F1 | GP Monaco: Ferrari sorprende, ma Mercedes e Red Bull non demordono

In attesa di vederli tornare in pista nella giornata di sabato, analizziamo i giri dei piloti più rapidi nella seconda sessione di libere

F1 | GP Monaco: Ferrari sorprende, ma Mercedes e Red Bull non demordono

Le prime due sessioni di prove libere del Gran Premio di Monaco hanno regalato una Ferrari in grande spolvero, capace di posizionarsi davanti a tutti con entrambe le vetture come ormai non accadeva da diverso tempo. Ad ottenere il miglior crono di giornata, infatti, è stato Charles Leclerc, il quale nonostante non fosse riuscito a girare in mattinata a causa di un problema al cambio sulla sua vettura, nel pomeriggio si è poi riscattato, girando in 1:11.684 e mettendosi alle spalle di oltre un decimo il proprie compagno di squadra, Carlos Sainz. Per quanto si tratti solo del venerdì, o meglio, del giovedì correndo a Monte Carlo, si tratta di una prestazione incoraggiante per la Rossa, che ora può guardare con maggior fiducia al resto del weekend avendo trovato una buona base su cui lavorare.

Anche se le due vetture di Maranello si sono dimostrate le più efficaci nella ricerca del tempo sul giro, attenzione a non sottovalutare coloro che alla vigilia erano considerati come i favoriti tra le stradine del Principato, ovvero Mercedes e Red Bull, che dalla loro possono contare su alcune attenuanti, dall’uso di mappature più conservative alla scelta di un set-up sbagliato, come ha poi rivelato Helmut Marko alla fine della seconda sessione di libere, comunque fiducioso che la squadra di Milton Keynes potesse sfruttare il giorno di pausa per riuscire a trovare la direzione giusta in vista delle qualifiche dando a Max Verstappen una monoposto con cui ambire ad un risultato importante. Sensazioni contrastanti, invece, in casa Mercedes: mentre Lewis Hamilton si è detto molto soddisfatto per il comportamento della monoposto e del suo bilanciamento, lo stesso non si può dire per il compagno di casacca, Valtteri Bottas, il quale ha denotato una mancanza di fiducia nell’anteriore, soprattutto a centro curva. Sensazioni opposte a quelle riscontrate dai due piloti della Ferrari, che si siano trovati subito a loro agio con una vettura che gli ha permesso di raggiungere rapidamente il limite su un tracciato dove anche pochi centimetri in più possono fare la differenza. In attesa di rivederli in pista dopo la giornata di pausa, è interessante cercare di analizzare i giri più veloci dei primi quattro classificati, cercando di evidenziare le differenze per capire dove i piloti e i team più rapidi siano riusciti a guadagnare nei confronti dei propri avversari. Per questo abbiamo messo a confronto i quattro giri migliori dei primi quattro classificati, ovvero il duo Ferrari, il britannico della Mercedes e l’olandese della Red Bull.

La prima importante differenza la si può apprezzare all’ultima curva del giro di preparazione, dove è possibile notare sia Leclerc che Verstappen impostare il tratto in modo da poter raddrizzare la vettura il più presto possibile in uscita, al fine di poter massimizzare l’impronta degli pneumatici a terra ed ottenere un buon slancio sul rettilineo principale. Una tecnica che aveva dato i propri vantaggi, tanto che dall’analisi telemetrica era possibile riscontrare un piccolo ma sostanzioso vantaggio in termini di velocità di punta a favore del monegasco della Ferrari nel breve allungo che dal traguardo porta alla prima curva del tracciato, soprattutto nei confronti di Lewis Hamilton, il quale non era risultato altrettanto efficace durante il suo outlap.

