F1 | GP Monaco: come la trappola Red Bull ha mandato in confusione Ferrari

La sconfitta della Rossa deriva da scelte strategiche errate, spinte da una Red Bull scaltra nel leggere gli episodi

F1 | GP Monaco: come la trappola Red Bull ha mandato in confusione Ferrari

Pioggia, strategie e incidenti hanno reso il Gran Premio di Monaco 2022 un appuntamento imprevedibile, ancor prima della partenza. Anche in questa occasione, il Principato ha mantenuto fede al suo status di gioiello della Tripla Corona, mettendo i piloti di fronte a una delle sfide più dure da affrontare dell’intero campionato.

Una prova intricata, difficile da decifrare, da cui ad uscirne vincitore è stato Sergio Perez, il messicano della Red Bull che ha costruito il suo trionfo su scommesse tattiche ed errori del muretto Ferrari. Dopo un sabato dominato con una prima fila interamente Rossa, le aspettative nei confronti del team di Maranello erano alte, perché sul circuito monegasco quello della track position è un vantaggio generalmente difficile da contrastare. Ci si aspettava che quella stessa superiorità potesse essere confermata anche la domenica e, per quanto sul piano delle prestazioni vi sia poco da recriminare, su quello strategico rimane un forte sentimento di rimpianto.

Per ora nessuno è profeta in patria e questo vale anche per Charles Leclerc, che nella sua Monte Carlo si è dovuto scontrare con una domenica da dimenticare. Una sconfitta difficile da digerire, pari a uno dei peggiori ganci destri, dritto allo stomaco. Perché gli errori possono capitare, ma quando ti ritrovi in testa sul circuito più impegnativo della stagione, con una vittoria che senti tra le mani, vedersi sfuggire quel successo per una serie di errori strategici rende la delusione e il dolore quasi insopportabili.

In un Gran Premio ricco di insidie e variabili, dimostrarsi reattivi nelle decisioni e anticipare le mosse dell’avversario era fondamentale. Un appuntamento a cui Red Bull non è mancata, lanciando l’esca perfetta a cui Ferrari ha abboccato. “Se parti con due macchine in prima fila e non porti a casa la vittoria significa che qualcosa da parte nostra non è andato per il verso giusto. Credo che abbiamo fatto alcune scelte sbagliate e le abbiamo pagate. Sul risultato di oggi hanno inciso anche degli elementi contingenti, come il traffico che entrambi i nostri piloti hanno trovato tornando in pista dopo i pit stop e che a Carlos è probabilmente costato la vittoria. Gli errori possono capitare, da questi è importante imparare e farne un’occasione di crescita”, ha spiegato il Team Principal della Scuderia di Maranello, Mattia Binotto.

Il primo stint sulle full wet

L’arrivo della pioggia e il giro percorso dietro la Safety Car avevano obbligato tutti i piloti a prendere il via dopo la bandiera rossa sulla gomma full wet, alternativa che offriva maggiori garanzie su un circuito dove non si ha il minimo margine di errore. Nel corso delle prime tornate, l’asfalto era ancora particolarmente bagnato e il passaggio alle intermedie rappresentava una sorta di azzardo, sia per i pochi riferimenti a disposizione che per il rischio di rimanere bloccati nel traffico. Un pericolo che, giustamente, nessuno dei piloti di testa si era voluto assumere proseguendo con le full wet, mentre i team in remoto monitoravano attentamente gli onboard e i tempi di coloro che in fondo alla classifica avevano optato per il cambio di pneumatici. Infatti, solo Pierre Gasly, Nicholas Latifi e Lance Stroll avevano deciso di fermarsi nello stesso passaggio in cui sarebbe rientrata la vettura di sicurezza prima della ripartenza, optando per un azzardo data la loro posizione in fondo al gruppo.

