GP Brasile 2010: Le pagelle

GP Brasile 2010: Le pagelle

Come promesso in Red Bull rinunciano ai giochi di squadra e così Vettel trionfa davanti al compagno Webber. Nella classifica del mondiale entrambi restano però dietro Alonso, terzo al traguardo. Matematicamente fuori dai giochi Button, praticamente fuori combattimento anche Hamilton. 23 i classificati: l’affidabilità, a fine stagione, è praticamente perfetta un po’ ovunque. Buona lettura!

Jenson Button: 7 – Arriva a San Paolo senza praticamente nessuna speranza di mondiale. Toppa la qualifica, mancando la top ten, e in più al sabato cercano pure di rapinarlo. Diciamo che non affronta la gara nelle migliori condizioni possibili. E nelle prime fasi di gara si fa pure passare in pista da Michael Schumacher. Cosa fare allora? Quello che sa fare meglio, ovvero diversificare la strategia cambiando le gomme subito e sfruttando la sua capacità di essere gentile con i pneumatici. La tattica paga, ancora una volta, e finito il primo giro di soste si ritrova al quinto posto, subito dietro il compagno di squadra, posizione che non mollerà fino alla fine regalandosi anche un bel sorpasso ai danni di Kobayashi. Raddrizza così un weekend che più storto non poteva iniziare. .

Lewis Hamilton: 6,5 – La sua gestione strategica del mondiale 2010 è e resterà un mistero. Attacca oltremodo quando potrebbe attendere e amministrare -Monza, Singapore- e fa il timidone quando invece non avrebbe più nulla da perdere, come a San Paolo. Scatta benissimo ma rinuncia ad attaccare fino in fondo Webber alla prima curva. Sbaglia e si fa fregare da Alonso come un novellino e, quindi, resta un’eternità dietro Hulkenberg non riuscendo a portare fino in fondo l’attacco vincente e perdendo una marea di tempo. Tutti, ma non lui, il re dei sorpassi per antonomasia. Con pista libera e gomme nuove si scatena, facendo tra l’altro segnare il giro più veloce, ma non serve più. Quarto era e quarto resta. Forse guida al di là delle possibilità della vettura, forse no, non possiamo averne la certezza. Ma per il mondiale non basterà più nemmeno un miracolo. Ed è inutile piangere sul latte versato in Italia -soprattutto- e in Estremo Oriente. Della sua gara salviamo solo il bel sorpasso a Kobayashi, il secondo in due gare. Incomprensibile.

Michael Schumacher: 7 – Vittima, ahilui, di una strategia suicida che lo relega dietro Sutil per un’eternità, aveva comunque vanificato un’ottima qualifica -sotto l’acqua…- con una partenza sfortunata che, nonostante un buon avvio, gli fa perdere 2-3 posizioni. Si vendica superando Button in pista ma poi il pit stop anticipato lo spedisce dietro la Force India e son dolori. E’ bravo a non darsi comunque per vinto. Riguadagna la posizione da Rosberg quando quest’ultimo cambia gomme per la seconda volta, poi però lo lascia passare di nuovo perché il finnotedesco avrebbe avuto più possibilità di lottare con Button. “Tu mi dici quello che devo fare, e io lo faccio”, recitava un noto comico di Zelig. Il settimo posto di Interlagos va dunque benissimo. Modesto.

Nico Rosberg: 7 – Gara caotica e incasinata. Parte bene e recupera quanto perso in qualifica, arrivando a sopravanzare anche il compagno di squadra. Si regala pure un sorpasso a Kobayashi (in realtà questo lo possono dire in molti stavolta). Cambia gomme in regime di safety car ma ai box fanno un po’ di casino e gli fanno perdere un sacco di tempo. Poi succede di tutto. Si trova in mezzo a un gruppone di dieci vetture nel quale non si capisce più chi è doppiato e chi è in lotta e chi entrambi. Subisce lo sdoppiaggio di Massa, sgomita, supera Michael Schumacher che si fa da parte ma non riesce ad attaccare Burtton come richiestogli dal muretto. Ma il suo sesto posto è comunque un risultato discreto. In attesa di tempi migliori. Temporeggiatore.

