F1 | Le testimonianze di Andrea e Alessio, i due fotografi feriti nell’incidente a Monaco

Diodato: "Tempi di reazione di uno o due decimi di secondo"; Morgese: "Ho avuto il tempo di scattare un paio di foto"

F1 | Le testimonianze di Andrea e Alessio, i due fotografi feriti nell’incidente a Monaco

Il Gran Premio di Monaco vinto dalla Ferrari di Charles Leclerc sarà ricordato anche per l’incidente in partenza alla salita che porta a Massenet e al Casinò. L’impatto tra le Haas di Magnussen e Hulkenberg e la Red Bull di Sergio Perez è stato violentissimo, con il messicano che è andato a finire nelle barriere dove solitamente, dall’altra parte, si posizionano i fotografi nel corso del weekend. Tra loro c’erano anche Andrea e Alessio, i quali sono rimasti feriti nel bruttissimo impatto tra la RB20 di Checo e il guardrail.

Già da domenica sera, girano video amatoriali in merito all’incidente, e rispetto a quanto raccolto dalle immagini ufficiali della tv della Formula 1, si vede come i fotografi, posizionati proprio in quel punto, siano stati colpiti da frammenti di carbonio delle vetture coinvolte. Due di questi sono gli amici, prima che colleghi, Andrea Diodato e Alessio Morgese. Per quanto riguarda Andrea, riconoscibilissimo nel paddock con le sue macchine fotografiche color giallo, è stato portato via in ambulanza perché tra i due è stato colui che è sembrato un attimo più grave tra tutti gli altri ragazzi presenti, ma fortunatamente dopo poco più di un’ora è tornato in sala stampa, ha ripreso la sua attrezzatura raccolta dai colleghi, ed è rientrato in pista per l’ultima parte di gara.

“Penso che il tempo di reazione sia stato di uno o due decimi di secondo – ci ha detto Andrea. Dal momento in cui ho visto il pericolo a quello in cui è proprio arrivato, sarà passato quel lasso di tempo. Io lavoro più con le orecchie che con gli occhi quando sono in pista per accorgermi dei pericoli, perché sono una parte importante del gioco dell’attenzione che dobbiamo avere. Il rumore delle macchine è un qualcosa di monotono, ciò che non lo è, per me, è un pericolo. In quel momento stavo usando un grandangolo per fare la foto con tutta la città dietro, non ho sentito più il gruppo ma sapevo che non era finito, quindi ho intravisto con la coda dell’occhio del fumo e macchine che arrivavano, e ho avuto tipo un flash di un mio allenatore di calcio quando giocavo nei professionisti, era un allenatore del Monza, e diceva sempre: “Quando vedi un pericolo o ti sei fatto male, buttati sempre a terra perché qualcuno verrà a salvarti o comunque in soccorso”. Stendersi a terra quindi è una delle cose più sicure che puoi fare, ed è quello che ho fatto io: avevo un guardrail che mi proteggeva, e ovviamente non mi sono sdraiato con calma, cioè mi sono lanciato fisicamente cercando di salvaguardare la macchina fotografica”.

Il fotografo Andrea Diodato

“Lo spostamento d’aria e dei detriti è stato importante, quindi vedi arrivare ancora frammenti da tutte le parti e mi sono arrivati negli occhi, mi davano fastidio e sentivo lo sporco. Avendo fatto anche corsi di primo soccorso in ambulanza mi sono imposto di non aprirli, perché se ci fosse stato qualcosa come fibre di carbonio, di vetro o anche tanto sporco, se avessi aperto gli occhi non avrei concluso niente e continuavo a chiedere acqua per pulirmi il viso, ma i commissari si erano prodigati verso i piloti. Noi eravamo lì e c’erano altri colleghi fotografi che chiamavano i soccorsi, perché comunque avevano paura: io non mi sono mosso da terra fin quando non ho finito di sentire che le macchine fossero ferme o parecchio lontane. Si sono spaventati e hanno chiamato subito i soccorsi”.