Un deficit in termini di velocità immediatamente arginato proprio alla staccata della St. Devote, dove l’inglese della Mercedes era riuscito ad andare sul freno più tardi di tutti, cercando di portare maggior velocità in curva. Prima curva che ha riservato diversi spunti di interesse in merito alla sua diversa impostazione da parte dei quattro piloti, in particolare i due della Ferrari: se Leclerc iniziava sia la scalata che la sterzata con un leggero anticipo per arrivare prima all’apice, Sainz aveva adottto il comportamento opposto, scendendo con le marce all’ultimo secondo in maniera brutale, una caratteristica personale a cui lo spagnolo ci ha abituato nel corso degli anni. La fase a metà curva riserva ulteriori punti di analisi, perché aiuta a comprendere anche come ciò abbia influito sull’uscita e, di conseguenza, anche sul lungo tratto da percorrere in pieno che porta alla Massenet. Se una volta superato il cordolo interno il numero 55 della Ferrari era già stato in grado ad aprire il volante, fiducioso di piazzare la propria vettura sul piccolo rialzo posto in uscita accanto alle barriere che aiuta a stabilizzare la vettura, il monegasco era finito in sottosterzo dopo aver anticipato il momento in cui andare sull’acceleratore, dovendo così continuare a dare molto angolo volante per chiudere la curva. Non a caso, ascoltando i suoi team radio durante la sessione, in più occasioni era stato possibile sentire l’ingegnere di pista suggerirgli di migliorare proprio dalla fase di percorrenza all’uscita della St. Devote, come è poi stato in grado di fare nel successivo ed ultimo tentativo della giornata. Ad uscirne maggiormente penalizzato da questo tratto, tuttavia, era stato Verstappen, il quale in fase di accelerazione aveva accusato un grosso sovrasterzo, dovendo così gestire la vettura senza poterne estrarre il massimo potenziale in uscita. Era comunque chiaro che in quella determinata situazione non tutti avessero spinto al massimo delle proprie capacità, cercando di evitare di porre la vettura proprio al limite della barriera esterna per evitare un contatto che, con ancora parte della sessione da disputare, avrebbe significato perdere dati importanti: solamente Sainz aveva osato qualcosa in più in quella fase, tanto che in uscita era riuscito a portarsi in vantaggio rispetto alla concorrenza.

Nella salita verso la “Massenet”, l’elemento che merita maggior attenzione è senza dubbio lo sfruttamento della Power Unit, grazie a cui è possibile notare come Mercedes avesse scelto mappature più conservative dei propri rivali, perdendo così centesimi preziosi, in particolare rispetto alla Ferrari. Anche se a Monaco il motore non rappresenta il fattore più importante, come si è visto in passato in altre occasioni, è comunque un fattore da tenere a mente considerando che la monoposto tedesca potrebbe aver lasciato qualcosa in vista della qualifica essenzialmente su tutti gli allunghi più importanti. Uno svantaggio velocistico evidenziato anche dalla telemetria, mentre Red Bull si trovava in una sorta di via di mezzo. Curva tre rappresenta uno dei punti più complicati del tracciato e, non a caso, è spesso luogo di incidenti. Al termine della salita vi è un leggero scollinamento, dove la macchina tende ad alleggerirsi, per cui vi è la necessità di dosare con maestria sia l’acceleratore che il freno. Il rischio è duplice: una frenata eccessiva potrebbe portare al bloccaggio delle gomme anteriori, con un inevitabilmente impatto contro il muro, oppure si potrebbe andare incontro ad una perdita del posteriore, in maniera simile a quanto era accaduto a Mick Schumacher durante la seconda sessione di libere. Anche in questo tratto si può riscontrare una diversa interpretazione da parte dei piloti, soprattutto con Leclerc, che sia in entrata che nella prima parte della percorrenza era rimasto più largo alzando leggermente prima il piede dall’acceleratore per parzializzare e per lasciar scorrere la vettura, in modo da poter poi andare a chiudere più tardi verso il primo apice: l’aspetto interessante è che ciò ha permesso di sfruttare una traiettoria più stretta per la seconda parte della curva, senza la necessità di usare tanto angolo volante, come invece hanno dovuto fare Verstappen e Sainz, anche se ciò non aveva permesso del tutto di pareggiare il confronto con Hamilton, di poco più rapido. Spagnolo che, in questo tratto, non è sembrato particolarmente incisivo, avendo passato buona parte della curva off-throttle. Sotto questo aspetto, è interessante rimarcare che in quello che poi sarebbe stato il suo ultimo tentativo (non quello più rapido registrato nella sessione), Carlos aveva optato per un’interpretazione differente, allungando sì la fase di frenata probabilmente con un’intensità minore, ma allo stesso tempo cercando di tornare anche in anticipo sull’acceleratore, con benefici in termini di tempo sul giro.

