F1 | GP d’Austria, Ferrari: una vittoria tra strategie e imprevisti

Leclerc ritorna alla vittoria, mentre Red Bull lascia l'Austria con qualche punto di domanda

F1 | GP d’Austria, Ferrari: una vittoria tra strategie e imprevisti

Nel 2019, sul tracciato di Zeltweg Charles Leclerc e Max Verstappen diedero vita a una delle gare più belle della stagione, risolta a pochi giri dal termine con un sorpasso che regalò alla Red Bull il primo successo della partnership con Honda. Tre anni dopo, quel duello ha assunto un sapore diverso, perché non si tratta di una semplice sfida per la vittoria di tappa, ma per il titolo mondiale.

Un appuntamento che ha rivisto il monegasco tornare sul gradino più alto del podio dopo cinque gare in cui, tra problemi tecnici ed errori di strategia, non era stato in grado di raccogliere quei risultati per cui stava meritatamente lottando. Dopo due mesi senza un trofeo, ritrovare il giusto della vittoria era quindi fondamentale, soprattutto per Leclerc, che non ha mancato di rimarcare come il successo tra le montagne austriache abbia rappresentato una sorta di liberazione al termine di un periodo buio. Trionfare convincendo, perché se a Silverstone era mancato il confronto diretto con Red Bull, a Zeltweg la Rossa si è imposta con una prova inattaccabile sul piano delle prestazioni, con il solo ritiro di Carlos Sainz Jr. a macchiare un weekend da assoluta protagonista. Una rottura di motore che, molto probabilmente, è riconducibile alle medesime motivazioni che avevano portato al ritiro di Leclerc in Azerbaijan, quando la sua Power Unit si ammutolì sul rettilineo principale.

Si sarebbe trattato di una doppietta significativa, non solo perché avrebbe permesso di recuperare punti nel campionato costruttori approfittando del ritiro di Perez, ma anche perché avrebbe consentito al monegasco di rosicchiare qualche altro punto in classifica a Verstappen, il rivale più accreditato per l’alloro iridato. L’amara sconfitta sul “circuito di casa” indubbiamente rappresenta un duro colpo per la Red Bull, non tanto sul piano delle prestazioni in sé, quanto di una performance difficile da spiegare e comprendere, specie dopo che il sabato aveva comunque dato indicazioni positive. La lotta tra i due Ferrari aveva aiutato a mettere in cassa forte il risultato ma, a dispetto delle temperature più alte della sprint race, i riscontri sembravano porre la RB18 in linea con F1-75, senza un degrado così marcato.

Il primo stint: Ferrari mette Verstappen sotto pressione

La sprint race del sabato sembrava aver dato un antipasto di ciò che si sarebbe poi visto il giorno successivo, con una Ferrari e Red Bull più vicine di quanto non lasciasse intendere il tabellone. Indubbiamente il duello ad inizio corsa tra i due alfieri della squadra di Maranello aveva dato modo a Verstappen di allungare e gestire il vantaggio, ma superato quello scoglio il passo tra i due contendenti al titolo sembrava allineato. Di ciò che ne erano convinti anche i piloti, seppur con visioni differenti in merito a quanto quello scontro tinto di rosso potesse aver inciso sulla rincorsa al capoclassifica.

La speranza del team era quella di sovvertire il risultato, questa volta con una strategia ben pianificata e concordata, sfruttando a dovere la possibilità di giocare con due punte. A differenza del sabato, l’idea era quindi quella di poter mettere subito sotto pressione Verstappen, costringendolo a stravolgere la strategia. Un aspetto importante risiedeva proprio nelle previsioni di degrado, perché se durante la sprint race la possibilità girare più scarichi aveva dato modo di gestire con maggior semplicità il decadimento della mescola, il serbatoio pieno ad inizio gara avrebbe pesato in maniera più importante sulla lunga distanza. Per questo, sapendo di poter sfruttare due piloti, in casa Ferrari ritenevano così fondamentale tentare di mettere subito all’angolo l’olandese con un duplice effetto: nel caso il pilota della Red Bull fosse andato in crisi, sarebbe stato costretto ad anticipare la sosta spostandosi così su una tattica di gara meno efficace. In caso contrario, gli strateghi del Cavallino avrebbero avuto modo di diversificare le strade, effettuando un undercut con uno dei propri portacolori e creando offset con l’altro.

