei guard rail, che oltretutto facilitavano l’ingresso delle vetture di soccorso. Allo stesso tempo, chiaramente, non era semplice nemmeno trovare una soluzione definitiva, perché da una parte è pur vero che le barriere dovessero assorbire il colpo, ma dall’altra anche evitare di far “rimbalzare” la vettura rispendendola in pista. Sotto questo aspetto, per il secondo appuntamento in Bahrain saranno installate delle file di gomme per cercare di assorbire meglio l’impatto ma, si spera, che per il prossimo anno il personale del circuito interverrà installando una soluzione più adatta e definitiva.

In merito alla cronaca del Gran Premio, a vincere ancora una volta è stato Lewis Hamilton, autore di una prova in discesa dopo due ottime partenze, in cui ha saputo gestire al meglio tutte le varie sfide della corsa, portandosi così a casa l’undicesimo successo stagionale. Alle sue spalle ha concluso uno dei suoi rivali più tosti di questo campionato, Max Verstappen, il quale ha provato il massimo per tentare di arginare l’inglese dal conquistare l’ennesima vittoria, dovendosi però arrendere ad una differenza prestazionale tra le due monoposto sottile ma comunque percettibile. Sul terzo gradino del podio ha fatto la sua apparizione per la seconda volta in carriera Alex Albon, anche se al di là del bel risultato, c’è sicuramente qualcosa da rivedere per come tale conclusione sia arrivata soprattutto grazie al ritiro del suo avversario più diretto a pochi giri dal termine. A farne le spese, infatti, era stato Sergio Perez, il quale dopo una gara su altissimi livelli era stato costretto al ritiro a causa di un problema tecnico sulla sua monoposto. Un vero peccato, perché il messicano si sarebbe meritato tale risultato per quanto mostrato in pista, in cui la sua gestione degli pneumatici è stata ancora una volta sublime.

Quarto e quinto posto per le due McLaren di Lando Norris e Carlos Sainz Jr., con quest’ultimo protagonista di un ottima rimonta dopo il guasto occorso in qualifica. Sesto posto per uno strabiliante Pierre Gasly, bravo a far funzionare al meglio la strategia ad una singola sosta e a trarre contropiede gli avversari. A concludere la zona punti le due Renault di Daniel Riccairdo ed Esteban Ocon, Valtteri Bottas e Charles Leclerc. Una gara piuttosto complicata quella del finlandese, complicata da una brutta partenza e da una foratura nei primissimi passaggi, fattori che lo avevano costretto ad una prestazione tutta in rimonta.

Mercedes: una gara a due facce

Date le caratteristiche della pista, alla vigilia del terzultimo appuntamento del mondiale la Mercedes partiva con il favore dei pronostici. Su un tracciato che premia le doti della Power Unit e una buona gestione degli pneumatici, indubbiamente la squadra tedesca avrebbe avuto modo di esprimere al meglio il potenziale della sua W11, bissando il successo della Turchia che aveva consentito a Lewis Hamilton di conquistare il suo settimo alloro iridato. L’intera prima fila conquistata al sabato aveva posto le basi per una doppietta che, seppur difficile da conquistare dato un possibile inserimento da parte di Verstappen, era alla portata.

Già alla prima partenza, tuttavia, qualcosa era cambiato. Sin dal venerdì era chiaro come partire sul lato destro della griglia, quello sporco, avrebbe potuto compromettere in maniera evidente lo scatto al via, rischiando di perdere numerose posizioni che sarebbero poi state complicate da recuperare. A soffrirne era stato soprattutto Valtteri Bottas, il quale era stato suo malgrado protagonista di un pessimo avvio allo spegnimento dei semafori a causa di un eccessivo pattinamento delle gomme posteriori dalla seconda casella in griglia, vedendosi così sfilare non solo dalle due Red Bull, ma anche da Sergio Perez e Daniel Ricciardo prima dell’esposizione della bandiera rossa. Fortunatamente per il finlandese, la decisione dei direttori di gara di formare una nuova griglia in base alle posizioni alla “Safety Car Line 2” gli aveva dato l’opportunità di limitare i danni e perdere solamente due posizioni in griglia, ovvero quelle su Max Verstappen e il messicano della Racing Point, il che avrebbe significato prendere il via dalla quarta casella. Problemi che, invece, non aveva avuto Lewis Hamilton, autore di uno dei suoi migliori scatti in stagione, tanto da sorprendere il pilota stesso, come aveva lasciato intendere nel corso di un breve debrief con gli ingegneri nella pausa dovuta alla neutralizzazione della corsa.

Alla ripartenza, quindi, Lewis si sarebbe schierato nuovamente dalla pole position, mentre il suo compagno di casacca avrebbe preso il via dal quarto posto, sperando di poter recuperare già nei primissimi metri di gara, in modo da non rimanere bloccato nel traffico e lasciar scappare i rivali più diretti. Così come era avvenuto precedentemente, anche nella seconda partenza Hamilton era stato capace di mantenere abilmente la testa della corsa, ponendo le basi per quello che avrebbe potuto essere l’ennesimo successo, mentre Bottas, anche in questo caso, non era stato autore di scatto particolarmente brillante, riuscendo tuttavia a mantenere la quarta posizione. L’entrata in pista della Safety Car aveva nuovamente neutralizzato la situazione, permettendo ai piloti non solo di salvare gli pneumatici su una pista con un asfalto molto aggressivo sulle coperture, ma anche carburante, dato che quello di Sakhir è tra i tracciati più impegnativi del mondiale sotto questo punto di vista. Proprio in questo frangente, tuttavia, le gare dei due alfieri della squadra di Stoccarda avrebbero preso strade completamente diverse: da una parte Hamilton sarebbe rimasto saldamente in testa alla classifica, mentre dall’altra Bottas sarebbe scivolato in fondo al gruppo a causa di una foratura.

La gara dell’inglese è stata senza dubbio quella meno movimentata delle due, essendo rimasto al comando essenzialmente per tutta la gara. Un successo costruito anche grazie ad un’ottima ripartenza dopo la Safety Car, in cui era stato in grado di trovare il momento perfetto per sorprendere i propri avversari e guadagnare rapidamente un minimo vantaggio di quasi due secondi che lo avrebbe messo al riparo da un possibile utilizzo del DRS dei piloti alle proprie spalle. Un piccolo ma consistente tesoretto che gli aveva permesso di impostare diversamente la sua corsa, preoccupandosi sin dai primissimi giri di salvaguardare gli pneumatici e il carburante, due aspetti particolarmente critici in Bahrain, nonostante il periodo di neutralizzazione dietro la vettura di sicurezza avesse permesso di contenere i consumi. Nel confronto diretto con il suo avversario più diretto, infatti, Hamilton perdeva solamente nelle curve più impegnative e stressanti per le gomme, come curva sei e curva 12. L’ottima gestione delle coperture aveva permesso al muretto di ragionare sulle strategie con maggior fiducia, dato che, quantomeno prima della corsa, il fatto che Red Bull avesse conservato due set nuovi di gomma hard avrebbe potuto rivelarsi un vantaggio non indifferente per la squadra anglo-austriaca, soprattutto in caso il consumo degli pneumatici si fosse rivelato maggiore di quanto ci si aspettasse.

Una svolta, tuttavia, era arrivata nel corso del diciannovesimo passaggio, quando la Mercedes aveva deciso di richiamare il suo pilota di punta per montare l’unico treno di gomme dure a disposizione, cambiando essenzialmente quella che avrebbe potuto essere la storia della corsa. Una scelta che sembrava essere arrivata un po’ all’improvviso, dato che nei giri precedenti sembrava che l’idea del muretto fosse quella di continuare ad estendere, ma che era giunta proprio nella tornata in cui Lewis si era iniziato a lamentare degli pneumatici posteriori, non tanto per il loro consumo, quanto per il fatto che si stessero iniziando a surriscaldare, diminuendo il grip totale a disposizione. Come confermato in un team radio successivo, infatti, al momento della sosta gli pneumatici montati sulla vettura numero 44 erano intorno al 70% del loro potenziale, tanto che, nonostante i piccoli problemi riportati, l’idea di Lewis sarebbe stata quella di proseguire. La decisione, tuttavia, andava anche inquadrata in un quadro più ampio, tenendo conto di quelle che avrebbero potuto essere le scelte della Red Bull. Nel corso del diciottesimo passaggio, infatti, Verstappen era stato protagonista di un lungo in curva dieci, il quale gli era costato circa un secondo in un momento di generale difficoltà, portando così il distacco complessivo intorno ai cinque secondi. Per recuperare il tempo perso in quel frangente e contenere la perdita di passo che si era registrata nelle ultime tornate, non sarebbe stato impossibile immaginarsi una reazione anticipata da parte del team anglo-austriaco, sfruttando la gomma nuova per riavvicinarsi rapidamente e mettersi nuovamente in gioco con penumatici già in temperatura. Per questo il muretto della Mercedes aveva deciso di cautelarsi, facendo la mossa e richiamando ai box il proprio porta colori per montare il secondo set di coperture medie a disposizione, al contrario di Verstappen, il quale sarebbe poi rientrato nel giro successivo per calzare un treno di gomme hard, il che gli avrebbe permesso di spingere senza prestare troppa attenzione al consumo delle stesse.