Al “Casino”, nonostante il britannico della Mercedes risulti il più rapido nella fase di entrata, a fare la differenza era stata la seconda parte della percorrenza e in uscita, dove Charles era riuscito a mantenere una linea pulita andando presto sull’acceleratore, al contrario di Lewis e Max, i quali avevano dovuto gestire una perdita del posteriore. In curva cinque la situazione cambia ancora: Mercedes e Red Bull risultano complessivamente le più rapide, ma vi è da segnalare come Leclerc avesse sbagliato l’approccio, cercando di anticipare la fase da sterzata, tanto da portarlo con largo anticipo nella zona più interna, dove l’anteriore destra tende ad alzarsi e a perdere quindi direzionalità. Sotto questo aspetto, il monegasco aveva poi cercato di rifarsi nel tentativo successivo, allineandosi alle scelte dei rivali e traendone così beneficio dal punto di vista cronometrico.

Concluso il primo settore, i piloti stavano per approcciarsi a quella che è ormai nota come la curva più lenta dell’intero calendario, ovvero il tornantino, dove generalmente si raggiungono velocità intorno ai 50 Km/h. Sainz era riuscito ad essere il più rapido, mentre è interessante sottolineare come Leclerc avesse optato per un utilizzo del cambio differente rispetto ai rivali, anticipando il passaggio in seconda nell’inserimento di curva sette, dove tra l’altro era stato anche uno di quelli, insieme a Verstappen, a sfruttare maggiormente il marciapiede interno. Un’altra zona particolarmente importante era rappresentata dal Portier, da cui bisogna tentare di uscire con la vettura il più dritta possibile in fase di accelerazione per avere il massimo grip in vista del lungo tratto sotto il tunnel, che ormai si percorre in pieno. Hamilton era stato colui che era riuscito ad interpretarla nel migliore dei modi, raddrizzando la vettura in anticipo rispetto ai propri avversari, elemento che gli aveva dato l’opportunità di spalancare il completamente gas ancora una volta prima di Leclerc, Verstappen e Sainz. Non era un caso che, proprio all’ingresso del tunnel, Lewis fosse arrivato con qualche km/h di velocità in più, per poi uscirne in ritardo alla fine del tratto coperto, a dimostrazione che a livello di Power Unit la casa della Stella avesse tenuto ancora qualcosa nel taschino in attesa delle qualifiche.

Una delle staccate più importanti è senza dubbio quella della “Nouvelle Chicane”, dove i piloti devono rallentare di oltre duecento km/h orari in poco più di centoventi metri con una forza che raggiunge quasi i 5G. Si tratta di una frenata estremamente complicata, anche perché in quel tratto l’asfalto generalmente non è completamente liscio, ma presenta dei piccoli avvallamenti che possono portare al bloccaggio dell’asse anteriore oppure al classifico effetto pendolo, come avvenuto in diversi incidenti, soprattutto considerando che la vettura tende ad allegerirsi essendo un tratto in discesa. Sotto questo aspetto, è interessante analizzare l’andamento di Verstappen, il quale aveva sì anticipato il momento in cui andare sul pedale del freno, ma applicando una minor forza, per poi aumentare l’intensità solo verso l’ingresso: un comportamento poi ripetuto anche negli altri tentativi, evidentemente per cercare di stabilizzare la frenata. La sua velocità nella prima parte della chicane era assimilabile a quella di Leclerc, che in ingresso era riuscito ad entrare in maniera leggermente più rapida dei propri avversari. Nella seconda parte del complesso, lo stesso Leclerc era stato anche il primo a tornare sul pedale dell’acceleratore, anche se ciò aveva causato una leggera perdita di grip nel cambio di direzione influenzandone lo spunto e lasciando così spazio a Verstappen di uscire da quel tratto con qualche km/h orario di velocità in più nei confronti della concorrenza. Questo anche perché in uscita il pilota della Red Bull aveva cercato di mantenere un angolo volante il più ridotto possibile puntando verso il muretto, in modo da sfruttare un maggior grip, al contrario del monegasco, il quale aveva cercato di tagliare con una sterzata più accentuata. Chi aveva da recriminare erano senza dubbio Sainz e Hamilton, con quest’ultimo che era stato suo malgrado protagonista di una grossa perdita del posteriore dopo aver toccato in maniera troppo aggressiva il cordolo in entrata: ciò aveva fatto sì che Lewis non solo perdesse il momento ideale per tornare sull’acceleratore, ma anche che ritardasse il cambio di direzione, che a sua volta aveva influito sulla velocità nell’allungo successivo.

