F1 | E’ il momento di fidarsi della Ferrari

A Maranello c'è stato lo scatto di mentalità necessario per tornare in alto

F1 | E’ il momento di fidarsi della Ferrari

“Siamo stanchi di vedere festeggiare gli altri, adesso tocca a noi”. E’ doveroso partire da questa frase di Mattia Binotto, formulata ai microfoni di Sky nel dopo gara di Yas Marina, per capire lo scatto di mentalità che c’è stato a Maranello.

In una stagione monopolizzata dal duello tra Hamilton e Versrappen, la Ferrari sebbene in sordina ha mutato pelle, approccio, è insomma cambiata mentre bibitari e anglo tedeschi se le davano di santa ragione a suon di pole, vittorie, ruotate, polemiche e reclami. Mentre Red Bull e Mercedes si scornavano senza tregua la Ferrari ha lavorato su se stessa in modo proficuo, un po’ nell’indifferenza generale e un po’ anche nella disaffezione generale, perché è chiaro che i troppi insuccessi e gli anni di digiuno abbiano creato una spaccatura tra la Ferrari e i tifosi, con la Scuderia che ad oggi non è più percepita su larga scala come la Nazionale dei motori.

Il 2020 ha rappresentato il punto più basso, eppure la Rossa ha saputo rialzare la testa, lavorando su quel po’ che poteva. Il motore, nuovo e non più “frenato” da accordi con la Federazione dal sapore di penalità mascherata, è stato il primo grande passo in avanti. I due gettoni spesi al retrotreno sono serviti a dare alla SF21 più stabilità e trazione, e il lavoro aerodinamico ha migliorato l’efficienza generale, con la monoposto del 2021 che non ha mai sofferto la resistenza all’avanzamento della SF1000. Ciò che è rimasto invariato, a causa del regolamento che prevedeva pochissimi margini di intervento, è l’avantreno, e non è un caso che su alcune piste molto severe con l’anteriore la Ferrari abbia fatto fatica a lavorare con le gomme e a “girare”, soffrendo non poco (basti pensare a Portimao e alla brutta prova del Paul Ricard).

Anche sotto quest’ultimo punto di vista però il Cavallino ha dimostrato di essere una squadra molto diversa da quella che si perdeva nei “dobbiamo capire” e “analizziamo i dati“. I problemi alle gomme sono stati affrontati al simulatore, in factory, lavorando sugli assetti, sui cinematismi, insomma intervenendo prontamente; finalmente la Ferrari quando sviluppa non ha più sorprese di correlazione tra i dati virtuali e quelli reali della pista, ma ha una struttura efficiente.

Non c’è più il rischio che un aggiornamento o una modifica non funzionino perché i mezzi non sono adeguati. E questo è un dato importante, che non va sottovalutato. Non è un caso che a Losail, un GP opaco, la Rossa è andata più piano di quanto potesse proprio per non stressare le gomme, ma ciononostante ha conseguito un doppio piazzamento a punti, mentre in Francia non solo non era competitiva, ma era crollata scivolando impietosamente fuori la zona punti.

Certamente è mancata la gioia della vittoria, lo spunto più bello. La SF21 poteva vincere a Montecarlo e per poco non ha sbancato Silverstone, ma nel complesso la Ferrari non ha saputo sfruttare le occasioni come fatto dalla McLaren a Monza o dalla Alpine in Ungheria. Il digiuno di due stagioni è un macigno, ma la rabbia per il mancato gradino più alto del podio non può far passare in secondo piano i progressi e il buon lavoro svolto.

La McLaren e la Aston Martin secondo i più dovevano battere facilmente una Ferrari ormai spaurita, ridimensionata, rimpicciolita. A regolamento di fatto bloccato la Ferrari ha invece confermato di avere uno spessore superiore a molte scuderie, balzando in modo netto dal sesto al terzo posto Costruttori, nonostante tutti gli sforzi siano stati da tempo destinati al progetto 2022.

Per tutti questi elementi è davvero il momento di mettere da parte la vis polemica, e fidarsi della Ferrari di Binotto. Non è un esercizio facile, perché i fallimenti e la gestione di questi ultimi anni, nonché il gap accumulato dalle prime della classe, non autorizzano sogni di gloria. Ma se si guarda analiticamente al lavoro svolto, alle motivazioni, all’entusiasmo di un pilota consistente e pronto come Carlos Sainz, alle speranze della punta di diamante Charles Leclerc, alla capacità della scuderia di reagire pur potendo di fatto intervenire solo sul retrotreno in modo incisivo, non si può non pensare che la Ferrari si sia finalmente lanciata verso un orizzonte più felice.

Il terzo posto Costruttori va accolto con favore, è tempo di “crederci” e di fare quadrato intorno ad un team che sta lavorando all’unisono in una sola direzione, con il ritorno in alto nel 2022 che è l’obiettivo dichiarato. E’ il tempo della fiducia. Poi vedremo se sarà gloria: ai posteri l’ardua sentenza.

Antonino Rendina


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