Ferrari | Carlos Sanz, genio e follia da non sottovalutare

La Rossa non ha una sola punta: lo spagnolo sa come giocare e lo ha dimostrato a Singapore

Ferrari | Carlos Sanz, genio e follia da non sottovalutare

Quando Carlos Sainz ha esordito in Formula 1, c’era già un’ombra a coprire il suo cammino: Max Verstappen era il piccolo fenomeno di casa Red Bull, a diciassette anni capace di stupire, con una carriera brillante davanti a sé. Una luce, quella dell’olandese, che non ha spento lo spirito di Carlos: anche lui figlio d’arte, passato però sempre in secondo piano rispetto ad altri colleghi con padri più illustri, quasi a snobbare il rally nei paddock della categoria regina. 

Via Max, Carlos è rimasto il faro della Toro Rosso, fino all’approdo in Renault, negli ultimi appuntamenti della stagione 2017, quasi come se fosse in prova, pronto anche li a dimostrare ed imparare. Arriva poi l’avventura in McLaren: le prime soddisfazioni, il primo podio in Brasile festeggiato in maniera rocambolesca insieme a quel compagno di squadra che lo ha poi salutato, nel 2020, con grande emozione e malinconia. 

E proprio oggi, Lando Norris si è rivelato un pezzo fondamentale della vittoria di Sainz. Una vittoria che arriva dopo mesi di tribolazioni per una Ferrari in grande difficoltà negli ultimi anni. La rossa ha rincorso il titolo iridato negli ultimi diciassette anni prima con Fernando Alonso, poi Sebastian Vettel, ed infine quel giovane, talentuoso, ma a tratti acerbo, Charles Leclerc. Tutti questi piloti hanno caratteristiche differenti che li hanno portati a fare grandi imprese in pista: animale da gara lo spagnolo, stratega Vettel, talento Leclerc. 

E Sainz? 

Per i tifosi della rossa Carlos è sempre rimasto il sostituto di Vettel, quello che Mattia Binotto, quasi in una sorta di colpo di stato interno, aveva portato nella squadra come suo protetto. Tante le parole spese sulla prima vittoria in carriera di Carlos, a Silverstone, nel 2022. Una vittoria controversa, che per molti fu sfilata a Leclerc proprio dal muretto Ferrari, quasi ad avvallare il ruolo dell’allora team principal nei confronti dello spagnolo. E tante poi, nel corso del tempo, le critiche nei confronti di Sainz: in ogni volta in cui chiedeva al team di non rallentarlo, ogni volta in cui si cercava di favorire uno piuttosto che l’altro pilota. 

Se volessimo mettere a confronto Sainz e Leclerc, si potrebbe dire che siano testa contro talento. Cervello contro cuore. 

Lo si capisce anche nelle risposte, nelle parole ai tifosi, nei modi di fare non solo in pista, ma anche fuori. Un cervello che a volte si rivela essere più duro del cuore: spesso Leclerc si è fidato subito delle indicazioni della squadra, mentre Carlos era pronto a ribellarsi, a leggere la gara dal suo punto di vista, ad essere più egoista. 

La strategia messa in moto dalla Ferrari a Singapore è di certo una strategia di cuore, e Leclerc lo ha capito subito nel mettersi in difesa del compagno; quello che ha fatto Sainz alla fine, però, possiamo solo chiamarla pazzia, e poi, solo dopo aver respirato profondamente, genio. Dare il DRS, apposta, all’ex compagno di squadra solo per aiutarlo ad essere più vicino e a difendersi dal vero inseguitore, Russell, terzo e agguerrito, è pura follia. Il piano di Sainz poteva rivelarsi senz’altro un disastro e i presupposti c’erano tutti. La sua lettura della gara è stata calma, pazzesca, estremamente chiara e controllata: su venti piloti in griglia, è difficile dire quanti altri avrebbero avuto il coraggio di agire in questo modo.

Ed è difficile dire se la Ferrari stessa, al muretto, sarebbe stata così audace da tentare questa follia.
Probabilmente no. 

La prestazione di oggi di Sainz entra nella storia: chi scrive può dire che con molta probabilità molti tifosi della rossa abbiano avuto la tachicardia per quegli ultimi dieci giri e stavolta nessuno può dire che questa vittoria – la prima dell’era Vasseur – non sia meritata. 

Testa contro cuore: a volte opposti, a volte costretti a mescolarsi. Sainz e Leclerc da questo punto di vista potrebbero completarsi, e precisiamo: tutta questa pantomima non è una critica al monegasco. Charles sicuramente manca di audacia, di coraggio in alcuni frangenti in cui invece si fida troppo della squadra. Conseguenza, probabilmente, di essere stato portato subito in un top team, troppo presto, quando ancora le spalle non erano abbastanza larghe per sopportare i rischi e le prove che sarebbero arrivate. 

Se questi due avessero una vettura che ha oggi Verstappen, o quella che hanno avuto Hamilton e Rosberg nel 2016, sono sicura che riuscirebbero a mettere in piedi un duello fratricida degno di Senna e Prost, dividendo tifosi e classifiche. Quando quel momento arriverà, speriamo presto, di certo ne vedremo delle belle. 

Ma attenti a dire che la Ferrari abbia una sola punta di diamante: Carlos Sainz sa come giocare, e lo ha dimostrato oggi. 

Questa vittoria è la testimonianza di anni di retrovie, di lotte, in cui Carlos ha fatto le spalle larghe, restando quasi nell’ombra, creandosi uno spazio tutto suo, pronto ad alzare la testa e a prendersi gli applausi che si merita.

E adesso? Adesso manca solo la Ferrari. 

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