Binotto, Arrivabene e gli intrighi di palazzo? La Ferrari sembra davvero tutt’altro…
La Rossa dà l'idea di essere una squadra unita e concentrata sull'obiettivo mondiale...
Parigi, 1620…ah no, Maranello 2017. All’indomani della splendida e autoritaria vittoria nel GP di Ungheria dai media tedeschi, precisamente dalla Bild, è venuto alla luce un quadro a tinte fosche, fatto di lotte di potere e guerre intestine.
La testata teutonica, in un articolo che ha fatto già il giro del web e riportato come di consueto a destra e a manca, dipinge Maranello come una novella Versailles, ipotizzando dissapori interni, diatribe, dispetti. Un canovaccio degno di una delle serie tv che tanto impazzano al giorno d’oggi.
La storia, ormai ben nota, sarebbe questa: il direttore tecnico Mattia Binotto, demiurgo della rinascita del Cavallino, celerebbe dietro l’apparente timidezza e riservatezza ambizioni da comandante, puntando dritto al timone della nave, che per ora appartiene a Maurizio Arrivabene. Insomma secondo la pur autorevole Bild, il pacato d.t. starebbe lavorando ad un clamoroso golpe, e la prova sarebbe l’improvviso allontanamento del motorista Sassi, con cui avrebbe avuto degli attriti.
Arrivabene – Richelieu, dal canto suo, avrebbe sguinzagliato i suoi “Moschettieri“, dallo sponsor tabaccaio a Sebastian Vettel, a mo’ pedine mosse sulla scacchiera per arroccarsi e difendere la sua posizione di comando. Dal “trono di Spa” – quello al quale punta una Ferrari impegnatissima a dare seguito al risultato magiaro anche e soprattutto su piste più esigenti dal punto di vista aerodinamico – al “trono di spade” il passo sembra davvero troppo breve.
Eppure questa Ferrari che alcuni ci raccontano, nuovamente pronta ad un ribaltone, col solito malcontento strisciante nelle segretissime stanze dei bottoni, contrasta sensibilmente con ciò che emerge, con l’evidenza di una squadra riunita sotto l’ultimo trionfante podio e quasi commossa, capace di rilanciarsi a fionda verso l’iride dopo qualche gara così e così, dando prova di saper tenere testa ad una corazzata che finora ha dominato spudoratamente la scena.
Senza avere la presunzione (né le prove, sia chiaro) per smentire le indiscrezioni provenienti dalla Germania, restano solo alcune semplici domande. Perché un direttore tecnico focalizzato su una vera e propria impresa desidererebbe improvvisamente allargare le proprie competenze? Come può una scuderia spaccata all’interno sfornare pezzi e aggiornamenti che funzionano e lavorare così bene di concerto, raggiungendo vette di competitività insperate? Come mai si parla tanto di questi malumori in Ferrari, mentre altrove è normale che il team principal esulti smodatamente in faccia all’altro responsabile del team?
Forse conviene seguire la F1 fidandosi delle proprie sensazioni. D’altronde un amante della dietrologia se alza gli occhi al cielo non vede le stelle, ma le scie chimiche. E questa Ferrari invece sembra lavorare per toccarle, le stelle.
Antonino Rendina
se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre notizie
Seguici qui