F1 | Pagelle della stagione 2017: promossi e bocciati dell’ultimo intenso mondiale
Squadre e piloti, ecco i giudizi su tutti i protagonisti del 2017
MERCEDES 10
La grandezza di saper dominare dando la falsa illusione d’essere una padrona magnanima, vulnerabile, umana. Le difficoltà con le gomme, l’idiosincrasia con le piste più tortuose, tutti dubbi e incertezze spazzati via con il piglio e la prepotenza di chi la sa fin troppo lunga per poter davvero mancare l’ennesimo doppio trionfo iridato. E’ ancora Formula Mercedes, e mai come quest’anno è stato una sonora martellata sui gioielli di famiglia per gli avversari.
Lewis Hamilton 10 e lode Quando sembra che non riesci proprio a mettere due gare buone insieme, distratto, forse sorpreso dalla competitività del tanto atteso rivale. La reazione è stata prepotente, spietata, da vero cannibale. Dopo i numerosi derby con Rosberg Luigino ha fatto capolino, affacciandosi fuori dalla sua comfort zone, esaltandosi per un duello iridato che l’ha visto favoloso vincitore, dando l’impressione di averci messo davvero del suo. Un Hamilton quasi impeccabile, certamente implacabile, al quale si possono muovere ben poche critiche. La cavalcata vincente contro il rivale più blasonato, il quarto mondiale ha un sapore particolare.
Valtteri Bottas 8 Il “soldato di inverno” che non si lamenta, non crea problemi interni, devoto anima e corpo alla missione. Doveva aiutare Hamilton e così è stato. Doveva togliere punti alla concorrenza e contribuire alla vittoria nel Costruttori e così è stato. Prototipo della seconda guida efficiente, il finnico vince tre gare e guida per la squadra, senza sognare, senza incantare, ma guadagnandosi onestamente la pagnotta.
FERRARI 9
L’araba fenice che risorge dopo il nefasto 2016 è anche l’illusione spezzata sul più bello, Icaro che per volare troppo in alto inesorabilmente precipita, ma lo fa dopo aver toccato con mano un sogno troppo a lungo mancato e allora bene, bravi, bis. Perché le emozioni ci sono state, rosse, rutilanti, vere. E mancavano da un po’.
Sebastian Vettel 9 Cinque vittorie, quattro pole. Trascinatore e alfiere passionale, romantico e indefesso sognatore, il suo bel mondiale può racchiudersi in tre istantanee: il sorpasso da funambolo in Cina su Ricciardo, emblematico della competitività; la improvvida ruotata ad Hamilton, perché i nervi ogni tanto saltano anche ai migliori; il muro d’aria del Kemmel; la vera fine delle speranze prima del trittico asiatico, un km di frustrazione e fin troppo indicativo dei reali valori in campo. Vice campione e tant’è, ma il tedesco è un uomo squadra e un pilota prezioso, che saprà tenere alto il vessillo del Cavallino.
Kimi Raikkonen 7 Sette podi in una stagione gli mancavano da un po’, il suo apporto alla causa rossa è quello di un attempato campione leale alla causa. Rinuncia di fatto alla vittoria in Ungheria per coprire le spalle a Vettel, non polemizza con la squadra per il successo mancato di Montecarlo. Conscio del suo ruolo, pedina fondamentale per armonia e equilibrio nel team, ma in pista in più di un’occasione mostra qualche amnesia di troppo. La costanza non è il suo forte, ma nel complesso non demerita.
RED BULL 8
La creatura di Adrian Newey cresce sulla distanza, e riesce comunque a chiudere il mondiale con tre vittorie. L’anno buono per spaccare il mondo però sembra sempre quello dopo. Il 2018 ci dirà se Milton Keynes è una piazzata di lusso o può davvero tornare il top team di qualche anno fa.
Daniel Ricciardo 9, A tratti il migliore del 2017 per rendimento. Una sfilza di podi da far impallidire i duellanti per il titolo, alternati a grandi rimonte dal fondo. Spettacolare nei sorpassi, perfetto nella gestione della monoposto, esente da errori di guida. Un piccolo calo nelle ultime gare, dove “soffre” un po’ l’esplosione di Verstappen…
Max Verstappen 9 Talento e freschezza purissimi, uniti a quella genuina strafottenza che farà pur girare le palle, ma almeno emoziona. Manda letteralmente al manicomio Vettel in Messico, non ha alcun timore reverenziale di Hamilton in Malesia, tiene giù il piede come un ossesso, ma anche nelle manovre al limite sfoggia una tecnica senza pari. Le stimmate del predestinato, per velocità pura probabilmente già adesso è senza rivali. Due vittorie e gare rocambolesche, il futuro si preannuncia spettacolare (e molto orange).
FORCE INDIA 8
La piccola realtà anglo-indiana è l’esempio perfetto dei criteri di buona amministrazione. Economicità, efficacia, efficienza. Il quarto posto in scioltezza, dietro i mostri sacri, vale un mondiale. Con il coraggio di schierare due piloti a dir poco animosi.
Sergio Perez 7,5 Preferiva Hulk. Perché il francesino che gli affiancano è una brutta gatta da pelare, velocissimo e con grande voglia di mettersi in mostra. Alla fine la spunta Checo, con poche prestazioni eclatanti, ma con la costanza del pilota fatto e finito. Una certezza.
Esteban Ocon 8 Sorprende per velocità, consistenza, rendimento. Esordiente, diciotto volte a punti in venti gare, con il pregio di mettere in crisi una vecchia volpe come Perez. Impressiona anche per la cattiveria agonistica; il francesino non esita infatti a fare a sportellate con la vettura gemella, con il team che deve intervenire più volte per disporre regole di ingaggio più consone a due compagni di squadra. Ma è un portento!
WILLIAMS 5
Con l’arrivo di Paddy Lowe e con la power unit Mercedes ci si aspettava qualcosa di più di un quinto posto a più di cento punti di distacco dalla Force India.
Felipe Massa 6,5 Ripescato all’ultimo per fare da chioccia al giovanissimo Stroll. Contribuisce con dignità al campionato della Williams, ma dà l’idea di guidare in automatico, di mestiere, e non certo di slancio. A fine anno ha salutato per la seconda volta la compagnia.
Lance Stroll 6,5 Tartassato dalle critiche, perché abbastanza ricco da potersi permettere una Williams, va detto che il ragazzino canadese “allenato” da Baldisserri durante la stagione ha fatto passi da gigante, passando dalle incertezze iniziali a gare sempre più convincenti. Porta la Williams sul podio, sovente è più competitivo di Massa, la crescita è di fatto esponenziale e incoraggiante. Non è solo un pilotino con la super valigia…
Paul di Resta 6 Chiamato di fretta e furia a sostituire Felipe Massa in Ungheria, lo scozzese torna in F1 – sebbene solo per due giorni – dopo quattro lunghi anni. E dimostra che senza i quintali di ruggine accumulati addosso sarebbe ancora un signor pilota…
RENAULT 5,5
Avvicina la sufficienza per un timido passo avanti rispetto al 2016 e per un sesto posto che è più una speranza per il futuro che un vero e proprio “traguardo”. Anche se a Enstone lo hanno festeggiato, dovendo sudare sette camicie per avere ragione della piccola Toro Rosso.
Nico Hulkenberg 7 La Renault è lui. Le sue grandi qualifiche, le ottime gare a punti, ma anche la tanta sfortuna e un’immagine di “attaccante di categoria” dalla quale anno dopo anno diventa sempre più difficile distaccarsi.
Jolyon Palmer 5 Una delusione costante salvata all’ultima gara utile con il quasi sorprendente sesto posto di Singapore. Per giunta risultato fondamentale nel bilancio finale della Renault
Carlos Sainz 7,5 Nono posto in campionato, trascinando la Toro Rosso. Scappa in Renault e il debutto negli States è molto positivo, con il settimo posto. Da lì due ritiri e l’undicesimo posto in Brasile. Ma il suo campionato vero lo disputa a Faenza, ed è un signor campionato.
TORO ROSSO 5
Settima con rimpianto, perché le manca la forza (e forse la concreta possibilità…) di difendere il sesto posto nel Costruttori. Da mal di testa la politica piloti, le porte girevoli non servono a nulla, anzi creano solo danni. Errore imperdonabile lasciarsi scappare Sainz a poche gare dal termine.
