F1 | Troppe aspettative sulla Ferrari in Messico
La Rossa può fare bene, ma è difficile immaginare un ribaltamento di valori cristallizzati
Ci siamo, è un refrain, un ritornello, che ciclicamente torna a bussare alle nostre menti, risultando fastidioso quasi come “dolcetto o scherzetto” di Halloween. “La Ferrari su questa pista potrebbe vincere”. Lo abbiamo sentito a Montecarlo (e in effetti la Rossa schizzava tra le stradine del Principato), in Ungheria e ora tocca al GP del Messico.
Funziona più o meno così; si ragiona su elementi astratti, come la tipologia del tracciato e le condizioni ambientali, e ci si autoconvince che è la volta buona per rompere il maledetto tabù vittoria che dura da più di due anni, dalla doppietta a Singapore con Vettel primo e Leclerc secondo nel 2019, un’era geologica fa.
E’ così che si creano aspettative, cresce l’interesse, si genera uno sorta di elettricità nell’aria tra la narrazione di una Ferrari potenzialmente competitiva e l’attesa degli appassionati. E qui, solitamente, casca l’asino.
Si prendono degli elementi, le curve, il carico aerodinamico, l’altura e si trasformano in prove indiziarie di sicura validità, così la Ferrari diventa automaticamente competitiva, quasi favorita, perché alla base c’è voglia di vederla vincente e ci si aggrappa a qualsiasi suggestione.
Per quanto riguarda il Messico il discorso ricade sempre sull’altura, ovvero quell’aria rarefatta in alta quota che genera meno resistenza all’avanzamento (essendo meno densa c’è meno aria da “tagliare”) e va a penalizzare i motori, circostanze che potrebbero in effetti avvantaggiare il Cavallino, con la SF21 che si comporta bene in configurazione di medio alto carico aerodinamico e che potrebbe sfruttare il rinnovato ibrido e il buon turbocompressore per sopperire alle criticità del motore termico.
Ma si tratta pur sempre di ipotesi campate in aria (rarefatta in questo caso) o comunque decisamente astratte perché fondamentalmente autoreferenziali. Nell’equazione vengono esclusi elementi ben più dirimenti. L’alta quota e le altre peculiarità del tracciato Hermanos Rodriguez valgono per tutte le scuderie, il duello tra Mercedes e Red Bull, tra Hamilton e Verstappen, sta portando questi due top team a spingersi a vicenda sempre più in alto, facendo letteralmente il vuoto alle loro spalle.
La Ferrari SF21 non vale la RB16B e nemmeno la W12. Ad Austin, nonostante la prova importante di Leclerc, Maranello ha accusato sul traguardo una cinquantina di secondi di ritardo dai primi due. Se vogliamo affezionarci all’idea che basti correre in altura e caricare le ali per colmare il gap dai primi e che la Ferrari maramaldeggerà in Messico con Mercedes e Red Bull facciamo pure.
Il rischio, però, è quello di restare delusi quando non arriveranno né pole position né vittoria. Sarebbe molto più realistico pensare che la Rossa può sfruttare le condizioni favorevoli per confermarsi più veloce della McLaren e recuperare altri punti nel Costruttori. L’obiettivo è il terzo posto finale in classifica, la dimensione è quella, e a cinque gare dalla fine è difficile immaginare una Rossa vincente. L’occasione giusta c’è stata, Monaco, ed è stata sprecata. In condizioni normali Hamilton e Verstappen fanno storia a se, e in un mondiale così tirato, con una sfida così drastica, feroce, intensa, è anche giusto così.
Antonino Rendina
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