In queste condizioni, tuttavia, ciò che conta di più è la fiducia nel mezzo e nelle gomme, trovare quel feeling per spingere ed evitare errori che avrebbero potuto porre la parola fine alla propria corsa. Da questo punto di vista, Charles Leclerc non sembrava avere rivali, riuscendo a fare la differenza in particolare nel primo settore, lo stesso che in qualifica sull’asciutto lo aveva visto assoluta protagonista. La sua capacità di gestire la vettura controllando l’acceleratore in curva uno, così come la fiducia nella percorrenza del Massenet e del Casino, erano i punti di forza grazie a cui l’idolo di casa era stato in grado di guadagnare decimi su decimi nei confronti del compagno di squadra. Un vantaggio che, paradossalmente, rappresentava anche un’arma a doppio taglio. Se da una parte quel gap poteva sembrare un tesoretto invitante per garantirsi un buon margine di manovra in condizioni mutevoli, dall’altra viene quasi da chiedersi il perché nessuno dei piloti Ferrari abbia tenuto volontariamente alto il passo per limitare le strategie a disposizione della Red Bull. Si sarebbe trattato di un grosso sacrificio, specie per Sainz, ma lasciare al rivale più temuto la possibilità di tentare un undercut solamente quindici giri dopo l’inizio della gara è stato il primo errore del box del Cavallino. Un discorso che più avanti assumerà maggior rilevanza.

Red Bull che, all’inizio dello stint sulle full wet, aveva sofferto in particolar modo in fase di trazione, con il posteriore che continuava a scivolare senza fornire ai piloti il grip sufficiente per una buona uscita dalle curve lente. Ciononostante, sia Perez che Verstappen erano stati in grado di mantenere il ritmo di Sainz, restando a meno di tre secondi di distacco dallo spagnolo.

La trappola Red Bull

Nella prima parte di gara i tempi dei piloti sull’intermedia sembravano promettenti, seppur non a sufficienza da rendere il cambio così efficace. Bisognava tenere in conto non solo di quanto perso in pit lane, ma anche dell’eventuale traffico incontrato dopo la sosta. Lo si era visto con Pierre Gasly e Sebastian Vettel quanto fosse complicato riuscire a portare a termine dei sorpassi, tanto che i due avevano dovuto mettere in mostra tutto il proprio talento e contare su qualche sbavatura degli avversari per trovare il varco giusto.

Tuttavia, più la pista si asciugava, più quel margine iniziava ad allargarsi a favore delle coperture a banda verde, rendendola una valida alternativa su cui fare dei ragionamenti. Vi erano infatti due elementi da tenere in considerazione. Con il passare dei giri e una minor presenza di acqua in pista, la gomma full wet aveva iniziato a surriscaldarsi, riducendo il grip a disposizione del pilota. Si trattava di bilanciare il miglioramento della pista con il deterioramento dello pneumatico, tanto che via radio gli ingegneri cercavano di ricordare ai piloti di sfruttare le zone bagnate per abbassare le temperature. In secondo luogo, la mescola delle intermedie è piuttosto soffice, ben più di quanto non lo sia la extreme, rendendo più semplice la fase di warm-up, specie su un asfalto cittadino molto scivoloso come lo è quello di Monaco. Se ad inizio gara il passaggio alle intermedie non sembrava così redditizio, a stint inoltrato si sarebbe presentata una finestra in cui l’intermedia avrebbe fatto la differenza, garantendo buone chance di tentare un undercut.

Qualcosa che Red Bull aveva intuito alla perfezione. L’unico dilemma era trovare il momento giusto, perché anticipare la sosta avrebbe significato uscire nel traffico, ma allo stesso tempo posticipandola non vi sarebbe stato il tempo materiale per recuperare quanto perso durante il pit stop. L’attenzione del team si era quindi spostata in un’altra zona della classifica, più nello specifico tra la quinta e la settima posizione, dove si trovava un gruppetto di piloti racchiusi in poco meno di sette secondi. Il rischio di fermarsi nella quindicesima tornata era troppo elevato, perché un errore durante il pit stop o nella pit entry/exit, ancora particolarmente bagnate, avrebbe significato perdere la posizione non solo su Lando Norris, ma anche su George Russell. L’obiettivo del squadra di Milton Keynes era proprio quello di uscire davanti al pilota della Mercedes, sfruttando quella piccola finestra di cinque secondi che separava i due britannici. Un gap non particolarmente ampio, ma sufficiente da poter pensare di tentare una tattica aggressiva, soprattutto con Perez.

