F1 | Ferrari, addio Binotto: quattro anni pieni di errori e appena sette vittorie

Un uomo lasciato solo al comando: paga (anche) un 2022 deludente e le strategie in sfavore di Leclerc

F1 | Ferrari, addio Binotto: quattro anni pieni di errori e appena sette vittorie

Mattia Binotto non è più il team principal della Ferrari. La notizia, ufficializzata in mattinata dalla Scuderia non ci lascia sorpresi, visto che ormai da una decina di giorni vi stiamo raccontando di questo ribaltone nella Gestione Sportiva di Maranello. L’ingegnere reggiano, nato a Losanna lascia dopo 28 stagioni ricche di soddisfazioni, quantomeno fino alla fine degli anni 2000. Negli ultimi quattro Mattia è stato il capo del muretto, con il magro bottino di appena sette vittorie, un’inchiesta FIA conclusasi con un patto segreto in merito alla regolarità della power unit della Rossa del 2019 e una gestione dei piloti insoddisfacente, per non dire pessima, nel corso soprattutto dell’ultimo anno, quando a Leclerc sono stati messi di fatto i bastoni fra le ruote pur di non stabilire una gerarchia che sembrava lampante visti i risultati in pista.

PARVENZE DI RINASCITA
Eppure di Mattia ne avevamo tessuto le lodi a inizio stagione. Sbagliando, evidentemente, ma la vittoria di Melbourne aveva dato alla Ferrari quella parvenza di rinascita tanto auspicata con l’arrivo del nuovo regolamento tecnico. Un 2022 tanto atteso dalla Rossa, l’anno del ritorno al successo, come detto da Binotto stesso nell’estate 2021, salvo poi ritrattare man mano che questa stagione è andata sempre più in favore della Red Bull. Una carenza comunicativa importante quella del team principal della Ferrari, un qualcosa che non può e non deve mancare per chi comanda il muretto della Scuderia. Certo, e questo non va dimenticato, Mattia è sembrato solo, con una dirigenza che il più delle volte ha dimostrato un certo distacco dalle situazioni di pista, a parte qualche intervista rilasciata qua e là ma senza incidere più di tanto. Quel che si è capito dalle poche parole di Elkann negli ultimi periodi è che con Binotto il feeling sia venuto meno man mano che i risultati negativi si susseguivano.

Il presidente John Elkann a colloquio con Carlos Sainz (XPB)

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Il 2022, partito con due vittorie e un secondo posto in tre gare aveva lasciato tutti a bocca aperta, in senso positivo, ma non ci saremmo mai immaginati un downgrade così di colpo della F1-75, ferma con gli sviluppi per stessa ammissione del team principal, e quei pochi che sono arrivati non sono stati in grado di competere con l’evoluzione disarmante della Red Bull e la risalita repentina della Mercedes, la quale aveva più di un secondo di distacco dalla Ferrari a inizio anno. Una power unit tanto decantata come “SuperFast” e che poi è sembrata più adatta ad un barbecue del primo maggio, e quindi depotenziata nelle ultime settimane per evitare altre figuracce.

LE STRATEGIE IN SFAVORE DI LECLERC
Dulcis in fundo, nel marasma di una direzione strategica da mani nei capelli negli ultimi anni, arriviamo alle strategie che hanno di fatto escluso Leclerc dalla lotta mondiale ancor prima che la Ferrari finisse di giocarsela con la Red Bull per le prestazioni della vettura. A Montecarlo il pilota di casa, partito dalla pole position è stato dato in pasto alla Red Bull, ma la goccia delle gocce riguarda ovviamente Silverstone, quando Leclerc, primo senza problemi a pochi giri dalla fine, viene lasciato fuori in regime di Safety Car con gomme dure usate, mentre Sainz, Hamilton e Perez alle sue spalle sono rientrati per montare le soft nuove. A quel punto Charles era preda facile degli avversari, con Carlos vittorioso e il monegasco solo quarto. Da lì il famoso ditino di Binotto nei confronti del suo pilota, un ditino che ha fatto scalpore. Quel che lascia basiti però è la difesa estrema di questa decisione strategica pur di non stabilire una gerarchia tra i piloti che in quel momento, e per tutta la stagione, è stata fin troppo chiara. Binotto, evidentemente viste le sue dichiarazioni, non si è accorto di nulla.

La delusione di Leclerc dopo Silverstone (XPB)

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NON SOLO BINOTTO
L’addio del team principal alla Ferrari è figlio anche di risultati non ottenuti in pista per via di errori grossolani da parte di Inaki Rueda e tutta la squadra strategica, in evidente difficoltà ormai da troppi anni. Mettere un uomo, probabilmente Vasseur (da gennaio), per poi commettere sempre le stesse figuracce non porterà a nulla di nuovo. E’ evidente quindi che ci sia anche altro da cambiare se si vuole tornare realmente a competere ad alti livelli e con rivali sempre più agguerriti e desiderosi di non lasciare nemmeno le briciole a chi prova ad essere competitivo. C’è bisogno quindi di unione di intenti, con John Elkann in evidente stress ultimamente anche per via della questione Juventus, certo, ma la Ferrari ha bisogno di una riorganizzazione sotto diversi punti di vista, forse anche dal lato tecnico, ed è qui che potrebbe entrare in gioco un nome nuovo, forse non troppo a dire il vero, per il futuro della Gestione Sportiva di Maranello. Ma di questo ne parleremo più approfonditamente nei prossimi episodi.

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