F1 | Analisi tecnica Ferrari SF1000: parola d’ordine evoluzione

Le novità tecniche più interessanti della nuova vettura del team italiano

F1 | Analisi tecnica Ferrari SF1000: parola d’ordine evoluzione

Nella splendida cornice del Teatro “Municipale Romolo Valli” di Reggio Emilia, la Ferrari ha presentato la sua nuova monoposto per la stagione 2020 di Formula 1, la SF1000. Un nome voluto per rimarcare la storia del Cavallino, che in questo campionato festeggerà il suo millesimo Gran Premio nella massima competizione automobilistica, un traguardo unico per un team nel panorama della Formula 1.

Dal punto di vista estetico, la nuova Rossa presenta dei punti in comune con quella della passata stagione, a partire dalla colorazione opaca, mantenuta per questioni di peso, seppur con una tonalità leggermente più scura per far risaltare un rosso più vicino a quello della tradizione, che si contrappone alla vernice lucida nella zone in cui sono presenti i numeri di gara dei due piloti. La presenza del nero è stata ridotta, mentre sia sui bargeboard che sull’engine cover risalta il tricolore italiano, uno dei temi centrali dell’evento tenutosi a Reggio Emilia.

Con la vettura dell’anno passato, però, questa SF1000 non ha in comune solamente tanti dettagli dal punto di vista estetico, ma anche tecnico. La nuova monoposto che andrà a solcare le piste di questo campionato 2020, infatti, possiamo definirla come un evoluzione di quella che l’ha preceduta: nessun stravolgimento o rivoluzione, ma uno sviluppo mirato per andare a migliorare in quei punti cardine che non avevano permesso alla monoposto 2019 di poter lottare ai vertici durante l’arco del campionato. In particolare, vedendo le immagini è evidente come molti aspetti della nuova SF1000 riprendano in parte concetti che si erano già visti nel Gran Premio di Singapore della scorsa stagione, quando la squadra di Maranello introdusse il suo ultimo grosso pacchetto evolutivo per conferire maggior carico aerodinamico e stabilità alla SF90.

Con questa nuova monoposto, il team diretto da Mattia Binotto si è posto l’obiettivo di migliorare i punti deboli della vettura dell’anno passato, cercando quindi di aumentare il carico aerodinamico senza intaccare le buone doti di bassa resistenza, e al contempo migliorare lo sfruttamento degli pneumatici Pirelli, uno dei talloni d’achille della macchina 2019. A riguardo, il team principal della Ferrari ha così parlato della nuova nata di Maranello, evidenziando le zone su cui si è lavorato negli ultimi mesi: “Il regolamento è rimasto lo stesso, era difficile trasformare completamente la vettura, quindi siamo partiti dalla SF90 dello scorso anno, abbiamo cercato di spingere al limite in ogni dettaglio per massimizzare le prestazioni aerodinamiche, il livello di carico, la configurazione della monoscocca, del cambio, della power unit” – ha dichiarato Binotto alla presentazione -. “È stata studiata per realizzare un pacchetto dalle forme molto strette, credo sia ben visibile. Abbiamo lavorato su tutte le componenti, le sospensioni sono state disegnate in modo da garantire una maggiore sensibilità per facilitare l’assetto per i diversi circuiti, così da adattare la vettura al meglio nelle varie configurazioni. C’è stato un grande sforzo per ridurre il peso, lavorando molto anche sulla power unit in ogni singola componente, ovviamente per mantenere le prestazioni elevate ma anche per far fronte alle modifiche del regolamento tecnico che hanno ridotto del 50% il consumo di olio concesso in gara. Può sembrare molto simile alla macchina dell’anno scorso, ma è profondamente diversa, abbiamo portato all’estremo molte idee” ha poi aggiunto l’ingegnere.

Parte anteriore

La continuità e stabilità a livello regolamentare ha permesso di continuare su quella strada di sviluppo che si era intravista nella seconda metà dello scorso campionato: una linea evolutiva che si può scorgere guardando i primi elementi che saltano agli occhi guadando la nuova vettura, ovvero l’ala anteriore e il muso. L’ala segue il concetto che era stato uno dei punti cardine del progetto 2019, ovvero il puntare in modo predominante sull’effetto outwash, spingendo quindi il flusso d’aria all’esterno delle gomme.

Un esempio poi ripercorso anche da diversi team, che nel corso del campionato avevano cercato di trovare il giusto equilibrio tra una soluzione più “classica” upwash e quella che si era vista sulla monoposto di Maranello. Anche per questa stagione il filo conduttore è rimasto il medesimo e sarebbe stato difficile immaginarsi diversamente, dato che l’obiettivo degli ingegneri Ferrari era quello di mantenere alcuni concetti di base, come l’alta efficienza, cercando però di incrementare il carico aerodinamico senza stravolgere la monoposto. Lo stesso si può dire degli endplate, che quantomeno in questa versione di lancio non presentano grosse novità: questi si caratterizzano per una forma con un taglio ad “L” nella parte finale, mentre la zona del marciapiede esterno presenta una piccola deriva incurvata per indirizzare il flusso verso l’esterno, così come uno scalino nella parte conclusiva, che ricorda la specifica che fu introdotta in Francia. Come permesso dal regolamento, inoltre, gli endplate sono leggermente curvati verso l’esterno.