Analizzando i team radio, emerge come dal decimo passaggio in poi, quando Leclerc stava già cercando il sorpasso sul leader della corsa, il secondo scenario non fosse poi così remoto. Anzi, a dire il vero il team italiano ci stava già lavorando nel caso il monegasco non fosse riuscito a sopravanzare Verstappen, in modo da portarsi davanti e imporre il proprio ritmo, che fino a qual momento sembrava migliore. Si trattava, tuttavia, di una mossa che il team avrebbe voluto evitare, non tanto perché non avrebbe funzionato, soprattutto che dai loro calcoli la fase di warm-up del compound più duro avrebbe dovuto essere minima, ma per evitare di rispedire il proprio pilota nel traffico. Dopo molteplici tentativi, finalmente Leclerc era stato in grado di portarsi in testa, tra l’altro con un bellissimo sorpasso in staccata di curva quattro, pulito ma altrettanto efficace. Una mossa vitale per l’economia della corsa, perché aveva indirizzato il Gran Premio esattamente verso ciò che aspiravano gli strateghi della Rossa, che a quel punto avrebbero potuto giocare d’astuzia.

Il pit stop anticipato nella speranza di risolvere i problemi

Con la minaccia Sainz sempre più concreta alle sue spalle, in casa Red Bull l’unica alternativa concreta era quella di stravolgere la situazione, anticipando la sosta rispetto ai piani prestabiliti nella speranza che la mescola dura potesse garantire qualcosa in più in termini di feeling e consistenza. Osservare una RB18 così in difficoltà, oltretutto con temperature più fresche che avrebbero dovuto giocare a favore di chi aveva qualche problema in più in fase di trazione, era del tutto inaspettato: per quanto i carichi di carburante fossero completamente differenti dal sabato, in pochi avrebbero scommesso su un calo della gomma così repentino.

Il dubbio di fondo, infatti, non riguardava tanto il degrado in sé, quanto piuttosto le difficoltà nel far funzionare gli pneumatici nel giusto range di funzionamento, un po’ come era avvenuto in Australia nella terza prova del campionato. Il degrado prematuro del compound sarebbe stata la diretta conseguenza di un modo di far lavorare le coperture lontano da quello ideale, ma non la causa primaria. Più volte nel corso di questo mondiale, infatti, abbiamo sentito i vertici della casa anglo-austriaca rimarcare quanto il tema gomme fosse estremamente importante. Così è stato anche a Zeltweg, tanto che, per quanto si tratti di una pista tendenzialmente rear-limited, Verstappen non si è mai lamentato di un problema specifico, bensì di entrambi gli assali. Un’imprevedibilità che non permetteva all’olandese di condurre la corsa come avrebbe voluto, sia nella risposta dell’avantreno che al posteriore.

Ciò era ravvisabile non solo in ingresso curva, dove rispetto a sabato Leclerc si era mostrato molto più incisivo, specie nell’attacco al cordolo interno della 4; vi era infatti un altro elemento che lasciava intendere come qualcosa non fosse del tutto ideale, ovvero la staccata. Durante l’interno weekend, in più occasioni i team avevano suggerito ai propri piloti di non andare troppo duri sul freno, in modo da evitare possibili scivolamenti delle coperture. I protagonisti in scena si erano invertiti i ruoli, perché Leclerc si era dimostrato molto efficace, sia in frenata che in ingresso, mentre Verstappen aveva optato per un approccio leggermente più cauto, complice quella mancanza di fiducia nella gomma che rende sempre più difficile gestire la vettura. La speranza del muretto Red Bull è che la hard potesse garantire qualche performance in più sulla lunga distanza, dato che più passavano i giri, più sembrava ormai chiaro che si sarebbe passata dalla singola alla doppia sosta. Qualcosa che, però, non è poi andata come calcolato: “È stato un po’ più difficile di quanto mi aspettassi. Fondamentalmente, con qualsiasi pneumatico, dopo qualche giro ho faticato molto a trovare il ritmo, con molto degrado. Non riesco a spiegarmi perché fosse così alto. Perché di solito siamo abbastanza a posto con le gomme. Mi aspettavo che oggi sarebbe stata dura, ma non mi aspettavo che fosse così. Quindi è qualcosa che dobbiamo analizzare e capire perché è successo oggi. Ma anche in una giornata negativa, diciamo una giornata no, perdere solo cinque punti in tutto il weekend credo sia comunque positivo”, ha raccontato Verstappen nelle interviste post-gara.