All’inizio del secondo stint, infatti, Max aveva premuto sull’acceleratore, imponendo un passo davvero interessante anche a costo di sacrificare momentaneamente la gestione delle gomme, in modo da poter ridurre il distacco e riportarsi intorno ai quattro secondi, un gap ancora utile per poter pensare di tentare una seconda sosta anticipata ed avvicinarsi ulteriormente. Al contrario, Lewis aveva cercato di gestire i suoi pneumatici in maniera più cauta, ben consapevole che l’obiettivo principale sarebbe stato quello di far durare il più a lungo possibile la media, in modo da poter poi effettuare l’ultima sosta e passare all’unico set di coperture a mescola dura a disposizione dell’inglese. Un approccio che aveva dato i suoi frutti non tanto nell’immediato, quanto sulla lunga distanza, tanto che a dispetto di un po’ di traffico a casa dei doppiati, intorno al trentatreesimo passaggio Lewis era riuscito a portare nuovamente il suo vantaggio a quasi sei secondi. Al contrario della prima fase di gara, tuttavia, in questo secondo stint era stata la Red Bull a decidere di fare la prima mossa, richiamando Verstappen ai box per montare il secondo set di gomme hard a disposizione, probabilmente spinti dal fatto che Hamilton si sarebbe potuto fermare a breve per evitare un grosso gruppo di doppiati.

A quel punto, ben consapevoli che sarebbero finiti sulla stessa strategia dei propri avversari e che avrebbero potuto sfruttare il lento pit-stop dei rivali, la scelta più logica per la Mercedes era semplicemente quella di andare a coprire le mosse dei propri rivali, richiamando Lewis il giro successivo in modo da mettersi al sicuro e cercare di portare la vettura al traguardo in prima posizione. Così come si era visto precedentemente, all’inizio dello stint Verstappen era stato ancora una volta molto aggressivo sugli pneumatici, cercando di ricucire il gap dal battistrada, che in effetti si era ridotto a soli tre secondi e mezzo, mentre Hamilton si era concentrato ancora una volta sul cercare gestire le gomme nel miglior modo possibile, in modo che fossero ancora in buone condizioni nelle fasi conclusive del Gran Premio. Anche in questo caso, l’approccio più cauto dell’inglese aveva dato i suoi frutti dopo qualche passaggio, iniziando a guadagnare costantemente fino a mettere tra sé e l’olandese alle sue spalle un gap che gli avrebbe permesso di tagliare agevolmente il traguardo in prima posizione. Un continuo guadagno che aveva spinto la Red Bull a cambiare strategia, fermandosi così per la terza volta nella speranza che l’ultimo treno di gomme medie gli avrebbe permesso di riavvicinarsi e sfruttare l’occasione in caso di entrata della Safety Car. Un piano che di per sé poteva avere un senso, perché entrando nella “finestra” del sette volte campione del mondo, avrebbero messo il team nella situazione di dover scegliere tra il mantenere la track position ma con gomme usurate, oppure richiamare ai box il proprio portacolori consapevoli che, tuttavia, sarebbe rientrato in pista proprio dietro al pilota della Red Bull, dovendo così cercare un sorpasso in pista. Fortunatamente per Hamilton, nonostante l’ingresso della vettura di sicurezza proprio nelle tornate finali, il piano del team anglo-austriaco non aveva avuto il successo sperato, dando così l’opportunità al pilota di Stevenage di passare sotto alla bandiera a scacchi ancora una volta davanti a tutti e conquistare il suo undicesimo successo stagionale.

Molto più complessa è stata la gara del suo compagno di squadra, Valtteri Bottas, solamente ottavo al traguardo dopo una corsa tutta in rimonta. La foratura accasata nei primi giri, molto probabilmente dovuta a qualche detrito nella zone dell’incidente di Romain Grosjean, avevano rispedito il pilota finlandese in fondo al gruppo, vedendosi così costretto a dover cambiare completamente i propri piani e le strategie per il resto del Gran Premio. Una situazione inaspettata che, chiaramente, in Mercedes non avevano preventivano e che portava con sé numerosi problemi. Innanzitutto, è importante menzionare il fatto che il team tedesco avesse impostato le proprie vetture per una gara in aria libera o, comunque, davanti a tutti, in cui a fare la differenza sarebbe stata la gestione gomme nei confronti dei rivali più diretti. Per questo, nella scelta del set-up, tenendo a mente il minimo ma importante vantaggio in termini motoristici rispetto alla concorrenza, gli ingegneri della “Stella” avevano optato per ali leggermente più cariche, il che lì avrebbe sì penalizzati in termini di velocità massima, ma gli avrebbe dato una grossa mano nel gestire gli pneumatici e fare la differenza sulla lunga distanza.

Chiaramente, tuttavia, questa scelta si sarebbe rivelata deleteria nel caso uno dei due piloti fosse stato costretto a rimontare dal fondo, in quanto la mancanza di velocità di punta sui rettilinei avrebbe potuto influire sulla capacità della W11 di concludere sorpassi e aiutare i portacolori del team a tornare nelle prime posizioni. Dopo la ripartenza, infatti, il finlandese era rimasto bloccato in un gruppetto di piloti che si fornivano la scia a vicenda e, non potendo contare sull’ausilio del DRS, con il deficit in termini di velocità di punta sarebbe stato ancor più complicato riuscire a sorpassare gli avversari rapidamente. Come se non bastasse, vi era un altro problema di cui la squadra tedesca avrebbe dovuto tener conto: avendo impostato la monoposto per correre in aria libera, era chiaro che rimanendo in mezzo al gruppo sarebbero aumentate anche le temperature della Power Unit e dei freni, con quest’ultimi che dopo un paio di passaggi avevano iniziato a mostrare sul dash del volante numerosi segnali di avvertimento per overheating. Un problema di cui tenere conto e che aveva spinto gli ingegneri a chiedere più volte al proprio portacolori di portare a termine della azioni che avessero potuto diminuirne le temperature: ciò si rifletteva soprattutto in staccata, dove in diverse occasioni Bottas era stato costretto ad alzare precocemente il piede dall’acceleratore ed effettuare manovre di lift and coast, le quali andavano ad influire sulle possibilità di affondare la staccata e completare dei sorpassi. Aspetti che nei primi passaggi avevano condizionato in modo importante la corsa del numero 77, il quale era stato così costretto ad aspettare il permesso della Federazione per l’utilizzo dell’ala mobile per iniziarsi a smuovere dal fondo della classifica, completando in breve tempo due sorpassi su Vettel e Latifi.

Riuscire a sbarazzarsi il più velocemente possibile dei piloti davanti a sé sarebbe stato vitale per il finlandese, non solo perché il tempo perso alle spalle di monoposto più lente si sarebbe fatto sentire in maniera importante sul cronometro, ma anche perché rimanendo così a lungo nella scia dei rivali, a risentirne sarebbero stati anche i suoi pneumatici hard, per la quale il muretto Mercedes aveva previsto un lungo primo stint con ben diciannove passaggi in più di quello che sarebbe stato il target iniziale. Giunto alle spalle di Raikkonen, riuscire a sopravanzare il connazionale non sarebbe stato semplice perché, così come Valtteri, anche Kimi poteva godere dell’ausilio del DRS essendo a meno di un secondo dalla vettura che lo precedeva. Ciò aveva costretto il portacolori del team di Stoccarda a percorrere diversi passaggi dietro all’Alfa Romeo numero 7, quantomeno fino a quando quest’ultima era stata richiamata ai box nel corso del diciassettesimo passaggio. Un discorso essenzialmente identico poteva essere fatto anche per George Russell, bravo a difendersi egregiamente fino al momento della sua prima sosta, che aveva dato così l’opportunità a Bottas di trovarsi finalmente in aria libera ed iniziare a spingere. Non era un caso che, liberatosi del traffico, i tempi del finlandese fossero subito migliorati di oltre un secondo, mantenendo un ritmo che gli avrebbe permesso di chiudere rapidamente il gap su Charles Leclerc, il quale si trovava alle presse con grosse difficoltà nella gestione degli pneumatici, tanto da facilitare in maniera chiara il lavoro del pilota della Mercedes in fase di sorpasso. Tutto il tempo perso alle spalle dei rivali nei primi venti giri di gara, tuttavia, si era fatto sentire sulle sue coperture, le quali avevano iniziato ad accusare un certo degrado che non avrebbe permesso al finlandese di spingere come avrebbe voluto, aspetto fondamentale per cercare di portare a termine la sua rimonta. L’obiettivo del muretto, infatti, era quello di tentare un overcut nei confronti di quei piloti con cui aveva battagliato precedentemente, come Russell, Kvyat e Leclerc. Sfortunatamente, quel calo delle gomme unito al fatto che i rivali avessero potuto montare dei treni nuovi, ottenendone il massimo della prestazione, aveva fatto sì che per il team tedesco fosse molto complicato riuscire a fermare Bottas e farlo uscire nuovamente davanti, come si era poi effettivamente verificato.