Il muso della nuova SF1000, come per altre parti della monoposto, ha punti in comune con colei che l’ha preceduta, in particolare nella specifica di Singapore. È rimasto il classico “nasino”, così come i due profili orizzontali nelle cavità tra i piloni di sostegno dell’ala e la protuberanza, anche se i due fori ora hanno dimensioni diverse rispetto al passato. Ciò che possiamo notare di diverso rispetto è la forma del “cape” su questa prima versione della nuova monoposto italiana: in aiuto ci vongono aiuto le immagini, che ci mostrano come l’idea di base sia quella di portare il flusso d’aria al di sotto del muso. Nella versione 2019, il cape era molto più pronunciato ed, inoltre, era ben visibile l’uscita dei canali posti tra i piloti del muso. Sarà interessante vedere nel corso dei test se la squadra di Maranello apporterà delle modifiche in questa area, utilizzando una soluzione più simile a quella vista nella passata stagione. Proseguendo con la disamina della vettura, si può apprezzare come anche i turning vanes siano stati rivisti: il concetto base è il medesimo visto sulla SF90, ma la soluzione è stata ulteriormente raffinata, sette profili che fanno la loro comparsa dalla zona in cui vi è l’ingresso per la presa d’aria dell’S-Duct, mentre nella passata stagione si trovavano in una posizione più arretrata, al di sotto delle telecamere poste a lato del muso. Mantenuto il sistema S-duct, ormai un elemento fisso sulla Rossa da qualche anno a questa parte, così quella leggera rientranza per formare un canale all’uscita del sistema che porta l’aria dalla parte bassa alla parte alta della monoposto.

Diversi cambiamenti li ha visti il sistema sospensivo all’anteriore, non nella sua filosofia che rimane push-rod come oramai dal 2016 a questa parte, ma in alcuni dei suoi punti. È importante sottolineare che non è stata modificato la zona del pivot del triangolo rialzandolo dalla sua consueta posizione, ovvero quello che si era visto ad esempio sulla Mercedes o sulla Toro Rosso (e in parte McLaren durante la stagione), però indubbiamente i tecnici del Cavallino hanno lavorato in modo importante, spingendo sul concetto del “P-O-U”, in modo che il tutto non sia direttamente collegato al mozzo e si crei un leggero offset che vada ad aiutare la stenzata in particolar modo nelle curve a bassa velocità e in fase di rollio, così come visto sulla Haas VF-20. Come ha spiegato lo stesso Mattia Binotto, si è lavorato duramente anche su questo aspetto, in modo da poter dare maggior vantaggi anche in campo di ricerca del set-up migliore sulle varie piste del mondiale. Una piccola curiosità legata ai cerchi è che sulla SF1000 rimangono sempre le nove razze, ma dimensioni ridotte sia all’anteriore che al posteriore rispetto a quelle della vettura che l’ha preceduta.

Zona centrale

Indubbiamente una delle zone che ha visto i maggior interventi da parte degli ingegneri Ferrari è stata quella centrale della monoposto, in particolar modo per quanto riguarda i bargeboard, i deviatori di flusso e le pance.

Partendo con i bargeboard, è facile notare come essi riprendano la medesima filosofia degli anni passati, ma come al contempo siano anche stati profondamente rivisti. Se la parte iniziale del bordo d’attacco dei bargeboard nel 2019 era più bassa e larga con una sola soffiatura, che andava a dividere la prima deriva verticale dalla seconda, da cui tra l’altro partiva il boomerang, per questa stagione questa zona è stata ampiamente modificata, divenendo sì più stretta ma anche più alta, aggiungendo un’altra soffiatura e facendo così arrivare la sezione a tre elementi. Se nell’ultimo pacchetto evolutivo del 2019, proprio da uno di quei due elementi partiva il boomerang, sulla SF1000 non è più così: il primo boomerang parte da un altro profilo rispetto alle tre derive verticali, per poi andarsi a congiungere con un secondo boomerang nella parte più esterna dei bargeboard. Ciò al contrario dello scorso campionato, dove i due boomerang andavano a collegarsi con la parte più esterna dei bargeboard e dei deflettori laterali. Indubbiamente durante l’inverno in Ferrari si è lavorato molto intorno a questa zona che, ricordiamo, è fondamentale per ben indirizzare i flussi verso la zona del fondo.