La scelta di anticipare la sosta gli aveva dato sì modo di riprenderei la vetta “virtuale”, ma aveva anche dato modo a entrambi i piloti Ferrari di creare un offset che avrebbe poi pagato nella seconda parte della corsa. Sotto questo punto di vista, un plauso va fatto proprio agli strateghi del Cavallino, che ad entrambe le soste avevano calcolato egregiamente quale sarebbe stato il delta pace tra le coperture nuove montate dagli uomini in Rosso contro quelle usate sulla vettura di Verstappen. Un elemento chiave dopo che a Silverstone quella stessa (errata) valutazione aveva dato modo di mettere avevano portato alla “retrocessione” di Leclerc prima della bandiera a scacchi.

Il (non) dilemma della Virtual Safety Car

Dopo aver sopravanzato per ben due volte un Verstappen in crisi, Leclerc sembrava avviato verso una facile vittoria, ma lo stop causato suo malgrado da Carlos Sainz per la rottura del motore sembrava aver cambiato nuovamente i piani. In primo luogo, era necessario comprendere come si sarebbe mossa la direzione gara, perché la posizione e la relativa pericolosità della vettura a fuoco potevano spingere la FIA a far entrare la vettura di sicurezza, ribaltando totalmente la corsa. Non a caso, ancor prima che la direzione gara si esprimesse, il muretto Red Bull aveva già avvertito Verstappen che, nel caso fossero stati esposti i segnali di Virtual Safety Car o di Safety Car, si sarebbero fermati.

Un’occasione chiave per riprendere fiato e, soprattutto, effettuare una terza sosta che sembrava sempre più concreta ma riducendo la quantità di tempo perso rispetto alle Mercedes. Seppur non immediata, anche la risposta in casa Ferrari era piuttosto semplice: avendo ascoltato i team radio della Red Bull, così come avendo già constatato che la RB18 fosse al limite con l’usura, gli strateghi del Cavallino erano piuttosto sicuri che la controparte avrebbe approfittato della situazione per fermarsi. Da qui la risposta della casa italiana, che aveva deciso a sua volta di richiamare Leclerc e montare un set di gomme medie con cui andare avanti fino alla fine. Una decisione giunta non tanto per la paura che dopo il pit stop Verstappen potesse riguadagnare quanto accusato fino a quel momento, quanto piuttosto per il timore che quella Virtual Safety Car si trasformare in una situazione da Safety Car, esponendo il monegasco su una mescola molto più lenta alle minacce dei rivali.

Il problema all’acceleratore

Quella della sosta si era rivelata una scelta sensata, che aveva permesso ancora una volta a Leclerc di involarsi fino alla bandiera a scacchi con la certezza, quantomeno sul piano delle performance, sarebbe passato sul traguardo senza rivali. A circa una decina di giri dalla fine, tuttavia, sulla vettura numero 16 si era iniziato ad avvertire un comportamento strano del pedale dell’acceleratore, che in determinate situazioni non sembrava più rispondere nella maniera corretta. Invece di ritornare alla posizione 0%, nella fase di rilascio poteva accadere che il pedale rimasse aperto fino al 15/20%, rendendo più complicato gestire la monoposto nelle curve più lente. Un’inconveniente tecnico che, dopo le prime analisi, Mattia Binotto sembrava aver fatto ricondurre a un guasto di tipo meccanico, e non elettronico: nel caso fosse stato confermato un guasto appartenente alla prima categoria, tra i maggior indiziati vi è senza dubbio un possibile danneggiamento del sistema di ritorno del pedale, più nelle specifico qualcosa legato alla molla o al damper (nell’immagine il sistema della Aston Martin).

Se in quelle più rapide tale tipologia di inconveniente poteva essere gestito con maggior semplicità, specie considerando che questo aspetto fa parte dello stile di guida di Leclerc, nelle zone a bassa percorrenza la questione si faceva nettamente più difficile. Per tentare di ovviare e gestire la situazione, il pilota di Monte Carlo aveva leggermente modificato il suo stile di guida, anticipando il momento della staccata e di rilascio dell’acceleratore, come una sorta di lift and coast non voluto. Un metodo che aveva consentito anche di risparmiare qualcosa dal punto di vista del carburante, anche se chiaramente con l’entrata della Virtual Safety Car non sarebbe stato così necessario. Uno spauracchio concreto, non solo perché guidare una vettura in quelle situazioni è estremamente difficile, ma anche perché, complice il traffico, alle sue spalle Verstappen era riuscito a quasi ricucire completamente il traguardo. Fortunatamente per Leclerc, tuttavia, quei pochi chilometri che lo separavano dal ritorno alla vittoria era passati rapidamente, riportandolo al successo dopo oltre due mesi lontano dal podio.

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