GP Giappone: David Coulthard illustra il circuito di Suzuka

GP Giappone: David Coulthard illustra il circuito di Suzuka

Disegnata dal grande John Hugenholtz, Suzuka e' un lungo, esteso circuito da Gran Premio, mostro dell’alta velocita', ed uno dei rari siti che veramente fanno prudere le mani a David Coulthard dalla voglia di tornare a girarci al volante di una F1. Ecco quel che ha detto in merito al ritorno del Gran Premio del Giappone nella sua casa spirituale.

“Per me Suzuka e' un circuito fantastico. Uno dei piu' bei tracciati della stagione. A Monaco avrei voluto esser ancora pilota, a Spa anche mi sarebbe piaciuto poter correre, ed a Suzuka provero' le stesse sensazioni: e' un tracciato splendido dove ci si sente veramente piloti di Gran Premio.

Perché semplicemente lo si… sente. Ci sono curve impegnative, sostanziose, vere. Non c’e' margine per errori e bisogna prendere il respiro all’inizio del giro. Non ha nulla a che vedere con molti tracciati moderni, che sono una processione di punto-allungo-punto, dove il risultato finale e' dato dall’assetto scelto e da quale macchina si guida. Mi spiego?

Suzuka e' tutt’altra cosa sotto quest’aspetto e anche per altri. Siamo nel mezzo di un’area industriale, lontana qualche ora dalle grandi metropoli, e le squadre vivono insieme negli stessi piccoli alberghi, cosa che crea un vero spirito di camerata tra piloti e squadre, e –spero- anche tra i media. Tutto cio' fa di questo appuntamento una gara speciale. C’e' gente che la odia e non riesce mai ad apprezzare questi aspetti. Io l’ho sempre adorata.

Per quel che concerne il giro in se, lascia semplicemente a bocca aperta. Si transita davanti ai box e ci si tuffa in discesa verso la prima curva, resa famosa da Senna quando decise di tamponarvi Prost tanti anni or sono, ormai. E’ una curva che si affronta a fondo e che genera una violenta accelerazione laterale fino a quando si arriva alla seconda curva, dove si scala qualche marcia per accelerare poi verso la terza curva, dove si scala un altro paio di marce. A quel punto, le difficolta' del giro non sono ancora veramente cominciate, pero' si sono gia' incassati tre o quattro secondi di elevate forze G laterali.

La pista e' anche molto stretta e lo si ha ben chiaro quando si affronta una serie di veloci cambi di direzioni, sinistra-destra-sinistra (le famose curve S) la cui parte finale e' cieca e scollina su una salita prima che la pista si tuffi in un curvone a destra in discesa che ti porta, come una montagna russa, verso la curva Dunlop, che si affronta a tutto gas. E’ una curva completamente cieca dove si ha l’impressione che la testa debba staccarsi dal collo. Si arriva in fondo ad essa e si scala una marcia –a volte anche due- per sterzare dentro la prima curva Degner, un corto allungo in questa discesa e si affronta una curva a destra a 90° resa famosa da un incidente occorso qui a Nigel Mansell negli anni ottanta, quando il Leone volo' qui nelle prove, ferendosi alla schiena.

Dopo questo punto, si scende lungo la pista, che ha schematicamente la forma di un otto, e si affronta in pieno un’altra pazzesca curva a destra e si arriva al tornante che e' spesso scivoloso e dove, infatti, molti sbandano o derapano. Si riprende fiato un attimo e di riparte per un’altra sezione a tutto gas di curve, una a destra in piena, una discesa, un’altra a destra e poi dritto fino alla Spoon, una doppia curva a sinistra. Si scalano due marce per percorrere la prima parte, ed un’altra ancora per la seconda parte. Bisogna ridare gas velocemente perché segue una lunga accelerazione all’uscita della Spoon, in discesa, che porta a valle alla 130R.

A fondo, non a fondo? Sapete com’e'… la velocita' di passaggio alla 130R dipende realmente dalle condizioni di pista. Poi, si ha appena il tempo di riprender fiato, che si deve pestare con violenza sui freni per affrontare la chicane, che e' da qualche parte sulla destra. Lo dico perché non la si vede arrivare, e non e' visibile quando si comincia a frenare visto che si e' in pendenza ed in un rettifilo che e' leggermente curvo, per cui cieco. Quando non si conosce bene la pista, si sbaglia quasi sempre il punto di frenata, anticipandolo o piu' sovente ritardandolo. Con un po’ piu' di esperienza, s’impara che bisogna frenare prima di vedere la curva. La chicane in quanto essa, non e' nulla di particolare, ma alla sua uscita e' difficile trovare una buona trazione. Poi, si percorre una discesa che vi fa transitare davanti alla vecchia entrata dei box. Se piove, c’e' sempre un rivolo d’acqua che attraversa la pista in questo punto, per cui si passa in una pozza d’acqua, se e' asciutto la si percorre a fondo per arrivare sul rettilineo di partenza-arrivo pensando ‘Woaww! Per la miseria: che giro!”. A quel punto, date un’occhiata al cruscotto od al cartello-lavagna dei box leggendo ‘52 giri alla fine’. E’ assolutamente eccezionale!”.

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