F1 | Lewis Hamilton e la sua ingombrante controfigura…

Dominatore incontrastato, uomo dei record, ma anche incline a cali di rendimento quasi inspiegabili...

F1 | Lewis Hamilton e la sua ingombrante controfigura…

Chi non muore si rivede. Come fantasmi che a volte tornano, pronti ad angustiare un pilota che sa vincere mondiali a ripetizione, ma incline a periodi bui spesso inspiegabili. Lewis Hamilton è un dominatore assoluto, scrive record su record, ha finito in crescendo un 2017 che l’ha consacrato definitivamente nell’Olimpo dei migliori, surclassando anche sotto l’aspetto mentale un fuoriclasse di pari livello come Sebastian Vettel.

Eppure il pilota della Mercedes, che radio-mercato dà prossimo al rinnovo con Brackley, è un serial winner che non disdegna qualche pausa di riflessione, dando ogni tanto l’impressione di perdere la bussola, deconcentrarsi, soffrire oltremodo difficoltà tecniche che invece dovrebbero stimolare il talento più battagliero. E’ un po’ dottor Lewis e Mr. Hamilton, questo anglo-caraibico dal piede magico che probabilmente nell’era ibrida si è un po’ imborghesito, abdicando all’istinto aggressivo in favore di una lungimiranza che poi è sintomo di grande maturità, ma foriera anche di qualche dubbio.

Dov’è finito il pilota intento a dominare anche nel 2018? Viene facile rispondere: nel ginepraio della virtual safety car di Melbourne. E già perché Hamilton sembra essere rimasto fermo lì, in quell’attimo nel quale gli sono venute a mancare le maggiori certezze. Il campione inglese è stato più lento di Bottas in qualifica sia in Bahrein che in Cina. Nel deserto è stato autore di una rimonta “scritta” dal nono al terzo posto, senza comunque demeritare, mentre a Shanghai Lewis è sembrato spaesato, quasi uno dei tanti, un comprimario. Remissivo sia nella rincorsa a chi era davanti (Raikkonen), sia nei confronti di chi lo attaccava (Verstappen).

Sin dalle qualifiche Hamilton s’è lamentato della vettura, in gara non si è mai trovato a proprio agio con le gomme, che pure erano le mescole preferite, quelle medie con le quali il binomio Lewis-Mercedes ha spesso fatto fuoco e fiamme. E quanto mai singolare vedere Hamilton finire quarto più per fortuna che per merito, come se strappare un piazzamento ai piedi del podio fosse un risultato degno di nota, tanto da dover ringraziare la dea bendata.

E’ piuttosto chiaro che il feeling tra il campione del mondo in carica e la sua freccia d’argento deve ancora sbocciare, ma è legittimo chiedersi se questo Lewis non sia stato preso in netto contropiede da rivali e compagno di squadra. Non è da lui lasciare la porta aperta agli avversari nei sorpassi, non è da lui soffrire così tanto Bottas, quasi come se i due si fossero scambiati i caschi. Spumeggiante il finlandese, vicino alla vittoria, timido invece Lewis, più intento a lamentarsi delle gomme con il muretto che a pensare di raddrizzare una gara incolore.

Non è la prima volta che capita, forse non sarà l’ultima. Hamilton ogni tanto lascia spazio alla sua controfigura, un pilota che si lascia trascinare dagli eventi. “Se vinciamo quest’anno vale il doppio, perché c’è grande concorrenza. Io mi fido della squadra, dai periodi bui siamo sempre usciti alla grande”. Queste le parole di riscossa rilasciate da Lewis, che però è ripiombato nel più inatteso buio in tre gare di fatto anonime. Aveva l’inerzia del 2017 a suo favore, ai nastri di partenza sembrava imbattibile, s’è invece perso a mezza strada tra un po’ di graining e un po’ di blistering.

Dov’è il pilota che sapeva vincere anche con vetture inferiori? Il  calo di rendimento è un ulteriore spiraglio per la Ferrari, e per quel Vettel che invece è talmente sicuro di se da non far drammi per lo sfortunato ottavo posto cinese. A parità di piede, la differenza la fanno i dettagli. Tocca a Lewis riaccendere quanto prima l’interruttore. Per ora è Hamilt-off, quando tornerà Hamilt-on?

Antonino Rendina


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