Dal canto suo, Ferrari non aveva alcun bisogno di forzare la mano, né con Leclerc né con Sainz. Per quanto riguarda il monegasco, la posizione di testa garantiva un certo margine di manovra, potendo così attendere di osservare le mosse degli avversari. Differente era il discorso legato allo spagnolo, che già dal quattordicesimo passaggio aveva suggerito una strategia alternativa, programmando il passaggio diretto alle slick senza passare per le intermedie. La stessa tattica con cui Lewis Hamilton conquistò la vittoria nel 2016. Oltretutto, anche se avesse voluto, il team del Cavallino non avrebbe potuto richiamare Sainz, perché il rischio di rimanere bloccati dietro Norris era fin troppo alto, lasciando campo libero ad entrambe le RB18. Un rischio che, giustamente, la casa di Maranello non si voleva assumere, specie ascoltando le indicazioni del proprio portacolori.

Per Red Bull vi era solo una piccola finestra in cui poter tentare qualcosa di diverso e, come grandi calcolatori, non si erano lasciati sfuggire questa opportunità. Nel caso fosse andata male, alla fine il messicano avrebbe probabilmente perso la posizione su Verstappen, ma nel caso avesse funzionato, si sarebbero aperti scenari molto interessanti. Alla fine del sedicesimo giro, gli strateghi della squadra di Milton Keynes avevano fatto la propria mossa, richiamando ai box Perez per il passaggio alle intermedie.

Ferrari troppo frettolosa nel rispondere

Con il pit stop del messicano, in casa Ferrari era lecito chiedersi se e come rispondere. L’idea era quella di sfruttare una pedina per coprire su Perez, diversificando le strategie nel caso l’intermedia si fosse davvero confermata una gomma vincente.

Ciò aveva spinto gli ingegneri a richiamare ai box Carlos Sainz, nonostante quest’ultimo da diverse tornate continuasse a ripetere che la tattica migliore sarebbe stata quella del passaggio diretto alle slick, senza una seconda sosta. Dopo un rapido confronto, intorno alla Nouvelle Chicane era giunto l’ordine definitivo da parte del muretto e, per quanto lo spagnolo non fosse del tutto d’accordo, aveva dato il suo assenso, premendo il pulsante del “pit confirm” per convalidare la procedura di rientro. Nonostante qualche divergenza di opinione, Carlos non si era rifiutato di seguire le indicazioni del team e sarebbe tornato ai box alla fine del giro.

Un’idea che sarebbe stata messa in pratica, se non fosse che proprio all’ultimo secondo gli strateghi si erano resi conto di non avere più a disposizione una pit window sufficientemente ampia per tornare in pista davanti al rivale della Red Bull. Infatti, se verso il tornantino lo spagnolo poteva contare su un vantaggio di circa venti secondi e mezzo, curva dopo curva quel gap si era fatto sempre più sottile, tanto da scendere a diciannove secondi pochi metri prima dell’imbocco della pit entry. Facendo un rapido calcolo in proiezione, gli strateghi del Cavallino avevano realizzato che quel margine non più sarebbe stato adeguato al compito, decidendo all’ultimo di lasciare fuori il madrileno.

Perso Sainz, bisogna valutare il da farsi. Pensare di fermarsi con Leclerc diversificano la tattica di gara o rimanere in pista con entrambi i propri alfieri? All’inizio del giro, il monegasco poteva contare su un tesoretto di circa ventisei secondi e, facendo i calcoli in proiezione, in casa Ferrari erano piuttosto sicuri che quel gap potesse confermarsi sufficiente per rientrare ed uscire nuovamente davanti. Così come era avvenuto per il compagno di squadra, tuttavia, nello spazio di poche curve quel vantaggio sarebbe sceso a soli venti secondi, rendendo di fatto impossibile mantenere la posizione su Perez. È facile supporre che il muretto Ferrari non si aspettasse un miglioramenti dei tempi così netto, per quanto già l’out-lap aveva lasciato intendere che la situazione potesse andare in quella direzione.