Sebastian Vettel: 10 – Verrebbe voglia di appenderlo al muro e riempirlo di sonori sganassoni. Perché questo mondiale avrebbe potuto vincerlo in carrozza, perbacco, guidando con un braccio fuori dal finestrino. E invece ora -a meno di un miracolo- le possibilità sono due: che lo perda da Alonso o -peggio ancora- che aiuti il proprio compagno a vincerlo. Se a metà stagione avesse guidato come nelle ultime due gare non ce ne sarebbe stato per nessuno. Veloce, puntuale, deciso nei doppiaggi e preciso in partenza, il pilota perfetto, con la macchina migliore. Tutta la stagione avrebbe potuto essere come Interlagos. Come perdere un mondiale impossibile da perdere. Sembra il titolo di un best seller. Potrebbe essere il titolo del suo nuovo libro, in uscita fra una settimana. Meditate, gente, meditate…

Mark Webber: 7 – Lo spettro del braccino torna a infestare le prestazioni dell’australiano. In una qualifica complicata dal meteo tutto sommato se la cava, ma finisce comunque dietro a Vettel e deve subirlo per tutta la gara. Sfrutta l’errore di Hulkenberg per conquistare subito la seconda posizione, ma non riesce praticamente mai a impensierire il giovane compagno di squadra. A tre quarti di gara deve anzi gettare più di un occhio agli specchietti per difendersi dal ritorno di Alonso, perdipiù con un motore al limite dal punto di vista delle temperature. Rosicchia punti al leader del mondiale ma è sempre meno leader della squadra. Se mai lo è stato. Chissà cosa succederà ad Abu Dhabi. La Red Bull è la vettura migliore, una doppietta è sempre possibile. Ma la Red Bull è anche fragile. Chissà, ripetiamo. Chissà.

Felipe Massa: 6 – La qualifica è un disastro. La gara pure. Ma se si ritrova indietro è anche per colpe non sue. Al pit stop, infatti, gli combinano un casino e deve fermarsi un’altra volta finendo in fondo al gruppo. Grazie alla safety car si rifà sotto, compie alcuni bei sorpassi -Liuzzi, Heidfeld, Sutil, ROsberg (è uno sdoppiaggio), Petrov (a sportellate…)- ma si tocca con Buemi e si incasina con Barrichello, finendo di nuovo indietro. Almeno ci ha provato, ma il quindicesimo posto finale non è granché. Ma, soprattutto, non è minimanente utile alla causa (anzi alla Causa) Ferrarista. Quello che interessa, da qualche mese a questa parte, Hockeheim docet -checché ne dicano DOmenicali, Montezemolo e compagnia bella- è che Alonso vinca il mondiale, e il giudizio su quello che fa Felipe è solamente legato al suo contributo alla Causa. Ma a noi non ce ne frega niente,noi valutiamo la gara in sé. Felipe seppur inconcludente, ci ha fatto divertire, E per questo la sufficienza ci sta. Stoico.

Fernando Alonso: 8 – Butta via qualsiasi possibilità di impensierire le Red Bull -che sull’asciutto vanno come degli Sputnik- nelle qualifiche, quando non va oltre il quinto posto. Poi -non ce ne vogliate- è tutto sommato fortunato. Hamilton gli si fa da parte praticamente da solo, sbagliando una frenata, e Hulkenberg praticamente anche, commettendo un errore in accelerazione. Magari sarà anche stata la pressione messagli addosso dallo spagnolo, ma magari anche no. O no? Ad ogni modo riesce ad essere davvero pericoloso solo negli ultimi giri, quando la safety car lo riavvicina al duo di testa. Ma anche quando, per lui, è troppo tardi. Finché in Red Bull continuano a farsi del male il terzo posto gli va benissimo, certo. Ma è da dimostrare che ad Abu Dhabi vada così. Lì un -passateci l’aggettivo- comodo terzo posto potrebbe non bastare. Vedremo.

