Pedro Rodrìguez de la Vega

Pedro Rodrìguez de la Vega

È  stato da molti considerato il pilota più veloce anche se in Formula 1 mostrò probabilmente troppo poco del suo innato talento a causa delle poche partecipazioni, sebbene non mancò di dare spettacolo: si tratta del personaggio di Pedro Rodrìguez de la Vega.

Nasce nel caldo Messico il 18 gennaio del 1940, cresce insieme al fratello minore Ricardo e sono soprannominati  “I piccoli messicani”; giovani e pepati: cominciano a correre da giovanissimi in bici e a soli 10 anni Pedro è già campione nazionale. Aggiungiamo un motore alle due ruote? Nessun problema per lui: a 12 anni comincia, a 13 e 14 è campione nazionale. Complichiamo le cose – il ragazzo ha talento – passiamo all’automobilismo:  sempre a 14 anni il padre gli regala la sua prima auto, una Jaguar con la quale il ragazzino brilla piazzandosi primo alla Carreda Avàndaro Internazional: la sua fama raggiunge il vecchio continente.

Compiuti i 18 anni viene contattato da Luigi Chinetti, importatore Ferrari, che lo pone al volante di una 250 Testa Rossa per la gara di Le Mans ma per problemi d’età dovrà far coppia con un altro pilota che non è il fratello e viene pertanto scelto Jean Behra. Concluderà la gara con un ottimo quinto piazzamento e l’amore per il tracciato francese lo porterà a ripresentarsi per ben quattordici anni di fila riuscendo a vincere nel 1968 a bordo della Ford GT40 in coppia con l’italo-belga Lucien Bianchi. Con il fratello invece prenderà parte alla 12 ore di Sebring dovendosi però ritirare e a bordo di una Dino correrà la Targa Florio classificandosi settimo al termine della classifica generale e primo di categoria. Sempre con il fratello ripeterà la gara del Sebring piazzandosi  terzo ed insieme otterranno anche il secondo posto alla 1000 km del Nürburgring. Nel 1962, ultima gara a fianco del fratello, a bordo di una Ferrari 250 GTO otterrà la vittoria alla 1000 km di Montlhèry bissando la sua presenza in territorio francese.

Malauguratamente nel 1962 il fratello Ricardo muore a soli 20 anni durante le prove del GP del Messico e ciò lascia in Pedro una profonda ferita dalla quale sembra non potersi più riprendere, ma a sorpresa si presenta l’anno seguente prendendo parte alla 3 ore di Daytona, alla 12 ore di Sebring  e alla 24 ore di Le Mans senza particolari risultati, mentre significativo è il suo ingresso nella massima serie, la Formula 1. Entrato nel team Lotus prende parte a due gare dovendosi sempre ritirare. Nel 1964 gareggia a bordo della Ferrari nella gara di casa piazzandosi sesto ed ottenendo così il suo primo punto nel mondiale, che lo posizionerà 22° nella generale al termine del campionato; la stagione successiva sempre a bordo della Rossa parteciperà al GP degli Stati Uniti e a quello del Messico classificandosi rispettivamente in quinta e sesta posizione che lo collocheranno 14° nel mondiale piloti. Nel ’66 torna al team Lotus per tre gare in cui il risultato è sempre lo stesso: il ritiro. Finalmente nel 1967 può dirsi pilota ufficiale di F1 guidando una Cooper – Maserati  ed ottenendo a sorpresa la vittoria al primo GP della stagione: infatti John Love, il quale stava conducendo senza problemi in testa, fu costretto ad un rabbocco a pochi giri dal termine consegnando così la vittoria al messicano il quale vide per una volta la Fortuna dalla sua parte. Durante il resto della stagione otterrà alcuni risultati tra il quinto ed il nono posto ma anche vari ritiri che lo relegheranno in 6° posizione al termine del campionato iridato. Stagione 1968: il messicano prende parte al campionato a bordo di una BRM ma nelle prime tre gare è costretto al ritiro, mentre successivamente ottiene dei buoni piazzamenti: nel GP del Belgio è secondo mentre in quello d’Olanda è terzo ripetendosi in Canada; concluderà di nuovo 6° in classifica generale. Nel ’69 corre sempre con la BRM ottenendo solo qualche punto qua e la e collezionando molti ritiri, una stagione disastrosa. Nel 1970 la vettura proposta dalla BRM a Pedro, la P153, risulta un po’ più competitiva e grazie soprattutto al suo innato talento vince nel Gran Premio del Belgio ad una media di 241 km/h. Sarà questa la sua ultima vittoria nella massima serie.

Durante gli anni Pedro non smetterà mai di intrecciare il mondiale F1 con quello Marche correndo con la Ferrari inizialmente e poi portando agli esordi la Porsche 917K Gulf con il numero 21. Clamoroso nel 1970 quando vince con 48 giri sulla prima delle Ferrari alla 24 ore di Daytona; vince anche a Brands Hatch, in Inghilterra, correndo sul bagnato come non mai tanto che Chris Amon rientrando ai box Ferrari esclamò: ”Qualcuno vuol dire anche a Pedro che sta piovendo?”. Quell’anno la Porsche otterrà il mondiale Marche.

Il messicano era sempre stato molto superstizioso e da quando era morto il fratello portava con sé al dito un anello d’oro come ricordo ma nel 1971 lo smarrì in un aeroporto americano, confidando ai suoi cari di sentirsi insicuro sebbene ne avesse fatta fare una copia identica all’originale; lo stesso anno l’amico svizzero Muller, suo ex compagno alla Targa Florio, gli propose di fare qualche giro in gara al Norisring, in Germania, a bordo di una Ferrari 512M. È l’undici luglio quando alla chicane l’auto di Pedro, forse a causa di una cedimento alla sospensione destra, esce di pista: l’impatto contro il muretto è durissimo, lui viene letteralmente sbalzato fuori dall’abitacolo mentre l’auto prende fuoco rientrando in pista e viene tamponata.

Tutt’oggi a lui e a suo fratello è stato dedicato il circuito di Città del Messico, mentre il primo tornante del Daytona International Speedway è stato battezzato “Curva Pedro Rodrìguez”. Nel luogo in cui perse la vita invece è presente una targa di bronzo commemorativa. Molto è quello che questo giovane pilota ha lasciato, compreso un incolmabile vuoto nel cuore degli appassionati di tutto il mondo ma le sue imprese riecheggiano ancora nei luoghi in cui Pedro Rodrìguez de la Vega ha solcato col suo caldo cuore messicano.

 

 

Andrea Villa

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