Ferrari all’ultima spiaggia, con “zero tituli” sarebbe peggio del 2014

La Ferrari rischia di congedarsi dal 2016 tra mille paure e tanta confusione

Ferrari all’ultima spiaggia, con “zero tituli” sarebbe peggio del 2014

Peggio di così, obiettivamente, era difficile fare. Nell’ultimo appuntamento stagionale, nella cornice sfarzosa di Abu Dhabi, la Ferrari avrà un’ultima disperata occasione per salvarsi da un inesorabile fallimento. La Rossa, nonostante il grande parco a tema di proprietà, non ha mai trovato fortuna a Yas Marina, dove ha perso in modo clamoroso un mondiale (2010) e compromesso un altro (2012).

Il rischio di congedarsi da questo infausto e mesto 2016 con le ossa rotte e il morale sotto i piedi è altissimo. Nella stagione più lunga della F1, Maranello non ha trovato la forza, la fortuna, lo spunto, per portarsi a casa almeno una vittoria, un simbolico atto di presenza che potesse dare un qualsivoglia senso al malinconico trascinarsi iridato della Scuderia.

Il primo posto è stato soltanto accarezzato in Australia e in Spagna, ma strategia o macchina hanno impedito prima a Vettel e poi a Raikkonen di raggiungere l’obiettivo. L’ultimo GP del Brasile è stato la cartina tornasole dei problemi della Ferrari. Al netto di un motore migliorato e competitivo, nei fuochi d’artificio di San Paolo sono emerse in tutta la loro gravità  le carenze aerodinamiche e di telaio della vettura, con il risultato che la SF16-H non stava in pista sul bagnato.

Senza dilungarci sui dubbi relativi all’auto 2017, ad una rinascita tanto obbligata quanto difficile, a preoccupare sono già gli strascichi che può comportare un anno così, pericolosamente simile a quel 2014 esorcizzato con prepotenza al momento dell’insediamento della nuova dirigenza Marchionne-Arrivabene.

Ma in un anno che doveva essere costellato di vittorie, lo zero in casella potrebbe pesare nell’economia generale più di quello del 2014. Due stagioni, entrambe brutte, ma con presupposti agli antipodi. La Ferrari di due anni fa era una squadra instabile, con ingegneri sfiduciati dai vertici, un team principal dimissionario (Domenicali), un altro passato in Emilia come una meteora (Mattiacci), le difficoltà con la nuova tecnologia ibrida e un pilota che aveva già di fatto deciso di chiudere il suo ciclo a Maranello. Era la Ferrari crepuscolare di Alonso, campione arresosi dopo anni di battaglie infruttuose e cocenti delusioni. Era, soprattutto, l’ultima Ferrari di Montezemolo. Due anni fa era, insomma, un’altra Rossa, arrivata alla fine di un percorso, di una storia, fatta di successi e fallimenti, ma comunque storia.

Il tonfo sordo di quest’anno è invece capitato in quello che doveva essere l’apice del “ciclo Vettel”, l’agognata ora della vittoria per rinverdire i gloriosi fasti di un tempo. E’ la sconfitta di una Ferrari “sturm und drang“, figlia del furioso rimpasto del 2015, della squadra aggressiva, unita, piedi per terra e a testa bassa. La Ferrari rischia le zero vittorie, le stesse zero vittorie di inizio anni novanta, del 2014, ed è caduta nel modo peggiore, senza alibi o giustificazioni. Ma l’anno prossimo non arriverà un nuovo Vettel, non arriverà un nuovo presidente o un nuovo team principal. A dover risalire la china dovrà essere la stessa squadra di adesso, gli stessi uomini che vedono il condottiero Sebastian sempre più perplesso e probabilmente lontano.

Ecco perché chiudere senza un acuto il 2016 potrebbe avere conseguenze peggiori rispetto al 2014. Il rischio è che a mancare siano quell’entusiasmo e quella ventata di novità che nel 2015 avevano ridato sorriso e speranze all’ambiente del Cavallino. Per fortuna la F1 non è una scienza esatta e nessuno può oggi affermare che la Rossa non compierà un “miracolo” in sede di progettazione della prossima vettura. Magari la rivoluzione regolamentare ci restituirà una Ferrari vincente, ma budget, mezzi e strutture di Mercedes e e Red Bull non possono far dormire sonni tranquilli.

Secondo quella vecchia tradizione per cui l’ultima gara dà sempre indicazioni sulla prima della stagione successiva, sarebbe vitale una vittoria trovata a tempo scaduto, un canestro da tre punti sulla sirena per poter salutare la compagnia con un sospiro di sollievo lungo quanto un inverno che altrimenti sarà presumibilmente freddissimo…

Antonino Rendina


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