F1 | Schumacher, un tuffo nel passato in un uragano di emozioni

Il docufilm presente su Netflix è un viaggio nella carriera di Michael

F1 | Schumacher, un tuffo nel passato in un uragano di emozioni

La data del 15 settembre era stata cerchiata in rosso da tutti gli appassionati di Formula 1, e non solo, che attendevano l’uscita su Netflix del docufilm Schumacher per poterselo gustare. A distanza di qualche giorno dal lancio, saranno stati finora forse un migliaio ad averlo visto e ad emozionarsi. Perché è una pellicola che ci riconcilia con un passato storico, dove il Circus era l’ombelico del mondo del motorsport e dove a scandire ogni domenica c’era lui: il Kaiser.

Inutile girarci inoltro, a tutti noi sono scese diverse lacrimucce rivedendo tutte quelle imprese che per oltre un ventennio ci hanno regalato uno spettacolo che ad oggi possiamo etichettare come unico e inimitabile. Perché Schumi era come Paganini, non ripeteva. Semmai regalava ogni volta emozioni e vittorie differenti che avevano però come comune denominatore quel talento al quale niente era impossibile. Anche vincere dominando gare alla guida di una monoposto inferiore alla concorrenza.

La carriera di Schumi è stata fatta di scelte importante e rischiose, come quella di passare dalla straordinaria Benetton alla modesta Ferrari di metà anni ’90. Forse in pochi si sarebbero accollati quel fardello, perché sappiamo benissimo quanto la critica italiana sia intollerante verso tutto e tutti, invece quel grande campione di Schumi ha saputo non solo accettare la sfida ma anche vincerla (ri)portando in un decennio la Ferrari in cima al mondo dell’automobilismo facendo incetta di vittorie e titoli. “Se deciderà di unirsi alla Ferrari passerà alla storia come il pilota che ha contribuito a farla risorgere dalle ceneri”, le parole di Niki Lauda in tal senso furono profetiche e misero Schumacher nella posizione di essere considerato una vera e propria divinità laica da Maranello e dai suoi tifosi.

Da Suzuka 2000 “niente sarà più come prima”. Aveva ragione Jean Todt. Ma le certezze erano state precedute dai dubbi dello stesso Todt (“Ci domandavamo se Michael fosse il pilota giusto per tornare a vincere”, ammette lo stesso Todt nel docufilm) poi cancellati dai fatti e alle volte accompagnati da episodi che mettevano in luce (Jerez 1997, ancor prima Adelaide 1994) il lato più oscuro del campione. Rivedendo il film è stato come viverle per una seconda volta.

Dallo Schumi professionista a quello privato, due mondi che il tedesco è riuscito a tenere separato nonostante la popolarità non fosse certo facile da domare. Quella privacy che ha sempre rappresentato, giustamente, un muro invalicabile da oltrepassare. Ed è quello che dovrebbe avvenire anche oggi, mentre Schumi dal 29 dicembre 2013 continua a disputare la sua gara più importante. Le parole finali di Corinna (“È sempre stato lui a proteggere noi, ora siamo noi a proteggere lui”) ci fanno capire come i ruoli si siano invertiti, ma il rispetto per quella volontà di protezione deve rimanere lo stesso nei confronti di un pilota che è stato l’idolo di milioni di ragazzi cresciuti nel suo mito. Uno su tutti Sebastian Vettel, presente anch’egli nella pellicola, che rappresenta per Mick Schumacher quello che ha rappresento per lui Michael.

Un docufilm che dovrebbe essere visto da tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di ammirarlo in pista, per capire realmente chi era Michael Schumacher ma soprattutto capire la differenza tra quella Formula 1 e l’attuale.

Piero Ladisa


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