Anche i deviatori di flusso laterali hanno subito delle modifiche, prendendo spunto dalla Red Bull. In concetto di base in realtà è rimasto anche in questo caso il medesimo che si era visto sulla SF90, ma sulla nuova monoposto 2020 gli ingegneri Ferrari hanno deciso di dividere la zona del deviatore di flusso intorno alle pance. Il deflettore di flusso orizzontale che si trova sopra le pance ora non è più raccordato con quello che si trova in posizione laterale, formando il vecchio sistema a ponte che si era visto sulla SF71H e sulla SF90: si tratta quindi di un sistema a due elementi separati, così come sulla Red Bull e la McLaren. Anche nella zona delle pance si è lavorato in modo evidente. Il concetto di base è rimasto lo stesso che era stato introdotto ormai nel 2017, con bocche dei radiatori alte e cono anti-intrusione spostato in una posizione più ribassata in modo da liberare spazio nella zona inferiore delle pance. Una soluzione ripresa poi anche da altri team negli anni successivi e che aveva permesso di liberare molto spazio nella zona sottostante, in modo da massimizzare il flusso d’aria. Su questa SF1000, però, ancor di più è stato fatto nella zona subito successiva a quella del cockpit e dei deflettori laterali, dove è chiaro che i tecnici del team italiano siano intervenuti per ridisegnare le pance seguendo anche in questo caso l’esempio Red Bull, come si può ben vedere nella zona degli sponsor Shell e UPS. Una forma ancor più schiacciata e snella.

Si è intervenuti anche sugli specchietti che ritornano ad essere soffiati. In realtà si tratta di un qualcosa di molto diverso rispetto alla soluzione innovativa che si era vista nel 2018, dove era “l’interno” stesso dello specchietto retrovisore ad essere soffiato. In questo caso si è lavorato sulla modifica dei due supporti, come da regolamento per renderli più stabili e meno sensibili alle “vibrazioni”, creando una sorta di carenatura per ridurre la resistenza all’avanzamento.

Particolarmente interessante è la soluzione che riprende spunto dal passato, per la precisione dalla fine del primo decennio degli anni 2000 sulla McLaren o sulla BMW, ovvero le due corna ai lati dell’airscope: l’obiettivo è quello di gestire al meglio i flussi in una zona così delicata, direzionandoli al meglio verso l’ala posteriore. È interessante il fatto che queste due corna si vadano a “posare” sulle due camere laterali, con una forma tagliata. Parlando dell’airbox, esso è rimasto pressoché identico a quello presente sulla SF90, con la sua caratteristica forma triangolare, il che aiuterà nella gestione del flusso verso l’ala posteriore. È importante quindi sottolineare il lavoro dei tecnici italiani nel mantenere delle soluzioni così spinte su tutta la vettura, cercando al contempo di ridurre ulteriormente le dimensioni delle pance e ridisegnandone le forme al fine di migliorare la gestione dei flussi d’aria. In tema di raffreddamento, è evidente l’apertura nella carrozzeria subito dopo l’halo, così come visto sulla Haas VF-20, il quale prende ispirazione da una soluzione già ampiamente vista sulla Mercedes. Per quanto riguarda il cofano motore nella parte più alta, non si segnalano grosse novità: è stato mantenuto il “taglio” dietro alla T-Cam che aveva fatto il suo debutto già sulla SF90, eliminando così parte della zona della pinna.

Zona posteriore

Parlando del posteriore di questa nuova SF1000, è evidente che gli ingegneri di Mattia Binotto siano intervenuti per cercare di rastremare ulteriormente la zona “coca-cola”, come si può notare prestando attenzione alla posizione dello sponsor Ray-Ban.

Per quanto riguarda il fondo, anche in questo caso il concetto di base è rimasto il medesimo della SF90, con i binari come elemento fondamentale per andare a sigillare lo stesso. Gli aspetti più interessanti, però, sono due: la presenza di un vistoso elemento di dimensioni maggiorate nella zona conclusiva del fondo atto a ridurre il fenomeno del tyre squirt, e la mancanza di quelle piccole derive verticali che si erano visti nel 2019 e che sono state riproposte sulla vettura Haas 2020. Vedremo se durante i test ci sarà qualche novità in merito.

È rimasta la deck wing biplano, anche sulla SF1000 ne è stata leggermente modificata la forma, prendendo spunto da Mercedes ed allungando la parte verticale. Altre squadre avevano adottato una soluzione simile nel 2019, ma in quel caso spesso si trattava di una deck wing ad un solo elemento, mentre sulla Rossa è rimasta biplana. L’ala posteriore è rimasta pressoché la medesima che si era vista sulla monoposto della passata stagione, con le sette derive verticali nella zona centrale. Anche in questo caso, vedremo se durante i test invernali ci saranno delle novità in merito. Rimangono anche i due piloni di supporto dell’ala posteriore a forma di “collo di cigno”, una soluzione che è tornata di “moda” anche per altri team.

Lo scarico della wastegate rimane singolo, così come sulla VF-20, nonostante in realtà sul finire del 2019 era stata provata una soluzione alternativa con due elementi posti poco sopra lo scarico centrale principale. Si è lavorato molto sul cambio, cercando di ridurne ancor di più le dimensioni rispetto alle passate stagioni. Dalle foto, il rake sembrerebbe leggermente modificato rispetto a quanto visto sulla SF90, anche se in tema sarà utile attendere le classifiche rilevazioni che vengono effettuate a Barcellona. Come da tradizione, è rimasta nascosta agli occhi indiscreti la zona del diffusore, che vedremo solamente quando la vettura scenderà in pista per i test invernali ufficiali che si terranno a Barcellona a partire dalla prossima settimana.

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