La Ferrari “rischiatutto” di Marchionne esalta i tifosi, ma basterà per battere la Mercedes?
La Rossa promette il titolo nel 2016 entusiasmando i tifosi, ma la Mercedes non sta a guardare...
Lunedì quattro gennaio in Piazza Affari a Milano è andata in scena quella che, vista con occhi puramente critici, poteva sembrare una vera e propria “parata di regime”, con tanto di vessilli rosso Ferrari a monopolizzare il Palazzo della Borsa e discorsi degni del condottiero scozzese William Wallace alle sue truppe nel celebre film Braveheart.
La Ferrari è entrata nel mercato finanziario europeo e lo ha fatto affermando la propria “volontà di potenza”, una forza e una leadership in campo economico e sportivo semplicemente indomabili, irresistibili. Facendo pesare i galloni di squadra più vincente della Storia della F1, la Rossa si è auto-eletta scuderia da battere nel 2016, fissando un unico obiettivo non procrastinabile: vincere il titolo mondiale subito, recuperando in un magico inverno tutto il distacco che la separava nel 2015 dalla Mercedes.
Il presidente Marchionne è uomo indubbiamente di successo e privo di mezze misure. La sua è una Ferrari che attacca a testa bassa, che reputa vigliacco nascondersi, che “non teme nessuno”. Nelle parole di Marchionne, controbilanciate ben poco da un Arrivabene travolto dai propositi presidenziali, si potevano leggere entusiasmo, ottimismo, adrenalina. Quel “Non vediamo l’ora di confrontarci con i tedeschi” – in un’evocativa sfida Italia-Germania tra due colossi automobilistici – è un grido di battaglia fragoroso come un tuono, è un diktat sotteso ai suoi uomini, un ordine che non ammette disobbedienza: il Cavallino deve sbaragliare la concorrenza. Lo sa bene Maurizio Arrivabene, pubblicamente responsabilizzato dal presidente riguardo agli investimenti richiesti per progettare una monoposto vincente.
Il discorso del presidente è piaciuto ai tifosi, stanchi di una Rossa remissiva e impaurita. In un misto di esaltazione, retorica, sogni e speranze, la Ferrari (ad alcuni) appare già quale favorita per la vittoria del mondiale. I vertici di Maranello hanno alzato l’asticella, confortati anche dai dati sulla nuova monoposto. A quanto pare la Ferrari “667” sarà una vettura notevolmente più aggressiva della SF15-T. Muso corto, sospensione push-rod all’anteriore, carrozzeria più rastremata e affusolata al posteriore. Una mezza rivoluzione, e non una evoluzione, per quella che può definirsi come la prima monoposto targata tutta Allison-Resta.
Dall’altra parte della barricata, però, c’è una Mercedes che osserva, scruta, commenta, alternando un (artefatto?) timore all’ostentazione di una autostima e di una consapevolezza nei propri mezzi che dovrebbero far impallidire i rivali. Dalle parole di Rosberg, Hamilton, Lauda, traspare la quasi certezza di essere ancora la squadra da battere.
Come si coniugherà il rischio di una Mercedes ancora “aliena” con la voglia della Ferrari di avere la macchina più veloce del lotto già in Australia? Può un campionato vincersi con i proclami, sognando non solo di azzerare un distacco di circa quattro decimi in un solo inverno, ma addirittura di superare una macchina da guerra come Brackley?
Ce lo auguriamo con tutto il cuore ebbro di rossa passione, ma bisogna esorcizzare nel modo più assoluto il pericolo di una Ferrari schiacciata dalle pressioni, travolta dai suoi stessi meravigliosi sogni. “I sogni aiutano a vivere, ma nel sogno va intravista la realtà” disse una volta un certo Ayrton Senna. La Ferrari ha l’obbligo morale di lottare per il vertice; ha la struttura, l’esperienza, il talento in fabbrica e alla guida, con due campioni del mondo al volante. Non le manca niente. Purché però resti concentrata e non sottovaluti nemmeno per un attimo un avversario che ha dimostrato di saper dominar la scena in scioltezza. La Rossa non faccia come Icaro, che per avvicinarsi troppo al sole precipitò dinanzi agli occhi del padre Dedalo.
Antonino Rendina
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