Con ancora una lunga corsa davanti a sé dopo il pit stop, per Valtteri era vitale riuscire a sbarazzarsi in fretta del traffico, cosa avvenuta in poche tornate, grazie ai sorpassi prima sull’inglese della Williams e poi sul monegasco della Ferrari. Considerando tutto il tempo perso nella prima parte di gara, riuscire a centrare il podio o il quarto posto sarebbe stata quasi un’impresa impossibile, ma l’obiettivo Renault era alla portata e, con un pizzico di fortuna, avrebbe potuto esserlo anche quello di riacciuffare nuovamente quantomeno una delle due McLaren, seppur più distante, come era arrivata ad immaginarsi la Mercedes stessa nelle sue simulazioni in real time. Una possibilità confermata anche dal fatto che in quel frangente della corsa, Bottas stesse facendo segnare tempi assolutamente equiparabili a quelli del due di testa, segnale che a pista libera effettivamente il numero 77 avesse il passo per rimanere lì davanti a giocarsela con il proprio compagno di squadra su una pista dove, generalmente, si è sempre trovato a suo agio. Per riuscire a raggiungere le due monoposto del team francese, tuttavia, sarebbe stato vitale riuscire a superare il più presto possibile Pierre Gasly, il quale si trovava su una strategia completamente diversa dagli avversari, avendo impostato la propria gara su una tattica ad una singola sosta. Valtteri era riuscito a chiudere il gap dal pilota transalpino piuttosto rapidamente, ma riuscire a sopravanzarlo sarebbe stata tutt’altra storia. Sin dalle prove libere si era potuto notare come l’AlphaTauri potesse godere di ottime velocità di punta e, tenendo a mente che la W11 numero 77 peccava sotto questo punto di vista nonostante l’utilizzo del DRS, era semplice comprendere il motivo per cui Bottas fosse rimasto bloccato alle sue spalle per diversi passaggi, non riuscendo a trovare il giusto pertugio per completare la manovra. Ciò, naturalmente, aveva impattato in maniera evidente sul passo del finlandese, costringendo il muretto ad anticipare la terza sosta, anche per rispondere alle due Renault che si erano fermate solamente un paio di giri prima.

Una decisione che per il box Mercedes andava messa nella giusta prospettiva: innanzitutto, sarebbe stato molto complicato arrivare sino alla bandiera a scacchi sul set di coperture a banda gialla che stava calzando in quel momento, il quale aveva già circa una quindicina di passaggi alle spalle, per cui sarebbe sicuramente necessaria un’altra sosta. In secondo luogo, era fondamentale tenere a mente quali avrebbero potuto essere le alternative per il finlandese. Indubbiamente il muretto tedesco avrebbe potuto allungare lo stint ancora di qualche passaggio, sperando riuscire a sopravanzare rapidamente Gasly per poi montare un set di gomme soft per il tratto finale, che con Sainz avevano dato riscontri più che positivi anche sulla lunga distanza. Rimanendo così a lungo dietro il pilota francese, tuttavia, il rischio di non riuscire a completare il sorpasso in tempi brevi e il fatto che le due Renault avrebbero potuto sfruttare il momento per aumentare virtualmente il proprio vantaggio, aveva fatto sì che per la squadra di Stoccarda non vi fosse altre scelta che richiamare il proprio portacolori in anticipo su quella che sarebbe stata l’ideale tabella di marcia.

Viene da sé immaginarsi che questa non fosse nemmeno la decisione che il team avrebbe voluto prendere, anche perché vi era un dettaglio molto importante da tenere a mente: anticipare la sosta avrebbe significato essere praticamente costretti a montare un altro treno di gomme a banda medie, non tanto perché la soft non sarebbe arrivata fino in fondo, ma perché sul finale, avendo percorso così tanti giri, non avrebbe dato quel qualcosa in più in termini di grip per riuscire ad attaccare i rivali. Il problema sorgeva nel momento in cui l’unico altro set di gomme a banda gialla a disposizione era quello con cui aveva subito una foratura ad inizio gara, rendendo di fatto inutilizzabile lo pneumatico anteriore destro. Per questo sarebbe stato fondamentale allungare il più possibile il secondo stint, ma trovandosi in una situazione senza alternative, l’unica opzione sul tavolo per il muretto era quella di richiamare Bottas e sostituire tre gomme su quattro, nella speranza che l’anteriore destra potesse reggere per un totale di quasi trenta tornate. Una mossa che, per quanto inusuale, era perfettamente aderente al regolamento, nello specifico all’articolo 24.2 a), il quale recita: “Un set completo di gomme comprenderà due gomme anteriori e due gomme posteriori, le quali dovranno essere della stessa specifica e come allocate dalla FIA anche se, tuttavia, set della medesima specifica possono essere mischiati dopo la sessione di qualifiche.”

Con quasi una ventina di giri a disposizione, la caccia alle due Renault era aperta. A separarlo da Ocon era un distacco di circa quattro secondi, mentre sarebbe stato più complicato riuscire a riprendere Ricciardo, distante circa sei secondi. Il sorpasso sul francese non era stato poi così difficile da ottenere, essendo riuscito a chiudere il gap in pochissimi passaggi, ma lo stesso non di poteva dire per l’australiano, il quale negli ultimi passaggi era riuscito a mantenere un ottimo passo, rendendo così difficile al finlandese riuscire ad avvicinarsi prima della bandiera scacchi. L’entrata della Safety Car a causa del ritiro di Sergio Perez aveva poi tolto ogni chance al finlandese di riuscire a progredire nella sua rimonta, dovendosi così accontentare dell’ottavo posto finale. Una gara molto complicata, in cui ben poco è andato nel verso giusto, dalla partenza a rilento, passando per la foratura nei primi giri, fino alle difficoltà nel riuscire a completare i sorpassi a causa di un assetto pensato per condizioni diverse. La sua corsa potrebbe essere riassunta nella beffa finale a poche tornate dal termine, quando sulla sua vettura era stata nuovamente riscontrata una foratura alla gomma posteriore destra, seppur il fatto che si trovasse dietro alla vettura di sicurezza gli aveva permesso di giungere fino al traguardo senza ulteriori pit stop.

Red Bull: il tutto per tutto

Dopo la battuta d’arresto in Turchia, dovuta più ad errori dei piloti e del team che da una vera mancanza di passo della vettura, in Bahrain la Red Bull cercava il riscatto. Riuscire a portare a casa il successo di tappa sarebbe stato estremamente difficile, dato che sulla pista di Sakhir le doti della Power Unit possono fare la differenza, ma riuscire quantomeno ad inserirsi tra le due vetture della Mercedes avrebbe potuto essere un obiettivo alla portata.

Il terzo posto conquistato al sabato era indubbiamente un punto di partenza per riuscire a conquistare tale risultato, soprattutto per Max Verstappen sarebbe partito dal lato pulito della griglia, il che avrebbe avuto i suoi benefici nel momento del rilascio della frizione. Così era stato e, sfruttando anche l’incertezza di Bottas nelle fasi iniziali, l’olandese era riuscito a portarsi rapidamente in seconda posizione alla Safety Car Line 2, abbastanza per conservarla anche dopo la bandiera rossa. Per quanto indubbiamente la prima fila in griglia potesse rappresentare un punto a favore nella rincorsa ad un posto sul podio, per il pilota della Red Bull sarebbe stato fondamentale azzeccare la partenza e non essere protagonista di una partenza negativa come lo era stata precedentemente quella del pilota finlandese. Da questo punto di vista, l’olandese aveva portato a termine un buon lavoro limitando per quanto possibile il pattinamento posteriore, nonostante Perez fosse comunque riuscito ad affiancarsi alla frenata di curva 1. Proprio in questo punto passava buona parte della corsa del pilota della Red bull, in quanto finire dietro al rivale della Racing Point non solo avrebbe dato l’opportunità ad Hamilton di scappare e costruirsi un vantaggio che difficilmente si sarebbe poi potuto richiudere in seguito, ma avrebbe anche lasciato aperta la porta ad un possibile attacco da parte di Valtteri Bottas, il quale scattava dalla quarta posizione in griglia.

