F1 | La Ferrari a Baku ha rivelato la sua ineluttabile mediocrità
La proprietà dovrebbe battere un colpo e prendere atto che la scuderia nel suo insieme ad oggi non è un top team
La Ferrari è stata protagonista di un GP di Azerbaijan di sconcertante mediocrità, con una prova tanto modesta e impalpabile da sconfinare in un malinconico e deprimente anonimato. Lewis Hamilton e Charles Leclerc hanno chiuso rispettivamente ottavo e nono al traguardo, senza essere capaci di uno spunto, di un cambio di passo, di qualsiasi cosa che potesse creare una discontinuità con il lento e compassato incedere tra gli infiniti e noiosissimi rettilinei azeri.
Continua ad esserci una discrasia intollerabile tra il racconto che viene fatto della Ferrari e ciò che, ad oggi, la scuderia italiana rappresenta. Per questo alla vigilia di ogni GP ci troviamo a leggere di fantasie su questo o quel potenziale ancora inevaso della SF25, sulla possibilità dell’exploit, della vittoria dietro l’angolo, del top team che prima o poi rifilerà la sua zampata al campionato. “Falli secchi, tigre” ora si che governi l’auto, finalmente è tornato Hamilton, quante ne abbiamo sentite: dodicesimo in griglia e ottavo in gara, che depressione.
E poi c’è Leclerc che sulle sue spalle (sop)porta da anni tutto il peso di un team che procede a tentoni, e di numeri e imprese ne ha fatti talmente tanti in questi anni che se una volta tanto la stampa a muro esausto e oltre il limite nulla gli possiamo dire. Anche perché il potenziale della macchina s’è visto in gara, e non era certo quello magnificato in lungo e in largo.
Come d’altronde avvenuto a Monza, dove l’assetto specifico per la gara di casa e tutta la retorica del pubblico, delle feste in piazza, della religione del Cavallino hanno prodotto un misero quarto posto a mezzo minuto da Verstappen. A Baku un altro mezzo minuto di distacco. E fanno un minuto di distacco dalla Red Bull in due GP.
Squarciando il velo di Maya tanto caro a Schopenhauer bisogna trovare il coraggio di constatare che la squadra di Maranello è un guscio vuoto, un involucro patinato che si trincera dietro al mito, ma di sostanza c’è ben poco, soltanto un team modesto, incapace di ben figurare nella F1 odierna.
Da Baku arrivano due messaggi chiari: il sorpasso della Mercedes nel Costruttori e il podio di Carlos Sainz con la Williams. La Mercedes, pur tra mille difficoltà, ha picchi di competitività superiori al Cavallino e si sta togliendo il lusso di far fare pratica, di svezzare, un giovanissimo talento come Kimi Antonelli. Ciononostante ha vinto un GP ed è avanti alla Ferrari in classifica. Ed è giusto, perché la Ferrari plafonata e depressa non merita il secondo posto in classifica Costruttori.
L’altra beffa, almeno a livello di immagine, è il podio di Carlos Sainz, pilota concreto e affidabile, sostituito con somma gioia di tutti dal sette volte campione del mondo Hamilton. Quell’Hamilton che non è ancora salito sul podio con la Rossa, e che sta disputando una delle sue stagioni più opache, insignificanti, tristi, in massima categoria, tanto da chiedersi cosa abbia spinto una leggenda vivente a finire così male, a rovinare così la sua immagine, perché tutta questa lentezza e tutti gli errori non passano certo inosservati. E soprattutto a cosa serva al Cavallino un Lewis così mestamente crepuscolare.
Nulla però solitamente accade per caso, e il GP di Baku potrebbe aver semplicemente svelato tutta la mediocrità della Ferrari. Squadra che non funziona da più di un decennio, con colpe che hanno radici che si perdono ormai nella storia, e che quest’anno – come in tanti altri – ha progettato un’auto non competitiva, senza nessuna qualità evidente, anzi ultra sensibile alle temperature e anche difficile da mettere a punto; in più il team è poco efficiente e per nulla sereno. Mettiamoci anche che il gran capo Vasseur dopo un biennio di ristrutturazione sembra essere punto e a capo, anzi piombato nel caos e nel nervosismo.
La Rossa è un mistero, un mistero buffo. Non si capisce chi siano i progettisti, chi siano quelli bravi che dovrebbero disegnare un’auto vincente, chi comandi, chi è andato via, chi lavora sull’auto 2026, chi ha lavorato sul motore nuovo e perché poi ha lasciato a metà. Sentiamo soltanto alibi e strane scuse davanti ai microfoni, una raffica di accuse ai piloti e di scuse poco credibili, che sono come un venticello autunnale che passa tra le case, di quelli che ti rinfrescano un po’, ma che non possono certo trasformare una vettura da pole in una da quinta fila. E dai. Basta raccontarci favolette, la proprietà batta un colpo, prendesse atto che questo team è modesto nel suo insieme, per nulla all’altezza di essere definito top team, nell’attuale F1.
Antonino Rendina
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