Altrettanto interessante è l’interpretazione del “Tabaccaio”, dove anche in questo caso si evidenziano comportamenti diversi da parte dei quattro piloti presi in esame. Hamilton è forse quello con l’interpretazione più particolare: Lewis aveva rilasciato l’acceleratore in maniera graduale, cercando non tanto di portare velocità all’apice della curva stessa, ma tentando di sfruttare una linea e una tecnica di guida che gli permettesse di tornare sul pedale il prima possibile, in modo da massimizzare l’uscita e il successivo tratto delle piscine, che ormai si percorre in pieno. Al contrario, Verstappen e Leclerc avevano tentato di essere leggermente più rapidi a centro curva, protraendo anche l’uso del freno, così come Sainz, il quale aveva tuttavia rilasciato anche con un certo anticipo l’acceleratore, risultando il più lento del gruppo: un vero peccato per lo spagnolo, che negli altri tentativi non aveva nemmeno avuto modo di tentare un approccio diverso in quel punto, avendo trovato quasi sempre traffico.

Tra i temi che hanno tenuto banco dopo le libere vi è stato senza ombra di dubbio la percorrenza del secondo tratto delle piscine, dove inizia il terzo settore. Anche qui Hamilton si era distinto per il suo stile, differente da quello dei rivali, lasciando per ultimo l’acceleratore e applicando una forza maggiore sul freno sia in entrata che in percorrenza. Aveva scelto un approccio quasi opposto Verstappen, il quale durante tutta la percorrenza della chicane (ovvero fino al secondo cordolo) non era tornato sull’acceleratore, ma aveva cercato di giocare dosando la forza applicata sul freno. A fare la differenza in questo tratto, tuttavia, erano state le due Ferrari, i quali si erano distinti per approcci differenti tra loro: Sainz, il più veloce complessivamente, aveva puntato sull’ingresso, portando maggiore velocità nella prima parte della chicane, mentre Leclerc era risultato molto più “cattivo” nell’aggressione del secondo cordolo, andando con grande anticipo sull’acceleratore, tanto che nel momento del passaggio sul piano rialzato era già intorno al 40% del pedale, mentre gli altri si trovavano ancora a allo zero o, al massimo, intorno al 10%. Un’aggressività che il monegasco aveva pagato cara dato che, nel momento in cui la vettura era ritornata stabilmente a terra dopo il “salto” provocato dal cordolo, Charles aveva accusato un grosso sovrasterzo, perdendo così centesimi preziosi che avevano consentito ai suoi rivali di recuperare quanto guadagnato in quella fase. Ancor più interessante, tuttavia, è l’approccio alla seconda parte di Sainz, il quale non era né stato così aggressivo come il suo compagno di squadra, né così cauto come Verstappen, tanto che, se è pur vero che le velocità minime di percorrenza risultassero paragonabili, in uscita lo spagnolo era riuscito ad essere molto più efficace, tornando prima sull’acceleratore e guadagnare sull’allungo successivo che portava alle ultime due curve. Ad uscirne con un leggero ritardo dal tratto delle Piscine era stato senza dubbio Hamilton, ma nel suo caso vale la pena menzionare il fatto che nel tentativo precedente avesse optato per un approccio piuttosto differente, sacrificando la prima parte della chicane per tornare con un discreto anticipo sull’acceleratore, seppur in maniera molto graduale: ciò aveva chiaramente portato a velocità minime più basse nella fase iniziale, ma quel particolare uso del pedale aveva fatto sì che in uscita potesse recuperare quanto perso in precedenza, allineandosi alle due Rosse di Maranello.