Ma perché insistere nel voler per forza copiare il pilota di Guadalajara? In un contesto di condizioni mutevoli, l’idea della Ferrari era quella di diversificare la strategia, in modo da coprire entrambi i piloti Red Bull. È come se in quel momento il muretto fosse entrato nel pallone vedendo i tempi registrati con l’intermedia. È come se si fossero posti il dubbio che il periodo in cui usare la gomma a banda verde sarebbe stato più lungo del previsto, avendo paura di perdere il treno. Red Bull aveva tirato l’amo e la Ferrari aveva abboccato.

La domanda sorge spontanea: il muretto avrebbe dovuto richiamare Leclerc un giro prima? No. Per quanto in quel caso Charles avrebbe mantenuto la sua posizione su Perez, ciò avrebbe implicato il rischio di perderla su Verstappen. Perché sacrificare il pilota con cui ti giochi il mondiale e che ha la track position migliore, specie nel momento in cui sarebbe rientrato dietro l’olandese? Sì, il monegasco avrebbe impiegato solo pochi giri a chiudere il gap, ma sarebbe poi stato in grado di sopravanzarlo in pista? La strategia vincente sarebbe stata quella di restare fuori dal principio, passare direttamente alle slick con entrambi i piloti: nel caso peggiore Sainz avrebbe potuto giocare da jolly, rallentando il gruppo a sufficienza per garantire al compagno di squadra un margine di sicurezza prima di passare alle coperture hard.

L’aspetto più interessante è forse proprio la sosta del campione del mondo, che nei giri precedenti al pit stop era risultato anche il più veloce del trio di testa. Per quanto difficile da immaginare, non è nemmeno da escludere l’ipotesi che il muretto della Red Bull volesse costringere Sainz alla sosta, esponendolo al dubbio di un possibile undercut.

Un doppio pit andato male

Con Sainz in testa al gruppo, ci si chiedeva solamente quando sarebbe arrivato il momento del passaggio alle slick. Osservando i tempi di quei piloti che in fondo alla classifica si erano già assunti questo rischio, come Mick Schumacher e Alex Albon, e spinta dalla paura che sia Perez che Verstappen potessero anticipare la sosta, il muretto aveva deciso di richiamare ai box entrambi i piloti al termine del ventunesimo giro. L’obiettivo era quello di montare un set di hard con cui arrivare fino alla bandiera a scacchi. Ragionando in proiezione, se Leclerc nel giro precedente era stato in grado di recuperare oltre secondi su Carlos sfruttando l’intermedia nuova, questo avrebbe significato che il gap tra i due sarebbe sceso dagli otto a quantomeno cinque secondi nel momento del pit-stop. Un gap che evidentemente il team riteneva ancora valido per fermare entrambi i piloti, ma che in realtà ha creato una reazione a catena.

Nel momento in cui Sainz era arrivato alla zona delle Piscine, infatti, il suo vantaggio era già sceso a poco più di quattro secondi, rendendo di fatto impossibile completare la doppia sosta come previsto. Qualcosa di cui Ferrari si era resa conto, seppur troppo tardi, quando ormai Leclerc si era già apprestato ad entrare in pit lane. Da lì sarebbe nata tutta la frustrazione del monegasco, chiaramente stupito da una mossa che nella sua posizione sembrava fuori da ogni logica.

Quel ritardo nella sosta, non aveva fatto altro che lasciare a Max Verstappen una ghiotta opportunità di tentare un overcut, rimanendo in pista per un ulteriore passaggio con un’intermedia già in temperatura. Una manovra che si sarebbe concretizzata qualche secondo più tardi, con l’olandese tornato in pista davanti al rivale con un vantaggio di pochi decimi.