Rubens Barrichello: 5 – Se la prende con la sosta ai box, con Alguersuari, con il destino, con la luna e con la zia. Come troppo spesso gli è accaduto nella sua carriera. Fatto sta che mentre il compagno di casacca si becca le luci della ribalta con la prima pole in carriera e una gara nei piani alti, lui fatica nelle retrovie e deve accontentarsi del quattordicesimo posto. Poi, per carità, non ha colpa lui se il suo pit stop è un tagliando. Ma nel contatto con Alguersuari qualche responsabilità ce l’ha pure lui, che ha più di 300 gare sulle spalle. Ma, soprattutto, sotto la pioggia del sabato doveva esserci lui, in pole, non Hulkenberg. Non che il tedesco non lo meritasse, intendiamoci, ma le condizioni difficili chiamavano il brasiliano ad un acuto che non è mai arrivato. Peccato #1.

Nico Hulkenberg: 8,5 – La sua dose annuale di flash dei fotografi la rimedia al sabato, quando strappa una pole spaziale dando un secondo a tutti. Incredibile. Poi al via si scioglie, comprensibilmente. Vettel lo passa subito -al semaforo-, Webber dopo tre curve -per un suo errore-, Alonso qualche giro dopo -per una sua sbavatura-, ma riesce comunque a tener dietro Hamilton. Quindi perde progressivamente terreno tornando tra gli umani, ma è bravissimo a contenere Kubica e a guadagnare un ottavo posto finale che -realisticamente- è un ottimo risultato. Il voto è per la pole e per il fatto che non saprà ancora se il prossimo anno resterà a Grove. E’ un peccato, perché sir Frank se avesse le possibilità economiche confermerebbe sia lui che zio Rubinho. Ma la F1 2010 è anche questo. Peccato #2.

Robert Kubica: 5,5 – La sua è una gara poco appariscente, nella condotta e nel risultato. Non riesce praticamente mai a girare con pista libera, ha sempre qualcuno davanti. Però -e non ce ne vogliate- ci sembra ingeneroso, egoista e anche un po’ bastardo polemizzare con Petrov che lo tiene dietro dopo la sosta e gli fa perdere tempo. Già il sedile del russo traballa per via di tutte le vetture che ha distrutto nel corso dell’anno, e visto che Robert -che non ha problemi di riconferma- avrebbe al massimo potuto recuperare una posizione, forse sarebbe stato il caso di fare il gentleman e lavare i piatti sporchi in famiglia. Che cavolo, non di soli punti vivrà il pilota! Ci dispiace, ma il simpatico polacco stavolta si è comportato da maleducato. Screanzato.

Vitaly Petrov: 5,5 – Se anche il tuo compagno di team -che avrebbe tutto l’interesse ad avere un team mate tutto sommato comodo- ti dà contro, capisci che il tuo tempo in seno al team è finito. E, quindi, diventa dura combinare qualcosa di buono. Va però detto che con una partenza disastrosa già si era messo nelle peggiori condizioni possibili per ben figurare. Era necessario tener ditro Kubica -con gomme nuove- in un sussulto d’orgoglio veterosovietico? Chi lo sa. Viene inquadrato solo quando fa a sportellate con Massa, nelle ultime fasi di gara, e deve cedergli la posizione. Chiude tristemente sedicesimo. (praticamente) Licenziato.