Con ancora due sole curve da percorrere, tutto era ancora aperto, perché i protagonisti erano ormai giunti in uno dei tratti più tortuosi dell’interno tracciato, quello formato dalla “Rascasse” e dalla “Antony Noghes”, dove contano soprattutto l’inserimento, il grip e, di conseguenza, la trazione in uscita. Chi era giunto con la velocità più alta era senza dubbio Sainz, il quale aveva sfruttato al meglio la sua interpretazione delle “Piscine” per approcciarsi all’ultimo tratto con un piccolo vantaggio: sfortunatamente, tuttavia, ciò era riuscito a guadagnare in precedenza, soprattutto sul compagno di squadra, era andato in parte in fumo a causa di un brutto sovrasterzo in uscita dalla “Rascasse”, che ne aveva inficiato l’efficacia. Leclerc che in questo tratto, per quanto l’analisi telemetrica riporti un dato di velocità minima piuttosto inferiore rispetto a quello di Hamilton, non era risultato essere così lento come i numeri potevano lasciar pensare. Tutto risiedeva nell’approccio: nell’attacco alla penultima curva, infatti, il monegasco era stato molto aggressivo sul freno, applicando una forza maggiore nella prima fase, il quale lo aveva tuttavia portato a raggiungere l’apice in una fase in cui potesse anticipare il momento in cui andare sull’acceleratore, mitigando così quanto perso nella fase di rallentamento. Più staccato Verstappen, il quale poteva però recriminare sul fatto che nel suo tentativo migliore avesse incontrato del traffico proprio nell’ultimo tratto della pista, elemento che potrebbe aver, anche in minima parte, influenzato negativamente la sua prestazione. Così come per Sainz, purtroppo, i dati a disposizione per effettuare un confronto completo non sono sufficienti, dato che anche nei tentativi precedenti aveva incontrato del traffico, abbandonando così il giro prima di segnare un tempo significativo. L’ultima curva non aveva poi riservato grandi sorprese, con Hamilton che si era dimostrato ancora una volta più veloce, sia in entrata che in uscita, ricucendo ulteriormente così il gap dal duo Ferrarista. Un piccolo dettaglio su cui è interessante soffermarsi riguarda il fatto che sul rettilineo principale Hamilton avesse aperto il DRS con un leggero ritardo nei confronti dei suoi avversari che, abbinandosi a mappature più conservative, avevano inficiato sulle velocità massime sull’ultimo allungo, lasciando l’inglese con ancora qualcosa in più da esprimere in qualifica.

Con un giorno in più di pausa, i piloti e gli ingegneri sicuramente avranno avuto modo di confrontare i dati ed evidenziare in quali punti migliorarsi e in quali scegliere un approccio differente, senza dimenticare l’incognita set-up. Sarà una sfida ardua, il motivo per cui i piloti amano Monte Carlo, il motivo per cui i piloti la ritengono una delle prove più dure del campionato. Sulle stradine del Principato conta essere perfetti, mettere insieme il giro migliore possibile, senza alcuna possibilità di sbavatura. Date le premesse, sarà un’ora di qualifica ricca di emozioni.

5/5 - (1 vote)
Motorionline.com è stato selezionato dal nuovo servizio di Google News,
se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre notizie
Seguici qui
Leggi altri articoli in Primo Piano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati