F1 | Domenicali, le libere, Achille e la tartaruga
Nella F1 ad effetto suolo per gli altri è quasi impossibile chiudere il gap con la Red Bull
Ha ragione Domenicali. Aboliamo le libere, tanto non servono più a un cazzo. Se ci pensate bene le squadre preparano gli assetti al simulatore, in factory, e poi pregano che il dato della pista “correli” con quello virtuale. Se va male giù di interventiucci e palliativi sull’assetto che non risolvono nulla, se non a vedere la faccia storta dei piloti.
Le squadre con le auto migliori, ben lucidate, ben messe a puntino e stabili, invece non hanno problemi. Sia mai che il lavoro delle libere cambi il destino del fine settimana. Ma dove?
Ovviamente è una provocazione, perchè se i risultati sono scontati non è colpa delle “povere libere” ma di questo carrozzone in agonia che è diventato la Formula 1. Unico sport sul pianeta in cui se un concorrente prende un dato vantaggio sul gruppo diventa impossibile per gli altri colmare il divario.
Ad ogni regolamento corrisponde il dominatore di turno. Ad inizio dell’era ibrida abbiamo avuto la Mercedes, forte della schiacciante superiorità del suo propulsore, mentre adesso c’è la Red Bull magistrale interprete delle vetture ad effetto suolo.
Tocca agli altri recuperare, ma come? Le prove in pista sono vietate, il lavoro in fabbrica è contigentato, c’è poi un limite di spesa, se prendi un tecnico devi aspettare che fa il “giardinaggio”. Insomma non si può progettare liberamente, non si può provare liberamente, non si può modificare l’auto liberamente. Non si può fare nulla.
È una F1 ferma. Immobile. Monocorde. Noiosamente stantia. Acchiappa spettatori qua e là perché li attira con i social, con Netflix, con i meme, spettatori di uno show più interessati alle stronzate social dei piloti/personaggi che al motorsport. In questa ottica ragiona e agisce Domenicali come amministratore delegato del Circo by Liberty Media, completare il “wrestlingaggio” di una disciplina patinata e ben decorata ma con poca sostanza.
Le auto corrono veloci in pista ma sono tutti fermi, come il paradosso di Achille e la tartaruga. Achille non raggiungerà mai la tartatuga dinanzi a sè perché dovrà sempre percorrere la metà della metà (e così via) della distanza che lo separa dall’animale. Le altre non raggiungeranno mai la Red Bull a parità di regolamento perché dovranno sempre fare i conti con i divieti di test, il budget cap, le ore limitate in galleria del vento, il gardening e così via. Come partono in gara così arrivano. Come iniziano il mondiale così lo finiscono.
Mancano imprevedibilità, lotta, competizione. Può esserci certo azione in pista, possono esserci sorpassi, risultati a sorpresa, manovre degne di nota. È quel po’ che resta che ci fa restare appassionati.
Il budget cap nelle teste pensanti dei legislatori avrebbe dovuto comportare un livellamento, ha invece finito di inchiodare ciascuno nella propria ineluttabile casella, senza possibilità di cambiare il proprio destino.
Invece di andare avanti ai microfoni a dire che le prove libere andrebbero eliminate, Domenicali, la FIA, le squadre, comincino davvero a ragionare su come evitare che gli spettatori conoscano il nome del campione del mondo già dopo mezza gara. Perchè è francamente surreale seguire più di 20 GP facendo finta di viverli con pathos non solo quando già si conosce chi vincerà, ma soprattutto sapere che nessuno può recupare sui primi a medio lungo termine. Inaudito.
Antonino Rendina
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