“Non ho avuto paure o ripensamenti dopo l’accaduto – ammette Andrea. Mi hanno detto che dovevo andare via in ambulanza per controlli, io non volevo ma era una prassi e non potevo dire di no. Ancora adesso, magari non mi metto nello stesso punto perché sarei stupido a rischiare di nuovo, ma non mi pento della scelta che ho fatto, anche perché la foto è anche carina da vedere, anzi mi piace. Comunque fa parte del gioco, sia io, che Ale e gli altri sappiamo che è così, lo accettiamo. Sto bene, ho solo una grande botta/escoriazione/livido, non so nemmeno dirti cosa sia di preciso perché è un mix di tutto. Sono a posto e carico per andare al Mugello in questo weekend!”.

Con Alessio abbiamo condiviso le ultime due tappe del mondiale, Imola e Monaco. Chi scrive lo conosce da diverso tempo, saperlo in quel punto in partenza e poi vedere quanto accaduto non è stato propriamente bello, mettiamola così, e anche sentire l’ambulanza che arrivava dal feed della F1 TV, ha inevitabilmente fatto riflettere. La stessa ambulanza che ha caricato Andrea per degli accertamenti, giusto per intenderci. Fortunatamente solo un graffio al ginocchio per il fotografo, che tra il viaggio di ritorno in Italia e la giornata di oggi, ci ha raccontato le sue sensazioni sull’accaduto.

“Eravamo lì per la partenza, nelle varie feritoie e in sicurezza – ci ha detto Alessio. E’ passato il gruppone, il quale si è aperto a ventaglio a metà, non ricordo bene chi fosse il pilota di preciso, poi però con la coda dell’occhio ho visto Perez che si intraversava, ho fatto in tempo a scattare due o tre foto, dopodiché ha dato una botta mostruosa contro le protezioni e a quel punto, un pelino prima dell’impatto mi sono girato e buttato per terra per proteggere più che altro l’attrezzatura. Poi mi sono alzato, ho visto di essere tutto intero, ho guardato verso il basso e vedevo del sangue sulla gamba ed era un piccolo taglio sul ginocchio, niente di grave. Poi mi sono guardato in giro per vedere se anche gli altri fossero ok, ho visto Andrea per terra e sono andato subito là: ho visto che c’era Alex Martellotta (altro collega fotografo, ndr) che gli stava prestando prima assistenza, parlava e diceva che aveva solo un problema agli occhi e che non riusciva ad aprirli per via del carbonio in faccia, gliel’abbiamo sciacquata, nel frattempo urlavo verso i commissari perché non c’era nessuno di loro ad aiutarci, ma in un paio di minuti, forse anche meno, sono arrivati i soccorsi presenti in pista e lo hanno portato dietro la pista, c’era una piccola piazzetta”.

Alessio Morgese sorridente dopo l’incidente con il collega Alessio De Marco

“I marshall stavano pulendo la pista, ma dove eravamo noi era pieno zeppo di pezzi di carbonio, quando c’è stato l’incidente ho sentito volare ogni cosa, anche roba metallica, perché era un gran frastuono. Poi Andrea è stato portato via dall’ambulanza, lui non voleva, ma hanno insistito, e poi hanno chiesto anche a me se volessi assistenza, ho detto loro di no anche se avevo la gamba col sangue, ma era solo un piccolo taglio senza problemi. Poi ci ho messo cinque minuti per riprendermi un attimo, lo shock era elevato, ma tutti eravamo scossi. Dopo però ho ripreso a fotografare, mi sono rimesso nello stesso identico punto, mi sono detto: “E’ già successo qualcosa, credo che non riaccadrà più”, tutto qua!”.

La Formula 1 e il motorsport, parlando in generale, sono bellissimi, ma ogni tanto ci ricordano quanto possano essere pericolosi. Nei pass che ci danno per assistere sul posto al Gran Premio, in ogni evento motoristico, troviamo sempre la scritta “Motorsport is dangerous”, ovvero “Il motorsport è pericoloso”. Ne siamo tutti ben consapevoli, ma vedete, anche chi vi scrive ha avuto la possibilità di stare a bordo pista in diverse occasioni: posti privilegiati, senza alcun dubbio, dove l’adrenalina arriva a livelli inimmaginabili, e stare a così pochi centimetri da questi mostri che passano a 250/300 km/h non ha alcun prezzo. Si è perfettamente consapevoli del rischio che si corre in queste circostanze, prendere o lasciare, e come ci hanno detto questi due nostri amici, tutto si mette alle spalle, e si riparte come se non fosse successo nulla, con la stessa voglia di sempre.

Foto copertina: Andrea Diodato

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