F1 | Hamilton e il rapporto con papà Anthony: “Il primo che chiamo dopo aver finito una gara”

Dai quattro lavori ai tempi dei go-kart alla separazione lavorativa nel 2010

F1 | Hamilton e il rapporto con papà Anthony: “Il primo che chiamo dopo aver finito una gara”

Lewis Hamilton è certamente il pilota più popolare degli ultimi dieci anni. Il sette volte campione del mondo, nonostante le delusioni del 2021 e 2022 è chiaramente uno dei più forti in circolazione, pur con l’arrivo dei giovani e che vogliono ad ogni costo batterlo. La carriera dell’inglese è stata costruita passo dopo passo nel tempo, iniziando dai kart e dal rapporto indissolubile con papà Anthony, fatto di tanti alti, ma anche qualche basso, come quando le loro vite “lavorative” si separarono per volere del giovane Lewis. Un racconto, quello rilasciato al podcast di On Purpose, molto profondo e che ci fa capire la forza, ma anche la debolezza, di un campione di questo calibro.

“Ad un certo punto mio padre ha fatto quattro lavori per permetterci di fare go-kart – ha ammesso Lewis. La maggior parte delle persone proveniva da famiglie di classe operaia, poi c’erano anche ragazzi ricchi e che hanno un equipaggiamento migliore, così come la meccanica e tutto quel genere di cose. Mio papà era il mio meccanico, eravamo solo io, lui e la mia matrigna Linda. Era lì a sostenerci, assicurandoci che fossimo vestiti, e poi che avessimo mangiato e bevuto adeguatamente. Era una gita in famiglia, viaggiando insieme, con mio fratello con noi, lui è una grande ispirazione per me, quando avevo sette anni lui è nato con una paralisi cerebrale, oggi gareggia, sfidando tutte le probabilità”.

“Mio padre era il manager, siamo arrivati insieme in Formula 1, ha lavorato tantissimo per me: la sua etica per il lavoro mi ha ispirato, vedevo quando si alzava la mattina, le poche ore di sonno alle spalle e poi finiva la sera in garage, lavorando sul kart e preparandosi per il weekend, imballando il camion e portandoci fino a questo punto. E’ stato fenomenale da vedere. Penso però che abbia avuto difficoltà a dimostrarmi il suo amore: a volte vuoi solo un abbraccio da tuo padre, ma quando avevo 23 anni è diventato tutto molto intenso, all’improvviso sei nella mischia, non impari a parlare coi media, sei gettato nella fossa dei leoni, e all’epoca non c’era nessuno al di là di mio padre e della mia matrigna che prenotava viaggi”.

“Non avevo un PR, nessuno che mi aiutasse a proteggermi: ero bravo alla guida, ma in queste cose ci sono stati tanti errori, perché l’attenzione dei media è enorme, e per un giovane non è facile. Provi a vivere una vita normale, ma niente lo è in quel momento, e io volevo solo che lui fosse mio padre, volevo divertirmi con lui. Non lo facevamo da tanto tempo, e allora ho deciso di separarmi da lui sotto l’aspetto manageriale, gli ho detto che avrei iniziato a prendere delle decisioni e a commettere errori. In quel periodo abbiamo parlato di meno, questo sì, ma siamo tornati insieme dopo un po’ e adesso la nostra relazione è al top, lui è il primo che voglio chiamare quando finisco una gara”.

“Ci sono giorni nei quali non mi sento abbastanza bravo, gli altri possono dire “Hai vinto sette mondiali”, ma a volte mi chiedo se posso ancora migliorare. Ho spesso questa conversazione con me stesso negli ultimi tempi, ma c’è anche mio padre, il quale mi sprona dicendomi di dover credere in me stesso. E’ importantissimo avere delle persone del genere al fianco. Mi sostengo e circondo anche di altre persone positive, penso che sia compito di tutti noi sollevare gli altri, e voglio che tutti intorno a me diventino la versione migliore di se stessi”.

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