Grazie ad una staccata molto profonda ed aggressiva in curva 1, Verstappen era riuscito ad arginare l’attacco del messicano e a mantenere la seconda posizione prima che l’entrata della vettura di sicurezza neutralizzasse nuovamente la situazione. Ciò aveva dato l’opportunità al pilota della Red Bull di porsi nuovamente in una situazione in cui avrebbe potuto di avvicinarsi al rivale della Mercedes e tentare il sorpasso alla ripartenza, anche se ciò avrebbe chiesto non solo tanta potenza motoristica non potendo utilizzare il DRS, ma anche un buono spunto, cosa che all’olandese era in realtà mancato, dato che Hamilton era riuscito a cogliere di sorpresa coloro che si trovavano alle proprie spalle e a guadagnare immediatamente un minimo ma prezioso vantaggio.

Nonostante stesse facendo del suo meglio per riuscire a contenere il distacco dal battistrada, anche a costo di sacrificare la durata degli pneumatici facendo meno saving in alcune delle zone più impegnative del tracciato, questo continuava a crescere giro dopo giro, fino ad arrivare intorno ai quattro secondi. Un errore dell’olandese in uscita di curva dieci non aveva fatto altro che rendere ancor più complicata la situazione, portando il gap a circa cinque secondi, anche se furbamente Max era riuscito a limitare i danni, accelerando e percorrendo un tratto sulla parte esterna della pista, in modo da non dover rallentare per il cordolo e rientrare immediatamente in pista. Complice il piccolo vantaggio a disposizione e la possibilità che la Red Bull potesse in effetti richiamare anticipatamente il proprio portacolori per cercare di ridurre il gap, la Mercedes aveva deciso di modificare le carte in tavola e fare la prima mossa, richiamando così Hamilton ai box per montare un ulteriore set di pneumatici a mescola media. L’unica alternativa nella mani della Red Bull a quel punto era quella di seguire i rivali, fermando così Verstappen: al contrario dell’inglese, tuttavia, sulla monoposto dell’olandese era stato montato un set di gomme dure nuovo, in quanto il team era riuscito a salvarne due dalle precedenti sessioni. Ciò chiaramente, nel caso la hard si fosse rivelata una mescola competitiva, avrebbe potuto dare un vantaggio al portacolori della squadra di Milton Keynes, permettendogli di fare meno saving e di poter spingere di più sulla lunga distanza. Un aspetto che Verstappen aveva colto in pieno, spingendo il più possibile nei primi giri dopo la sosta, il che gli aveva consentito di ridurre il gap a circa quattro secondi, quantomeno prima che la situazione si invertisse e fosse nuovamente il sette volte campione del mondo a dettare il ritmo e a guadagnare. Il secondo stint non aveva regalato particolari sussulti da questo punto di vista, con i due che effettuavano una sorta di elastico marcandosi a vicenda, in attesa di capire quale sarebbe stato il momento ideale per effettuare il secondo ed ultimo pit stop.

Le opzioni nelle mani della Red Bull erano essenzialmente due. Da una parte cercare di andare il più lungo possibile nella speranza di poter montare un set di pneumatici soft per l’assalto finale nell’ultima parte della corsa, il che chiaramente si sarebbe potuto però scontrare con il fatto che, montando una gomma media, Hamilton molto probabilmente non sarebbe andato avanti ancora a lungo, rischiando così di costruirsi un tesoretto utile per difendersi nella lotta per la vittoria. Dall’altra, vi era l’opportunità di fare esattamente l’opposto, ovvero comprendere quando si sarebbe fermato il pilota di Stevenage ed anticiparlo, cercando così di fare la differenza nelle fasi immediatamente successive alla sosta. Sotto questo aspetto, probabilmente erano state fondamentali anche le comunicazioni radio dell’inglese, che un paio di tornare prima del pit stop aveva iniziato a denotare delle strane vibrazioni sulle proprie coperture, un fenomeno non del tutto nuovo per il team tedesco. Nonostante le varie alternative a disposizione, Red Bull aveva deciso di andare all’attacco, anticipando la seconda sosta nella speranza di poter riavvicinarsi al battistrada. Un piano che avrebbe potuto anche funzionare se non fosse stato per uno dei rari errori dal parte della crew Red Bull addetta ai pit stop, costretta ad allungare il cambio gomme di qualche, ma fondamentale, secondo. Sfruttando tale imprevisto, la pressione sulla Mercedes in testa si era naturalmente ridotta, avendo un margine più ampio da gestire che non avrebbe nemmeno richiesto di spingere in modo eccessivo dopo la sosta, salvaguardando così le coperture. Al fine di non correre rischi, tuttavia, il team tedesco non aveva fatto altro che andare a coprire la mossa dei rivali, richiamando Lewis in modo da metterlo essenzialmente sulla stessa identica strategia di colui che si trovava alle sue spalle. Così come si era visto precedentemente, tuttavia, dopo qualche tornata all’attacco Verstappen aveva iniziato nuovamente a risentirne sui tempi, aumentando progressivamente il suo distacco da quella che avrebbe potuto essere la lotta per il successo di tappa.

Con ormai poche frecce nel proprio arco per ribaltare la situazione, non vi era nulla da perdere e solamente un fattore avrebbe potuto cambiare il destino del Gran Premio, ovvero un possibile ingresso della Safety Car. Proprio per questo il muretto Red Bull aveva deciso di tentare il tutto per tutto, richiamando ancora una volta ai box il proprio pilota a circa una decina di giri dalla bandiera a scacchi nella speranza che, riportandosi nella finestra del rivale della Mercedes, un’eventuale ingresso della vettura di sicurezza potesse mandare in crisi il team tedesco. In quel caso le alternative sarebbero state due per la squadra diretta da Toto Wolff: rimanere fuori, ma con un set di gomme hard, che indubbiamente avrebbero garantito un grip minore sulla lunga distanza, oppure fermarsi e montare un treno di pneumatici soft, perdendo così la track position. Una mossa che, tuttavia, non aveva funzionato essenzialmente per due ragioni: da una parte il fatto che dopo la sosta Verstappen avesse perso del tempo dietro ad un gruppo di doppiati, mancando così la finestra dell’inglese per solamente per qualche secondo, dall’altra la decisione da parte della direzione gara di mantenere in pista la vettura di sicurezza in pista fino alla bandiera a scacchi, privando così tutti i piloti dell’opportunità di tentare un attacco finale.

Molto più “lineare” la corsa dell’altro portacolori della Red Bull, Alex Albon, autore del suo secondo podio stagionale grazie anche al ritiro del rivale più diretto nella conquista del terzo posto, Sergio Perez. La quarta casella conquistata in qualifica rappresentava un ottimo punto di partenza per riuscire a confermarsi in gara, evitando quel traffico che molto spesso ha reso molto più complicate le due gare. Sfortunatamente, così come per Bottas, anche il pilota anglo-tailandese era stato protagonista di uno scatto a rilento allo spegnimento dei semafori, perdendo immediatamente la posizione nei confronti di Sergio Perez, il quale era invece scattato dal lato pulito della griglia, vedendosi così scivolare al quinto posto per la ripartenza. Anche in questo frangente, tuttavia, non era stato protagonista di uno scatto particolarmente convincente, rimanendo così dietro a quello che sarebbe stato il suo rivale più diretto per la lotta per il podio, Perez. La foratura occorsa sulla vettura numero 77, infatti, aveva lasciato aperta la porta ad un risultato inatteso, per cui sarebbe servita una prestazione di alto livello. Un punto piuttosto interessante della corsa del portacolori della Red Bull riguardava la prima sosta, piuttosto discutibile da diversi punti di vista. Non solo in quel momento non vi era un’estrema necessità di fermarsi, ma soprattutto aspettando due giri in più Albon sarebbe riuscito a smarcarsi dal traffico di Leclerc, avendo possibilità più concrete di riavvicinarsi al messicano. Viene da chiedersi se, come avvenuto in altre occasioni, il team anglo-tailandese avesse sfruttato il proprio pilota per comprendere il comportamento delle coperture più dure, in attesa di montarle sulla monoposto di Max Verstappen per il suo secondo stint. Durante la seconda fase della corsa, Alex era riuscito a mantenere un passo quasi simile a quello del proprio rivale più diretto, ma non abbastanza per riuscire a riportarsi nei suoi scarichi, tanto che intorno al trentesimo passaggio questo si attestava intorno ai cinque secondi. Naturalmente, a quel punto l’unica alternativa a disposizione del team era quella di giocare in anticipo, imponendosi nelle strategie e richiamando il proprio Alfiere, nella speranza che quel giro in più a gomma nuova gli permettesse di riavvicinarsi e portarsi ad una distanza minima per poi tentare un attacco. Una tattica che aveva funzionato, considerando anche le difficoltà che aveva incontrato il messicano della Racing Point nel superare Carlos Sainz Jr. dopo la sua sosta, diminuendo così il distacco a solo poco più di due secondi e mezzo, abbastanza per fare un salto in più in termini prestazionali e sfruttare l’utilizzo del DRS. Sfortunatamente, tuttavia, così come nel secondo stint Perez era stato in grado di imporre il proprio ritmo, qualche decimo più rapido del pilota anglo-tailandese, fino a mettersi in una condizione di sicurezza. Solamente il ritiro della Racing Point numero 11 aveva permesso ad Albon di approfittare della situazione e conquistare un podio che ormai sembrava essergli sfuggito.