Adrian Sutil: 6,5 – Si prende il lusso di rovinare la gara di Michael Schumacher, di recuperare dieci posizioni rispetto a dove è partito (aveva una penalità da scontare) e, soprattutto, di divertirci e divertirsi. Questo giustifica il voto, altrimenti troppo alto. Si ferma ai box dopo aver percorso circa 50 giri, un’eternità, tenendo dietro il sette volte campione del mondo senza nemmeno soffrire troppo. Dopo il pit stop -e dopo la safety car- inizia una nuova gara con gomme morbide. Passa Massa, che lo ripassa -non male come scioglilingua, dovremmo brevettarlo- e supera pure Buemi, a fatica. Non ci riesce però con Algersuari e deve alla fine accontentarsi del dodicesimo posto. Ma visto dove era partito va benissimo così. Lottatore.

Vitantonio Liuzzi: 4 – Scellerato e inqualificabile. Sei in trattativa per farti confermare, sei in rotta col compagno di squadra e hai decisamente meno punti di lui nel campionato. L’ultima, l’ultima, l’ultima cosa che devi fare è permetterti di distruggere la vettura. L’ultima. E invece succede. Tutto quanto fatto prima perde di significato. Tutto quello che farà dopo perde di durata. Nel senso che sarà dura essere riconfermati. Mmmmmmmmmmm, che rabbia, Tonio. Che rabbia. Desolante.

Sebastien Buemi: 5,5 – Dura combinare di più di un tredicesimo posto, senza ritiri davanti. Ah, no, scusate, Alguersuari è arrivato undicesimo. Allora le cose cambiano leggermente. Si prende i suoi due minuti di celebrità quando gioca all’autoscontro con Massa, spingendolo fuori per conservare la posizione. Concorso di colpa, tutti assolti. Si nota poi anche quando lo passa Heidfeld, con un nuovo, leggero contatto. Ma mentre lui gioca con le macchinine il compagno di casacca guadagna tempo e posizioni. E questo fa sì che alla sufficienza non ci possiamo arrivare. Anche se partiva ventesimo per via del disgraziato contatto con Glock alla gara precedente. Contattato.

Jaime Alguersuari: 6,5 – Peccato, poteva guadagnare un punto e invece deve cedere a Kobayashi nelle ultime fasi di gara e accontentarsi dell’undicesimo posto. Ma la sua è comunque una gara positiva. In precedenza aveva incrociato la spada con quella di Barrichello, forandogli una gomma quando il brasiliano, in un impeto d’ottimismo, aveva provato a passarlo. Sempre davanti a Buemi, sempre aggressivo e propositivo, sempre all’attacco. Quando non sbaglia ci piace. E la sufficienza è d’obbligo. Peccato solo per Kobayashi…. Massiccio.

Jarno Trulli: 6,5 – Il suo buon problemino idraulico se lo becca anche stavolta, tanto per non farsi mancar nulla, ma è meno grave del solito e riesce quindi a prendere il via e -udite, udite!- a concludere la gara, subito dietro al compagno di squadra. Parte male ma riesce ad avvicinare subito Glock e, nel valzer dei pit stop, gli passa avanti. Si accoda a Kovalainen e procede a braccetto con lui fino a fine gara, primi dei nuovi team. Più di così è oggettivamente difficile pretendere. In attesa di tempi migliori. Che potrebbero anche arrivare, chi lo sa. Idrorepellente.

Heikki Kovalainen: 6,5 – Parte bene, passa Glock e fa gara solitaria fino a quando non lo raggiunge Trulli. Ingaggia una lotta platonica con l’abruzzese, fatta di giri veloci, e tagliano il traguardo praticamente assieme. E’ ancora una volta il primo dei piloti dei nuovi team, una soddisfazione alla quale oramai sarà abituato ma che fa sempre piacere. Corretto e preciso nei doppiaggi. Poco altro da dire, anche nel suo caso, se non che ammiriamo lo spirito positivo che ostenta nelle dichiarazioni e nelle interviste. Se pensate che l’anno scorso correva in McLaren… Positivo.

