F1 | Ferrari tra speranza di rimonta e dubbi sull’armonia nel team, ma non è certo colpa di Vettel

Gli errori del pilota tedesco - che crede ancora nel mondiale - vanno letti in maniera più approfondita

F1 | Ferrari tra speranza di rimonta e dubbi sull’armonia nel team, ma non è certo colpa di Vettel

Più che concreta speranza sembra una fiammella destinata a spegnersi all’ennesimo passo falso, eppure bisognerà pur darlo un senso pratico a queste sei restanti gare, con la Ferrari che ha l’obbligo morale di gettare testa, cuore e pancia oltre l’ostacolo, di rialzarsi impetuosa, da squadra unita, quello che non è riuscita ad essere nelle ultime deludenti uscite.

La Rossa ha meravigliosamente vinto in Belgio, eppure l’ultima vera dimostrazione di forza risale a Silverstone. Quella vittoria “a casa loro” a metà campionato, l’idea di poter navigare a vele spiegate per mari iridati, s’è d’improvviso arenata su scogli fatti di errori, confusione, crisi di nervi.

Da affresco rinascimentale Maranello s’è trasformata in una tela di Dalì, un simbolo difficile da afferrare, una realtà improvvisamente dai contorni sfumati. La precoce dipartita di un presidente autoritario e rispettato come Marchionne sembra aver tolto sicurezza ad un team che sul più bello ha iniziato a pasticciare, a confondersi, addirittura a sbagliare (verosimilmente) assetto in gare cruciali come quella di Singapore?

Ma è possibile che l’ingranaggio perfetto, quello del modello di lavoro orizzontale, si sia improvvisamente inceppato? Ad una Ferrari in grado di giocarsi alla pari, tecnicamente e nei risultati, il mondiale con la Mercedes, è mancata da un giorno all’altro la terra sotto i piedi. Dov’è che si è aperta la crepa?

Sarebbe semplicistico e superficiale addossare le maggiori colpe a Sebastian Vettel, che le sue cinque pole e cinque vittorie le ha già messe nel carniere. Il tedesco ha commesso errori, anche pesanti, il dato è oggettivo e indubbio, ma è la genesi di questi errori a restare inesplorata, con questi ultimi troppo “calcisticamente” bollati come risultato di pressione psicologica o tensione. In uno sport che si basa sui centesimi di secondo, letteralmente su km di pista vivisezionati in millimetri, il campione al volante è il finalizzatore di un lavoro complesso, il fromboliere che centra il bersaglio portando con se oneri e onori di centinaia di persone che lavorano sui pochi metri delle fiammanti monoposto.

Ebbene è evidente che la Ferrari post Silverstone non ha trasmesso a Vettel la tranquillità e le sicurezze che trasmette la Mercedes ad Hamilton. Come se il rapporto tra il tedesco e Maranello avesse iniziato a scricchiolare, un leggero malessere di fondo che rischia di sfociare nella mancanza di fiducia reciproca. Gli errori strategici in qualifica e in gara non possono che aumentare il nervosismo di squadra e pilota, mettendo tutti nella condizione di dover risolvere la situazione quanto prima possibile. Facciamo un esempio: e se Vettel non si fosse “accodato” a Raikkonen e Hamilton a Monza perché non si fidava di un’eventuale strategia in gara del muretto? Ciò spiegherebbe l’erroraccio alla Roggia. E il malumore nei team radio a Monza e Singapore se non è una prova, è comunque un indizio da non sottovalutare.

In ogni caso il tedesco ha ancora una volta preso le parti della squadra, spiegando che lui difenderà sempre il proprio team e che il mondiale è ancora un discorso aperto. Però la Ferrari gli ha messo vicino Leclerc nel 2019 ignorando la preferenza di Vettel per un rinnovo di Raikkonen. Su questo punto Arrivabene, senza troppi complimenti, ha detto chiaro e tondo: “Seb fa il pilota, non il dirigente. I piloti li scegliamo noi“. La Mercedes, dal canto suo, ha di fatto ufficializzato il ruolo di scudiero di Bottas, con Hamilton che dalla mossa ha tratto vantaggi sia in pista che mentalmente, instaurando un ottimo rapporto con il suo “gregario”. Anche questa è una differenza, come se da un lato (quello anglo-tedesco) ci fosse solidità, attenzione ai particolari, unità di intenti totale, mentre la Ferrari sia un po’ in preda ad una strana frenesia, ad un divenire perpetuo e destabilizzante, un panta rei incapace di mettere l’obiettivo nel mirino e perseguirlo. La rimonta è possibile, ma servirebbe fare cerchio a centrocampo e parlarsi, fidarsi, tornare ad essere una sola cosa. Vettel non deve portare in auto il peso delle lacune altrui.

Antonino Rendina


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