Daniil Kvyat 6,5 Non ha il passo di Sainz, ma corre un anno intero con una spada di Damocle sulla testa, non a caso viene silurato dopo essere andato a punti in Texas. E’ un pilota forte e ancora giovane, al quale vanno date serenità e fiducia, il contrario di quanto ha fatto il gruppo Red Bull nelle ultime due stagioni.
Pierre Gasly 5,5 Fuoriclasse in pectore per ora solo a parole. Cinque gare di apprendistato senza infamia e senza lode, ma quel testacoda ad Abu Dhabi…
Brendon Hartley 5,5 Campione endurance, ventottenne, pilota di sicuro valore, chiamato a correre in F1 quando non ci credeva più. Le poche gare sono un inferno di penalità in griglia e problemi tecnici, ma è abbastanza veloce da guadagnarsi la conferma per il 2018.
HAAS 4,5
Squadra dal potenziale indecifrabile, sembra sempre gli manchi il famoso centesimo per fare una lira. L’ottavo posto non può soddisfare chi era entrato in F1 con ben altre aspettative.
Romain Grosjean 6 Otto gare a punti, molto bene in Austria (6°, la miglior gara stagionale) e in Belgio (7°), ma anche qualche passaggio a vuoto di troppo e quel fastidioso vizio di lamentarsi di ogni cosa via radio. Nel 2016 aveva brillato di più, un po’ appiattito.
Kevin Magnussen 6,5 Più discontinuo di Grosjean, ha però il pregio di avere un approccio combattivo e generoso. Racer puro, a tratti sembra davvero un corridore d’altri tempi, emozionando per la capacità di gettarsi a capofitto in duelli che sembrano impossibili. Accusato da qualche collega (Hulkenberg, Alonso) di andare anche sopra le righe per le sue manovre, il vichingo Kevin ci regala uno dei sorpassi più belli e “veri” della stagione, quello realizzato ai danni di Felipe Massa a Suzuka. Sa divertire.
MCLAREN 3
Voto tre come gli anni disastrosi con Honda dei quali ricorderemo esclusivamente l’abnegazione e il sarcasmo di Fernando Alonso. Disastro inenarrabile.
Fernando Alonso 8 Indomito leone, garanzia di assoluta qualità, più della singola “giocata” estemporanea (il giro in qualifica, la “garra” nei duelli ravvicinati) proprio non poteva fare. Unica nota dolente le troppe polemiche e scaramucce con Vettel. Non fanno onore al campione che è.
Stoffel Vandoorne 7 Raccoglie la pesante eredità di Jenson Button; nell’arco della stagione dà segnali importanti di crescita, facendo vedere ottime cose in Malesia e in Giappone. Perde il confronto con Alonso, ma non sfigura affatto, considerando che trattasi di rookie lanciato nella mischia in una squadra a dir poco dismessa. Sarà curioso vederlo all’opera con il motore Renault.
Jenson Button 4 “Costretto” a tornare a Montecarlo per sostituire l’americano Alonso. Chiude mestamente la sua unica gara speronando pericolosamente Wehrlein alla curva del portiere.
SAUBER 4
Corre senza alcuna pretesa, per onor di firma. Due volte a punti con Wehrlein, ma è impensabile potersi difendere con i motori vecchi di un anno. L’accordo con Alfa Romeo è uno spiraglio di luce.
Pascal Wehrlein 6,5 Lui è l’incompreso, il giovane pilota di scuola Mercedes del quale non è ancora chiaro il potenziale (che invero sembra piuttosto discreto), né perché il gran capo Wolff non creda pienamente in lui. Fatto sta che un ottavo (Spagna) e un decimo posto (Baku) con la peggiore Sauber di sempre non gli bastano per restare in F1.
Marcus Ericsson 6 Zero punti, ma è tignoso, lotta, non di rado riesce ad avere ragione del più quotato Wehrlein.
Antonio Giovinazzi 6 Gli errori in Cina sono la cartina tornasole della complessità della F1, dove se non hai appoggi anche un errore legittimo sul bagnato finisce per cancellare anche il grandioso debutto in Australia, dove – catapultato in auto dal nulla – l’italiano chiude al dodicesimo posto correndo come un veterano.
Antonino Rendina
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