Racing Point: un podio (letteralmente) in fumo

Nel corso delle ultime settimane, la Racing Point si è dimostrato tra i team più competitivi in pista, lottando più volte per il raggiungimento del quarto posto – o addirittura del podio – come prima squadra della midfield. La seconda posizione conquistata in Turchia aveva rappresentato al meglio lo stato di forma della squadra anglo-canadese, che in Bahrain era pronta a ripetersi, in particolare con Sergio Perez, da sempre abile interprete della pista di Sakhir, dove la gestione degli pneumatici posteriori rappresenta un aspetto fondamentale.

La quinta casella conquistata in qualifica indubbiamente rappresentava un buon punto di partenza per puntare ad un altro risultato di rilievo, in particolare se qualcuno davanti a lui avesse accusato dei problemi. L’ottimo scatto dalla parte pulita della griglia gli aveva permesso immediatamente di recuperare la posizione non solo su Alex Albon, ma anche su Valtteri Bottas, il quale era stato suo malgrado protagonista di un avvio al rilento. La neutralizzazione della corsa dovuta alla bandiera rossa aveva così dato l’opportunità di fare il punto sulla strategia e come ciò avrebbe influito sulla lunga distanza, con l’obiettivo di gestire coloro che si sarebbero trovati alle sue spalle e trarre il massimo dalla situazione. Alla ripartenza, il messicano era stato ancora una volta autore di un ottimo rilascio frizione, portandosi rapidamente al fianco di Max Verstappen, ma senza affondare davvero la staccata in curva 1, come aveva invece fatto l’olandese in una mossa particolarmente aggressivo. Una scelta saggia da parte del pilota della Racing Point che, essendo sul lato pulito, avrebbe anche potuto osare qualcosa in più in frenata, ma il rischio di arrivare lungo e compromettere la sua gara per una posizione che molto probabilmente avrebbe fatto fatica a mantenere nel resto del Gran Premio, era troppo elevato. A seguito anche della foratura accusata sulla Mercedes numero 77, il podio sembrava un obiettivo sempre più alla portata e, per riuscire a portare tale risultato, sarebbe stato fondamentale riuscire a mantenere un passo di alto livello, gestendo al meglio gli pneumatici.

Grazie ai numerosi passaggi completati dietro alla vettura di sicurezza, il muretto aveva avuto l’opportunità di considerare le sue alternative a disposizione, optando per rimanere sul “piano A” ma allungando lo stint di quantomeno quattro giri, nella speranza di rendere meno gravoso il lavoro sugli altri set. Per tutto il primo stint, il messicano aveva mantenuto un ritmo equiparabile del proprio rivale, solamente qualche decimo più veloce, ma abbastanza per riuscire a costruire un piccolo gap che lo avrebbe messo al riparo anche in caso di sosta anticipata, come in effetti si era verificato. Il muretto della Red Bull, infatti, aveva deciso di richiamare ai box il proprio portacolori, mettendo così la Racing Point in una situazione di dover prendere una decisione e reagire, motivo per il quale anche il team anglo-canadese aveva deciso di fermare il messicano nel passaggio successivo. Chiaramente entrambi non ne avevano tratto beneficio, essendo finiti nel traffico sia di Carlos Sainz Jr. che di Pierre Gasly, nonostante Perez fosse stato incisivo nel completare i sorpassi e liberarsi da quella situazione difficoltosa. L’aspetto più importante era quello di riuscire a mantenere un passo costante gestendo le coperture sulla lunga distanza, motivo per cui l’ingegnere di pista gli aveva consigliato di spingere nelle curve ad alta velocità e di gestire nei tratti più rapidi, come ad esempio curva 12, dove i carichi sugli pneumatici erano più elevati. Da questo punto di vista, Sergio aveva svolto un ottimo lavoro e alla fine dello stint il suo vantaggio sul pilota alle sue spalle era aumentato fino a raggiungere circa sei secondi, il che lo avrebbe messo al riparo da un eventuale tentativo di undercut.

Completato il pit stop finale, anche nella terza ed ultima fase della corsa le indicazioni del muretto erano rimaste le medesime, in cui si chiedeva al numero 11 di gestire le gomme e di sfruttarle solamente nelle zone a bassa velocità, dove i carichi trasmessi erano minori. Identiche erano rimaste ance le prestazioni del pilota messicano, grazie a cui era stato in grado di guadagnare decimi su decimi nei confronti del suo rivale. Solamente un calo di potenza sul finale non gli aveva permesso di riuscire a conquistare un terzo posto che si sarebbe senza dubbio meritato, costringendolo così a parcheggiare la sua monoposto a bordo pista. Andando a controllare le telemetrie, possiamo notare come in uscita di curva le performance della Power Unit fossero le medesime rispetto alle tornate in cui non si era verificato il problema, segnale che il guasto potesse essere più sulla parte elettrica che quella endotermica. Secondo le prime analisi del team, ad aver ceduto era stato l’MGU-K, anche se saranno fondamentali ulteriori ispezioni in merito alle unità che saranno rimandate alla sede del motorista in Inghilterra.

Un finale davvero difficile da digerire, non solo per Perez, ma anche per il team, che era stato così costretto a dover rinunciare a punti importanti in quella che sarebbe stata la lotta per il terzo posto nel mondiale costruttori. Oltre al ritiro del messicano, infatti, vi era da segnalare anche lo zero di Lance Stroll, protagonista di un brutto incidente nel corso del primo giro dopo l’interruzione dovuta alla bandiera rossa.

Tra McLaren e Renault si inserisce Gasly

La brutta giornata del team anglo-canadese ha avuto un impatto importante sulla classifica costruttori, con uno zero che ha dato la possibilità alla McLaren di allungare grazie ad un quarto ed un quinto posto conquistato sfruttando tutte le situazioni in gara.

Se la corsa di Lando Norris non ha avuto particolari sussulti, essendo troppo lento per riuscire a mantenere il passo di Sergio Perez e Alex Albon, ma veloce abbastanza per mettersi al riparo dalle due Renault, molto più interessante era stata la corsa di Carlos Sainz Jr., autore di una strategia completamente differente rispetto a quella degli avversari. Dopo la quindicesima posizione conquistata in qualifica a causa di un problema tecnico sulla sua monoposto, era chiaro che il team inglese dovesse fare qualcosa di diverso ed agire prendendo in contropiede i rivali. Proprio per questo, la squadra aveva deciso di far partire lo spagnolo sulla gomma soft, la mescola più soffice a disposizione dell’intera gamma portata da Pirelli in Bahrain, il quale gli aveva consentito di recuperare due posizioni prima dell’esposizione della bandiera rossa. Quel piccolo passo in avanti in griglia gli avrebbe permesso di tornare nuovamente in lotta per la zona punti, ma a quel punto era lecito chiedersi quale sarebbe stata la strategia scelta dal team avendo a disposizione l’opportunità di aver già smarcato una delle due mescole. Così come per Pierre Gasly, una tattica su una singola sosta non sarebbe stata impossibile, ma chiaramente non sarebbe stato semplice farla funzionare. Seguendo quanto deciso prima della neutralizzazione, la scelta del team era ricaduta ancora una volta sulla soft, tuttavia con la consapevolezza che per riuscire a recuperare posizioni utili in classifica sarebbe stato fondamentale riuscire a mantenerla viva il più a lungo possibile. Sotto questo aspetto, riuscire a superare Leclerc dopo pochissime tornate e gestire gli pneumatici soffici il più a lungo possibile era stata la mossa chiave della sua gara, soprattutto considerando che i suoi rivali più diretti, le Renault, si erano fermate prima di lui, vanificando così il loro vantaggio di partire sulla mescola media, la quale, sulla carta, avrebbe dovuto fornire una resistenza maggiore. Erano stati, tra l’altro, proprio i francesi a fornire l’assist perfetto: nel corso del diciassettesimo passaggio, infatti, quando Carlos si trovava dietro ad Ocon, inizialmente il team lo aveva richiamato ai box, in modo da poter effettuare un undercut nei confronti del transalpino. Tuttavia, quando lo spagnolo si era accorto proprio sul finale del giro che anche la Renault aveva seguito la stessa strategia, anticipando quindi il pit stop, Sainz aveva agito in modo particolarmente intelligente, rimanendo fuori. Naturalmente, Esteban avrebbe avuto modo di allungare leggermente con gomme nuove, ma dato che il passo del pilota di Madrid era ancora competitivo e che vi era la possibilità di allungare lo stint ancora di qualche passaggio rendendo meno gravoso il lavoro su quelli successivi, perché non continuare? Era stata proprio questa prima fase di gara, su una gomma su cui nessuno aveva scommesso, a fare la differenza, a dare l’opportunità alla McLaren di gettare le basi per una rimonta che ora si faceva sempre più alla portata.