Pochi decimi che non fanno altro che ampliare quel rimpianto per una dea bendata che non ha giocato a favore dell’idolo di casa. Durante lo stint sulla gomma intermedia, infatti, Charles era stato costretto a completare un’intera tornata alle spalle di Alex Albon, nonostante a quest’ultimo fossero state esposte una quindicina di bandiere blu. Inoltre, il traffico incontrato tra il Tabaccaio e le Piscine nell’out lap sulle gomme hard aveva costretto il monegasco ad alzare il piede perdendo qualche altro decimo. Un susseguirsi di situazioni che, unite al ritardo accumulato nel pit stop, avevano trasformato un sogno in un totale incubo.

Sainz ha perso la vittoria per il doppiaggio di Latifi?

Leclerc, tuttavia, non è stato l’unico pilota a trovare traffico nel giro d’uscita dopo la sosta. Anche Sainz era andato incontro al medesimo destino, trovandosi Nicholas Latifi al proprio fianco al termine della pit exit. Al fine di non incorrere in una penalità per il superamento della linea gialla in uscita, Carlos si era dimostrato particolarmente cauto nell’approccio ai primi metri percorsi con gomma slick, dando così al canadese, giunto con gomme hard già calde, la possibilità superarlo nella salita verso curva tre.

Come si può osservare dalla telemetria, lo spagnolo aveva mantenuto il medesimo approccio verso la zona di Massenet, dove il disturbo aerodinamico era maggiore. Non a caso, per evitare di arrivare al bloccaggio e finire contro le barriere, Carlos aveva alzato il piede con qualche metro d’anticipo, allontanandosi da Latifi. Se in curva quattro e nell’allungo successivo il Ferrarista aveva avuto modo di imporre il suo ritmo, da curva cinque il portacolori di Montreal lo avrebbe nuovamente rallentato, lasciandolo passare solamente verso l’ingresso del tunnel.

Osservando il confronto cronometrico con il compagno di squadra, si può notare come nel primo intertempo Sainz avesse perso circa un secondo rispetto a Leclerc, da aggiungere ai cinque decimi persi nel secondo settore. Tuttavia, vi è un altro elemento da tenere in considerazione, ovvero il fatto che poco prima del Tabaccaio il monegasco fosse stato costretto ad alzare il piede per il traffico, perdendo probabilmente quantomeno un altro mezzo secondo.

Difficile quindi dare una risposta concreta, ma considerando che dopo la sosta Perez sarebbe tornato in pista con un margine di circa due secondi e mezzo, è lecito supporre che senza il rallentamento di Latifi si sarebbe trattata di una lotta decisa in uscita di pit lane.

Perché Ferrari ha scelto la hard dopo la bandiera rossa?

Così come altre squadre, dopo l’interruzione per la bandiera rossa dovuta all’incidente di Mick Schumacher, anche la Ferrari si era presentata alla ripartenza con un set di gomme hard usato. Una scelta contrari a quella della Red Bull, che aveva deciso di puntare sulla media, nella speranza di potersi garantire un vantaggio in trazione. Ciò che spaventava le squadre era la possibilità che si potesse formare del graining, non solo perché il tracciato non era ancora completamente asciutto, ma anche perché le temperature dell’asfalto erano circa venti gradi più basse di quelle registrate al sabato e al venerdì.

La speranza del muretto della Rossa era quella che la mescola più dura fosse potesse essere meno suscettibile a questo fenomeno, come osservato in passato. Inoltre, per quanto la media presentasse qualche difficoltà in meno nella fase di warm-up essendo un compound più tenero, evidentemente vi era anche l’idea che una gomma già “rodata” potesse aiutare a compensare questo aspetto.