Christian Klien: 6 – Visto che la HRT va così forte decidono di dare a tutti un po’ di vantaggio e quindi lo fanno partire quattro giri più tardi. Per strada ne accumula altri due, e quindi chiude con sei tornate di distacco. In mezzo una gara che diventa un test, una specie di long run. Lui fa il suo, si tiene alla larga dai guai ed è corretto ogni volta che qualcuno si appresta a doppiarlo. Con una chicca: in gara gira più veloce del compagno di squadra, che ha corso per tutta la stagione. Buon segno per lui, pessimo per Bruno. La domanda è: ma gli conviene correre in queste condizioni pur di stare in F1? La risposta la sa solo lui, o al massimo il suo manager. A noi fa un po’ tenerezza e gli affibbiamo la sufficienza. Minimalista.

Bruno Senna: 5,5 – Corre in casa, con un cognome che definire importante è eufemistico, così come è eufemistico definire una Formula 1 la sua vettura. Ce la mette tutta, immaginiamo. Ma non va al di là del ventunesimo posto. Ultimo dei classificati senza handicap. Girando, oltretutto, più lentamente del compagno di team, alla sua seconda gara della stagione. Con tutto il bene che gli vogliamo non riusciamo ad arrivare alla sufficienza. Anche se ogni volta che guardiamo il suo casco ci viene un tuffo al cuore. Peccato #3.

Nick Heidfeld: 5 – Finisce diciassettesimo in una gara incasinata anzichenò. Parte bene, guadagna qualche posizione ma poi si scontra anche lui con il muro Sutil non riuscendo a passarlo. Tenta la carta delle gomme nuove con la safety car ma oramai è troppo tardi. Anzi, rimedia pure un drive thru per mancato rispetto delle bandiere blu quando arriva Rosberg. Lui dice che il team lo ha mal consigliato, ma da un pilota della sua esperienza francamente ci aspettavamo una scusa migliore. Prova a passare Buemi ma lo tocca e finisce ancora più indietro. Inconcludente.

Kamui Kobayashi: 6,5 – Non sembrava nemmeno lui. Nel senso che, per via dell’assetto forse troppo carico, anziché realizzare sorpassi -la sua specialità- stavolta ne subisce una marea. Andiamo a memoria: Hamilton, Button, Rosberg e forse qualcun altro. Ritarda oltremodo il pit stop e, dopo la safety car, si ritrova dietro Alguersuari. Ma, stavolta, lo spirito combattivo viene finalmente fuori e, nelle ultimissime fasi di gara, riesce a sopravanzare lo spagnolo e a guadagnare il punticino del decimo posto. Un po’ sottotono, forse, ma probabilmente per colpe più strategiche che sue in senso stretto. La pagnotta, piccola o grande che sia, oramai la porta comunque sempre a casa. Umile.

Timo Glock: 5,5 – Perde una posizione al via da Kovalainen e incolpa Petrov, ma la realtà è che comunque la Lotus era decisamente più veloce. Controlla Trulli fino alla sosta ma l’italiano gli sbuca davanti dopo il cambio gomme. Da lì, allora, fa gara tristemente solitaria fino al ventesimo posto finale. Girando, peraltro, più lento della HRT di Klien. Logico che nelle ultime battute di una stagione come questa manchino un po’ le motivazioni. Ma farsi battere sonoramente sul giro più veloce in gara anche da Di Grassi, forse, è un po’ troppo. Per questo, solo per questo, gli neghiamo la sufficienza. Nove decimi sono un’infinità. Stanco.

Lucas Di Grassi: 6 – La Virgin non va nemmeno a spingerla. Letteralmente: incappa in un problema tecnico che peggiora progressivamente fino a fermarlo del tutto. Arriva ai box, lavorano sulla vettura e, alla fine, riescono a rimandarlo in pista. Lui regala ai suoi meccanici un giro veloce da urlo, quasi un secondo più veloce di Glock e più rapido delle Lotus. Non è assolutamente detto che gli valga la riconferma, ma è comunque un bel segnale. In una stagione d’esordio, peraltro, tutto sommato senza macchie. Puro.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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