Considerando che le due Renault erano oltretutto finite nel traffico, le loro chance di sfruttare appieno il boost prestazione dato dai nuovi pneumatici si era considerevolmente ridotto, tanto che, all’atto pratico, dopo il suo pit-stop Sainz aveva perso non più di qualche secondo nei confronti dei suoi rivali più diretti. Una situazione che aveva garantito la possibilità di resettare momentaneamente la situazione e comprendere quali fossero le alternative a loro disposizione: non avendo minacce alle loro spalle, Carlos aveva impiegato i primi giri dopo la sosta per portare lentamente le coperture in temperatura, ovvero in una fase dove uno stress eccessivo sulle gomme può farsi sentire in modo marcato sulla lunga distanza. Solo dopo qualche passaggio lo spagnolo era tornato nuovamente a spingere e, finalmente, nel giro di poche tornate erano arrivati i sorpassi che aveva cercato nel primo stint, ovvero quelli su Daniel Ricciardo ed Esteban Ocon. Una differenza prestazionale data non solo dai diversi compound a disposizione (media nuova per Sainz, hard nuova e media usata rispettivamente per i due portacolori della Renault), ma anche da un’ottima preparazione del pilota di Madrid, il quale era così riuscito a sbarazzarsi in successione di due dei suoi rivali principali in pista.

Con ancora quasi trenta giri a disposizione, l’obiettivo dello spagnolo non era più quello di accontentarsi di un sesto posto, che sarebbe stato comunque ottimo considerando la posizione di partenza, bensì quello di recuperare sul compagno di Scuderia, il quale si trovava solamente pochi secondi più avanti. Le indicazioni da parte dei box lasciavano intendere che da parte di Carlos ci fosse ancora qualcosa da trovare in termini prestazionali e che potesse meglio bilanciare le fasi in cui spingere a quelle in cui essere più accorto nella gestione degli pneumatici. Proprio per questo i suggerimenti da parte del muretto erano stati quelli di cercare di essere un pochino più aggressivo in curva 4 o in curva 6, due tratti che tendenzialmente si può trovare un pochino di performance senza impattare troppo sulle coperture, ma allo stesso tempo di adottare una gestione più conservativa ad esempio in curva 12, una delle zone più veloci della pista dove i carichi sono più elevati. Questa oculata strategia, unita alla Safety Car e il fatto che fosse riuscito ad allungare il primo stint sulla soft senza un calo troppo evidente dal punto di vista cronometrico, aveva permesso al team inglese di estendere anche la seconda fase di gara di circa cinque passaggi, con l’obiettivo di riuscire a riprendere anche Pierre Gasly, il quale aveva impostato la sua corsa su una sola sosta.

Il fatto che Norris si fosse fermato con qualche tornata di anticipo rispetto al proprio compagno, aveva fatto sì che per Sainz fosse divenuto essenzialmente quasi impossibile riuscire a ricucire nuovamente il gap sull’inglese, con un distacco che si era portato da quattro a circa dieci secondi, a lasciar ben intendere quanto la gomma nuova dopo una pit-stop potesse effettivamente fare la differenza su un asfalto così abrasivo come lo è quello di Sakhir. Tuttavia, l’obiettivo Gasly era alla portata e, a pochi passaggi dal termine, il pilota di Madrid era riuscito a portare a completare il sorpasso grazie ad una discrepanza di passo a netto favore dello spagnolo. Il quinto posto finale, arrivato grazie anche al ritiro di Perez, rappresenta il giusto premio ad una prestazione di alto livello, sia in termini di ritmo che di gestione delle coperture, permettendo così alla McLaren di conquistare un ottimo bottino di punti per la classifica costruttori.

Una sfida da cui, sfortunatamente, Renault sembra ormai più distante, date le ultime performance negative. La corsa in Turchia sicuramente aveva avuto un impatto importante sulle ambizioni del team francese, considerando, al contrario, i buoni risultati ottenuti sia dalla Racing Point che dalla squadra inglese, lasciando la scuderia diretta da Cyril Abiteboul un po’ al palo. In Bahrain ci si aspettava quindi una prova d’orgoglio e sin dalle prove libere sembrava evidente che, quantomeno sul giro secco, effettivamente la Renault potesse dire la sua, nonostante la RP20 fosse data per favorita su una pista che ben si adatta alle sue caratteristiche. Per questo la prestazione in gara delle due RS20 è arrivata quasi come una sorta di shock: non solo non vi era il passo per riuscire a mantenersi negli scarichi di Sergio Perez, ma neanche per riuscire a concludere davanti alle due MCL35.

Da questo punto di vista, interessante era stata la mossa del team francese in merito al primo pit stop di Ocon, con cui aveva cercato non solo di difendersi da Sainz, autore di una fantastica rimonta, ma anche tentare un undercut su Norris, il quale aveva tuttavia risposto prontamente uscendo comunque davanti. Il fatto che il transalpino fosse rientrato nel traffico chiaramente non aveva giovato alla strategia della Renault, che aveva così sprecato una buona opportunità di sfruttare la gomma media e creare un offset nei confronti dello spagnolo della McLaren. Durante il secondo stint, la sfida si era concentrata proprio sul duello contro il pilota di Madrid che, grazie ad una differenza prestazionale data dai differenti compound, era stato in grado si superare in sequenza entrambe le R.S.20, lasciando così le monoposto transalpine a lottare ai margini della zona punti. L’unico sussulto era stata la lotta interna tra i due, con Ricciardo che era riuscito a sopravanzare Ocon nel corso del secondo stint, in chiara sofferenza con gli pneumatici, portandosi così in settima posizione. Tra i due portacolori della squadra di Enston, infatti, vi era una differenza in termini di set a disposizione per la corsa: il francese era rimasto solamente con un set di gomme hard, per cui avrebbe dovuto percorrere due stint sulla media, al contrario dell’australiano, il quale aveva conservato entrambi i treni di coperture a banda bianca, potendoli così sfruttare per poter spingere più a lungo. Ciò lo si era potuto ben apprezzare sulla lunga distanza e il sorpasso del numero 3 non giungeva esattamente come una sorpresa.

Più interessanti, tuttavia, erano le mosse intraprese proprio dal team per tentare di arginare Pierre Gasly, il quale dopo la sua unica sosta, era stato in grado di chiudere rapidamente il gap su Ocon e portarsi in zona d’attacco. La differenza di passo tra i due era ben evidente e per la Renault, al fine di cercare di salvare quantomeno una posizione, l’unica alternativa era quella di richiamare immediatamente il suo pilota, dovendo tuttavia prestare molta attenzione a quei piloti che potenzialmente sarebbero potuti rientrare nella sua finestra, come Russell, che era proprio al limite. Sfortunatamente per il francese, solamente pochi decimi avevano dato l’opportunità all’inglese di uscirgli davanti: per quanto il contro-sorpasso sull’alfiere della Williams non avesse richiesto particolari sforzi, indubbiamente il tempo perso in quella fase sarebbe andato a pesare sul risultato finale. Ragionevolmente, anche il pit-stop sarebbe dovuto arrivare a breve essenzialmente per le stesse motivazioni, ma quei due giri in più in cui era rimasto in pista nel secondo stint avevano fatto sì che, nonostante fosse riuscito a completare il sorpasso precedentemente, l’australiano all’uscita dai box si trovasse nuovamente dietro al compagno di squadra, dovendo così ricominciare da capo e costruirsi nuove opportunità. Sotto questo aspetto, Daniel aveva sfruttato al meglio le prime fasi dopo la sosta, spingendo sull’acceleratore e regalando spettacolo in un bel duello con l’altra R.S.20, che era riuscito abilmente a sopravanzare per una seconda volta, dandosi così l’opportunità di prendere il largo e contenere un possibile attacco da parte di Valtteri Bottas, il quale stava recuperando rapidamente dopo una prima metà di gara passata nelle retrovie. L’ottimo passo mantenuto fino a quel momento su una mescola che permetteva di spingere anche per lunghi periodi, aveva aiutato Ricciardo a contenere la rimonta del finlandese, complice anche l’entrata della vettura di sicurezza sul finale che aveva così blindato il settimo posto sul traguardo, anche se, al contrario, lo aveva privato dell’opportunità di tentare il sorpasso su Pierre Gasly, solamente qualche secondo più avanti. Molto più complicato, invece, l’ultimo stint per l’altro portacolori della Renault, il quale non solo era stato superato proprio dal pilota della Mercedes, ma che aveva anche fatto molta fatica a trovare la quadra su un compound che in gara non aveva usato prima, al contrario del proprio compagno di squadra. Se, infatti, precedentemente Ocon era riuscito comunque a mantenere un passo simile a quello di Ricciardo, lo stesso non lo si poteva affermare per lo stint conclusivo, in cui le difficoltà nel trovare il grip necessario e il tempo perso nel duello con Bottas avevano ampliato il gap tra i due.