Red Bull non ha infranto i regolamenti sulle gomme alla partenza

L’arrivo della pioggia nei minuti precedenti alla partenza aveva seminato disordine in griglia, con cambi dell’ultimo minuto passando dalle gomme slick alle intermedie. Ciononostante, tutte le squadre erano state in grado di presentarsi al segnale dei cinque minuti con gli pneumatici montati sulle vetture, evitando così una penalità. Secondo quando afferma il regolamento, infatti, al segnale dei cinque minuti che precede l’inizio del giro di formazione le coperture devono essere obbligatoriamente montate sulle monoposto e le termocoperte scollegate dalla fonte di alimentazione.

Aspettandosi l’arrivo di ulteriori rovesci, alle 14:55 la FIA aveva deciso di sospendere la procedura di partenza, rimandando lo start alle 15:09. Considerando le condizioni meteo mutevoli, diversi team si erano già premuniti, portando in griglia un set aggiuntivo di full wet da sfruttare nel caso l’intensità della pioggia fosse aumentata. Tutto ciò aveva spinto la direzione gara a prendere un’ulteriore decisione, comunicata ufficialmente alle ore 15:00, imponendo che il formation lap sarebbe stato percorso alle spalle della Safety Car. Una scelta comprensibile date le caratteristiche del tracciato, che però aveva scatenato una reazione a catena.

Il regolamento prevede che nel caso in cui il giro di formazione venga percorso dietro alla vettura di sicurezza per forte pioggia, tutti i piloti sono obbligati a montare gomme da bagnato pesante, pena uno stop&go da scontare durante la corsa. Tuttavia, con soli quattro minuti a disposizione per effettuare il cambio, si era creata ulteriore confusione: alcune squadre, come Ferrari, si erano organizzate portando le coperture extreme in griglia con un discreto anticipo, mentre altre erano state sorprese dalla decisione della FIA. Tra queste, vi era anche la Red Bull, che inizialmente aveva montato su entrambe le vetture le intermedie, vedendosi costretta alla sostituzione. A poco più di trenta secondi da quello che avrebbe dovuto essere il segnale dei cinque minuti, entrambe le monoposto erano sprovviste di pneumatici: per velocizzare le operazioni, i meccanici avevano già rimosso le intermedie, rimanendo tuttavia in perenne attesa di quel set di full wet che tardava ad arrivare. Involontariamente, a salvare in corner la squadra di Milton Keynes sarebbe stata proprio la Federazione, che alle 15:03:30 aveva rimandato nuovamente la partenza resettando di fatto la procedura.

Qui sorge una domanda: se lo start non fosse stato posticipato, i meccanici Red Bull sarebbero riusciti a montare le extreme in tempo evitando così la penalità? Difficile dare una risposta, soprattutto perché dopo la comunicazione della direzione gara i ritmi sono calati e i team hanno affrontato la situazione con maggior calma, ma sarebbe stata una corsa contro il tempo. A quel punto, con altri dieci minuti a disposizione e l’obbligo ormai assodato di prendere il via sulle coperture da bagnato pesante, non vi sarebbero state altre situazioni da analizzare, con tutti i team pronti a seguire la vettura di sicurezza.

Perché Verstappen e Perez non sono stati penalizzati per l’episodio della pit lane?

Durante una delle fasi più concitate della corsa, era sorto il dubbio che entrambe le RB18 potessero aver tagliato la linea gialla in pit exit, manovra proibita dal regolamento per motivi di sicurezza. Nonostante la Federazione avesse effettivamente preso nota della situazione, come confermato dai messaggi ufficiali, dopo una rapida revisione il tutto si era concluso con un nulla di fatto.

Episodi su cui, tuttavia, Ferrari voleva vederci chiaro, soprattutto perché con un ordine d’arrivo così compatto anche una penalità di cinque secondi avrebbe potuto cambiare il destino della corsa. “Per noi non è ancora del tutto chiaro. Stiamo aspettando delle verifiche da parte della FIA”, aveva spiegato Mattia Binotto durante le interviste. Proprio per questo, la Scuderia di Maranello aveva deciso di fare la propria mossa, sporgendo ufficialmente protesta contro le monoposto di Milton Keynes. Se sul caso di Perez la decisione era arrivata in fretta, con Ferrari stessa che durante l’incontro con i commissari aveva constatato che nessuna parte della vettura del messicano si trovava a sinistra della linea gialla, rendendo di fatto la protesta infondata, diversa era la situazione legata a Verstappen.