Chi, invece, può ritenersi assolutamente soddisfatto della prestazione sotto i riflettori del Bahrain è Pierre Gasly, sesto alla bandiera a scacchi grazie ad una strategia completamente differente da quella dei suoi avversari. L’ottavo posto in griglia aveva lasciato un po’ di amaro in bocca al giovane transalpino, non tanto per il tempo ottenuto, comunque competitivo, ma per il fatto che pochi centesimi di secondo gli avrebbero permesso di recuperare diverse posizioni in griglia di partenza, semplificando così le sue possibilità di ottenere un buon risultato. Prendendo il via dal lato sporco della griglia, così come altri piloti, anche Gasly aveva riscontrato un pattinamento eccessivo, perdendo immediatamente la posizione su Norris, che però era riuscito a recuperare subito in curva 1, sfruttando una linea più interna che gli aveva permesso di sopravanzare anche Ocon. Sfortunatamente, tuttavia, questi sorpassi erano arrivati dopo la Safety Car Line 2, motivo per il quale, nonostante la pista avesse detto qualcosa di diverso, il francese sarebbe stato costretto a scattare dalla nona casella. Proprio durante la bandiera rossa, tuttavia, qualcosa era cambiato e la strategia dell’AlphaTauri aveva preso una direzione diversa. Quei pochi metri percorsi sulla media, infatti, avevano dato l’opportunità di “smarcare” una delle due mescole, per cui sarebbe stato possibile tentare di completare la corsa su una singola sosta con due treni di gomme hard, che il francese aveva saggiamente consigliato dopo le prove libere nel caso il degrado si fosse rivelato eccessivo. Su una pista come quella di Sakhir, chiaramente si trattava di una tattica molto rischiosa, non solo perché il layout permette i sorpassi, ma anche perché la prestazione a gomma nuova generalmente fa la differenza, permettendo di recuperare svariati secondi. Da questo punto di vista, sarebbe servita una prestazione magistrale dal francese che, tuttavia, prendendo il via su un compound così duro, già alla partenza non era riuscito a contenere uno di quei piloti che scattavo con una mescola più morbida e semplice da portare in temperatura, come Charles Leclerc, abile nel completare il sorpasso in una delle zone più difficili dell’intero tracciato.

Indubbiamente ciò rappresentava un intoppo, non tanto per la posizione persa, quanto per il rischio che, rimanendo a distanza ravvicinata dietro ad un’altra vettura, le sue gomme potessero risentirne, rendendo così ancor più complicato portare a termine con successo la strategia scelta. Fortunatamente, tuttavia, l’entrata in pista della vettura di sicurezza aveva regalato al team qualche giro a rilento, potendo così risparmiare gli pneumatici: da cinquantotto tornate inizialmente previste, quelle da portare a termine ad un ritmo di gare reale sarebbero state meno di cinquanta, rendendo così sempre più concrete le chance di far effettivamente funzionare una tattica tanto pazza quanto ambiziosa. Al contrario, il suo compagno di squadra si trovava su un’altra strategia, motivo per il quale dopo la ripartenza, il muretto aveva chiesto a Gasly di invertire le posizioni, mossa su cui il francese in realtà aveva espresso non pochi dubbi, dato che ciò avrebbe aperto l’opportunità ad altri piloti alle sue spalle di tentare il sorpasso. Dopo aver valutato la situazione, anche la squadra di Faenza era giunta alla stessa conclusione, annullando la richiesta e lasciando così libero Pierre di fare la sua corsa, che già qualche giro più tardi aveva riservato una piccola soddisfazione, restituendo il sorpasso su monegasco della Ferrari e portandosi così momentaneamente in nona posizione. Da quel momento in poi, la gara del francese è stata una delle più interessanti, soprattutto in come tale strategia abbia influito sul suo stile di guida, rendendo l’impresa ancor più complicata. Tendenzialmente il circuito di Sakhir mette sotto grande stress le coperture posteriori, non solo per le lunghe curve veloci che trasmettono tanta energia alle stesse, ma anche per le numerose zone di trazione e le curve a bassa velocità che richiedono un bilanciamento dei freni differente, come ad esempio curva 10. Quel tratto di pista, infatti, è molto impegnativo per i piloti, dato che in fase di frenata non solo devo centrare perfettamente il momento in cui rilasciare l’acceleratore, ma anche evitare il bloccaggio delle coperture anteriori in fase di sterzata: per ridurre al minimo tale rischio, infatti, generalmente si tende a spostare il bilanciamento leggermente verso il posteriore, in modo che sia proprio l’altro asse a dover gestire un momento così delicato. Dovendo tuttavia prestare particolare attenzione proprio a quei due pneumatici, i limiti di manovra a livello di guida per il francese erano limitati, motivo per il quale sarebbe stato necessario magari sacrificare qualcosa in termini di tempo sul giro per riuscire a fare la differenza sulla lunga distanza. Un altro dettaglio su cui si doveva prestare attenzione era quello della batteria, per un discorso simile a quello appena concluso: dovendo cercare di ridurre lo sforzo sull’asse posteriore, anche il recupero di energia era leggermente ridotto, per cui non sarebbe stato inusuale vederlo modificare più volte le mappature motore per cercare di bilanciare al meglio il rapporto tra le due fasi. Dopo venticinque passaggi, era giunto il momento della prima sosta e, su pneumatici nuovi, la differenza di passo rispetto ai rivali più diretti si era fatta consistente, tanto che dopo qualche passaggio il francese era riuscito a riportarsi negli scarichi del connazionale della Renault, costringendolo ad anticipare la tabella di marcia per il secondo pit-stop. Una sorte simile, ma al contrario, era occorsa anche a Valtteri Bottas: dopo un avvio di gara al rilento, il finlandese era finalmente riuscito ad imporre il proprio ritmo, chiudendo rapidamente il gap dai propri avversari, quantomeno fino a quando non era giunto alle spalle proprio di Gasly. Sin dal venerdì era risultato evidente come la monoposto di Faenza fosse molto competitiva sui rettilinei, rendendo così molto complicato per gli avversari, in particolare per il portacolori della Mercedes che aveva un set-up più carico, riuscire a completare un sorpasso nei loro confronti. Proprio per questo, il muretto della Stella aveva optato per una sosta anticipata, sperando di potersi smarcare per il finale di gara. L’ottima gestione durante l’intero secondo stint, unito ai vari duelli che si erano verificati tra i piloti dietro di sé, avevano dato modo al francese di poter guardare alla fase conclusiva della corsa con maggior fiducia, consapevole che la sfida si sarebbe giocata con Sainz e Ricciardo. Sfortunatamente vi era poco che Gasly potesse fare per arginare lo spagnolo della McLaren ma, a soccorso del portacolori dell’AlphaTauri, era giunta l’entrata della Safety Car, che aveva così privato l’australiano della Renault di portare a termine un attacco che molto probabilmente sarebbe riuscito a completare. Insomma, un pizzico di fortuna aveva permesso di riuscire a portarsi a casa un ottimo sesto posto, particolarmente meritato per l’azzardo preso su una strategia che nessun’altro aveva tentato.

Ferrari

Alla vigilia dell’appuntamento del Bahrain, chiaramente in casa Ferrari non regnava l’ottimismo, dato che l’appuntamento di Sakhir avrebbe messo a nudo quasi tutti i difetti della SF1000. Le carenze a livello motoristico nei confronti degli avversari avrebbero avuto un ruolo fondamentale, costringendo così gli ingegneri a dover giungere a numerosi compromessi per non perdere troppo tempo sui lunghi rettilinei, soprattutto a livello di carico aerodinamico. La prima cosa che saltava agli occhi, infatti, era come rispetto alla passata stagione il team fosse stato costretto a dover impiegare un’ala posteriore molto più scarica della specifica utilizzata nel 2019, compromettendo quindi la stabilità della monoposto nei lunghi curvoni veloci e il consumo gomme, un tema che sulla pista di Sakhir ha un’importanza particolarmente rilevante. Per questo sarebbe stato difficile aspettarsi un risultato di livello ma, naturalmente, i vari episodi di gara avrebbero potuto giocare a favore della squadra di Maranello, regalando qualche episodio inaspettato.

Nel corso della prima partenza, la posizione sulla griglia e il traffico avevano giocato un ruolo fondamentale. Sebastian Vettel prendeva il via dal lato pulito della griglia e, grazie ad un ottimo scatto, era riuscito immediatamente a recuperare una posizione, al differenza di Charles Leclerc, che si era ritrovato nella posizione opposta. In curva 1, tuttavia, la situazione aveva preso un’altra direzione, perché il traffico e uno spazio libero avevano permesso al monegasco di tentare un attacco all’esterno, molto proficuo nel suo caso, ma che aveva messo il suo compagno nella squadra posizione di non poter trovare altra via d’uscita, arrivando al contatto con Esteban Ocon anche per evitare una Renault davanti a sé. Fortunatamente per il tedesco, l’intervento della bandiera rossa aveva neutralizzato la situazione, permettendo così al team di intervenire sulla vettura e di ripararere i danni, senza contare che il fatto che la FIA avesse deciso di formare la nuova in griglia in base alle posizione alla Safety Car Line 2 aveva garantitp l’opportunità di addirittura guadagnare qualche posizione rispetto alla prima partenza. Proprio questo frangente, tuttavia, avrebbe complciato in modo definitivo la corsa del tedesco, facendolo precipitare di numerose posizioni. Nonostante si trovasse sul lato sporco della griglia e il fatto che avesse cambiato strategia puntando su una prima parte di gara sulle gomme dure, il quattro volte campione del mondo era stato autore di un buon rilascio frizione, nonostante Sainz, grazie alla differenza di compond, fosse riuscito rapidamente a sopravanzarlo arrivando così davanti in curva 1. A differenza della prima partenza, tuttavia, l’assenza di una particolare situazione di traffico davanti a sé aveva dato a Vettel l’opportunità di sfruttare l’occasione e preparare con più accuratezza l’uscita di curva 1, in modo da poter sfruttare le doti di trazione della sua monoposto e cercare si sorprendere gli avversari su quello che sarebbe stato il rettilineo che portava a curva 4. Proprio per questo, conscio anche di avere un minimo vantaggio sui piloti alle sue spalle, Sebastian si era allargato, cercando di andare a frenare oltretutto su una zona più pulita, ma senza forzare la staccata, in modo evitare un possibile contatto che avrebbe potuto compromettere la sua gara. Chiaramente, ciò aveva fatto sì che sull’interno vi fosse uno spazio non indifferente, uno pertugio che Charles Leclerc non si era lasciato sfuggire, ritardando la staccata sul lato sporco e infilandosi in modo un pochino aggressivo nonostante prima del punto di frenata si trovasse molto più indietro rispetto al compagno di squadra. Ciò, naturalmente, aveva fatto sì che a metà curva Vettel fosse stato costretto ad alzare il piede, sacrificando la fase di trazione e perdendo numerose posizioni.

Di per sé la mossa del monegasco non era stata sbagliata, aveva visto uno spazio e aveva deciso di attaccare, qualcosa di piuttosto normale, ma per capire la frustrazione del tedesco è importante risalire a ciò che era stato detto nei meeting e in quale situazione tale attacco fosse arrivato. Nel corso dei classici debrief della domenica mattina, infatti, era stato ripetuto ai piloti di lasciarsi spazio a vicenda e di non essere particolarmente aggressivi in curva 1, dato che si tratta di un tratto molto stretto in cui è semplice arrivare al contatto e rovinare la gara. Proprio per questo l’attacco del monegasco non era stato visto di buon occhio dal tedesco: prima del punto di staccata, infatti, Sebastian godeva di un buon ma piccolo vantaggio nei confronti del compagno di squadra, per questo molto probabilmente, memore delle regole di ingaggio dette in mattinata, aveva pensato che un attacco da parte di Leclerc fosse al quanto improbabile, conscio anche del fatto che il monegasco avesse visto anche Sainz sul lato esterno della pista, motivo per il quale sarebbero dovuti passare in tre in quel piccolo pertugio. Proprio per questo il quattro volte campione del mondo si era allargato in entrata, conscio di avere dalla sua la possibilità di preparare al meglio curva 1 senza che il numero 16 si buttasse all’interno rovinando quel lavoro fatto a quel momento. Chiaramente, al contrario, quello spazio lasciato in ingresso aveva rappresentato un invito a nozze per Leclerc, che ne aveva approfittato buttandosi all’interno con una staccata ritardata. Inutile dire che, considerando le regole di ingaggio stabilite all’interno del team e che si trattasse solo del primo giro, era semplice capire perché Sebastian fosse rimasto così innervosito dalla mossa del compagno di casacca, soprattutto considerando che non erano i soli in curva, ma che vi era anche Sainz. Proprio lo spagnolo, infatti, rappresentava un elemento chiave nella vicenda. Nel caso Leclerc fosse arrivato troppo lungo in staccata o nel caso il pilota della McLaren avesse chiuso maggiormente pensando che non vi fossero altri piloti sull’interno, l’incidente sarebbe stato inevitabile: fortunatamente nessuna delle due ipotesi si è poi verificata, ma questo soprattutto grazie alla prontezza di riflessi del tedesco, subito pronto a correggere e il fatto che Sainz stesso fosse rimasto un minimo largo in fase di percorrenza, molro probabilmente proprio per evitare un contatto.

Come detto, se Leclerc ne aveva tratto beneficio, lo stesso non lo si poteva dire per il numero 5, rimasto imbottigliato nel traffico di vetture sulla carta più lente, ma complicate da sorpassare per un discorso non troppo dissimile da quello fatto per Bottas. Chiaramente, le mancanze a livello motoristico della SF1000 in fase di sorpasso si facevano sentire e il fatto che Sebastian fosse rimasto coinvolto in un grupetto di piloti che si fornivano il DRS a vicenda non aveva fatto altro che peggiorare la situazione, mettendo ancor di più in risalto le carenze della monoposto italiana. A complicare le cose era stato un testacoda piuttosto strano in curva 11, in una zona dove si è già in piena accelerazione e dove generalmente è molto difficile perdere il posteriore, ma forse questo era proprio l’indicatore migliore per far comprendere quanto, anche dopo pochi passaggi, la Ferrari soffrisse nella gestione dei pneumatici, rendendo ancor più complicato il lavoro dei piloti.  Da lì fino alla bandiera a scacchi, nonostante sembrasse poter avere qualcosa in più dei propri avversari in termini di passo, vi era ben poco che il tedesco potesse fare, essendo rimasto bloccato nel traffico.

Aveva preso una piega differente, invece, la corsa di Leclerc, che dopo il duro attacco nei confronti del compagno di squadra, era stato autore di un bellissimo sorpasso ai danni di Gasly in curva 6, grazie ad una manovra all’esterno cominciata in curva 4, probabilmente una delle più belle dell’intero Gran Premio. Il fatto che fosse riuscito a sopravanzare rapidamente anche Daniel Ricciardo lo aveva messo in una situazione potenzialmente molto positiva ma che, in realtà, non avrebbe fatto altro che mettere ancora in evidenza i difetti della SF1000. Dopo qualche buon primo giro dove effettivamente la monoposto italiana riusciva a mantenere in un buono stato gli pneumatici, le difficoltà con iniziavano a diventare sempre più evidenti, permettendo così ai suoi rivali si sorprenderlo e sorpassarlo in successione. Da quel momento in poi, la sua è stata una gara piuttosto solitaria, abbastanza veloce per riuscire a mantenere a debita distanza i piloti alle sue spalle ma non a sufficienza per riuscire a giocarsela con le Renault. Il decimo posto finale rappresenta è figlio più delle manovre di inizio gara che gli hanno permesso di non rimanere immischiato nella lotta con monoposto più lente che al passo mostrato in pista, soprattutto considerando tale risultato difficilmente sarebbe arrivato senza il ritiro delle due Racing Point e della penalità assegnata a Kvyat.

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