Per supportare la propria posizione, la casa italiana aveva portato sostanzialmente due elementi. Il primo posava sulle possibili differenti interpretazioni tra ciò che vi era scritto nelle Event Notes del direttore di gara e ciò che afferma il Regolamento Internazionale, apparentemente in contrasto. Il secondo era un episodio della passata stagione che, nella visione della Ferrari, avrebbe dovuto sostenere quando scritto nelle note del Race Director.

Quest’ultime, rimaste inalterate dalla versione già adottata per il Gran Premio 2021, sostenevano che “In conformità al Capitolo 4 (Sezione 5) dell’Appendice L dell’ISC i piloti devono mantenersi a destra della linea gialla solida della pit exit quando escono dai box e rimanere a destra di questa linea fino a quando non termina dopo curva 1”. Dal punto di vista della Rossa, quel “mantenersi a destra della linea gialla solida” avrebbe potuto essere interpretato in una maniera in cui avrebbe dovuto essere penalizzato chiunque fosse andato oltre la linea con una qualsiasi parte della vettura, anche di pochi centimetri. Una visione che, tuttavia, si scontra con quanto specificato nel Regolamento Internazionale, secondo cui “Salvo casi di forza maggiore (accettati come tali dai commissari sportivi), qualsiasi pneumatico di una vettura in uscita dalla corsia dei box non deve oltrepassare la linea dipinta sulla pista all’uscita dei box allo scopo di separare le vetture in uscita dalla corsia dei box da quelle in pista”. Questo vuol dire che se una gomma non supera totalmente la linea, secondo il regolamento Sportivo Internazionale il pilota non sarebbe sanzionabile.

Qui giunge il primo punto delicato della situazione. Per sostenere la propria tesi, Ferrari si era presentata all’appello con un episodio della passata stagione, quando Yuki Tsunoda fu penalizzato in Austria per aver tagliato la linea bianca. La loro speranza era quella di basarsi su elementi simili tra le note di quell’evento e quelle del Gran Premio di Monaco 2022. In quel caso, le Event Notes recitavano che “Per motivi di sicurezza i piloti devono tenersi a destra della linea bianca che precede l’ingresso ai box, che inizia circa 50 m prima della curva”. Portare questo esempio, tuttavia, significava esporsi a due problemi: il primo, meno rilevante, girava intorno al fatto che il giapponese avesse tagliato la pit entry, non la pit exit. Il secondo, che merita maggior attenzione, riguardava il modo in cui la linea fu oltrepassata. Nella vicenda del 2021, il pilota dell’AlphaTauri tagliò la linea di ingresso box con l’intera gomma, non solo una parte di essa, per cui non vi poteva essere alcuna difesa a suo favore. Lo pneumatico era completamente al di là della striscia bianca.

Esempio che, quindi, non si addiceva a quanto sostenuto dai commissari, secondo cui Verstappen non aveva mai oltrepassato totalmente la linea gialla che divideva la pista dalla pit exit. “In questo caso, l’auto non ha attraversato la linea – per farlo avrebbe dovuto avere completamente la gomma alla sinistra della linea gialla”, recita il comunicato degli steward. Ciò vuol che nel momento in cui anche solo parte della gomma rimane sulla striscia dipinta sull’asfalto, il pilota non può essere sanzionato, per quanto ciò vada in apparente contraddizione con quanto scritto nelle Event Notes. In caso di contraddizione, il Codice Internazionale mantiene sempre la priorità, rendendo di fatto secondarie le indicazioni del direttore di gara. Una decisione in linea anche con alcuni episodi del passato, quando nel 2021 Lance Stroll non fu sanzionato con le medesime motivazioni che hanno salvato l’olandese della Red Bull.

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